Thunderous

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    Sono passati giorni da quando gli occhi hanno letto la notizia sulla Gazzetta del Profeta.

    Un blocco improvviso all'altezza della gola le aveva strozzato in bocca qualsiasi possibile reazione mentre le dita stringevano con forza ai lati del giornale, stropicciandolo senza riuscire a riversare contro la carta quell'improvvisa paura pronta ad artigliarle senza alcuna pietà le viscere. Perché doveva essere stato un incidente con i fiocchi per convincere lo Scamander a prendersi una pausa tanto lunga dal Quidditch, perché si parlava di riabilitazione. Perché Shannon avrebbe potuto provare a scrivergli... ma era certa che Samuel non avrebbe risposto a nessuno dei suoi messaggi, non dopo quello che era successo ed il silenzio che ne era seguito. La punizione definitiva per chi come lei aveva sempre costretto gli altri a sottostare al proprio, di silenzio: un totale blocco comunicativo da parte del moro che andava avanti da parecchio tempo, abbastanza per portarla a pensare si trattasse di una decisione definitiva. Non le aveva dato modo di rispondere alle sue ultime accuse, di difendersi da quei coltelli che senza alcuna pietà le aveva piantato nel petto. Certo, solo dopo averle strappato di dosso ogni possibile pensiero o fantasia portata avanti su come sarebbe potuto essere il loro primo bacio, ben diverso in ogni possibile scenario da quell'attacco a denti scoperti piovutole addosso solo per ferire e dilaniare, al solo scopo di distruggere ogni possibile parte di lei e per mettere definitivamente la parola fine a quel che per tre anni era stato costruito da entrambi. Aveva avuto appena il tempo di chiudere istintivamente gli occhi, la Plenty, mentre la lingua di Samuel si insinuava prepotentemente oltre le sue labbra per reclamare quell'ultimo contatto, il più sincero concesso ed il più doloroso. Aveva scoperto per la prima volta il sapore di quella bocca solo per ritrovarsi ancora una volta sola, in quel parcheggio freddo ed improvvisamente silenzioso, incapace di muoversi di un solo passo, così piantata al terreno dalle sue ultime parole. « Mi hai rubato tutto, anche Daffy. Mi hai lanciato addosso la tua bomba e hai fatto piazza pulita, fregandotene di me. Avendo già scoperto che non ero io quello che volevi. E per cosa? Per un capriccio, per vendetta.. a questo punto non me ne frega neanche un cazzo delle tue ragioni. » Con il fiato corto, le era stato impossibile tirar fuori una risposta abbastanza celere da bloccare i movimenti con cui Samuel era salito sulla moto, sparendo e portandosi dietro ogni possibilità di contestare quelle accuse. Avrebbe voluto urlare a quel punto, o piangere, ma si era ritrovata a non riuscire ad emettere più un solo suono per il resto del tempo necessario a tornare fino al castello. Come in una bolla insonorizzata non era riuscita a far altro che tornare a chiudersi in se stessa. Ancora una volta. In quel dannato silenzio. Ferita, aveva nei giorni seguenti deciso che non avrebbe messo di certo da parte l'orgoglio per cercare nuovamente il ragazzo come aveva tentato di fare quel giorno al campo da Quidditch. Se Sam aveva deciso di tagliarla fuori dalla sua vita allora avrebbe rispettato i suoi capricci ad ogni costo, persino se per qualche assurda ragione poi avesse deciso di tornare alla ragione, mantenendo le distanze ad ogni costo. Quell'articolo di giornale aveva tuttavia cambiato completamente le carte in tavola, costringendola a fare i conti con una preoccupazione che ben poco si sposava con quell'orgoglioso allontanamento. Una paura che le lasciava sul palato il nauseabondo sapore di quei sentimenti tenuti a bada per troppo tempo, su cui lo Scamander aveva tanto prontamente messo la parola fine mentre lei cercava ancora di far chiarezza dopo gli inaspettati dubbi sorti nei confronti di Dewei. Forse era stata la scelta più semplice, forse quella più comoda. Di certo non la meno dolorosa. In ogni caso, aveva alla fine ingoiato il proprio orgoglio solo per vedersi ancora una volta sbattere la porta in faccia dal moro. Era riuscito quasi a vederlo, quel suo sorrisino trionfante, mentre la guardia sistemata all'ingresso del corridoio del San Mungo le riferiva di come il suo nome non comparisse tra quelli dei visitatori consentiti. Erano trascorsi altri giorni, il tempo necessario a leccarsi le ferite e pensare ad un nuovo piano. Non voleva pensare a cosa la spingesse a cercare un modo per arrivare a lui, quando in ogni modo possibile Samuel continuava a spingerla via. Sarebbe stato probabilmente troppo penoso.

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    Alla fine ha optato per il modo più sicuro e perché no, passabile di denuncia, per riuscire ad entrare in quella dannata stanza. Come una ladra provetta ha aspettato pazientemente Lucy fuori dal San Mungo ed approfittato della sua propensione agli abbracci per recuperare dalla giacca uno dei lunghi capelli bianchi, lo stesso usato per completare la pozione polisucco recuperata dalle scorte scolastiche e che l'ha portata quasi a vomitare in un vicolo poco lontano dall'entrata dell'ospedale. Ho dimenticato di lasciare a Samuel le mutande pulite. Un brivido gelido le attraversa la schiena nel sottostare allo sguardo della guardia, un attimo prima che le rivolga un sorriso privo di qualsiasi dubbio e le faccia segno di passare. Certo, perché dovrebbe avere dubbi sulla vispa e sempre gentile nonnina del paziente famoso? Con un sorriso tirato in risposta a quell'espressione benevola Shannon cerca di muoversi con una calma che non sente propria per evitare di destare sospetti, mentre porta le dita insolitamente nodose a stringersi contro la maniglia, aprendola con una leggera pressione. La stanza è silenziosa, abbastanza piccola da ospitare un letto solo che ne occupa quasi tutto lo spazio a disposizione, un letto occupato completamente dalla figura di Samuel. Hai idea di quanto... fossi preoccupata, testa di cazzo? Così coperto dalle lenzuola come è non può osservare le ferite, né posare gli occhi su altro che non sia quel volto insolitamente pallido. Eppure non basta quell'aria di fragilità che sembra circondarlo per fermarla. Per bloccare le parole che sente risalirle lungo la gola in una serie di accuse che lancia contro il moro senza riflettere su quanto strane possano sembrare, pronunciate da quelle labbra così diverse dalle proprie. Non un messaggio, non un.... mi sono dovuta polisuccare perché sei un tale, orgoglioso coglione da non aver messo il mio nome sulla lista dei visitatori! Si ferma per appena il tempo necessario a bloccare tra le labbra l'ennesima imprecazione che rischia di sfuggirle come un urlo, attirando l'attenzione di qualcuno fuori dalla porta sul quale è rimasta poggiata per tutto il tempo. Hai deciso di tentare il suicidio per vendicarti di come io ti abbia rubato tutto, Samuel? Volevi farmi prendere un cazzo di infarto per pareggiare i conti? Ti prego, spiegami. O preferisci gettarti dalla finestra pur di continuare a non parlarmi?
     
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    « Davvero è la prima cosa che vuoi veramente ti porti? » Gli occhi di Sam hanno finalmente riacquistato una parvenza di luce dal momento in cui la cugina sta seduta sul letto con lui, il cellulare stretto tra le dita per annotarsi in quella stramba lista della spesa - come da lui richiesto - il cibo che ha bisogno che proprio lei gli compri fuori. « Mh mh, prosciutto crudo, il più crudo che trovi, meglio in mezzo ad una focaccia rispetto al pane semplice. » Si sporge appena verso di lei, lo sguardo vispo e vigile a controllare che non si stia perdendo nemmeno una virgola di quanto richiesto. « E lo so, lo so che sei vegana ma devi capire la situazione, che è veramente tragica, qui mi continuano a dare il brodino e la mela cotta per cena, la fettina ai ferri scondita e il purè a pranzo. » Sbuffa fuori tutta la frustrazione che ciò che gli provoca, lasciando al broncio il compito di rendere quanto più palese la condizione psicofisica che lo caratterizza. Perché non solo ha subito un incidente con un conseguente intervento piuttosto complicati, ma il servizio catering di quel posto lascia veramente a desiderare, specie se si sta parlando dei bisogni specifici di un lupo mannaro per riprendere al meglio le forze. E si sa quanto Samuel Scamander sia suscettibile quando si parla di cibo, lui e i suoi mille spuntini giornalieri che lì, chiaramente, non vengono minimamente soddisfatti. "Non è mica un resort a cinque stelle", si è sentito rispondere quando, durante un attacco di fame nera, ha provato a chiedere ad un infermiere - stronzo come la merda - se fosse possibile avere qualcosa da mangiare fuori orario. Era stato disposto ad accontentarsi persino dei crackers, che solitamente gli facevano il solletico, tutto pur di placare un minimo quel buco allo stomaco che nei primi giorni dopo la trasformazione si apre inesorabilmente, portandolo ad ingerire, solitamente, talmente tante calorie da essere costretto a qualche ora in più di allenamento in palestra. Come se il suo metabolismo da lupo non lavorasse già al doppio del ritmo, facendogli bruciare anche le calorie non ancora ingerite. « Sei sicuro che non ti abbiano fatto qualche intervento strano anche alla pancia? No perché queste sono le classiche voglie delle donne che hanno appena partorito. Come l'hai chiamato? » Gli occhi di Luxanna brillano di divertimento e il cugino si allunga, per quanto gli è possibile, per scompigliarle i capelli, con la mano a calarle sulla testa. « Si chiama "Vaffanculo", ti piace? Lo trovo così originale. » Ridacchia, l'indice ora ad indicarle nuovamente il cellulare. « Aggiungi una fiorentina bella al sangue. Senza che fai quella faccia da vomito, non ne vado fiero, non posso fare altrimenti. » Si incupisce allora, lasciando che le spalle ripiombino in mezzo ai cuscini mentre sospira e guarda altrove. Per quanto abbia accettato, volente o nolente, la sua natura, e per quanto forse avrebbe continuato a far uso di carne anche se non fosse stato morso, il sapere che molti di quei gusti strani siano dovuti al lupo lo innervosisce. E allora cambia d'umore, si raffredda, sfugge allo sguardo, incapace di parlare, di esprimere quel mondo che ha dentro, che aspetta soltanto che qualcuno trovi la chiave per decifrarlo. « Aggiungo anche un paio di Redbull, che non si sa mai. » Luxanna, dopotutto, quella chiave l'ha sempre avuta, riuscendo perfettamente nell'ardua impresa di capirlo. Si ritrova a sorriderle, di sbieco. « Anche la Nutella per la colazione, per non farci mancare nulla. » [..] Deve aver esagerato con il cibo che gli ha portato Luxanna perché si addormenta e si risveglia ad intermittenza. Non si accorge nemmeno di quando scivola nel sonno, lentamente, come cullato dall'essere pienamente soddisfatto e con la pancia piena, di cose che gli piacciono e non di quei pasti disgustosi. Deve aver talmente esagerato che non sente nemmeno aprirsi la porta, ricaduto nuovamente nell'ennesimo pisolino di un pomeriggio pigro, privo di qualsivoglia stimolo al di là del fare razzie di cibo stile Asterix e Obelix. Hai idea di quanto... fossi preoccupata, testa di cazzo? La voce di sua nonna irrompe all'improvviso, spezzando il silenzio che abita la camera e il dolce sonnecchiare del ragazzo. Si ritrova a schiudere le palpebre piuttosto intontito, le rughe che si formano in mezzo agli occhi in risposta alla confusione di ritrovarsela di nuovo lì, dopo essere passata nemmeno qualche ora prima. E così incazzata, pensa ancora più stordito un secondo dopo averla messa davvero a fuoco. « Nonna ma che- » Non un messaggio, non un.... mi sono dovuta polisuccare perché sei un tale, orgoglioso coglione da non aver messo il mio nome sulla lista dei visitatori! Le sopracciglia rimangono aggrottate mentre cerca di mettere i pezzi di quel puzzle al loro posto. E man mano che lo fa, la fronte si distende e un'espressione sempre più dura lascia il passo alla sorpresa. « Oh ma certo, chi altro poteva essere se non tu a fare una tale sceneggiata napoletana? » Dovevo capirlo dal cazzo di odore. Bestemmia mentalmente nel capire di essere in presenza di niente di meno che Shannon. Non riesce nemmeno a guardarla in faccia, non mentre continua a vestire i panni di sua nonna, continuando ad inveirle addosso. Hai deciso di tentare il suicidio per vendicarti di come io ti abbia rubato tutto, Samuel? Volevi farmi prendere un cazzo di infarto per pareggiare i conti? Ti prego, spiegami. O preferisci gettarti dalla finestra pur di continuare a non parlarmi? In effetti potrebbe essere un'idea, un bel volo dal terzo piano senza scopa potrebbe spaccarmi in mille pezzi ma potrebbe essere la scappatoia migliore a questa conversazione. Sbuffa sonoramente, le braccia che fuoriescono dalle lenzuola e che si stringono al petto, in quella posizione di difesa che ha imparato così bene ad assumere nei confronti della Plenty. Perché come ognuna delle volte in cui ultimamente si è ritrovato a fronteggiarla, eccola di nuovo ad attaccarlo senza pietà, senza nemmeno sapere quale sia il grande peccato mortale che ha deciso di fargli scontare con la pena capitale. « Non so se te ne sei accorta, ma in caso non l'avessi fatto, sei al San Mungo. Io sono dentro un letto d'ospedale, ora con una gamba e una spalla in via di guarigione, ma fino ad un paio di giorni fa erano messi talmente male che ho creduto di morire, e tu stai lì a parlare di quanto tu sia ferita dal mio ignobile comportamento. » Ma pensa un po', devo essermi perso il raro momento in cui tu non sia la vittima sempre e comunque. Le lancia giusto un'occhiata arricciando il naso nel vederla come sua nonna. Se non avrò i cazzo di traumi dopo questa, mi riterrò estremamente fortunato. « Devo averti abituata proprio bene se pensi che ogni mia mossa venga compiuta in tua funzione. Addirittura arrivare a credere che io possa aver tentato il suicidio dopo che che mi hai trattato come la peggiore delle merde sul pianeta. Non sarà un tantinello egocentrico da parte tua? » Vuoi che sia una merda? Ti accontento facile, basta chiedere. Ed è nell'essere tanto duro con lei, così come non è mai stato, che si sente veramente uno stronzo, tanto da stringere la mandibola, con i lineamenti che si serrano all'istante. Ma non può fare a meno di pensare a tutto il male
    che Shannon gli ha fatto, volontariamente, e gli sta continuando a fare con quel suo comportamento, altrettanto volontariamente. E se non frega niente a te di provare a non farmi male, perché io dovrei continuare a preoccuparmi continuamente, remando da solo come un deficiente in un rapporto a senso unico? Sono stufo, pieno di queste cazzate. « Come già espressamente detto in precedenza, non voglio niente da te. » Pensava di essere stato sufficientemente chiaro al campo, appena qualche giorno prima dell'incidente. Pensava di essere riuscito a mettere un muro tra lui e l'americana, abbastanza spesso da non poter essere più toccato da qualsiasi cosa lei facesse. Dopo l'ennesimo sospiro, gli occhi si posano su di lei e avverte un certo fastidio all'altezza della bocca dello stomaco. Quella che gli propone Shannon è una conversazione che non ha alcuna intenzione di avere in generale, ma che se costretto, non ha alcun desiderio di avere con lei polisuccata da sua nonna. Prende allora la bacchetta dal comodino e cerca di castare un Revelio che però ha effetto a metà. I capelli tornano per metà di quel rosso a cui ancora non si è abituato, allungandosi fin sotto le spalle, il corpo si restringe sotto i vestiti, gli occhi tornano scuri ma i lineamenti del viso rimangono quelli di nonna Lucy, naso compreso. Arriccia le labbra per non scoppiare a riderle in faccia, lasciando che sia una risata sbuffata l'unica esternazione del divertimento che prova nel vederla spaccata a metà. « Anzi no, vorrei che non avessi più la faccia di mia nonna perché comincia a triggerarmi. » Constata alzando un sopracciglio, il sorriso che ha persistito fino a quel momento, fugge via. « E vorrei che te ne andassi. » Lo dice fissandola in quegli occhi che ora sono realmente suoi. « Non c'entra l'orgoglio, è che non abbiamo evidentemente più nulla da dirci. » Scrolla il capo, riappoggiandolo al cuscino alle sue spalle. Non quando tu non mi hai dato nemmeno una delle spiegazioni che ti ho chiesto. Non quando è successo un tale casino tra di loro che non è certo di sapere da quale parte cominciare per provare a capire se ci sia ancora qualcosa da poter salvare. « E l'ho accettato. Fallo anche tu. »



    Edited by moondust. - 24/4/2024, 00:14
     
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    « Oh ma certo, chi altro poteva essere se non tu a fare una tale sceneggiata napoletana? » Non è mai stata una persona facile da ferire, Shannon. Forse per il carattere tanto indipendente da finire con lo sfociare spesso e volentieri nella più totale indifferenza verso la maggior parte delle critiche che le vengono avanzate, forse per la distanza che non permette mai a nessuno di colmare per avvicinarsi davvero a lei. Le accuse scagliate da chi a malapena si conosce non possono far poi così male, no? Eppure quando a rivolgerle contro parole avvelenate è proprio una delle poche persone che abbiano mai oltrepassato la spessa armatura che indossa, il fastidio sembra chiuderle la gola come un blocco di parole troppo dense per poter essere semplicemente sputate fuori. Si ritrova ad incrociare le braccia sotto le forme del seno decisamente troppo ingombrante per i suoi standard in un gesto di chiusura verso quel veleno che Samuel le riversa tanto prontamente addosso, parandosi come può dal suo sguardo e dal fatto che sembri ora persino incapace di sopportare la sua vista per qualche secondo. Quegli stessi occhi che l'hanno osservata centinaia di volte con aria scherzosa, pensosa, trasognata. I denti affondano nel labbro inferiore fino a lasciar modo al sapore del sangue di riempirle la bocca, mischiandosi a tutte le accuse che vorrebbe continuare a gettare addosso al moro ma che le rimangono arrotolate attorno alla lingua. Hai preso tanto per culo il mio silenzio, eppure non sei riuscito a sopportare che aprissi la bocca per sfogarmi una sola volta. Vero, Sam? Dubita che lo Scamander riuscirà a leggerle in faccia qualcuno di quei pensieri. È sempre stata brava a nascondere dietro gli occhi d'onice ogni segreto, la Plenty... ed ora Samuel non sembra intenzionato a perdere il suo tempo alla ricerca di un segno di cosa stia cercando di tenergli lontano così come qualche volta ha cercato di fare in passato. Ancora poggiata contro la porta della stanza d'ospedale, bloccata da quei piedi che sembrano improvvisamente pesanti come macigni, si ritrova a far piombare lo sguardo sulle mattonelle del pavimento per qualche secondo alla ricerca di una calma che le permetta di riprendere fiato e di non iniziare ad urlare a pieni polmoni, dando il via ad una vera sceneggiata napoletana. Il problema è che il suo silenzio da' modo a Sam di poter continuare a parlare a ruota libera, senza più alcun freno che tenti di ricordargli di come le sue parole, su di lei, abbiano sempre pesato il doppio del normale. Nel bene e nel male. « Devo averti abituata proprio bene se pensi che ogni mia mossa venga compiuta in tua funzione. Addirittura arrivare a credere che io possa aver tentato il suicidio dopo che che mi hai trattato come la peggiore delle merde sul pianeta. Non sarà un tantinello egocentrico da parte tua? » Respira Shannon. Respira. Sta solo cercando di ferirla, vuole solo vedere fin dove può arrivare prima di vedere i primi segni di quelle ferite macchiarle la pelle per ritenersi soddisfatto dall'aver potuto ottenere la vendetta che sente di meritare. Se si soffermasse solo un attimo sul pensiero che quelle parole corrispondano davvero ai suoi pensieri, forse finirebbe con lo scappare via da quella stanza per non voltarsi indietro mai più. Perché farebbe troppo male. Perché sarebbe così umiliante dover ammettere di aver totalmente frainteso, prima di se stessa, persino totalmente che tipo di persona fosse Samuel. Le unghie affondano nei palmi delle mani, formando tante piccole mezzelune sanguinolente. Meglio il bruciore tra le dita e tra le labbra che quello provocato dalle sue parole. « Come già espressamente detto in precedenza, non voglio niente da te. » Bugiardo.
    Torna a sollevare lo sguardo solo perché la necessità di fulminarlo si è ormai fatta tanto impellente da sollevare la sopracciglia in un'espressione di palese avvertimento. Ancora un solo scossone ai suoi nervi ormai tesi al limite e non è affatto sicura di cosa potrebbe succedere. Sente già le mani formicolare dalla voglia di colpirlo, a dire il vero. Eppure sono le mani di Sam a raggiungere la bacchetta, cogliendola del tutto impreparata. Se avesse deciso di schiantarla, proprio ora, non riuscirebbe a muovere nemmeno un muscolo per tentare di difendersi. Fortunatamente quello che lo Scamander le casta addosso è un semplice Relevio, evidentemente nel tentativo di lavarle di dosso i lineamenti di Lucy. « Anzi no, vorrei che non avessi più la faccia di mia nonna perché comincia a triggerarmi. E vorrei che te ne andassi. Non c'entra l'orgoglio, è che non abbiamo evidentemente più nulla da dirci. E l'ho accettato. Fallo anche tu. » Lo osserva tornare a stendersi tra le coperte, come se davvero gli bastasse dirle di andarsene per convincerla a battere in ritirata. Togliendole ogni possibilità di replica proprio come ha fatto in quel cazzo di parcheggio. Avanza di un passo verso di lui, Shannon, prima di portarsi entrambe le mani al viso per cercare di stropicciare via dal viso il fastidioso strato di insofferenza che sente tenderle ogni muscolo. Sotto le ditina sente i propri lineamenti strani, diversi. Contro ogni previsione i piedi la guidano istintivamente verso il piccolo bagno adiacente alla stanza piuttosto che verso il letto su cui Samuel è costretto, alla ricerca di uno specchio che possa darle conferma sui dubbi che davvero, le renderebbero impossibile affrontare una discussione tanto spinosa senza esserne costantemente distratta. Ma che cazzo... L'immagine che trova riflessa è spaventosa. Un miscuglio tra i suoi lineamenti e quelli di Lucy che la fanno somigliare vagamente a Quasimodo a dire il vero. Forse in circostanze del tutto diverse ne riderebbe, addirittura, ma ora sente le mani tremare dal nervoso mentre si punta addosso la bacchetta per castare un Revelio che la faccia tornare completamente se stessa. Quando esce dal bagno è nuovamente Shannon, con un'espressione affatto rassicurante ad indurirle i lineamenti mentre avanza verso il lettino d'ospedale. Si avvicina tanto da battere con entrambe le cosce contro la traversa in metallo, prima di allungare la mano verso la mascella di Samuel per costringerlo a voltare il capo verso di lei. Costringendolo a guardarla ancora. Con le dita strette contro la sua carne si china appena per fronteggiarlo, mostrando un'aggressività nei modi di muoversi che sembra appartenerle per la prima volta in vita sua. Mi dispiace, credo dovrai sopportare per un'ultima volta una delle mie sceneggiate napoletane. Me la sono preparata da quando mi hai lasciata come una stronza in quel parcheggio, quindi direi che mi devi almeno la gentilezza di starmi a sentire per una cazzo di volta. Sta ringhiando senza tuttavia alzare la voce, ma anzi, sussurrando ognuna di quelle parole ad un soffio dal suo volto insolitamente pallido. Al pensiero del dolore che le ferite devono ancora dargli la presa contro la mascella si allenta appena, senza tuttavia liberarlo completamente. Quando hai pensato che avessi deciso di rivelarti di essere innamorata di te da tre anni per puro sadismo e non per darti una spiegazione sul perché avessi finito con l'esplodere nel vederti a quella cazzo di festa assieme a Daphne, dopo aver scoperto che dopo tre anni a sentirvi blaterale sulla vostra incredibile amicizia da bro lei avesse giusto qualche volta pensato che l'idea di infilarti una mano nelle mutande non fosse poi tanto male. Quindi sì, Sam, dopo avermi baciata per zittirmi ed essertene andato senza darmi modo di dire nulla, non riuscendo a sopportare che io abbia deciso per una cazzo di volta in vita mia di aprire bocca e sparare qualche cazzata solo per sfogarmi, invece che implodere nel mio stesso silenzio, direi che forse qualcosa da dire è rimasta. Forse sta arrossendo al punto da raggiungere la stessa colorazione con cui ha tinto i suoi capelli negli ultimi mesi. Di certo sente il fiato farsi sempre più corto ad ogni parola, tanta è la difficoltà per una che nel silenzio ha sempre trovato la propria sicurezza più grande, di esporsi tanto palesemente proprio a quegli occhi cerulei. Eppure continua a fissarlo, anche quando un pizzicore improvviso la avverte che non le rimane chissà quanto tempo prima che le lacrime tornino a tradirla miseramente mentre tenta di mostrarsi tanto forte. O quando hai deciso che tre anni a struggermi per te fossero archiviabili al primo pensiero verso un altro uomo, magari. Non lo so, cosa cazzo hai pensato. Le dita scivolano via, lasciandolo libero di distogliere lo sguardo, finalmente. Ora puoi anche chiamare le cazzo di guardie per farmi trascinare via. Ho finito.
     
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