Lost in Paradise

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    C'è una costante. Una regola non scritta, che accompagna Shannon da ormai troppi anni senza mai mutare o senza bisogno di trovare una spiegazione logica. Quando il silenzio diventa assoluto, l'americana andrà sempre alla disperata ricerca del rumore. Più raro sarà sentire una sola parola uscire dalle labbra carnose della Plenty e più aumenterà la possibilità di trovarla lì dove la musica è così alta da non riuscire a sentire nemmeno i propri pensieri, intenta a lasciare che le note la trascinino lontana da ogni possibile dolore o considerazione troppo spinosa. Una canzone dopo l'altra, persa nella marea di corpi sudati di una discoteca come mille altre nella Londra notturna, lascerà modo agli occhi scuri di chiudersi sul mondo per far sì che sia il corpo a reclamare la libertà di muoversi nell'unico ambiente dove ogni vincolo sembra sparire ed allontanarsi al punto da farla sentire, alla fine dei conti, quasi incorporea. Con dita sconosciute a sfiorare i centimetri di pelle lasciata scoperta dal vestito troppo corto, con le lunghe ciocche di capelli ramati attaccate al collo per via del sudore, facendo finta di non possedere un nome od un passato, ma di essere nient'altro che una creatura destinata a nascere e morire nel solo spazio temporale di poche ore, prima di tornare a trascinarsi verso un'alba che non concederà altrettanto facilmente la possibilità di fingere indifferenza. Qui, ora. Non conta nient'altro. Mentre le note della canzone successiva arrivano a muovere i fianchi e la portano a sollevare le braccia, lasciando modo alle mani di qualcuno alle sue spalle di piantarsi attorno alla vita per condurla contro un petto che non ha nulla di familiare e che non conserva addosso il sapore di nessuno sbaglio o tormento. Reclinando appena il capo, fin quando non le è possibile poggiare la testa appesantita dal troppo alcool contro quella spalla spigolosa, si ritrova a fissare con aria persa le luci che lampeggiano sul soffitto incredibilmente alto, immaginando tra di esse disegni e storie fantasiose che la conducono altrove. Se solo fosse in grado di alleggerirsi abbastanza da spiccare il volo per confondersi con quelle fantasie confuse probabilmente lascerebbe modo a quelle ombre di trascinarla fino ad una dimensione totalmente diversa. Un'altra via di fuga, un mondo totalmente estraneo nel quale poter cercare riparo da quello a cui non vuole più pensare e nel quale nessuno riuscirebbe più a raggiungerla.
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    Ma non riesce a distaccarsi abbastanza, non al punto da non avvertire il fastidio che quelle dita premute improvvisamente contro la curva dei seni le causano. La mente piomba nuovamente nel corpo stremato dal troppo ballare, costringendo i muscoli ad un rapido movimento che riesca ad allontanarla velocemente da quella presa improvvisamente troppo pretenziosa. Non ha bisogno di chissà quale manovra per uscire dai radar dell'uomo, confondendosi fin troppo facilmente tra la folla con appena qualche traballante passo in avanti, mentre la sala le gira pericolosamente davanti agli occhi annacquati dall'alcool. La musica continua ad uscire dalle casse ad un volume che definire alto sarebbe riduttivo, eppure sembra improvvisamente non essere abbastanza. Riesce di nuovo ad avvertire i propri pensieri premere contro i contorni della coscienza, cercando di raggiungerla. Ma non c'è un altro posto dove poter scappare, incastrata com'è in quella massa di corpi che si muovono all'unisono e che le premono addosso da ogni lato fin quasi a toglierle completamente il respiro. Non riesce a trovare con gli occhi la strada verso l'uscita, né quella che potrebbe condurla almeno fino al bar per ordinare un nuovo bicchiere da mandar giù in pochi sorsi. Forse potrebbe ranicchiarsi e rimanere ferma sul posto fin quando non spariranno tutti. Per un solo battito di ciglia Shannon prende davvero in considerazione l'idea, ignorando il fatto che verrebbe probabilmente calpestata da chiunque si trovi nei paraggi... ma fortunatamente gli occhi riescono a scorgere tra la folla qualcosa – o meglio, qualcuno - in grado di distrarla abbastanza da convincerla a compiere qualche altro passo, piuttosto che gettare tanto miseramente la spugna. Una chioma bionda e dei lineamenti che riportano ad una serata da dimenticare, ma che riescono a rappresentare almeno al momento un'ancora di salvataggio al quale potersi aggrappare. Andrebbe bene chiunque, no? Il corpo esile sguscia tra le persone intente a ballare sulle note sempre più veloci, spingendo con i gomiti chiunque si trovi nella traiettoria che la divide dalla figura che ancora non sembra averla notata. Mars? Il nome risale alle labbra con una nota di dubbio, scivolando fuori fin troppo piano per poter essere sentito al di sopra della musica che riempie ogni angolo del locale. Mar... Nulla. Nessuno riesce a sentirla, per quanto provi ad urlare a pieni polmoni. Le viene quasi da ridere. Le mani scattano in avanti, piantandosi ai lati di quel volto per trascinarlo contro il proprio. Lo costringe a guardarla, a chinarsi per poter poggiare la fronte contro la sua in mezzo a quel mare di persone. Per non avere modo di prestare attenzione più a nessuno di diverso. Ciao, Mars. Ed ora che ha la sua completa attenzione? Quale è la prossima mossa? Balla con me. Ti va?
     
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    In quel mondo di maghi, Mars si sentiva spesso inadeguato. Vittima della sindrome dell'impostore sin dagli arbori del proprio successo, aveva sempre cercato di vivere il presente a pieno, concentrandosi sul qui e ora, piuttosto che pensare al proprio futuro. Una filosofia di vita, quella, che lo aveva spinto all'eccesso, il più delle volte, ma che lo aveva anche salvato dalle migliaia di insicurezze che si portava dentro, insicurezze che la musica aveva saputo cullare da prima che lui se ne rendesse conto. Nella musica Mars riusciva a sfogare tutti i sentimenti negativi che si trascinava dietro sin dall'infanzia, da quando sua madre Sophie aveva fatto entrare un altro uomo nella sua vita, costringendolo inevitabilmente ad averci a che fare. Così, dopo l'abbandono del padre e, successivamente, alla sua morte, Mars aveva dovuto affrontare anche gli abusi del patrigno, il quale non aveva mai accettato che il figliastro fosse un Mezzosangue, figuriamoci come aveva preso la notizia che egli aveva scelto persino di dedicare la sua intera vita a qualcosa di così banale come la musica. Da quel giorno, il patrigno aveva avuto una scusa in più per prendersela con lui, e non c'era stata una volta che avesse desistito dal desiderio di sfogare - sull'allora ragazzino - la frustrazione, non una volta. Era stato principalmente quello il motivo per cui Mars - appoggiato dall'inconsapevole Sophie - era uscito presto di casa, in cerca del suo posto nel mondo. Una ricerca che lo aveva portato ad allontanarsi sempre più dalla persona che amava di più al mondo, sua madre, in cambio del successo e del tanto agognato benessere, una serenità che cresceva quanto più era lontano da casa. Inoltre, era difficile per il patrigno stargli dietro, se Mars suonava in una città diversa ogni sera, e cambiava uno stato al mese.

    Le droghe erano venute dopo. Anestetizzare il dolore era stato assai più facile con quei piccoli aiutini. Inutile dire che all'inizio Mars ne aveva fatto un vero e propio abuso. Gli erano serviti anni e una varietà di incidenti da far venire i brividi ad ogni persona sana di mente per comprendere che non era producente sballarsi fino a perdere i sensi. Allora, grazie a Grace e ai pochi anni in cui aveva frequentato Hogwarts si era quasi del tutto ripulito, diventando una migliore versione di sé: per la ragazza si era tenuto lontano dalle tentazioni e aveva cercato di darsi da fare con lo studio, i libri, la scuola, in cambio lei gli era sembrato un giusto compromesso che aveva stretto con l'Universo. Ironico, che quello stesso Universo aveva deciso di far crollare ogni cosa nell'arco di pochi mesi, gettando all'aria tutti i progressi fatti dal biondo che - senza Grace e a seguito della scomparsa di sua madre - si era trovato ancora una volta nell'abisso, con la musica in qualità di sua unica compagna.

    Quella sera, il Carter-Johnson aveva accettato di raggiungere i suoi amici babbani in una delle tante discoteche di Londra per una serata di completa spensieratezza. Così, una volta arrivato al locale, aveva salutato tutti con delle curiose strette di mano di cui solo loro sembravano conoscerne il senso più profondo e - finalmente a proprio agio, in un ambiente in cui si sentiva di appartenere - li aveva seguiti all'interno. Insieme a loro, Mars si scatenò sulle note veloci di mille canzoni diverse. Per ore, non fece altro che saltare, cantare, bere, e fumare. Per il tempo che trascorse in compagnia delle persone che insieme a lui avevano sempre condiviso tutto, il biondo dimenticò ogni pensiero tormentato che - quando era sobrio e lucido - lo torturava. Mentre saltava, come se da quello dipendesse la sua stessa vita, niente aveva importanza: si sentiva completo, come se le note potessero nutrire la sua anima e non avesse bisogno di nient'altro che quello. Inutile dire che l'illusione era destinata a terminare con l'avvento dell'alba, ma c'era tempo e Mars era intenzionato a farselo bastare.
    Impegnato a molleggiare a ritmo di musica, e intento a prendere un tiro del joint che aveva fisso tra indice e medio, il biondo non si rese conto che qualcuno lo stesse chiamando. «We gon' ride for this, they gon' die for this/Back outside with this/Change your mind with this» cantò a gran voce, in un coro di voci come la sua. E avrebbe pure continuato, ma due mani dalle lunghe dita affusolate gli afferarono il volto, costringendolo a posare lo sguardo su un viso vagamente familiare. «Shannon.» la salutò lui, mentre gli angoli delle labbra si sollevarono dando spazio ad un inaspettato sorriso. L'invito della ragazza venne subito accolto dal biondo, che - senza attendere oltre - le prese la mano e fece un ultimo tiro dal filtro del joint, spegnendolo solo successivamente nel drink del primo sfigato che si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato. Trascinatola in mezzo alla folla, Mars fece per lasciarle la mano e, rimanendole ad una distanza piuttosto minima, si unì alla folla danzante. «Sei qui da sola? O devo aspettarmi fidanzati gelosi spuntar fuori dal nulla?» urlò Mars, nel tentativo di sovrastare la musica e le migliaia di voci, avvicinandosele tanto da sfiorarle l'orecchio con le labbra quasi involotariamente. Ricordava di averla intravista, alla festa dei Superior, e non era sola. Dettaglio che probabilmente non avrebbe fatto la differenza, non quella sera, ma se la rossa prevedeva una qualche rissa, voleva essere preparato.

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    La mano di Mars si stringe attorno alla sua, dandole la possibilità di concentrarsi su quel contatto estraneo eppure privo di pericoli per poter distrarre la mente da tutti quei pensieri che hanno rischiato di tornare a premerla tra le tempie al minimo sopraggiungere della realtà tra le note di quella musica assordante. E vuole solo scappare, Shannon, che sia da sola o tenendo per mano il biondo non fa infondo alcuna differenza. Vuole che qualcuno o qualcosa la trascini via dalla sua stessa vita, che la renda un'estranea e la faccia perdere in una notte destinata a durare per sempre ed a non sparire con le prime luci dell'alba. Sa bene quanto sia impossibile, ma fin quando le dita hanno modo di stringersi attorno a quella mano può almeno illudersi che quella discoteca sia l'intero mondo e che non ci sia proprio nulla ad attenderli fuori da lì.
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    Si lascia trascinare senza opporre resistenza al centro di quella pista dalla quale si è tanto velocemente allontanata solo qualche secondo prima, seguendo la scia aperta tra la calca dalle spalle del Carter-Johnson mentre mette i piedi uno davanti all'altro facendo attenzione a non traballare sui tacchi troppo alti, ostacolata dalla sensazione di avere le gambe decisamente troppo pesanti, probabilmente per via di qualche bicchiere di troppo che ha mandato giù fin dall'inizio della serata. Al contrario, se ne rende conto con piacere, la testa sembra essere tornata ad essere incredibilmente leggera. Potrebbe quasi pensare che le sia spuntato un palloncino alla sommità del collo, pronto a spiccare il volo per risalire fino al soffitto incredibilmente alto del locale, finendo con il volteggiare pigramente tra quelle luci intermittenti che illuminano tutto e tutti ora di blu ed ora di rosso, dando l'impressione che ogni corpo si muova con uno scarto di tre fotogrammi al secondo tra un flash di luce e l'altro. Sulle note di una nuova canzone Mars torna a voltarsi ora verso di lei, posando gli occhi chiari sul volto dell'americana mentre abbandona la mano che ha stretto fino ad ora, solo per avvicinarsi al punto da permettere alla Plenty di sentire il suo fiato caldo solleticarle il lobo dell'orecchio destro, costringendola a socchiudere gli occhi per qualche secondo a quell'improvviso avvicinamento che annulla ogni spazio personale per sopperire alla necessità di farsi sentire oltre il suono assordante che rimbomba da ormai ore per tutto il locale. «Sei qui da sola? O devo aspettarmi fidanzati gelosi spuntar fuori dal nulla?» Si ritrova ad agitare appena il capo, lasciando poi scivolare una mano sulla spalla del ragazzo per costringerlo a non allontanarsi troppo in fretta, così da aver modo a propria volta di avvicinare le labbra socchiuse al suo orecchio per rispondere alla sua domanda. Sono completamente sola. Riderebbe istericamente della ben più profonda verità nascosta dietro a quelle parole se solo si concedesse il tempo di soffermarsi troppo su quella lapidaria sentenza. Completamente sola è di certo un vestito che la Plenty indossa alla perfezione da ormai qualche mese, con i lacci del corpetto stretti al punto da minacciare costantemente di lasciarla a corto di fiato. Sul punto di annegare. Ma se è abbastanza brava da svuotare la mente può far finta che non faccia male e che sia invece liberatoria quell'assenza di calore all'altezza del petto. La rende in grado di fingersi chiunque e di essere contemporaneamente nulla. Anzi, ora sono qui con te, no? Le labbra si piegano in un sorriso che sembra non promettere nulla di buono, mentre le mani scivolano lentamente nel percorso che dalle spalle la conduce fino alle mani del biondo. Ne afferra le dita tra le proprie, così da poterle guidare fino alla propria vita, a contatto con la stoffa di quel vestito incredibilmente brillante e corto, che stringe il corpo morbido esattamente nei punti più seducenti. “Non lasciare la presa” sembra intimargli con un ultimo sguardo, prima di voltargli le spalle per poter arrivare a premere la schiena contro il suo petto, facendosi così vicina da contare in parte sul sostegno del suo corpo per non rischiare di cadere a terra al minimo passo falso. Si può concedere di tornare a chiudere gli occhi, allora, lasciando che sia nuovamente la musica a guidarla verso mondo diversi da quello, trascinando la mente verso visioni lontane mentre il corpo si muove sensuale su ogni nota, lasciando modo alle spalle di ondeggiare ed alle braccia di sollevarsi verso l'alto. Solo quando la canzone muore ormai sulle ultime strofe torna a voltarsi, così da poter nuovamente intercettare il volto di Mars. Posa senza alcuna discrezione una mano contro la sua guancia, avvicinando il volto al suo in un movimento morbido che potrebbe sembrare contenere i preziosi secondi che anticipano un bacio ma che portano solo la bocca carnosa a ricercarne l'orecchio. Andiamo a bere qualcosa, ti va? Od avevi in mente... qualche altra idea? Non importa quale sarà la risposta, se le concederà a malapena un altro drink prima di sparire tra quella folla o se deciderà di perdersi con lei. Fin quando ne ha la possibilità continua ad aggrapparsi a lui ed a quel calore che le sue dita le lasciano all'altezza del fianchi. Penserà al resto dopo.
     
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    Il locale era incredibilmente pieno di gente. Ragazzi per lo più, ragazzi che rincorrevano un solo desiderio, quello di lasciare il mondo fuori, di dimenticare tutti i problemi, le responsabilità, le preoccupazioni, o le paure che durante il giorno li accompagnano nel tortuoso sentiero della vita, per godersi un'intera serata - o persino nottata, nel caso dei più fortunati - all'insegna della leggerezza, della spensietatezza, della libertà. Anche Mars, come tutti gli altri, ambiva a liberare la mente, solo che difficilmente riusciva a farlo senza ricorrere a quelle sostanze psicotrope da cui i genitori mettevano tanto in guardia i figli. Aveva fumato erba pure quella sera, d'altronde ne era un consumatore abituale, ma Shannon - la ragazza che aveva trascinato al centro della pista, insieme a lui - non avrebbe sentito che l'odore pungente ed intenso del suo profumo.
    Illuminati a intermittenza dagli enormi fari che sovrastavano la folla danzante, gli sguardi dei due ragazzi si incrociarono nell'istante che precedette la domanda di Mars. Shannon Plenty, una delle personalità di spicco del suo corso, era proprio lì davanti a lui, dopo averlo rapito per ballare. Mars la osservò, prima di chiederle ciò che voleva sapere. Fasciata da un abito pericolosamente corto, il quale lasciava intravedere gran parte delle sue forme - imperlate di un sottolissimo strato di sudore, dovuto al fatto che avesse sicuramente ballato fino a qualche istante prima - l'ex corvonero era bella da perderci la testa. E, malgrado la sua curiosità, non c'era niente che avrebbe impedito al biondo di assecondare la ragazza, niente che lo avrebbe fatto desistere dall'intenzione di divertirsi e rendere quella serata indimenticabile, come era abituato a fare prima che la sua intera esistenza fosse mandata a puttane, nemmeno la presenza di un fantomatico ragazzo geloso. Anzi, quello, se fosse stato vero, avrebbe reso il gioco ancora più stimolante, ma la risposta dell'americana allontanò presto quella possibilità. Sono completamente sola. la sentì dire, ad un soffio dal proprio orecchio, ed istintivamente sorrise, ma niente avrebbe potuto fargli prevedere ciò che accadde di lì a breve. Anzi, sono qui con te no? aggiunse la ragazza, lasciando scivolare le sua mani lungo le spalle del biondo, poi giù sui bicipiti, gli avambracci, i polsi...finché non accompagnò le mani calde di lui intorno ai suoi fianchi e lo guardò intensamente, provocatoria. Mars non le staccò gli occhi di dosso mentre lei gli dava le spalle e la stoffa morbida del vestito di lei gli scivolò tra le dita. La vide premere la schiena contro il suo petto e chiudere gli occhi, prima di tornare a ballare leggera e sensuale contro il suo corpo. Preso dalle continue frizioni del corpo di Shannon contro il suo, Mars strinse ancor più la presa sui fianchi di lei e insieme ballarono. Col corpo della ragazza stretto contro il suo, la musica a fare da sottofondo a quella danza e l'erba ad annebbiargli la mente, l'americano riuscì finalmente a concentrarsi sul presente e - proprio in quel presente - i polpastrelli della sua mano destra scivolarono ad accarezzare il braccio che Shannon aveva sollevato verso l'alto, ne afferrò il polso e lo accompangnò intorno al proprio collo, così da avere il corpo della ragazza ancora più vicino al suo. Una dolce tortura, quella vicinanza, che la ragazza non smise di infliggergli nemmeno quando la musica finì di suonare. La vide voltarsi per cercare il suo viso e lasciò che lei gli accarezzasse il viso con una mano, mentre i suoi occhi cadderro sulle sua labbra, così vicine... Quando la vide cercare il suo orecchio, quasi ne rimase deluso, ma non rispose alla sua domanda, piuttosto alzò un sopracciglio e, senza troppe spiegazioni, trascinò ancora una volta la ragazza in mezzo alla folla, questa volta per abbandonare la pista da ballo.

    Fuori dal locale, in quello che doveva costituirne "il retro", il clima era pungente, ma non per Mars che non smetteva di sentirsi il corpo in fiamme. Accompagnò Shannon ad appoggiare la schiena contro la stessa porta dalla quale erano usciti e ne bloccò lì il corpo col suo. Celati dal buio della notte e dalla scarsa illuminazione di quel luogo dimenticato da Dio, solo un attento osservatore avrebbe potuto notarli. «Che ne dici si saltare i convenevoli?» le propose, avvicinando le labbra al suo collo prima ancora che lei potesse acconsentire. Rapito dal profumo della ragazza, Mars schiuse le labbra sulla pelle candida del suo collo e lo fece ancora e ancora, in attesa che lei gli concedesse il permesso di continuare o gli intimasse di fermarsi. Senza ombra di dubbio, lui avrebbe preferito la prima opzione, ma non ci sarebbe stata una volta in cui avrebbe forzato un contatto non richiesto. «...Shannon?» sussurrò lui, nel tentativo di affrettare la scelta.

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    La musica svanisce nelle ultime note, prontamente sostituita dalla traccia successiva che tuttavia la Plenty ha a stento modo di sentire mentre la mano di Mars stringe con forza la sua, trascinandola con una fretta che sembra nascondere un'impazienza a stento trattenuta attraverso quel mare di persone intente ad adattare il ritmo alle note della nuova canzone che ha preso a riempire ogni angolo del locale. Le sfilano davanti agli occhi centinaia di volti sconosciuti mentre avanza a seguito del biondo, lasciandosi trascinare senza alcuna intenzione di opporre resistenza o lamentarsi di quel repentino cambio di programma. Sì, perché Mars non si sta dirigendo verso il bancone al quale potrebbero ordinare qualcosa da bere, né verso i tavolini che potrebbero concedere ad entrambi un attimo di riposo... no, a testa bassa l'ex Tasso avanza fino alla porta d'emergenza, spalancandola con una spinta che ne tradisce la fretta di perdersi in quel vicolo avvolto nella penombra, lì dove una volta che la porta si chiude con un tonfo alle loro spalle la musica arriva ovattata e tutte quelle persone che fino ad un attimo fa li circondavano vengono totalmente tagliate fuori.
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    Ci sono solo loro due lì, immobili nei secondi necessari per tornare a scambiarsi uno sguardo che sembra durare secoli, a dire il vero. Shannon è decisamente ubriaca. Lo possono confermare le gote arrossate dal troppo alcool ingerito ed il modo in cui il suo corpo cerchi di raffreddarsi ispirando costantemente aria tra le labbra socchiuse. Ha bevuto decisamente troppo, eppure non abbastanza per riuscire a non prevedere quale sarà la prossima mossa del Carter-Johnson. Lo sguardo che le punta addosso sembra volerla divorare, il modo in cui le sue dita scivolano fino a lei rivela senza alcun pudore l'intenzione di strapparle di dosso ogni centimetro di stoffa che ancora rimane a coprirla. Vuole saggiarla, forse morderla. Di certo, non intende indietreggiare prima di scoprire fin dove lei abbia intenzione di spingersi. Con un mugolio accaldato l'americana si lascia guidare da quelle mani grandi a poggiare la schiena contro la stessa porta dal quale sono appena usciti, il corpo del biondo che arriva a coprirla completamente in un battito di ciglia. Non chiude per un solo secondo gli occhioni d'onice, Shannon. Non vuole che altre immagini arrivino a sovrapporsi a quella nuvola di ricci dorati che le solletica il collo. Ha bisogno di accertarsi che siano proprio le sue mani a scivolarle lungo i fianchi, arricciando la stoffa del vestito fino a sollevarlo abbastanza da dar modo di intravedere tra le cosce schiuse il bordo delle mutandine in pizzo. Ed è proprio tra le cosce che si spinge Mars, impaziente, per poter arrivare a lasciare una scia di baci infuocati lungo la curva umida di sudore del collo, prontamente incoraggiato dal movimento del capo con cui Shannon si trova a concedergli più spazio di manovra lungo quel percorso che potrebbe condurlo in luoghi ben più soddisfacenti sul quale poggiare le labbra. «Che ne dici si saltare i convenevoli... Shannon?» Le mani affusolate della mora scivolano prontamente sui contorni di quella schiena resa nervosa dal desiderio di spingersi oltre, percorrendone ogni curvatura dei muscoli tesi dalla base fino alle spalle, lì dove la mano sinistra si blocca mentre la destra continua il proprio percorso fino ad affondare tra le ciocche chiare, tirandone qualcuna tra le dita per costringere Mars a sollevare il capo il tanto necessario a poter incontrare ancora una volta quegli occhi enormi, persi in considerazioni che al mondo non è concesso sapere e che la Plenty si trascina costantemente dietro da una vita intera. Ha l'angolo della bocca piegato in un accenno di sorriso, Shannon, un sopracciglio scuro alzato sul visino accaldato. Sembra lo stia sfidando ancor prima di pronunciare una sola parola. Avresti dovuto chiederlo prima di sbattermi contro la porta, non pensi... Mars? E tuttavia non aspetta alcuna risposta, prima di avvicinare il volto al suo per annullare qualsiasi distanza. Affonda i denti nel labbro inferiore del giovane mentre la lingua ne cattura il sapore contro la punta, prima che quel brusco contatto si faccia improvvisamente più esigente e la lingua arrivi a chiedere il permesso per scivolare tra le fila di denti, alla ricerca della sua. Mentre il respiro si fa sempre più corto ed i pensieri la lasciano finalmente libera di lasciarsi semplicemente andare, spazzati via dall'urgenza di concentrarsi unicamente sul presente. È questo che cerca infondo Shannon, ormai da interi mesi. Un modo per zittire qualsiasi pensiero. Mani che possano scaldare la pelle e ridisegnare i suoi contorni così che non serva alcun impegno da parte sua per sentirsi in qualche modo ancora reale. Occhi che la osservino, qualcuno che sia in grado di farla sentire ancora una volta nel posto giusto, fosse solo per l'inganno di una sola notte. La gamba destra si solleva il tanto necessario a potersi poggiare contro il fianco del ragazzo, trascinando la stoffa di quel vestito decisamente troppo corto a sollevarsi fin quasi ai fianchi mentre lo costringe ad avvicinarsi ulteriormente, fino a poter percepire la pressione della sua patta tra le cosce. Solo allora abbandona la sua bocca, appena in tanto necessario per poter sussurrare qualche altra parola. Cosa c'è, sei ancora in attesa del mio permesso?
     
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    Una volta fuori dal locale, l'eco ovattato della musica si trasformò in nient'altro che un ricordo. Shannon, al contrario, era incredibilmente reale e provocante e non smetteva di cercare attenzioni che Mars aveva tutte le intenzioni di riservarle. Accaldata, la ragazza si lasciò accompagnare dalle mani del Carter-Johnson ad indietreggiare fino a poggiare la schiena contro la superfice fredda della porta dietro di lei, un movimento che fece scivolare pericolosamente verso l'alto la poca stoffa di cui era composto il vestito della ragazza e che, per qualche breve istante, lasciò a Mars una visuale - difficile da ignorare - sull'intimo che indossava. La sfacciataggine di Shannon lo eccitava, gli faceva desiderare di affrettare ogni cosa, ma scelse sapientemente di camuffare tutta quell'irrequietezza annullando la distanza che li separava. Incoraggiato dalla ragazza, le labbra di Mars non si limitarono a saggiarne il collo, ma si avventurarono audacemente verso il basso. Liberatosi dell'impiccio di una delle sottili bretelline del vestito, che spostò facendovi scorrere un dito al di sotto fino ad accompagnarla al lato della spalla dell'altra, il ragazzo ebbe accesso a porzioni del suo seno altrimenti coperte. Una vista, quella dello sterno di Shannon imperlato di sudore e del suo collo piegato di lato per lasciargli spazio, che spinse Mars a spingersi nuovamente oltre: con la lingua disegnò una linea immaginaria che partiva dal seno parzialmente scoperto della ragazza fino al suo mento. Un gesto che fu però interrotto proprio dalla Plenty, la quale - con una mano tra la chioma bionda dell'americano - lo tirò a sé, costringendolo a tendere il collo e a rivelare così l'affilato e pronunciato pomo d'Adamo. «Avresti dovuto chiederlo prima di sbattermi contro la porta, non pensi... Mars sussurrò provocatoria la rossa, prima di affondare i denti nel labbro inferiore del ragazzo, che la lasciò fare - senza riuscire a nascondere un lieve sorriso malizioso. Ricambiò quel bacio pretenzioso diventandolo lui a sua volta e, quando il respiro di lei divenne più affannoso, lasciò che la lingua scivolasse sotto al suo labbro superiore, inumidendolo al punto che quasi gli sfuggì quando vi schiuse le labbra e lo prese tra le sue. Un contatto, quello delle labbra che continuavano a schiudersi morbidamente le une sulle altre, che spinse il ragazzo a cercare la coscia scoperta della ragazza e a risalirla con i polpastrelli, finché - aiutato da un movimento improvviso della ragazza - non finì per sfiorare con la punta delle dita la stoffa ruvida del pizzo. «Cosa c'è, sei ancora in attesa del mio permesso?» gli sussurrò sulle labbra. Ennesima provocazione alla quale questa volta il biondo decise di rispondere con la stessa moneta e, mentre sfiorava le labbra della ragazza con le sue, attorcigliò entrambi i pollici alla stoffa delle sue mutandine accompagnandole lentamente verso il basso. «Perché non mi dici cosa vuoi, Shannon le bisbigliò tra le labbra, cercando di ignorare la crescente eccitazione che cominciava a farsi palpabile sotto la cintura. Fece scivolare una mano dietro alla nuca della ragazza e la costrinse a piegare indietro la testa, mentre con la lingua disegnò dei piccoli cerchi lungo la sua gola e vi schiuse più volte le labbra. Lo fece per degli istanti interminabili, finche questa volta - quando le sue labbra raggiunsero l'altezza del seno della ragazza - non si limitarono a carezzarle il decolleté, ma - abbandonato parte di quel ritegno che fino a quel momento aveva finto di possedere - cercò maggiori pozioni di pelle da scoprire, sfiorare, mordere. Le mani del biondo allora scivolarono sul fondoschiena della ragazza e si strinsero in una presa salda che sembrava quasi volerla sollevare. Risalì lo sterno della ragazza con le labbra quasi controvoglia, per riuscire a raggiugere il suo orecchio destro. «O preferisci che smetta, forse?» le domandò in un sussurro piuttosto affannoso, mentre con entrambi i pollici le accarezzava tutta la pelle che riusciva a raggiungere, sotto il bordo di quel vestito che non rappresentava più un limite, oramai (o forse, a dire il vero, non lo era mai stato).

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