Showdown

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    Cordelia RosierA trip for darkness one more time.

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    Doveva aspettarselo, anzi, se l'era aspettato, ma questo non rendeva più facile accettare di buon grado le conseguenze per aver partecipato alla festa organizzata dai Superior. Aveva cercato con tutte le proprie forze di resistere alla tentazione, alla quale aveva inevitabilmente ceduto sotto le insistenze di Eva e successivamente di Marcus, ritrovandosi invischiata con coloro che finirono ben presto nel mirino delle alte cariche di Hogwarts.
    Era particolarmente curiosa di scoprire chi avesse fatto la spia, ma date le circostanze quel pensiero passò in secondo piano.
    Cordelia usava di rado le metafore, dunque quando comunicò a Eva la punizione che avrebbe atteso tutti loro per un quantitativo di giorni che pareva infinito, la sorella non dubitò neppure per un istante della veridicità di quelle parole, nessuna esasperazione.
    Loro, Orion e Danika sarebbero stati immersi nella merda fino al collo.
    I primi giorni furono a dir poco terrificanti: aveva iniziato a dolerle la schiena, il candore delle sue mani era stato irrimediabilmente marchiato da ruvidi calli dovuti alla salda presa della pala, il cattivo odore le aveva inficiato l'olfatto tanto da sentirlo sempre, ovunque, nonostante i numerosi bagni e la foga con cui si lavava ogni singolo centimetro di un corpo dolorante.
    Non si era mai occupata delle faccende domestiche, men che meno di lavori manuali. Gli Elfi l'avevano viziata com'era forse giusto che fosse dato il suo retaggio, ma questo l'aveva portata a oziare di fronte agli sforzi fisici e spalare concime indossando stivali di gomma e legando capelli che venivano inevitabilmente schizzati di feci di Thestral non aiutava a farle riprendere il buon umore. Non che fosse mai stata vivace e solare, ma in quel periodo era letteralmente una furia.
    All'orizzonte non si vedeva nessuno dei tre compagni di malefatte. Con la partenza di Marcus, inoltre, il lavoro si era letteralmente duplicato per lei, che aveva iniziato a svolgere con lui quei maledetti compiti. E nel silenzio in cui si era immersa all'alba, colmato unicamente dai versi delle creature più innocue appollaiate tra le fronde degli alberi della foresta, Cordelia ripensava a quanto accaduto alla festa. Erano trascorsi solo pochi giorni, eppure non poteva fare altro che tentare di dimenticare una serie di circostanze che l'avevano particolarmente segnata: la vicinanza di Eva a Marcus, la presenza di Dominique a distrarre Orion dalla loro sfida, la rissa che lo aveva portato a sfruttare una penitenza per imporle di aspettarlo, seguendo un istinto di protezione che l'altra non si sarebbe aspettata da parte sua. Era Eva l'oggetto del suo affetto, era a lei che avrebbe dovuto pensare, oltre che a Danika.
    Sbuffò e immerse con più foga la pala in quel che l'avrebbe attesa per tutto il giorno, scacciando quella fastidiosa e irritante sensazione all'altezza dello stomaco, un formicolio che le faceva addirittura passare la fame.
    Sporca, esausta, nervosa, sollevò lo sguardo nel riscontrare davanti a sé proprio l'oggetto di quei pensieri. Si fermò il tempo necessario per focalizzarsi sulla figura di Orion, ripensando a ciò a cui si era sottratta nonostante l'obbligo, prima di riprendere il proprio lavoro come se niente fosse.
    Non avevano più parlato da quella sera, non si erano più stuzzicati come un tempo.
    E ardeva.

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    Aveva affondato la testa nel cuscino, quella mattina, soffocando nella federa leggera un gemito ad occhi chiusi, le mani a stringersi sul bordo del materasso come a volersi fondere con lo stesso, senza alzarsi, senza affrontare quella giornata. Una delle tante, passate e future, che vedevano le sue attività ad Hogwarts cambiate, abbattute da una scelta che gli era costata non solo fatica, non solo un odore sgradevole, non solo una strigliata, bensì umiliazione. Era stato certo, Orion, che sarebbe andato tutto bene, che nessuno si sarebbe accorto della loro mancanza nel dormitorio e che i presenti alla festa, come loro, per quanto autorizzati a quell'uscita, avrebbero concentrato le loro attenzioni e le loro energie sui propri interessi, godendosi la musica e l'alcol senza badare ad una manciata di studenti sgattaiolati in abiti luccicanti ad infrangere il coprifuoco. Era stato certo che le parole che aveva rivolto ad Eva, sicuro e anche spavaldo, sarebbero rimaste tra di loro come una tacita promessa di una serata che avrebbe risollevato i loro animi appesantiti dagli esami imminenti, dalle responsabilità di cui si facevano quotidianamente carico, che li avrebbe fatti barcollare insieme, sotto braccio, fino al castello sorridenti a ricordare per molto tempo quella serata come divertente, spensierata, giusta. Aveva pensato fosse qualcosa di innocente, una "bravata" così aveva sentito suo padre bisbigliare più e più volte dietro la porta in legno massiccio suggerendo alla moglie una punizione leggera ad Orion. Una "bravata" che, però, questa volta aveva sentito nominare in tono più grave e severo dalla stessa voce, la lingua però di carta a scivolare fuori da labbra di carta sotto forma di strillettera, la busta una cornice avorio col sigillo della famiglia Bellchant a dare vita alla sgridata del padre. Sapeva che, una volta letto l'avviso sulla bacheca di quella scoperta e delle punizioni riservate loro, una imminente ulteriore conseguenza sarebbe giunta direttamente da casa, lui e Danika non avrebbero risolto la faccenda semplicemente piegandosi al volere del preside di svolgere quei lavori che erano tutt'altro che semplici o piacevoli, mettendo una pala sporca di sterco tra le mani di ragazzi che non avevano mai nemmeno spazzato un pavimento, chiedendogli di adempiere alla loro punizione ripensando sulle loro azioni e comprendendo la gravità della situazione nel peggiore modo possibile. L'odore acre e nauseabondo, la sensazione di viscido sotto le suole delle scarpe, il tanfo caldo ad imprimersi sino nel cervello aveva portato il Serpeverde a pensare, per i giorni successivi all'annuncio, che quella sarebbe stata la peggiore punizione in assoluto dai tempi della fondazione di Hogwarts stessa. Eppure il contorno che ne aveva scaturito era riuscito a superare i limiti della sua già fragile immaginazione. Scorgere lo sguardo schifato di studenti che passavano nei pressi delle stalle, della guferia o del gruppetto appena uscito da uno dei suddetti luoghi era anche peggio, così come i commenti a riguardo, le domande su come fosse andato l'ultimo turno di pulizia o quanto fosse terrificante avere a che fare con animali invisibili nel peggiore dei modi possibili. Inoltre, come a rendere quella torta disgustosa ancora più difficile da digerire, entrambe le sorelle Rosier parevano aver sviluppato uno sguardo particolarmente sprezzante nei suoi confronti... uno nuovo, da parte di Cordelia, che per qualche assurdo motivo sembrava volerlo vedere come la causa principale di quel male che comprendeva tutti loro, Orion incluso.
    Si tirò su a fatica, una mano a stropicciarsi gli occhi intanto che si metteva a sedere, sfilando il pigiama per indossare una delle camice spiegazzate sul fondo del baule, un paio di jeans scuri così che le macchie fossero meno visibili e darsi un paio di leggeri buffetti sulle guance per riprendersi. Era consapevole che quei turni sarebbero continuati ancora troppo a lungo portandolo a dover sopportare quella tortura ancora e ancora, ma era anche consapevole che sarebbe finita e che l'attenzione lì ad Hogwarts, specie con altri ulteriori stimoli ogni giorno, sarebbe presto scemata altrove. Proprio come a casa, sebbene quella strillettera avesse avuto un impatto più pesante del solito sul giovane Serpeverde, ascoltando il tono grave del padre accusarlo di aver mancato alle sue responsabilità e ai suoi obblighi accademici, perdendo il senno in modo troppo frivolo, troppo rischioso in un anno così importante, i M.A.G.O. alle porte e il futuro con su scritto il suo nome dorato ad affacciarsi a lui ogni giorno più vicino, rischiando di buttarlo letteralmente sullo stesso pavimento che stava per andare a spalare. Aveva ricevuto una predica paterna che per molti anni era riuscito a sviare, in quanto il figlio prediletto, preferito e maggiormente incline a seguire al meglio ciò che la famiglia desiderava da lui e Danika, riuscendo ad ergersi su un piedistallo rispetto alla sorella, scivolando via dalle punizioni e le sgridate più pesanti, siccome i suoi traguardi riuscivano a disegnare un'ombra abbastanza densa e fitta su quelle "bravate" che erano rimaste assopite per molto tempo. Ma non questa volta... sebbene immaginasse la sorella avesse comunque ricevuto da parte dei genitori - della madre, specialmente - un tono ancora più tagliente e una serie di conseguenze persino più soffocanti, Orion aveva cominciato a capire come la vita dorata che aveva vissuto nei suoi diciotto anni di vita fosse in buona parte macchiata da un'immagine che dovevano ricoprire sempre al meglio, portandoli, ironicamente, a volerne evadere il più possibile. Una facciata di perfezione che ambiva ad imitare le famiglie più importanti ed altolocate, mimetizzandosi in quella bolla di piacere che aveva portato i coniugi Bellchant ad incantare le lettere così che cominciassero a parlare solamente quando i figli sarebbero stati soli nei rispettivi dormitori, lontani da orecchie indiscrete e figure poco degne del loro status sociale. Così come non avrebbero sorvolato su un atteggiamento tanto minatorio nel futuro sociale dei loro figli che rischiava di proiettarli sotto una luce di frivola ribellione, non avrebbero nemmeno permesso una scenata pubblica che avrebbe rischiato di catturare ed indirizzare maggiormente l'attenzione su quella scivolata anziché su loro talenti e sulle loro doti.
    Si era ritrovato a superare la soglia della stalla che il sole ancora faticava a sorgere, gli stivali di gomma ad affondare nel terriccio umido misto agli escrementi, la zaffata ad accoglierlo sin da subito, assieme alla vista di quella che sarebbe stata la sua compagna di pulizie quel giorno, portando il suo morale tutt'altro che alle stelle. «Ehi». Non erano soliti ricoprirsi di saluti e affetto quando si incrociavano qua e là, lui e Cordelia, riservando l'un l'altra il beneficio di un saluto e una partita di sguardi e provocazioni col solo fine di innervosirsi a vicenda e trarre piacere dal vedersi smontare a vicenda l'orgoglio e la grande e temuta resistenza al non cedere alle parole altrui, eppure da dopo la festa tra loro era calato il gelo, null'altro che silenzio fitto e pesante, in grado di rendere quel lavoro ancora peggio del normale. Si legò un fazzoletto a coprire il naso e la bocca, come sempre da quando aveva scoperto quanto atroce potesse essere quell'odore per più di una manciata di secondi, raccogliendo perciò la pala e cominciare il suo lavoro. Sollevò le iridi blu sulla ragazza vedendola indifferente alla sua presenza così a lungo, uno sbuffo accennato ad uscire soffocato da sotto il fazzoletto, tornando con lo sguardo sul mucchio che ben presto sarebbe andato a far compagnia a quello decisamente più alto nell'angolo. «Qualcosa mi dice che preferisci la punizione alla compagnia...» in un sussurro, senza fermarsi dal lavorare, il silenzio della stalla e del mattino al di fuori di essa a permettergli di tenere il volume basso facendosi sentire comunque senza problemi.


     
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    Non si aspettava compagnia, di certo non dopo che Marcus l'aveva piantata in asso. Il motivo che lo aveva spinto a lasciare Hogwarts per un periodo di tempo non definito non era chiaro, ma Cordelia aveva il vago sentore che la loro bravata e la conseguente punizione c'entrassero qualcosa. Non conosceva i genitori di Marcus, al di là della facciata tutt'altro che genuina che esibivano a qualsivoglia evento di gala, ma erano pur sempre dei Crouch. E Cordelia aveva imparato sulla propria pelle quanto certe tradizioni fossero dure a morire.
    Deglutì un paio di volte, il respiro divenne più affannoso non solo a causa dello sforzo fisico, quanto più per i pensieri che avevano preso ad agitarsi considerevolmente nella sua testa. La reazione dei Rosier non era stata particolarmente svilente nei confronti di entrambe le figlie: se verso Eva avevano mostrato sempre maggior tolleranza, in quella specifica occasione si erano altrettanto limitati a far recapitare alla minore una lettera in cui si decantava la delusione che aveva apportato alla famiglia, e che sarebbe stato meglio far sì che quella bravata non varcasse i cancelli di Hogwarts. Cordelia aveva sbuffato con gli occhi al cielo, strappato e incenerito la lettera nel camino della Sala Comune, continuando a ritenere ben poco plausibile che una simile sciocchezza andasse a inficiare la - già pessima - reputazione della famiglia Rosier.
    A onor del vero, non le importava di aver deluso le aspettative. La sua unica preoccupazione era levarsi quel nauseabondo odore dalle narici.
    Non aveva cercato compagnia, e il motivo principale risiedeva nella rara e ambita possibilità di lasciar vagare in libertà e senza alcuna remore la mente, priva del bisogno incessante e svilente di trattenersi per rispetto altrui.
    Non era pronta ad accogliere qualcuno in quel breve raggio d'azione in cui le sinapsi avevano sguinzagliato una forma di invasione invisibile a occhio esterno e, a meno che non si fosse strenuamente addestrato a renderle il compito particolarmente difficile, Orion sarebbe finito vittima di un'influenza non richiesta. Cordelia percepì una sensazione difficile da spiegare, un misto fra rammarico e confusione, qualcosa che aveva a che fare con una distanza incolmabile e a tratti incompresa. Sentì il proprio nome, lontano come una eco, rimbombare fra le pareti di una mente che una sola volta, tanto tempo prima, aveva sondato. Orion comparve nella sua visuale ancor prima che lei comprendesse a chi appartenessero quei pensieri, quel filo sottile che la riguardava e che, con ogni probabilità, era emerso non appena gli occhi dell'altro avevano riscontrato la sua figura.
    Lo osservò per un momento di troppo, la corvina, battendo le palpebre su pensieri che non aveva pienamente colto e su cui, volente o nolente, avrebbe a riflettere.
    «Ehi.» Rispose secca a quel saluto esalato con una quiete che non apparteneva a quel loro rapporto così peculiare, lì dove la malizia e la presunzione erano svaniti per lasciare spazio all'indifferenza e - almeno da parte sua - all'astio.
    Distolse lo sguardo da lui riprendendo da dove aveva interrotto, soppesando l'idea del ragazzo sull'utilizzo di un fazzoletto per limitare i danni. Ignorò la sensazione di nausea crescente e il formicolio che la colpì impreparata alla bocca dello stomaco, e, per quanto fosse capace di concludere quella punizione senza neppure rivolgere la parola a Orion, nonostante l'imbarazzo che la sua presenza le procurava, di certo non poteva ignorarlo là dove lui stesso si prendeva la briga di parlarle.
    Il tono con cui il ragazzo le si rivolse le trasmise un senso di resa, complice lo sbuffo di un attimo prima che la strega aveva finto di non cogliere. Gli lanciò un'occhiata in tralice l'attimo esatto in cui lui abbassò lo sguardo, ne solleticò i lineamenti del viso in parte coperti e il fisico al di sotto di una maglia tutt'altro che decorosa, o che tale l'avrebbero considerata entrambe le loro famiglie. Tornò a concentrarsi su quel che stava facendo, addirittura con più foga di poco prima. «Qualcosa mi dice che è reciproco.»
    Le immagini della sua mente si fecero opprimenti, bussavano alla porta della coscienza nel costringerla ad assaporare quel che, anche solo in piccola parte, infastidiva l'animo del giovane. Sentirgli constatare tacitamente che qualcosa fosse cambiato le diede modo di fermarsi a riflettere su ciò che invece era cambiato per lei: non attribuiva a lui la colpa di quanto accaduto, si riteneva dotata di un cervello niente male e di una coscienza, per quanto controversa, dunque la responsabilità di quella punizione era completamente sua. Forse ce l'aveva con lui per aver messo nei guai Eva, ma aveva una considerazione troppo alta della sorella per ritenerla tanto influenzabile.
    Con indosso un grembiule preso in prestito dal guardiacaccia e un paio di guanti per evitare che le spuntassero nuove vesciche sui palmi delle mani, Cordelia trattenne la rabbia e si focalizzò su quanto accaduto poco prima che decidesse di andare via dalla festa: non aveva eseguito la penitenza che le era toccata, e questo per lei era stato l'evento focale di quella sua reticenza nei confronti del Serpeverde.
    Eppure c'era qualcosa che non tornava. L'immagine fugace di un volto fin troppo noto e le reazioni che i suoi occhi registrarono un attimo dopo.
    Abbassò le palpebre per un momento, quasi convincendo la propria mente a trattenere i propri artigli senza renderla più intrattabile di quanto già non fosse.
    Orion voleva lasciare intendere che fosse lei a non avere intenzione di parlargli, quando, dal canto suo e in maniera del tutto egoriferita, era stato il ragazzo a non fare alcuna mossa verso di lei.
    Sacrilegio.
    «Se non sbaglio non mi hai rivolto la parola per giorni.»
    Forse aveva fatto bene: era stata lei a fare un passo indietro durante il loro gioco, era stata lei ad andarsene dalla festa senza dirgli niente e sempre lei aveva evitato il suo sguardo nei giorni successivi. Sarebbe stato assurdo ritenere che dovesse essere lui a fare la prima mossa, eppure, nella sua mente affaticata e contorta, la vita funzionava esattamente così, seguendo dettagliatamente ogni sua aspettativa.

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    «Qualcosa mi dice che è reciproco.». Aveva sempre ricevuto, da parte della Serpeverde, quel genere di risposte, un'ironia che non sempre era convinto fosse tale, quanto più un taglio affilato della lingua, sempre pronta a venire in soccorso della ragazza come una spada tratta. Era abituato al costante rimbeccarsi con lei, la rivalità che d'altronde era nata in quel modo, vedendo la minore come un avversario valido in quelle discipline in cui entrambi eccellevano, sebbene frequentando classi differente, portandoli a vedersi come una minaccia reciproca in una graduatoria scolastica di cui un giorno non sarebbe più interessato a nessuno dei due.
    Ci pensava spesso, Orion, a come, una volta uscito da Hogwarts, la sua vita sarebbe semplicemente cambiata in un istante, un piede dietro l'altro a varcare per l'ultima volta la massiccia porta del castello e le sue priorità sarebbero divenute altre, gli orari si sarebbero piegati ai turni di lavoro anziché a quelli delle lezioni, mentre la vita adulta prendeva spazio nella sua vita come una nuova routine. Si domandava spesso quanto di quel che i suoi genitori gli avevano insegnato e impartito sin da quando aveva undici anni avrebbe portato con sé, quali delle tanto importanti raccomandazioni dei coniugi Bellchant, Orion avrebbe seguito alla lettera. Quali tappe fondamentali avrebbe intrapreso ottenendo anche il distintivo per quei traguardi, dopo lo smistamento tra i Serpeverde, l'eccellenza nei G.U.F.O., quella successiva nei M.A.G.O. - no, nemmeno il punteggio inferiore per via della punizione avrebbe gravato su di esso, troppo preparato consegnando loro un esame impeccabile da far piegare i professori al proprio volere -, dopo la carriera scolastica che presentava solo qualche sfumatura da poco nel suo bagaglio che avrebbe reso la sua vita perfetta. Si chiedeva quali altri loro traguardi avrebbe effettivamente tagliato, sentendoli come propri o riconoscendoli come necessari... E in quel momento non poté fare a meno di chiedersi se anche i suoi rapporti sarebbero terminati una volta varcata quella soglia, dismessa la divisa, chiusi i libri di scuola in un baule che mai più avrebbe riaperto. Si chiese quali legami avrebbe saputo mantenere e per quale motivo, mosso da quale interesse ed intenzione, se avrebbe spesso di frequentare gente come Rehan, non particolarmente affine alle idee di amicizie dei suoi genitori, per entrare negli standard e nei circoli di élite ai quali, Evander ed Agatha Bellchant, lo indirizzavano dalla nascita, assieme a sua sorella. Sapeva avrebbe sempre potuto contare sulla vicinanza di Maeve, malgrado il suo disappunto su quell'ultimo evento, su Aiko, Magnus, Eva... Il rapporto con la maggiore delle Rosier, come era capitato loro di parlare a riguardo, non avrebbe mai conosciuto una fine, proprio per quel tacito patto che avena intenzione di mantenere, prendendosi cura l'un dell'altra ed evadere, in qualche modo, da quel peso incessante che era la loro condizione familiare.
    Sollevò lo sguardo e di conseguenza l'attenzione, questa volta, sulla minore delle Rosier, tornando alla realtà e al presente, spazzando via metaforicamente il pensiero legato al futuro che lo aspettava e fisicamente il pavimento coperto di letame, sperando di non arrivare a far coincidere le due cose. L'ambizione e le energie per arrivare esattamente dove desiderava non gli mancavano, Orion vantava di presunzione e intelletto per poter arrivare ovunque e non sarebbe stato il di certo il suo stesso carnefice di un destino disastroso.
    «Perdonami, ho capito bene..?» domandò con un accenno di ironia nella voce, ben consapevole di aver, in vero, sentito perfettamente. Scosse il capo impercettibilmente, la fronte a corrugarsi mentre sul suo viso compariva un'espressione sorpresa, attraversata da un sorriso sarcastico che lei non avrebbe potuto vedere ma, magari, immaginare. «Non ti ho rivolto la-» frenò le parole così come fermò la pala, portandola di fronte a sé poggiando gli avambracci sul bastone consumato, il peso del corpo caricato sulla gamba sinistra mentre soppesava attentamente con lo sguardo le parole appena ripetute. «tu mi sta scaricando la colpa di non averti parlato per giorni?» chiese, trattenendo una risata che sarebbe uscita più sarcastica di quanto avrebbe voluto, mossa da un groviglio di pensieri a riguardo che non sapeva decifrare. Non concepiva come Cordelia potesse, per qualsiasi motivo, essere diventata ancora più fredda nei suoi confronti, rendendo quel simpatico e scherzoso atteggiamento tra di loro una landa deserta del nord, privo di malizia ma solo di sguardi ghiacciati. Non concepiva come, dopo anni che si conoscevano e non si piacevano se non in quella sfumatura, la ragazza dovesse risentire di un mancato dialogo con lui. E infine, sebbene non per forza in quell'ordine, non comprendeva come in seguito alla festa - momento in cui era stata lei la prima ad allontanarsi e interrompere qualsiasi genere di dialogo con lui - Orion avrebbe dovuto essere dalla parte della colpa di tale accusa.
    «Sai cosa mi fa ridere?» cominciò, un accenno di risata a confondersi col termine della domanda, infrangendosi contro la stoffa del fazzoletto. Era tranquillo a quel riguardo, forse perché protetto, ancora una volta, dalla consapevolezza di conoscere perfettamente le sue azioni e le sue intenzioni ogni volta, con le persone così come con le situazioni, malgrado qualcosa potesse sfuggirgli di mano, come la festa che li aveva portati a trovarsi lì. Ma quell'episodio, quella colpa, il Serpeverde sapeva non appartenergli e non avrebbe incassato la frustrazione di Cordelia solamente per galanteria. Suo padre probabilmente non avrebbe approvato le parole che stava usando per riportare a proprio favore la discussione, ma sapeva avrebbe appoggiato, invece, il far valere il proprio onore, sebbene non in quegli stessi termini. «Che quella sera sembrava persino ci stessimo godendo la festa, poi per qualche motivo sei sparita e ora mi dici che io non ti parlo da giorni...» annuì lentamente, seguendo i suoi movimenti o fermando lo sguardo nel suo, avesse interrotto a sua volta il lavoro.


     
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    Non si era mai domandata cosa sarebbe accaduto una volta ottenuto il diploma. Probabilmente avrebbe elemosinato qualche altro anno d'istruzione ai suoi genitori, di modo da ritardare il più possibile la prospettiva di ciò che la attendeva una volta fuori da quelle mura. Qualunque cosa fosse successa dopo il limite massimo consentito, però, lasciava bene intendere quanto poco, di suo, le sarebbe rimasto. Per Eva non era così, non lo sarebbe mai stato, e se da una parta Cordelia la compativa per non aver ricevuto lo stesso trattamento riservato a lei, dall'altra non riusciva a non invidiare ciò che la sorella non avrebbe mai avuto una volta messo piede nel mondo adulto: la libertà di scegliere.
    Il suo presente era tutto ciò che aveva, non potendo minimamente ponderare un futuro che non fosse già quasi del tutto prestabilito. Questo Orion non poteva saperlo, in effetti non poteva saperlo nessuno, ché se possibile i Rosier erano ancor più arretrati di tante altre famiglie Purosangue del tempo. Quella punizione non aveva smosso fili impetuosi all'interno del breve lasso di tempo che poteva definire la sua vita, non avrebbe avuto un impatto considerevole in un futuro ancora relativamente lontano e in cui le gradevoli apparenze avrebbero contato più di qualsivoglia risultato accademico. Questo almeno valeva per lei. Non si era mai concessa di riflettere su cosa avesse comportato quella scelta nella vita di Orion, non si era mai fermata a supporre che il cattivo umore del compagno avesse radici ben più profonde di quanto lei potesse immaginare. E non lo fece neppure in quell'istante, quando sospiri soffusi e risate smorzate lasciarono trapelare il sarcasmo pungente con cui l'altro diede voci a ogni singola parola.
    Tecnicamente non gli aveva scaricato la colpa di nulla, non a parole. Aveva solo fatto notare come il ragazzo si fosse incaponito nel non rivolgerle la parola per giorni, ma non si era sottratta alla propria parte di responsabilità. Certo non glielo aveva anticipato con quell'intenzione, ma Cordelia era sempre stata brava a rigirare le cose a proprio vantaggio, per quanto con Orion spesso e volentieri quelle tattiche non funzionassero e, in giornate particolarmente avverse, rischiassero addirittura di farlo irritare più di quanto già non fosse.
    La strega aveva la netta sensazione che al ragazzo non piacesse essere preso per i fondelli, soprattutto da lei.
    Evitò dunque di propinargli qualsivoglia giustificazione al riguardo, piuttosto smise di lavorare e volse su di lui quegli smeraldi opachi, quasi plumbei, nel constatare quanto poco sereno fosse l'animo del compagno. Era evidente che dovessero aver dormito piuttosto male entrambi, per non parlare dell'attitudine con cui avevano accettato la punizione.
    Di fronte alla sua domanda retorica, Cordelia rispose con tono basso, quasi minaccioso. «Ti prego, illuminami.» Per lo meno uno dei due avrebbe riso. Ma quando l'altro diede voce al pensiero che la strega non era disposta a concretizzare e a toccare con mano, la poca lucidità rimastale sembrò vacillare.
    Si portò la mano destra sul fianco, la sinistra a reggere la pala in equilibrio e un cipiglio a dir poco irritato a fare da sfondo al sopracciglio inarcato e alle labbra distese in una linea sottile, un taglio utile a reprimere le parole di cui forse si sarebbe pentita l'indomani. Dovette mordersi l'interno guancia e subito dopo la lingua, si costrinse a contare fino a venti, trenta, addirittura cinquanta, ma la furia non voleva saperne di placarsi e l'unica cosa che la tratteneva dallo sputare veleno in faccia a un ragazzo che c'entrava ben poco con le sue disgrazie, fu l'affetto che sapeva Eva nutrisse per lui.
    E quel pensiero funzionò da detonatore. Almeno in parte.
    «Io me la stavo godendo, infatti. Mi stavo divertendo.» Dato il tono con cui diede voce a quelle parole, era davvero difficile crederle. «Non è colpa mia se c'è stata una rissa.» Faticò a mostrarsi indifferente, anzi, fallì miseramente. La voce fremette per un momento a causa del nervosismo, lo sguardo guizzò rapidamente fra gli occhi di lui e il terreno, prima di riprendere a lavorare reprimendo un verso di dolore.
    Era stata lei a dare il via a quella che pareva essere una resa dei conti? Orion era davvero venuto in pace? Domande a cui non avrebbe saputo dare una risposta, non con la mente annebbiata dalla frustrazione.
    «Non credevo ti fossi reso conto della mia sparizione, come la chiami tu. Me ne sono semplicemente andata.» In fondo, e se Orion fosse stato bravo a ricordare, c'era stato altro a occupare i pensieri del Serpeverde durante il gioco. «E poi neanch'io ho avuto molto da dirti in questi giorni, non sto scaricando l'intera colpa su di te. Anzi, non so nemmeno perché ho tirato fuori l'argomento.» Un altro affondo con la pala, lo sguardo che si rifiutava di ricongiungersi al suo. «Quindi se è questo che ti fa alterare, puoi rilassarti.» L'ultima cosa che voleva, era ferire il suo orgoglio da maschio alfa - bugia.
    Era vero, si stavano godendo la festa quella sera, stavano giocando e pregustando le penitenze che si erano ripromessi di svolgere l'uno a discapito dell'altra... poi aveva visto Dominique Weasley avvicinarsi, lui guardarla e l'idea di trovarsi in mezzo a una dinamica fra innamorati l'aveva spinta a proporgli di rimandare qualsivoglia penitenza. Lui aveva fatto appena in tempo a dirle di continuare, prima che scattasse una rissa per cui le aveva imposto di non allontanarsi, probabilmente con tutte le buone intenzioni di assicurarsi che non venisse coinvolta.
    La penitenza... quella che non aveva portato a termine.
    La pala le cadde di mano - sarebbe stato meglio dire che la lasciò cadere appositamente - sollevò i palmi delle mani coperti dai guanti e, con un sospiro di resa, riprese la sua domanda retorica. «Che cos'è che ti fa ridere?»

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    Edited by Cordelia C. Rosier - 20/3/2024, 22:31
     
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    Orion Slate Bellchant« now all the others seem shallow, all this running around, bearing down on my shoulders »

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    «E pensi sia stata invece colpa mia?» chiese di getto, sollevando entrambe le sopracciglia con espressione sorpresa, quasi avesse ascoltato le parole più assurde al mondo, uscite dalle labbra imbronciate di Cordelia, il tono della voce a voler pretendere che lui capisse quando lei chiaramente non voleva levarsi da davanti gli occhi il velo di orgoglio e risentimento che provava nei suoi confronti. La rissa, il suo intervento, la preoccupazione nel riconoscere Danika in quel grappolo di persone che si erano ritrovate coinvolte nello scontro, il perdere di vista la Serpeverde spostando la sua attenzione altrove. Aveva agito d'impulso, quella sera, udendo il nome della sorella pronunciato con quel tono che emanava aggressività e urgenza, facendo nascere entrambe le emozioni anche in lui, cercando la figura della ragazza tra i pugni e gli spintoni, tra la calca di persone che voleva assistere. Fin troppe volte persone innocenti erano rimaste coinvolte in risse che non le riguardavano, se già Yerin che era collegata ad entrambi i soggetti protagonisti della lite aveva subito quel trattamento, Orion non voleva immaginare cosa sarebbe potuto succedere a chi non centrava nulla ma rischiava di essere d'impiccio ai due ragazzi innervosendoli ulteriormente e portandoli ad agire con ancora meno lucidità in corpo. Si era parato di fronte alla sorella e alla ragazza senza nemmeno pensarci due volte, la musica, il gioco, la compagnia erano scivolati in secondo piano.
    Sbuffò alle parole successive della ragazza, non avrebbe saputo dire cosa lo stava innervosendo maggiormente se il suo rimproverargli qualcosa che non aveva fatto o sottolineare l'ovvio sotto una sfumatura aggressiva e di noncuranza. Si lasciò andare ad una risata mesta, distogliendo lo sguardo, portandolo distrattamente sul recinto aperto di un thestral, intanto che scuoteva il capo. «Tanto non me ne fossi accorto saremmo qui a litigare ugualmente, ma perché non avevo prestato abbastanza attenzione a te» esclamò, consapevole della realtà dei fatti che stava sbattendo in faccia a Cordelia, nonostante il suo tentare di mostrare indifferenza che, però, stando alla sua reazione, altro non era che l'esatto opposto. «oh ma certo, mi rilasso spalando sterco e venendo congelato dal tuo tono soave. Tutto chiaro, Cordelia, tutto a posto» continuò, sciogliendo la postura rilassata per andare ad imbrancare nuovamente la pala e affondarla nel tappeto di fieno ed escrementi, liberando un'ampia zona di pavimento.
    Le diede le spalle con la scusa di concentrarsi sul piccolo mucchietto che aveva composto al suo arrivo, il cumulo maleodorante a venir spostato dall'angolo in cui lo aveva radunato per formarne uno maggiore poco distante, liberando l'entrata di modo da rendere l'aria fresca del mattino un po' più libera di entrare a risanare i loro polmoni. Odiava stare lì, odiava sporcarsi le mani, nonostante i guanti in gomma, sentire la fatica nelle braccia e sopportare quell'odore ingestibile, tornare ogni giorno e ricominciare da capo, chiedendosi perché gli escrementi di quelle creature non fossero invisibili come loro, ma fin troppo evidenti. Odiava dover sopportare quella punizione sapendo che c'era gente che rideva di lui e si allontanava se passava loro vicina per timore di sentire quell'olezzo, malgrado le mille docce giornaliere che faceva, malgrado la magia usata per annullarne l'odore. Odia svegliarsi nel cuore della notte con incubi senza senso, un mix atroce di stalle e urla famigliari che lo facevano arrivare al mattino più stanco della sera precedente. Ma ancora di più odiava dover sopportare tutto quello al fianco di qualcuno che lo trattava in quel modo. Accettava la condizione in cui lui e la minore delle Rosier erano da sempre, la loro rivalità a rendere quei momenti elettrici e maliziosi, ma dalla festa ad Hogsmeade, Cordelia pareva volerlo trafiggere con quella stessa pala per solo lei sapeva quale motivo. Dubitava se la fosse veramente presa per il gioco non portato a termine. Così come dubitava centrasse unicamente la rissa. Ed il suo scacciare quelle parole ponendo fine alla discussione lo aveva lasciato con una nota amara sulla lingua e nella mente che mal si accostavano al tanfo della stalla.
    Si voltò quando sentì la pala cadere, il metallo cozzare contro il pavimento. Osservò l'arnese a terra, Cordelia ferma lì in mezzo, le mani sollevate come a chiedere la resa di una battaglia che aveva cominciato da sola. Non era certo dell'espressione che solcava ora il suo viso, Orion, ma era consapevole della reazione che quella sua scena aveva scaturito in lui. Irritazione e impazienza. «Ti stai comportando come una bambina. Che cosa mi fa ridere?» chiese, lasciandosi andare ad una risata breve, come a voler confermare la domanda di lei, voltandosi completamente e poggiando la pala alla parete, prima di sfregare le mani l'una contro l'altra ripulendole di schizzi e paglia, scuotendo il capo. «Il fatto che non dici mai mai quello che pensi e ti aspetti che gli altri agiscano perfettamente come vuoi tu ma ti dimentichi, Cordelia, che non ti so leggere nella mente. E francamente, dopo una scenata simile, non so nemmeno se vorrei» decretò, la fronte a corrugarsi e l'espressione ad indurirsi, gli occhi blu ad assumere una sfumatura più profonda e fredda, forse a voler dimostrare la stanchezza che il suo corpo e la sua mente provavano in seguito anche a quello sforzo.


     
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    Cordelia RosierA trip for darkness one more time.

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    Orion in fondo aveva ragione. Forse i toni non erano stati dei più cordiali, le risate spezzate dalla consapevolezza della resa di fronte alla fastidiosa evidenza non avevano fatto altro che accenderla, ma aveva ragione.
    Ciò che le aveva dato realmente fastidio non aveva ancora attraversato la sua mente, qualcosa che non aveva senso di esistere: lo aveva visto baciare Dominique tempo addietro e appartarsi anche con altre ragazze, dunque prima o poi sarebbe arrivata a domandarsi perché l'idea che lui si fosse distratto dal gioco che da mesi - forse addirittura anni - portavano avanti per un semplice scambio di sguardi con Dominique l'avesse tanto infastidita.
    La risposta era una soltanto, ma Cordelia non era particolarmente incline né pronta a considerarla.
    Nel sentire le sue parole, la ragazza strabuzzò gli occhi prima di volgerli al cielo, esasperata sulla base di ciò che l'altro le aveva suggerito. «Dio se sei egocentrico!» L'egocentrica, in effetti, era lei: l'idea che il Serpeverde si fosse distratto dal loro gioco per concentrarsi su qualcun altro l'aveva fatta andare in burnout.
    «Chi ti ha mai chiesto di prestarmi attenzione? Credi che trascorra il mio tempo a sperare che tu mi noti?» Su questo invece si sentiva di essere completamente nel giusto. Cordelia era egocentrica, presuntuosa e pretenziosa, ma Orion spesso e volentieri non era da meno. Se così non fosse stato, quella rivalità adornata da malizia e sarcasmo non avrebbe avuto motivo di esistere. «Non hai mai aspettato che ti rivolgessi io la parola per prima, non te ne sei mai fatto un problema. Quindi fammi solo il favore di non puntarmi il dito contro come se fossi l'unica ad aver tirato su un muro. Per qualsivoglia motivo che, per la cronaca, neppure io conosco.»
    Lei si era infastidita, non gli aveva più rivolto la parola poiché dopo la festa avevano avuto entrambi i rispettivi problemi con le famiglie, la fatica, le derisioni e la vergogna di essere stati scoperti, e ancor di più per essere cascati in una trappola a dir poco scontata.
    In quel momento era arrabbiata, incerta però se dovesse esserlo con lui o con se stessa. Decise dunque di optare per entrambi.
    Quando Orion diede voce a un pensiero che probabilmente teneva in serbo da ben più di qualche giorno, Cordelia riportò alla memoria i pochi momenti che avevano condiviso precedentemente alla festa, l'ultimo che aveva preso luogo nel silenzio e nella tensione dell'aula di Pozione, quella disciplina che si divertivano a manipolare insieme.
    Nel sentirgli dire di non poterle leggerle nella mente per indovinarne pensieri e intenzioni, qualcosa in Cordelia si accese e perse il controllo di tutto, di qualunque parte di sé: la mente abbatté le fortificazioni volte a tenerla prigioniera e assalì la mente del ragazzo dando veridicità a quanto detto e la lingua affilata fece il resto. «Beh, io sì, e ti assicu-» Le labbra si serrarono in un taglio sottile, le palpebre si sgranarono sulle iridi di quel verde fumoso che in quel momento parve impallidire come accadde al suo volto, e fu un miracolo che la mano non accorse a tappare la bocca traditrice, mentre il suo potere si spegneva per concentrarsi sulle conseguenze di ciò che aveva appena commesso.
    Si ritrovò a sperare che Orion non avesse dato troppa importanza a quelle parole, un'affermazione dovuta alla rabbia, insensata e priva di alcun fondamento.
    Inspirò profondamente, chiuse gli occhi per concentrarsi sul bisogno di andare via e sulla ferita che il ragazzo le aveva inevitabilmente riaperto, esprimendo con amara certezza di non avere alcuna intenzione di cercare di instaurare una tregua, di indagare su quel che fosse successo, di chiuderla fuori.
    La verità, valutò il suo inconscio, se vi era la vaga possibilità che Orion le piacesse, non c'era alcuna traccia di una sorta d'interesse da parte sua.
    Indurì i lineamenti del volto e strinse le mani fino a far sbiancare le nocche. Aveva bisogno di concentrarsi su altro, di non pensare a quanto appena successo e per farlo impresse con estrema forza le mezzelune delle unghie nella pelle, sapendo di averne oltrepassato lo strato superficiale per lasciare un marchio vermiglio sulla carnagione altrimenti di porcellana. «Credo tu sia stato sufficientemente chiaro.»
    Non vi era altro da dire. Raccolse la pala non appena quel lieve dolore la invase, permettendole di concentrarsi su qualcosa che sapeva perfettamente gestire, e gli diede le spalle: per quel giorno le sue interazioni potevano anche concludersi. Era una fortuna che raccogliere letame non richiedesse necessariamente compagnia.

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    Egocentrico. Quel singolo aggettivo pronunciato con disprezzo e superiorità, lasciato cadere tra di loro come fosse un vecchio scarpone utilizzato in quella stessa stalla fino a diventare consumato e logoro lo accese di nuovo fastidio, stringendo le mani intorno alla pala che reggeva fino a sbiancare le nocche, gli occhi che si sgranavano udendola parlare, rovesciandogli addosso una cascata di insinuazioni che lei stessa aveva affermato con il suo comportamento. Non aveva mai pensato che la Rosier vivesse in attesa del suo sguardo o delle sue attenzioni, per quanto ormai si conoscessero da anni risultando per loro praticamente impossibile ignorarsi - cosa che nell'ultimo periodo era riuscito però piuttosto bene -, Orion sapeva anche che la sorella di Eva aveva di meglio da fare, aveva amici, aveva compagnie che frequentava, attività e qualsiasi cosa facesse durante il suo tempo libero, tutto tranne che dipendere da lui, dalla sua presenza o dal tacito assenso della sua considerazione. Eppure tutto, da quella festa, pareva voler affermare il contrario e il continuo negare di Cordelia affermando il contrario e scaricandogli addosso una colpa che non lo riguardava lo mandava in confusione e ai limiti del tollerabile. Continuavano entrambi a sbattere la testa contro il muro che, a sentirli parlare, l'altro aveva eretto, senza prendersi la responsabilità di guardare un po' meno in lontananza accorgendosi piuttosto delle azioni e delle ripercussioni che queste, nel loro stesso essere, avevano causato. Orion non lo avrebbe mai ammesso a Cordelia, tantomeno a se stesso se significava accettare quella realtà, ma venire ignorato dopo essersi sentito desiderato lo aveva mandato in confusione tale da ritirarsi alla ricerca di qualcosa che conosceva, una distanza che tra di loro sempre era esistita, velata da quella tensione e quell'elettricità che, come una calamita, li attirava senza che se ne fossero mai davvero resi conto. Sbattere contro quel muro che insieme avevano costruito, uno da una parte e l'altro dall'altra accorgendosi però solamente dei mattoni l'un dell'altro, rendeva quella prospettiva vaga e fumosa, come un pensiero annebbiato nel meandri della sua testa... figurarsi in quella di Cordelia, che per quanto le fosse sempre sembrata un intricato mistero da risolvere cogliendo frammenti di indizi qua e la - per lo più tramite Eva - ora pareva essersi chiusa al suo sguardo dietro uno sguardo ancora più gelido e severo.
    «Beh, io sì, e ti assicu-». Si era sporto appena in sua direzione, quella frase lasciata a metà a spezzare anche il suo senso di attesa, come gradino mancante dopo un passo sicuro, forse nel buio, lasciandolo lì a brancolare senza una meta, incerto sulle sue stesse gambe. «Tu cosa..?» chiese, una manciata di istanti dopo, senza cogliere pentimento nello sguardo della ragazza, se non avvolto da un vago timore di lei di aver detto la cosa sbagliata, forse troppo velenosa per continuare. Aveva visto il suo viso affilato divenire ancora più pallido, gli occhi assottigliarsi come a volergli guardare dentro, cercando quel suo errore per afferrarlo prima che arrivasse al cervello, prima che fosse tardi, prima che capisse- cosa..? Orion si sentiva come se avesse fatto davvero quello, come se una mano invisibile fosse entrata dentro di lui a privarlo della consapevolezza che celava quella frase. Corrugò la fronte infastidito, l'espressione della Rosier a divenire la solita, conosciuta, espressione di Cordelia, una statua di avorio che teneva per sé quello che riteneva dovesse rimanere tale. Probabilmente nella sua testa stava ridendo alla faccia sbigottita che il Bellchant aveva fatto in attesa di quella conclusione che non era arrivata e che lei aveva abilmente lasciato in sospeso, irritandolo, prendendosi una rivincita combattendo con l'orgoglio.
    «Sufficientemente» sbuffò, guardandola voltarsi decretando la fine di quella discussione, frenando una tempesta che aveva avuto tutta l'aria di cominciare, creando un vortice di tensione tra di loro. Rimaneva confuso, Orion, abbandonando la postura rigida che aveva acquisito mentre la ascoltava sfogare quella che immaginava essere solamente una scheggia del peso che si portava con sé, chiudendo un istante gli occhi mentre si voltava anche lui, tornando al lavoro che entrambi erano lì a svolgere, consapevole che sarebbe concluso, ora, in silenzio.


     
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