I can feel myself shutting down.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Rehan Malik
        +1   Top   Dislike
     
    .

    User deleted


    Rehan MalikStranger Things

    Superior
    20 anni
    Chiarotangente
    Era trascorsa poco meno di un'ora da quando Rehan aveva sancito l'inizio di un'avventura che lo avrebbe stremato oltre ogni possibile immaginazione, saggiando solo con quest'ultima l'euforia del momento e abbandonandosi alla certezza di non poter affondare in istanti più soddisfacenti.
    La muscolatura in tensione, il respiro affranto da attimi di indigeribile eccitazione. La lingua che ne saggiò le labbra ritrovò su di esse il gusto del sale, riflesso incondizionato del sottile velo di sudore che ne ricopriva il corpo. Le iridi cupe sondavano la stanza, i sensi restavano all'erta mentre i polmoni ricercavano aria, il cuore galoppava al ritmo dei movimenti appena mutatisi in stasi. Il silenzio che lo avvolse per un momento risultò essere addirittura assordante, mentre le mani scivolavano sulla camicia sudata e le dita si arpionavano a essa. Un movimento repentino, il suo, un primo affondo imprimendo il proprio peso sulla gamba sinistra, poi un secondo spostandolo sulla gemella e il baricentro a mantenerne l'equilibrio. Il fiato era corto, lo sguardo decretò il punto esatto in cui sarebbe avvenuta la stoccata finale e, come se ciò non bastasse, sentì il respiro della ragazza condensarsi nel proprio. Sorrise nel percepire il suo calore a breve distanza, la lingua a umettare le labbra e il profumo di lei a mescolarsi in maniera effimera con il proprio.
    “Vuoi fare una pausa?” La voce, resa roca dallo sforzo di quel pomeriggio, riecheggiò fra le mura di pietra della stanza di cui erano divenuti clandestini. Lo sguardo ceruleo della ex-Corvonero ne rispecchiò la soddisfazione e le labbra si distesero nel sorriso che diede adito a un sussurro divertito. “Lo capirei: so bene di avere una resistenza fuori dal comune.” Una risata quasi di scherno di fronte all'insistenza dell'altra nel dimostrarsi all'altezza, mentre il corpo si divincolava da uno stallo reso inevitabile dalle loro posizioni.
    “Agisci di più e parla di meno, Malik. Qui stiamo iniziando a diventare impazienti.” Una mano fra i capelli e le ciocche di un'intensa tonalità di cioccolato le scivolarono sul viso inumidito dallo sforzo di quegli ultimi minuti, la canotta scura inumidita da ciò che restava di momenti di intenso sforzo fisico e la cravatta gettata sul pavimento molto tempo prima. Una lotta fra titani, avrebbe detto Rehan, se non fosse stato per la tregua che entrambi si stavano concedendo.
    “Replichiamo venerdì prossimo?” Un ultimo tentativo di distrarla per avere la meglio, mentre il corpo iniziava a fremere a causa dello sfinimento e il sorriso che le aveva rivolto fino a quell'istante veniva meno per lasciare spazio all'ennesima occhiata di una determinazione che lo condusse sull'orlo di un'estasi ormai all'imbrunire.
    “Dipende.” Rispose lei.
    “Da cosa?” Domandò il ragazzo nello spostare il peso sull'altra gamba per esibirsi in un'ultima, significativa percossa.
    “Non posso dare di nuovo buca a Ethan per quello che è tutto meno che un passatempo innocente.”
    Una risata bassa riecheggiò fra quelle mura, quando una terza voce si unì alle due in cantiere: quella di un ragazzo sull'orlo di una crisi di nervi e che ricordò agli altri due di non essere soli. “Insomma, vogliamo chiuderla o no? Fra un'ora dobbiamo essere in Sala Grande e gradirei farmi una doccia, se non vi è di troppo disturbo.” Lo sguardo di Rehan cercò divertito quello di Jordan e quest'ultimo ne comprese le intenzioni fin troppo tardi, quando la gamba destra del moro arretrò per assestare un ultimo, poderoso calcio al pallone che, sperò, l'altro non avrebbe arrestato. Greta osservò la curva presa dalla palla senza poter fare nulla, o almeno questa fu la sensazione di eccelsa soddisfazione che il cuore di Rehan brandì nell'immaginare la fine di una partita che andava avanti da quaranta minuti, in una delle aule abbandonate del castello in cui giocare a calcio non solo era sconsigliato, ma addirittura mal visto. La verità però era che Rehan fosse fin troppo incline a venerare la figura femminile, tanto da non considerarla minimamente inferiore a quella maschile in un gioco come poteva essere il calcio babbano, attribuendole addirittura la medesima ingenuità di cui i ragazzi facevano inconsapevolmente sfoggio e aspettandosi dalla stessa le défaillance tipiche del proprio sesso. Fu per una simile stoltezza che si fece trovare impreparato, quando Greta compì rapidamente un paio di passi all'indietro e bloccò la palla con il piede sinistro, dandovi un contraccolpo che, cogliendo di sorpresa Rehan, lo fiondò senza alcuna difficoltà nella porta improvvisata degli avversari, segnando il goal della vittoria e facendo imprecare Cole. “La prossima volta gioco io con lei, Jordan. Rehan ultimamente ha dimenticato come si fa a prendere a calci un pallone.”
    Il dorso della mano del diretto interessato scivolò fin sopra al mento raccogliendone il sudore e un cipiglio divertito venne rivolto alla ragazza che lo aveva decisamente sconfitto in una partita ben più che equa.
    La vide incrociare le braccia al petto subito dopo aver ricacciato dietro la schiena la lunga chioma castana e inarcato un sopracciglio. “O sono semplicemente più brava di lui.” Doveva riconoscerglielo, Malik, e non gli risultò affatto difficile. Si strinse dunque nelle spalle, sollevando entrambi i palmi per aria e scuotendo il capo. “O è semplicemente più brava di me.” Le fece eco prima di allungare un pugno verso di lei e aspettando il contraccolpo del suo, prima di ancorarsi alla bottiglia d'acqua per reidratarsi. Non lo facevano spesso, i quattro Superior - due Mezzosangue e due Nati Babbani - appassionati di calcio tanto da arrischiarsi a violare qualche regola pur di dare sfogo allo stress accumulato nelle settimane che scorrevano tra una partita e l'altra.
    “Ci vediamo a cena, amico?” La voce di Jordan gli arrivò alle spalle e Rehan ne ricambiò l'occhiata con un cenno di assenso, prima di sollevare la mano in segno di saluto. Greta seguì l'ex Serpeverde e Cole gli assestò una lieve spallata prima di rivolgergli un occhiolino e affiancare gli amici, lasciando il moro in una stasi silenziosa e palliativa, reduce dalla scarica di endorfine che a breve lo avrebbe lasciato senza forze. Non aveva nessuna voglia di tornare in dormitorio, non ancora.
    Un sospiro a sancire l'uscita dei tre, prima di sbottonare la camicia e sventolarsi appena con i lembi dell'indumento, per poi direzionarsi verso la finestra senza tuttavia poter spalancarla. Le mani si poggiarono sul davanzale, il busto si inclinò appena in avanti e lo sguardo si perse tra le fronde della Foresta Proibita, mentre la mente viaggiava lontana e il respiro si regolarizzava, così come il battito del cuore e la necessità di abbandonare la vita di tutti i giorni per qualcosa di straordinariamente inaspettato.




    Edited by Rehan Malik - 29/2/2024, 20:33
     
    Top
    .
  2.     +1   Top   Dislike
     
    .
    Avatar


    Group
    Caposcuola
    Posts
    1,468
    Reputation
    +193
    Location
    Puglia

    Status
    Anonymes!
    Inspira. La giovane dalla lunga chioma ramata, le palpebre chiuse ed il volto dalla pelle candida contratto in un'espressione che avrebbe dovuto apparire sempre più rilassata, inspirò profondamente e strinse le mani sulle cosce. Espira. Dopo aver trattenuto il respiro per pochi secondi, gonfiando la cassa toracica, buttò fuori l’aria dalle labbra carnose leggermente schiuse. Ripeté l'operazione, almeno un paio di volte, con la speranza che quella sottospecie di peso ad opprimerla sul petto svanisse quasi per magia. Se per molte delle altre studentesse con lei in aula, quella tecnica di respirazione da associare ad alcuni esercizi e movimenti, sembrava riscuotere effetto ed aiutarle a liberarsi dalla tensione nella posizione a gambe incrociate sul tappetino, Maeve sentiva di ottenere un riscontro del tutto opposto. Le parve di andare addirittura in apnea. Più cercava di rendere automatico quel processo e la fantomatica respirazione toracica tridimensionale, con l'obiettivo di alleggerire il corpo senza portare carichi sulle spalle e la mente, maggiormente il suo cervellino si rifiutava di rilassarsi e lasciare andare i pensieri opprimenti. Avrebbe dovuto immaginarlo, la più piccola dei Cousland: era troppo razionale, la sua mente sempre costantemente attiva e vittima di un infinito susseguirsi di pensieri senza un apparente senso logico, aggrovigliati in un loop continuo. Era stato stupido, da parte sua, prendere anche solo in considerazione l'ipotesi che un banale club del pilates magico potesse realmente aiutarla a sentirsi meno frustrata. Non sarebbe bastato quel flusso armonico, né la respirazione profonda, a risolvere i suoi problemi - che invece andavano semplicemente sradicarli dalla fonte. Riaprì gli occhi, lentamente, ritrovandosi allo stesso punto di partenza di quando aveva acconsentito a prendere parte almeno ad una di quelle lezioni. Spostò lo sguardo smeraldino al suo fianco, lì dove alcune delle altre ragazze seguivano passo passo i consigli e le spiegazioni sulle sequenze poco prima spiegate da Joy - la Tassorosso dell'ultimo anno che, tanto si era battuta col Preside per ottenere il permesso per svolgere quell'attività extrascolastica all'interno del Castello, in una delle tante aule vuote ed inutilizzate. Averla aiutata, ad ottenere i permessi ufficiali e convincere soprattutto Diggory con la sua dialettica persuasiva, aveva poi fatto sentire in dovere la bruna dei Tassi ad invitarla ad unirsi a loro. Almeno per una volta. Il silenzio avvolgeva l'intera stanza e, per un momento, alla rossa risultò essere sempre più assordante ed asfissiante anziché calmante. Era stato un errore. Avrebbe dovuto conoscersi, dopo poco più di diciassette anni di convivenza con se stessa ed i traumi che si portava dietro, occultandoli e nascondendoli in parti sempre più recondite di sé. Meno occupata da lezioni, corsi supplementari, impegni socio-politici e doveri da Caposcuola fosse stata, più tempo avrebbe avuto il suo cervello per farla ripiombare in quel baratro di pensieri che rischiarono di sommergerla. Il peso di essere una Cousland, si faceva sentire soprattutto in quei momenti di apparente quiete. Esalò un respiro profondo, ripensando all'ultima conversazione avuta con Coriolanus, sempre così concentrato sulle disposizioni, gli ordini... Gli obblighi, che comportava portare quel cognome. Troppe aspettative, troppi riflettori puntati addosso, troppe privazioni. Troppe pressioni. Punizioni. Troppo tutto. Sentì i polmoni contrarsi in cerca d'aria, annaspando nel vuoto che sentiva proprio al centro dello sterno; era come se il suo corpo pesasse all'improvviso un quintale in più, con la sensazione di soffocamento ad espandersi pian piano nel petto. Ogniqualvolta perdeva il controllo, Maeve sapeva perfettamente cosa sarebbe accaduto: le redini serrate che tenevano imbrigliate la sua capacità naturale di insinuarsi nella mente altrui, venivano sciolte simbolicamente e la situazione non avrebbe fatto che peggiorare. Era raziocinante perfino su quello, su ciò che non fosse opportuno far avvenire mentre viveva un momento ansiogeno del tutto ingestibile dalla logica e la ragione. Serrò le labbra e gli occhi, percependo il primo eco di pensieri appartenente proprio alle altre presenze in quella stessa aula. Erano sempre così futili e leggere, quelle riflessioni intime dei suoi coetanei: c'era chi si preoccupava dei M.A.G.O., di insensate relazioni amorose adolescenziali, ancor peggio delle imminenti partite di Quidditch delle Case. Fu un rumore, esterno a quell'assenza di rumori all'infuori del respiro delle altre compagne, a salvarla dall'iperventilazione. Ritornando vigile, voltò di scatto il viso verso la fonte di quel suono secco, che andò a ripetersi una seconda volta contro il muro, al di là della stanza in cui si trovava. Sospirò in maniera più silenziosa possibile, rendendosi conto lucidamente del posto in cui fosse, circondata da persone che - a differenza sua - erano tutte concentrate a seguire quell'inutile sistema di allenamento. Lei, dal canto suo, passò la successiva mezz'ora ad impegnarsi per non rifinire in carenza d'aria, indirizzando la propria attenzione sul suono continuo che di tanto in tanto continuava a battere contro la parete adiacente. [...] « È stato rilassante, vero? » Sì, certo. Piuttosto di partecipare ancora a questo supplizio, mi schianto da sola. « Assolutamente sì. Dobbiamo rifarlo almeno una volta a settimana. » Priscilla me ne liberi. « Finalmente per un'ora sono riuscita a non pensare agli esami! » I grandi problemi del mondo, risolti dal pilates. Come ho fatto a non pensarci prima? Erano ormai dieci minuti buoni che, terminata quella lezione senza fine, alcune delle ragazze avevano preso a far comunella e ritardare ancor di più il tempo della sua fuga. Sarebbe stato maleducato, come Corio - suo nonno - insegnava, abbandonare una conversazione nella maniera in cui sognava lei in quel momento. Quindi restò lì a fingere, come di consueto, il solito sorriso artificioso di circostanza ad adombrarle le labbra mentre tentava di mostrarsi la solita Maeve Cousland di sempre. La Caposcuola inclusiva e comprensiva, quando l'occasione lo richiedeva, ma anche intransigente e puntigliosa in circostanze avverse alle regole del Castello. Soltanto una volta rimasta sola in aula, con le ultime sgallettate ad allontanarsi continuando a starnazzare frivolamente, Maeve si permise di sbuffare e rilassare le spalle.
    Non voleva restare lì ad interrogarsi sulle ragioni di quel suo umore nero delle ultime settimane, anche perché ormai le sembrava di portarselo addosso da una vita intera quel peso immaginario sul suo esile fisico dalle forme floride. Slegandosi la treccia morbida ad acconciarne i capelli dalle onde fulve, prese quindi ad uscire dalla classe sgranchendosi i muscoli intorpiditi delle gambe. Le era apparso di starsene ferma, seduta, per un tempo indefinito. « Oh, ecco una Caposcuola! » Ebbe appena il tempo di svoltare nel corridoio, dove lungo una parete erano affissi un paio di ritratti incantati. Venne subito intercettata da Edgar Stroulger, o se non altro la sua raffigurazione ad olio. Era stato un inventore del 18esimo secolo; di lui non restava altro che lo Spioscopio come lascito delle sue creazioni, e quel quadro dalla cornice laccata in oro ad infastidire chiunque avesse la brillante idea di passargli davanti. L'altro quadro al suo fianco, custodiva il nientemeno che le fattezze di Sir Platter - uno stregone d'altri tempi, talmente lamentoso quanto scorbutico. Non a caso, quel corridoio nell'ala ovest veniva spesso e volentieri evitato per ogni sorta di attività. Perfino Prefetti e Caposcuola, preferivano tenersi alla larga durante i giri di perlustrazione notturna, da quando quell'accoppiata vincente era stata collocata sullo stesso piano. « Signorina Cousland, ritengo oltremodo oltraggioso, la maleducazione dei giovani d'oggi. » Arrestò il passo, la Cousland, ruotando su se stessa per scrutare entrambi con un cipiglio indecifrabile. « Cos'è successo, stavolta? » aprì le braccia e sospirò, passando lo sguardo dall'uno all'altro soggetto del ritratto animato. « Lo sente questo suono? » Portando le mani sui fianchi, imitò l'uomo sulla tela ed assottigliò le palpebre, tentando di captare una qualche fonte di rumore. « Io non sento niente. » mormorò, la fronte corrugata in una palese espressione perplessa. « Esatto! Il suono del silenzio. È questo che dovrebbe propagarsi, fra le mura di una scuola. Non quel... che rumore era, Sir Platter? » Oh, per Priscilla perché non ho preso l'altro corridoio? « Schianti e botte. Direttamente contro il muro dietro di noi. Non è un atteggiamento ammissibile, arrecare fastidio a qualcuno del nostro calibro. Oh, se ci fossero stati i Presidi di una volta! Voi giovani avete questa convinzione infernale di avere sempre la ragione, per colpa di damerini tronfi e permissivi come Diggory. » Ecco, adesso addirittura prendersela col Preside. Strano non nominare anche il Ministero e la loro inettitudine, l'ultima volta se la sono presa anche con Corio. Che ben gli sta, per una volta, per carità. « Ma li ho visti, sai? Tre di quei ragazzini sfrontati correre giù per le scale senza neppure arrecare le proprie scuse. Erano quattro, all'arrivo. L'altro sarà ancora lì dentro, a provocare chissà quali altri danni. » inveì ancora più forte Sir Platter, sbracciandosi sotto le occhiate adesso - vagamente - divertite della rossa. I quadri appesi in giro per Hogwarts sapevano essere così maledettamente melodrammatici, anche per questioni di dubbia importanza. « Okay, okay ci penso io. » concordò per mettere un punto a quelle lamentele che, altrimenti, si sarebbe portata dietro come un ricordo del suo essere stata incapace di governare le "crisi" del Castello, ogniqualvolta fosse passata lungo quel passaggio durante le ronde. Vorrei che le mie crisi odierne fossero tanto serie come queste: inveire contro un branco di ragazzini, che molto probabilmente stava soltanto giocando a Gobbiglie. Fece dietrofront e, con passo cadenzato, si diresse proprio verso la porta adiacente alla stanza dalla quale proveniva. Immaginò che, lo stesso tonfo udito nel corso di quell'oretta passata a tentare di rilassarsi, fosse lo stesso udito dai ritratti. Nulla di così fragoroso. Ruotò la maniglia, senza bussare, per cogliere sul fatto il responsabile di qualsiasi attività illecita si stesse compiendo all'interno dell'aula. Messo piede all'interno tuttavia, tutto ciò che riuscì ad individuare fu la figura di un giovane di spalle, del quale attirò l'attenzione richiudendosi la porta dietro di sé. Lo fissò per un breve istante, non appena riuscì a scorgerne il volto, scivolando automaticamente lungo tutta la linea di quel fisico mascolino. Okay, sudato e col petto nudo non è proprio un'accoppiata innocente. Non ne ricordava il nome di preciso, ma aveva quasi la certezza conoscesse Fujiko, la sua migliore amica. « Lungi da me accusare ingiustamente qualcuno ma, sai che qui fuori c'è un coro infastidito di quadri che chiede la tua testa? » esordì così, senza troppi preamboli, un sorrisetto accennato a far capolino sulle labbra rosee. « Cos'è che stavate combinando di preciso? » incrociò le braccia al petto, sotto il seno fasciato dal top corto dello stesso colore celeste polvere degli stretti leggings sportivi indossati. Spostò poi le iridi smeraldine dal volto del moro, per andare a rassegna nella classe attorno a loro, non scorgendosi poi nulla di così anomalo se non un vecchio pallone di un qualche sport babbano, abbandonato sul pavimento vicino al muro. Sul serio? Tutte queste sceneggiate perché giocavano a... com'è che si chiama, calcio? « Pensavo che voi Superior occupaste il tempo in maniera più... ottimale. » Inarcò un sopracciglio ramato, ritornando con lo sguardo all'indirizzo del Superior, il tono di voce tinto da una leggera traccia di sarcasmo. Era palese, dall'espressione sul suo volto, quanto poco seriamente avesse preso la lamentela ricevuta. Era più uno sfottò bonario, quello che prese a rivolgergli. « Ma a quanto pare vi divertite a giocare irregolarmente in un'aula, al chiuso. Nonostante gli immensi spazi all'esterno. È una scelta buffa. » Sarà per il brivido del proibito? Compì qualche altro passetto, all'interno dello spazioso stanzone, avvicinandosi alla figura del ragazzo con la sua andatura aggraziata - memore di chi, come lei, avesse subito un'educazione esemplare perfino per quanto riguardava il portamento ed il modo di porsi. Era cresciuta con lezioni d'etichetta e punizioni; privazioni ed ogni sorta di insegnamento a far parte del complesso delle regole relative al comportamento nell'alta società. Ed era quello che chiunque, si limitava a vedere in lei: la Corvonero nipote del Ministro; la Caposcuola dedita al suo lavoro, ma della quale si spettegolava il percorso facilitato per via del suo cognome e l'influenza della famiglia Cousland; la Storm Witch, nomea guadagnata dagli studentelli più giovani, per la sua apparenza imperscrutabile ma lo sguardo tempestoso; la giovane promessa della politica progressista; la ragazza privilegiata che aveva tutto, con quell'atteggiamento di eterna superiorità per le questioni - e le persone - che reputava puerili. « A meno che, stavate facendo tutt'altro di innocente rispetto ad una partita, utilizzata come copertura. Allora sì, che la situazione sarebbe molto più curiosa. » Non sarebbe stata neanche la prima volta. Durante tutti quegli anni, gli studenti erano stati beccati un'infinità di volte in atteggiamenti poco consoni. D'ogni tipologia di violazione. Constatata l'innocuità dell'attività svolta in quella stanza, non comprese neppure lei però, il motivo per cui continuò a stuzzicarlo velatamente, soffermandosi in prossimità della finestra alla quale lui era affacciato al suo arrivo. Forse perché aveva bisogno di prendersela con qualcuno, che non la conosceva, per non pensare. Concentrarsi su qualcos'altro. Anche si fosse trattato di questioni stupide come quella in cui il Superior era finito invischiato.
     
    Top
    .
  3. Rehan Malik
        Top   Dislike
     
    .

    User deleted


    Se qualcuno gli avesse chiesto quale fosse il momento della giornata che più preferiva, ovvero una delle più banali e detestabili domande che generalmente tendevano a occupare la mente e il cuore di un adolescente ordinario - che non me ne vogliano, ma in particolar modo delle ragazze - Rehan avrebbe fornito una risposta che non si sarebbe discostata troppo da quella che avrebbero provveduto a dare i più romantici e candidi fra gli esponenti della categoria appena citata: il tramonto. Così come apprezzava le stagioni miti e il gelato al cioccolato, il ragazzo, il cui sguardo era impegnato a sondare le folte e scure chiome della foresta, faticava a discostarsi dai più classici cliché a cui la vita lo poneva di fronte. Difficile affermare che potesse prendere una valida posizione fra il dolce e il salato, la luna e il sole e il caffè e il tè - bugia, su quest'ultimo forse sarebbe riuscito a venirne a capo - l'importante era che la risposta più sentita e sincera del proprio cuore fosse anche la più scontata. Era ciò che più ci si aspettava da lui, quel ragazzo affabile ed educato, cortese e gentile con chiunque vi entrasse in contatto e tedioso nel soffermare per qualche istante di troppo il proprio sguardo, scuro e penetrante, su chiunque avesse l'ardire di posare il proprio su di lui.
    Fece tamburellare i polpastrelli sulla fredda pietra che, oltre a consentire agli occhi degli abitanti del castello di arrampicarsi e issarsi fino a sfiorare il cielo, forniva solide fondamenta a quella che era ormai diventata la sua casa da fin troppo tempo. Hogwarts lo aveva senz'altro salvato, ciò però non riusciva a distrarlo completamente dalla consapevolezza di non potersi nascondere in eterno in una realtà in cui tutto diveniva possibile con un solo colpo di bacchetta, conscio che , prima o poi, il passato avrebbe stabilito fosse il momento di tornare alle origini.
    Erano le due facce della medaglia, il se stesso di un tempo e colui il quale poteva scorgere il riflesso delle proprie iridi dal vetro di quella finestra su cui si erano adagiati i pensieri del momento. Due entità che avrebbero dovuto convivere per il resto di una vita che aveva ben altro da nascondere, rispetto a un semplice gene che lo aveva condotto lì dove avrebbe potuto esservi chiunque altro: un colpo di fortuna, il suo, niente di più. Avrebbe potuto tornare indietro in qualunque momento se solo l'avesse voluto, ma non trovava ancora un valido motivo per farlo, preferendo invece concentrarsi su ciò che aveva ottenuto in quegli anni lavorando su se stesso e sulle proprie ambizioni, per quanto esigue e insignificanti esse apparissero se messe a confronto con quelle altrui, nel tentativo di dimenticare quel che si era lasciato alle spalle, vigliacco e ingrato.
    Sospirò, ormai acclimatato a tale condizione. Non era mai stato nessuno, il Malik, fra i Babbani e ancor meno fra coloro dotati del dono della magia, e non avrebbe cambiato quella realtà per nulla al mondo, ma non per questo non era in grado di riconoscere il volto di chi avrebbe potuto dominare sulla marmaglia di cui lui stesso faceva parte, quando ne vedeva uno. L'ingresso di Meave Cousland nell'antro di un castello che avrebbe spalancato per lei tutte le porte -persino le più ambite o proibite- lo colse di sorpresa. Aveva sentito dei passi provenire del corridoio, i quadri a esibirsi in lagne e proteste considerevoli, al punto da fargli sorgere un placido sorriso sulle labbra; eppure non vi aveva dato peso, ché nessuno si attardava fino a quell'ora in una delle ali meno frequentate del castello. Il perché e il per come non gli erano mai parsi tanto interessanti da convincersi a interrogarsi al riguardo più di quanto non avesse già fatto.
    La sentì alzare le mani per pararsi da eventuali lamentele circa l'ingiustizia insita nell'essere accusati da quadri parlanti senza potersi effettivamente difendere e, nel volgere il busto verso di lei, una risata sommessa gli riecheggiò nel petto. “Temo di non aver scuse questa volta.” In altre parole avrebbe dato volentieri ragione agli scorbutici quanto antichi abitanti delle cornici in ottone che dimoravano al di là della parete a cui la rossa stava dando le spalle. Non aveva pensato all'eventualità di poter infastidire chi era frutto dell'immaginazione di un grande artista, ma non se ne faceva una colpa smodata: doveva ancora abituarsi alla natura magica dei quadri e non vi era di che stupirsi considerando che aveva impiegato anni a smettere di impallidire nello scorgere le figure ectoplasmatiche degli spiriti che aleggiavano nel castello.
    Seguì lo sguardo della Caposcuola senza dire nulla, godendo all'idea di supposizioni errate e probabilmente ben più distanti dalla realtà di quanto lei potesse immaginare. Soffermò le iridi d'ebano sul pallone ormai malconcio, lo stesso che custodiva gelosamente nell'angolo più ombroso del proprio baule e celato da vestiti dismessi. Rehan era terribilmente spaventato all'idea che, nel trovarlo, gli elfi avrebbero potuto pensar bene di gettarlo via: quel pallone era invero l'ombra di un passato mai del tutto dimenticato, il residuo di quel che era stato allora. “Mai sentito parlare di calcio?” Incrociò le braccia al petto non ancora del tutto asciugatosi dal sudore della partita e spostò il peso del corpo sulla gamba più vicina alla parete per poter poggiare contro la gelida pietra adiacente alla finestra la spalla destra. Il tessuto sottile e leggero della camicia non fu sufficiente ad arrestare la sensazione che quel contatto gli procurò: fu così corroborante da fargli sospirare un mugolio di piacere fra le pieghe di labbra intente a riappacificarsi fra loro. Non inibì neppure la risata che lo riportò al presente, in quel preciso istante in cui le palpebre si sollevarono su pupille atte a ricercare la figura della Cousland per poi far riecheggiare nella propria voce una scusa a dir poco ridicola, consapevolezza che i due ragazzi condividevano senz'altro. “Minacciava pioggia.” Come per la maggior parte del tempo, in quel di Scozia, ma non gli parve il caso di specificare l'ovvio, quando avrebbe potuto sperare di passare per un ragazzo ingenuo e a tratti persino sciocco. Si strinse nelle spalle lasciando intendere indifferenza, quasi come se l'opinione negativa che l'altra avrebbe potuto farsi di lui non gli importasse, e forse era così, ma non si sarebbe preso la briga di indagare al riguardo. Lasciando scivolare lo sguardo sul suo corpo, Rehan si rese finalmente conto di una tenuta ben diversa rispetto a quella in cui la vedeva immersa ogni giorno. Non riconobbe in lei se non l'eco della Caposcuola diligente e precisa che molti detestavano e certamente altrettanti non comprendevano. Non faceva differenza, lui, da questi ultimi, ché non si era mai soffermato a tentare di conoscerla sul serio e men che meno l'avrebbe fatto in quell'istante se non avesse intravisto qualcosa, in quello sguardo, capace di accendere una scintilla di curiosità nel suo animo.
    “Poco probabile, davvero.” Commentò sovrappensiero l'insinuazione della ragazza nel concederle tacitamente di ridurre le distanze. Nessun sorriso ad animare le labbra del Malik né l'ombra di una qualsivoglia intenzione da parte della rossa di palesare apertamente il disagio che pareva attanagliarla. “In genere mi dedico a una ragazza per volta e, almeno fino a oggi, i maschietti non hanno mai attirato il mio interesse.” Il suo sguardo sembrava intenzionato a inchiodarla sullo sfondo grigio di uno scenario su cui sarebbero spiccati facilmente i suoi colori, a partire dal candore della pelle, passando al porpora dell'arco di Cupido delle labbra,
    per finire con la cascata di fuoco che le incorniciava il viso. Rehan fu improvvisamente certo che non vi fosse un solo quadro all'interno di quel castello capace di non invidiare un simile capolavoro vivente. “Mai dire mai, però.” Parole soffuse su quel cielo all'imbrunire, mentre gli anelli d'onice che ne circondavano le pupille si lasciavano accarezzare dall'immagine di lei, prima di virare sul panorama e, all'ultimo, ricercare il pallone. Con un colpo di reni e uno schiocco di lingua contro il palato, Rehan sciolse l'intrico delle braccia e compì qualche passo all'indietro, richiamando l'attenzione della compagna. “Sai giocare?” Si piegò a raccogliere la palla solo quando la sentì sfiorargli i talloni e se la rigirò fra le dita. Lanciò un'occhiata alle proprie spalle per individuare la "porta" improvvisata durante la partita appena conclusa, ignorando l'ora, le regole e la carica ricoperta dalla persona con cui si trovava in quel momento, limitandosi a un cenno del capo e a un sorriso sghembo. “Prova a segnare.” Le lanciò il pallone con una mano mentre con l'altra sollevava appena una gamba dei pantaloni per piegarsi sulle ginocchia. Su di esse sostarono le dita, il peso che si distribuiva equamente e le iridi fissate sul volto di lei.
    “Anche tu mascheravi con del sano esercizio fisico qualcosa di più - che parola hai usato? - curioso?” Se doveva sfidarla, pensò, tanto valeva provocarla e lasciare che quella fastidiosa compostezza, che le aleggiava intorno al pari di un'aureola, scivolasse via da lei per un minuto o due.






    Superior - Ex-Grifondoro | Chiarotangente | 20 anni
     
    Top
    .
2 replies since 10/2/2024, 20:16   64 views
  Share  
.
Top