Memories

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  1. Rehan Malik
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    Rehan MalikStranger Things

    Superior
    20 anni
    Chiarotangente
    Rivoli di sangue macchiavano di cremisi il bruno incarnato del ragazzo che, per nulla preoccupato del taglio che ne attraversava per intero l'avambraccio destro, si era incamminato ormai da qualche minuto verso il primo bagno nelle vicinanze. Ignorando le indicazioni del professore di Difesa contro le Arti Oscure, Rehan era uscito dall'aula con un sorriso sghembo sul volto ad affrontare sguardi che, incuriositi dalla fasciatura di fortuna, lo incrociavano per i corridoi. Andare in Infermeria gli era sembrato un affronto alla leggerezza che si impegnava a ostentare, in fondo si trattava unicamente di una ferita superficiale causata da uno studente del quarto anno evidentemente disattento nell'utilizzo del Diffindo. Bruciava, ma Rehan non vi badava. Sanguinava, ma la stoffa del fazzoletto di Eloise Stanford sembrava fare un lavoro discreto nel tamponare.
    Il bagno di Mirtilla Malcontenta non era mai stato realmente dismesso, posto sicuro per chi desiderava passare inosservato o celarsi a occhi indiscreti. Una pratica che, almeno fino a qualche anno prima, Rehan sembrava condividere pienamente.
    Si affacciò per accertarsi che non vi fosse nessuno, o per lo meno che i cubicoli fossero chiusi: il bagno non era inutilizzabile, per l'appunto, ma era pur sempre femminile.
    Lasciò scorrere il fazzoletto sul braccio fino a rendere evidente la ferita. Sentiva la pelle pulsare e i muscoli irrigidirsi, mentre la mano sinistra si affaccendava ad avviare il flusso di acqua corrente. Rabbrividì nel porvi in mezzo l'avambraccio, il sangue che defluiva più limpido sul candore della porcellana e il dolore che sibilava fra i denti, misto a fitte di fastidio che si alternavano ad attimi di sollievo.
    Aveva la fronte imperlata di sudore, il sorriso era svanito da un volto dall'espressione corrucciata, mentre la mano sinistra ripuliva i bordi della ferita dal sangue e la mente ripercorreva le parole dell'insegnante: “Dovresti andare in Infermeria, Malik. Un'infezione è l'ultima cosa che ti serve oggi.”
    Schioccò la lingua contro il palato e girò la manopola per interrompere il flusso d'acqua, mentre riutilizzava il fazzoletto della Tassorosso per tamponare la ferita e supponeva che persino i professori riuscissero a cogliere le giornate tinte di sfortuna. Sperare che smettesse di sanguinare dopo un tentativo tanto blando di medicazione sarebbe stata un'eresia, ma quanto meno avrebbe evitato di arrivare dissanguato in Infermeria.
    Sbuffò e si poggiò al muro, la schiena scivolò verso il basso e il pavimento ne accolse il peso. Piegò le ginocchia e vi poggiò i gomiti, lo sguardo si focalizzava con discreta insistenza sui lembi di pelle e la nuca trovò sostegno contro la pietra della parete, in un brivido che gli si arrampicò lungo la schiena, vertebra dopo vertebra, mentre con un sospiro si lasciava andare ad un attimo di tregua.
    Aveva mangiato poco a colazione e aveva saltato il pranzo, impegnato a completare il saggio che il professore di Aritmanzia aveva assegnato. Gli piaceva quella materia, molto più ragionevole di tante altre che sembravano non avere solide fondamenta. La Divinazione per esempio gli stava stretta, ed era a dir poco paradossale: il dono con cui era nato - che gli avevano poi spiegato chiamarsi Chiarotangenza - era quanto di meno razionale potesse esistere, e se per anni si era ritenuto pazzo e per altrettanti aveva finto di non subirne gli effetti, vi erano delle volte in cui essere qualcun altro gli sembrava impossibile.
    Volse il capo verso le finestre dai vetri ricoperti di impronte sparse sulle superficie che mostrava solo in piccola parte la foresta che si estendeva loro intorno. Vi era entrato parecchie volte nei precedenti anni, ma in neanche una di tali occasioni si era spinto nel cuore della stessa: era bastato qualche ululato a convincerlo a tornare indietro, mentre un amico o due non avevano seguito il suo esempio. Cody non se la passava bene nell'ultimo periodo, un frangente che coinvolgeva i quattro anni appena trascorsi. Per lui la specializzazione era iniziata un anno dopo del previsto, la causa che l'aveva spinto a tanto era stata la necessità di assistere la madre malata, quando il reale motivo era custodito nelle menti di chi, in quella famosa e tragica notte di luna piena, non aveva potuto fare altro che evitare che quel mostro lo uccidesse.
    Una fortuna sfacciata, la loro, persino quella di Cody lo era stata. In fondo, si era ripetuto negli anni Rehan, sarebbe potuta andare molto peggio.
    Sospirò ancora e le pareti di quel bagno maledetto si riempirono dei suoi lamenti. Estrasse la bacchetta dalla tasca interna della giacca e la puntò contro il suo stesso braccio, un flebile movimento del polso e una formula castata sotto voce. “Ferula.” Una benda andò ad avvolgere la ferita, macchiandosi anch'essa di porpora ma riuscendo tuttavia a tardare l'intervento dell'Infermiere senza eccessivi danni.
    Fu un lento fruscio alle sue spalle che lo mise sull'attenti, lo sguardo che virò a cercarne la fonte e, riconosciuti i suoi lineamenti, le labbra si tesero in un blando sorriso. “Yamazaki.” Si rilassò subito dopo, Rehan, ben conscio di chi avesse di fronte e consapevole di quanto poco sarebbero rimasti nel medesimo raggio d'azione: si tolleravano quel che bastava per convivere nello stesso castello a chilometri di distanza l'uno dall'altra. “Nessun Boccino da acchiappare oggi?”
    Poggiò nuovamente la nuca contro le fredde pietre del muro, la mancina che stuzzicava il nodo della cravatta per allentarlo e uno sbuffo soffiato dalle labbra tese a lasciarne intuire l'insofferenza per il quadro generale.
    Non si poteva certo definire una buona giornata, quella che sembrava prendersi gioco di lui fin dal primo istante di quel mattino.




    Edited by Rehan Malik - 10/2/2024, 02:32
     
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    Un attimo prima è lì che cerca, senza troppe pretese, di seguire la lezione di Divinazione, tentando di prendere appunti sull'ennesimo argomento che sarà costretta a studiare a memoria, non avendo evidente predisposizione per quel mondo astratto, tanto vicino alla realtà, quanto lontano anni luce, e un attimo dopo il suo campo visivo si offusca. Il cuore le spinge come un martello pneumatico contro le costole, la voce della professoressa, come quella di Honey, le arrivano ovattate, provenienti da una galassia lontana. Respira, respira Fuji. Si impone mentre avverte la sensazione di un caldo asfissiante che le si avviluppa intorno al braccio sinistro, con una morsa che la stringe prepotente, poco al di sopra del gomito. Capisce subito che è un attacco di panico perché l'iperventilazione e l'evidente stato confusionario, che la fa dissociare a momenti alterni, le risultano estremamente familiari, un pane quotidiano, decisamente amaro, che viene costretta a mangiare seppur faccia di tutto, davvero di tutto, per mettere a tacere ogni sensazione. Ma di solito non arrivano mai così, non durante le lezioni. Stringe i pugni sopra le cosce, poi li riapre e conficca le unghie a mandorla nella carne delle cosce coperte dal velo leggero delle calze. Si focalizza sul dolore, respirando quanto più tranquillamente possibile per non destare sospetti. « Fu, tutto okay? » La bionda, seduta al suo fianco, ha la voce impastata di preoccupazione e la Yamazaki si ritrova costretta a girarsi verso di lei per sorriderle mentre il battito cardiaco le rimbomba come impazzito nelle orecchie e la stretta al braccio aumenta abbastanza da percepire le punte delle dita cominciare a formicolare. « Credo mi stia tornando il ciclo. » Sibila nella sua direzione, arricciando il naso per simulare una fitta che, a tutti gli effetti, non sta provando al basso ventre ma è pur sempre reale. « Magari vado un attimo in bagno, hai ancora un po' della Pozione Quietante? » La bionda prende a rovistare nella sua Chanel nuova di zecca e dopo qualche secondo scuote la testa. Merda, mi avrebbe aiutato davvero a calmarmi. Pensa in un momento di estrema lucidità prima di riprendere a sudare freddo tanto da costringersi ad alzare la mano. « Sì? » « Potrei andare in bagno? » « Stiamo per cominciare la pratica con i minerali, non puoi aspettare la fine della lezione? » Il cenno del capo con il quale le risponde è meccanico ma risoluto. « No prof, è davvero urgente. » E nel dirlo, senza alcuna vergogna, sventola in aria il pacchetto colorato dall'inconfondibile fattezza. Un assorbente. La professoressa Spellman, senza pensarci due volte, le accorda l'uscita e lei, dopo un'occhiata di traverso alla miglior amica, fugge. Letteralmente. Prende a correre lungo le scale che la portano ai piani inferiori, raggiungendo il secondo piano con il fiato che, lentamente, le diventa via via più corto. Quella piccola corsa deve aver sortito un effetto quasi stordente per il suo cervello, perché la sensazione al braccio è leggermente meno asfissiante, così come il macigno sul petto che, durante la ridiscesa delle scale che portano all'Aula di Divinazione, ha minacciato di farla stramazzare a terra ben più di una volta. Poggia le spalle contro la parete, beandosi della sensazione di freddo che le infonde, nell'immediato, una sensazione di calma, aiutandola a pensare più lucidamente all'istante. È allora che prende a respirare, controllando i respiri come quel povero terapista, abbandonato alla seconda seduta, le ha consigliato di fare. Inspiro uno, due, tre. Espiro uno, due, tre, quattro. Trattengo. E via così, daccapo. Alla fine i muscoli delle spalle e del braccio sinistro sembrano rilassarsi abbastanza da permetterle di fare un respiro fino in fondo, di diaframma, senza venir trafitta dall'ennesima coltellata tra le costole. « Signorina, cosa ci fa a bighellonare per i corridoi in orario di lezione? » La voce, un po' nasale, arriva direttamente dal dipinto appeso al muro opposto. L'ultima cena di Lord Piquett e i suoi ranocchi. È proprio Lord Piquett a rivolgersi alla giapponese, che riapre gli occhi di scatto, puntando le iridi feline sulla figura al centro del dipinto orizzontale, lungo abbastanza da prendere metà parete. Lord Piquett ha il cipiglio di chi è sull'orlo di una crisi di nervi, arrabbiato com'è dall'aver dovuto aspettare ore l'arrivo dei suoi ospiti, tanto d'averli trasformati tutti in rospi, per punirli del loro ritardo, una volta seduti alla gran tavola a ferro di cavallo. « Ho urgente bisogno del bagno. » Gli risponde con un sorrisetto sinistro a piegarle le labbra. « Sa com'è sono in quel periodo del mese. » « Non capisco cosa intendiate. » « Come no? Le fasi lunari, l'isteria, il sanguinamento tra le gambe. » Inorridito, Lord Piquett salta in piedi, facendo cadere all'indietro la sedia, destando la risata di gusto della mora. « Cosa dite? Non si parla di queste cose, strega. » Lei gli dà le spalle, alzando una mano per salutarlo. « Buon 1400, Lord Piquett. » « Già che ci siete, sciacquatevi la bocca, donna dalla dubbia moralità. » Non lo sente nemmeno perché è già oltre la porta del bagno, con le dita che corrono a recuperare il pacchetto di sigarette incastrato tra il bordo della gonna, decisamente più corta dello standard, e la schiena. È decisa a fumarsene una, in completa pace, prima di dover rientrare in Aula. Ne sta accendendo la punta, svoltando l'angolo formato dalle strutture in legno adibite ai veri e propri bagni, per arrivare al lavandino sontuoso al centro della stanza. “Yamazaki.” Il sopracciglio destro si inarca appena mentre gli occhi giallognoli si soffermano sulla figura di Rehan Malik, accartocciata a terra, contro la parete. Non può sfuggirle di certo il braccio avvolto in una medicazione, evidentemente di fortuna, inzuppata di sangue rosso. “Nessun Boccino da acchiappare oggi?” Prende un tiro di fumo lasciandola sfuggire poi dalle labbra
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    sorridenti in una nuvoletta rada. « L'ho già preso Domenica. Non dirmi che ti sei perso il gran match. » Nei lineamenti di lei non c'è più più la sfumatura evidente di sofferenza ma una luce sarcastica nel ricordare l'ultima partita contro Corvonero, finita 690 a 370 per Serpeverde. « Peccato, avresti potuto imparare qualcosa. » Si stringe nelle spalle. « Magari a volare dritto durante le tormente di neve, chissà. » Una falsa innocenza fa capolino a distendere le labbra color pesca. Esattamente all'altezza di Rehan, lei poggia le spalle contro la parete opposta, fissandolo con interesse. Si chiede immediatamente perché sia lì e non dove qualcuno potrebbe fare un lavoro migliore di quello che, immagina, si sia fatto da solo. « O magari a sapere dove andare quando ti fai male, affinché qualcuno di competente ti possa aiutare. » Un'alzata di sopracciglia nella sua direzione gli renderà chiaro quanto sia divertita dal poterlo perculare per quella che le appare, a tutti gli effetti, una grandissima cazzata. « Un'ex particolarmente insistente, evidenti problemi tecnici con gli incantesimi che non sei mai stato in grado di fare o una richiesta d'attenzione? » Indaga sulla causa di quella ferita che continua a sanguinare, abbastanza lentamente però da non sporcare troppo velocemente la benda. « Sai? Il tuo nome è ancora nella lista del toto scommesse dei Settimini che non si sa come abbiano fatto a passare ai Superior. » Una risatina le scuote il petto, facendoglielo percepire immediatamente più leggero, privo dei dolori provati negli istanti appena passati. Di sicuro la presenza fastidiosa di Malik rappresenta, suo malgrado, una distrazione che le serve per mantenere l'attenzione fissa su qualcosa di diverso da un possibile nuovo attacco in agguato. « Non ho idea del perché tu non voglia andare in Infermeria - spero vivamente non sia una cazzata da maschio etero basic che non deve chiedere mai altrimenti la sua fragile virilità viene meno - ma prima di castarti un Ferula si ferma giusto il tempo per fare un altro tiro «- hai usato un Epismendo perlomeno? »
     
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    Determinare la causa della piega degli eventi di quel giorno sarebbe stato difficile, soprattutto per una mente dedita a ignorare un dolore lancinante scegliendo di concentrarsi sulle dinamiche che l'avevano condotta a doverlo fare. Crogiolandosi nella consapevolezza di non voler assolutamente affrettarsi nel tornare a seguire la lezione, lo sguardo del moro venne puntato verso l'orizzonte che si estendeva al di là della finestra, tagliato di netto dal parapetto e permettendogli così di godere unicamente della distesa plumbea di un cielo predisposto a una pioggia che avrebbe reso maggiormente tetro l'umore degli abitanti del castello. Un toccasana per lui, date le circostanze.
    Sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni e fece scorrere il dito sullo schermo: neppure un messaggio da parte di Christine e la presa di coscienza di aver rischiato di perderla il giorno prima lo condusse a corrucciare l'espressione di un volto più pallido del normale, un'ombra ad appesantirgli un animo dedito all'astinenza e per nulla intenzionato a perdere l'appiglio che aveva sull'unica persona capace di colmare il vuoto che lo tormentava da tempo.
    L'arrivo di Fujiko fu quasi un toccasana per la sua mente: le iridi d'onice riscontrarono in quelli d'ambra di lei una cascata di luce capace di incrinarsi equamente con la tenebra che caratterizzava quelli di lui. La osservò per molto tempo, Rehan, probabilmente più del necessario data l'ammirazione di uno sguardo tanto atipico, mascherando il tutto lasciando scorrere parole che gli consentirono di riflettere il sorriso che lei gli aveva rivolto. Aveva naturalmente seguito ogni partita del campionato di quell'altro, a prescindere dalla partecipazione della squadra tinta di rosso e oro e considerava la ragazza che aveva di fronte la più abile Cercatrice della scuola, ma tale consapevolezza non la rendeva comunque degna di cogliere una simile confessione da parte sua.
    “Sono stato... distratto da altro.” Mentì, lasciando intendere una circostanza che, almeno in quell'occasione, non era che una menzogna. Aveva in effetti seguito l'intera partita, lasciandosi sfuggire un sorriso sghembo nello scorgere la mano di lei giungere nei pressi del Boccino, fino a consentire alle dita di avvolgersi intorno alle sue ali. Era brava, troppo brava, e per questo motivo Serpeverde li avrebbe probabilmente massacrati, ma a lui interessava poco il gioco di squadra: individualista quale era, lasciava scivolare la propria curiosità e altrettanta attenzione sul singolo. E Fujiko aveva avuto modo di coinvolgerlo fino a consentirgli di ricordarne nome e volto fin dal loro primo scontro avvenuto ormai anni prima.
    Rispose alla sua provocazione distendendo maggiormente il sorriso che lo condusse ad arricciare un angolo delle labbra, il sopracciglio sinistro si inarcò e la mente volò a quell'unica occasione in cui il manico non aveva retto alla tempesta e, sbandando, aveva rischiato di farlo cadere rovinosamente sul suolo distante una decina di metri. I professori avevano evitato la tragedia, ma per lui quella partita era conclusa. Non avrebbe attribuito la responsabilità di quel fallimento all'impossibilità di potersi permettere un manico più efficiente, piuttosto avrebbe ammesso la propria incapacità, conscio in ogni caso di avere molto da imparare. Forse non da lei, ma perché guastarle l'umore? “Dovresti proprio darmi qualche lezione privata.” Un'idea che l'altra avrebbe respinto, ché il loro rapporto era stato burrascoso da quando il ragazzo ne avesse memoria. La qual cosa lo stuzzicava, inutile negarlo: annoiato dalla routine e da chi non era in grado di stimolarlo, Rehan era volubile e difficile da incuriosita. Una mente brillante e un carattere spigoloso erano elementi in grado di attrarlo, ma riuscire a fargli mantenere un simile grado di interesse era il più delle volte impossibile.
    Al riferimento alla propria ferita, lo sguardo del moro scivolò dal volto di lei al braccio incriminato, la ferita intenta a sanguinare senza lasciargli tregua: avrebbe davvero dovuto andare in Infermeria. Un rifiuto, il suo, inspiegabile. Distratto dall'estendersi della propria linfa vitale sul tessuto un tempo inamidato, Rehan si ritrovò a rispondere alle opzioni avanzate dalla Serpeverde con uno sbuffo divertito e un'alzata di spalle. “A quanto pare sono particolarmente distratto ultimamente.” Cosa non del tutto falsa, in realtà. La causa di tale distrazione non era però chiara neppure a lui. Un sorriso beffardo illuminò un'espressione altrimenti indecifrabile, lo sguardo tornò a cercare quello d'ambra di lei, risplendendo di luce riflessa. “Vuoi provare a ipotizzarne il motivo mentre valuti l'idea di indossare qualcosa di più consono al contesto scolastico?” Non si pose neppure il problema di essere stato indiscreto, ché le parole di Lord Piquett gli risuonarono nella mente come se le stesse ascoltando in quel preciso istante: vi aveva dato poco conto prima di sapere che, date le condizioni della divisa della ragazza, fossero rivolte proprio a lei.
    L'attenzione di Rehan scivolò lascivo sulle sue gambe e la lingua schioccò contro il palato nel constatare una condizione che non era certo di condividere, ma a cui era già stata data una voce. “Sei proprio una donna dalla dubbia moralità.” Una risata bassa a lasciare intendere il sarcasmo di cui la propria retorica era imbevuta, mentre la nuca cercava nuovamente sostegno sulla parete alle proprie spalle e le labbra si contraevano in una smorfia contrariata. Il ginocchio si avvicinò al busto e una fitta di dolore all'avambraccio ferito gli fece soffiare uno spasmo fra i denti. “Concentrati sul risultato, Yamazaki. Sono o non sono passato, alla fine?” Non era mai stato uno studente diligente, ma aveva sempre fatto la sua parte e la promozione non aveva mai rappresentato un obiettivo impossibile da raggiungere. Aveva le idee chiare sul proprio futuro, il Malik, tanto da lasciarsi andare con estrema leggerezza su qualunque altro aspetto della vita.
    Le palpebre si abbassarono su occhi sfiniti, tinti appena di vermiglio e intenzionati a far risplendere maggiormente l'onice del proprio sguardo, se solo Rehan fosse stato intenzionato a mostrarlo, mentre la domanda della strega lo faceva sentire più sciocco di quanto avesse preventivato scegliendo di tardare l'approdo in Infermeria. Se non aveva optato per il percorso da Infermiere o Medimago c'era un motivo, in fondo.
    “No.” Rispose quasi seccato dalla consapevolezza di aver bisogno di qualcuno che sapesse cosa fare. Fu il lampo di un momento, quello che lo spinse ad avanzarle una proposta che sarebbe risultata compromettente a seconda della risposta di lei. “Cos'è, vuoi farmi da infermiera?” Continuava a pensare che fosse il caso di andare in Infermeria, ma, nell'attesa, le mani di Fujiko sarebbero state sicuramente più abili delle sue nel tentare di tamponare l'inevitabile.
    “Comunque... che ci fai da queste parti? Dubito si tratti solo di dipendenza da nicotina.” Un cenno del capo a indicare la sigaretta e il bisogno costante di appigliarsi a qualunque cosa gli concedesse di concedersi un attimo di respiro dalla vita che conduceva da anni e dalle visioni che ne torturavano la mente, allungò il braccio danneggiato nella sua direzione, tendendo le dita per poi richiamare a sé la verde-argento. “Vieni qui.”
    Che la sua richiesta - che tutto appariva fuorché questo - fosse votata a godere della vicinanza di una ragazza che tendeva a detestarlo o per godere di quell'aspro odore di fumo e sperare in una dose di spensieratezza, non era chiaro. Arrivava al fine, Malik, indipendentemente da cosa avrebbe dovuto fare per raggiungere il risultato che si era prefissato.






    Superior - Ex-Grifondoro | Chiarotangente | 20 anni
     
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2 replies since 9/2/2024, 19:11   83 views
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