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    Controllò l’ora dall’orologio da polso ammaccato posato poco distante che mesi prima aveva recuperato da un vecchio portagioie abbandonato nella camera che era stata dei suoi genitori. «Temo di dover andare.» lo mormorò con stanchezza, esitando ancora un attimo prima di alzarsi con un colpo di reni, recuperando i vestiti da terra e indossandoli in modo sommario. Infilò solo qualche bottone nelle asole, evitò di sistemare i lembi della camicia dentro la cinta, non si preoccupò di cercare i calzini da mettere sotto le scarpe. Il suo cruccio fu solo quello di assicurarsi di avere ancora i sacchetti al proprio posto, dentro le tasche dei pantaloni, prima di recuperare libri, pergamene e inchiostro.
    Si avvicinò alla ragazza, lasciando un bacio distratto fra i capelli scuri prima di uscire, senza salutare né voltarsi, ma calciando la siringa utilizzata il più lontano possibile – presumibilmente sotto l’armadio vuoto che abbelliva la stanza rendendola un po’ più confortevole, come se avessero avuto bisogno di uno sfondo romantico per quella frazione di tempo che avevano trascorso insieme. Arrotolò le maniche della camicia candida fin sopra il gomito, senza accorgersi dell’ematoma che macchiava l’epidermide all’altezza dell’incavo del gomito.
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    L’appuntamento con Lyle Hollister era fissato per le quattro meno un quarto, quello in biblioteca per le cinque. Non avrebbe tardato a nessuno dei due, nonostante le inevitabili proteste che Lyle avrebbe avanzato per l’aumento del prezzo – ma del resto, non era di certo colpa sua se la reperibilità dell’artiglio di drago era sempre più bassa.
    «Ventisette galeoni e quindici falci. Lo sconto sono i 20 zellini che ti ho abbuonato.» Felix aveva imparato che l’unica cosa certa, nella vita, fosse che al mondo non sarebbero mai mancati quei soggetti che, incapaci di riconoscere il valore del lavoro altrui, avrebbero tentato con ogni mezzo a loro disposizione di svalutare la sua merce. Se tuttavia qualcuno di loro accampava scuse che, se non potevano dirsi simpatiche, quantomeno erano definibili fantasiose, la maggior parte non offriva nemmeno performance degne di nota, limitandosi a dire senza alcun giro di parole che reputavano la merce troppo costosa e che non avrebbero pagato il prezzo pattuito. Felix non si era mai fatto intenerire: era consapevole di quanto buona fosse la sua roba, e la sola possibilità di rincorrere i clienti lo disgustava, pregno di quell’orgoglio che gli impediva di sottostimarsi e consapevole che rifiutarsi di vendere a un prezzo differente da quello scelto in precedenza non avrebbe allontanato i clienti. Era sempre così: se ne andavano offesi, coi loro galeoni in mano, ma non tardavano mai a tornare, disposti a pagare pure un prezzo più alto pur di ottenere un paio di dosi con cui sopperire all’astinenza. Il successo fra i suoi clienti l’aveva ottenuto non certo per i prezzi vantaggiosi, ma per una qualità che non avrebbero potuto trovare altrove. Fu sordo alle proteste di Lyle Hollister, pronto a infilare nuovamente la mercanzia in tasca e a salutarlo con una pacca sulla spalla prima di entrare in biblioteca, per evitare di tardare a quel secondo appuntamento della giornata. Hollister sarebbe tornato come ogni volta, con la coda fra le gambe e tre galeoni di mancia per il disturbo.
    In dieci anni passati in Scozia, raramente Felix si era recato presso la biblioteca scolastica, da sempre propenso a un approccio piuttosto disordinato per quanto riguardava lo studio e insofferente alla disciplina che gli insegnanti si aspettavano da lui. I voti altalenanti in quasi ogni materia non erano che il sintomo di quello studio così disordinato e basato sull’intuizione più che sul metodo. Le visite alla biblioteca erano dunque sporadiche, giustificate il più delle volte non tanto dal bisogno di ripetere la lezione del giorno precedente, quanto più dalla necessità di un posto tranquillo e lontano da inutili distrazioni per poter lavorare in santa pace, quantomeno per quanto riguardava il perfezionamento teorico delle proprie creazioni. Nonostante la poca dimestichezza col luogo, tuttavia, Felix era stato in grado di scegliere ben presto il proprio angolo preferito: vicino a una finestra particolarmente luminosa e piuttosto defilato, nascosto dentro le viscere degli scaffali ricolmi di libri e ben poco frequentato. Invitare Hye-Rin a occupare quello che, intimamente, aveva sempre considerato il proprio angolino era stato indispensabile per assicurare la privacy necessaria a quello scambio.
    Non si stupì di vederla in perfetto orario, già accomodata con grazia presso la sua seduta. «공주» principessa, che Felix riconduceva inevitabilmente al nomignolo che era appartenuto alla sorella da bambina, ma che addosso alla ragazza assumeva tutto un altro significato, abbandonando la connotazione bambinesca per rivestirsi di una sarcastica regalità. Che la principessa potesse rivolgersi a lui per i propri acquisti era qualcosa che Felix aveva considerato ironico, prima di riuscire a farsene una ragione. Non l’aveva mai giudicata, conscio che non potesse basarsi sull’aspetto altrui per poterne indovinare le passioni più recondite, ma riconosceva senza alcun problema la profonda ironia alla base dei loro scambi.
    Appoggiò i libri al tavolo, prendendo posto e allungando le gambe per recuperare il sacchetto destinato a lei. «Quindici galeoni tondi tondi.» Col sacchetto incastrato fra indice e medio e il gomito puntellato sulla superficie di legno, si sporse appena verso la ragazza accomodata difronte a lui. «Fatta con amore appositamente per te.» l’angolo destro delle labbra si inclinò verso l’alto, fino a mostrare la linea regolare dei denti. La mano mancina andò a scompigliare la chioma color ciliegia, mentre si sistemava appoggiandosi allo schienale per riuscire a guardarla meglio. «E per dimostrarti il mio profondo affetto nei tuoi confronti posso pure darti un assaggio della mia nuova creazione.» abbandonò la busta fra di loro, consapevole che, se Lyle Hollister si era più volte dimostrato un cliente particolarmente complicato da gestire, Baek Hye-Rin era sempre stata a dir poco esemplare, e dunque difficilmente si sarebbe appropriata della roba senza restituirgli il compenso che gli spettava. Fu a quel punto che frugò nuovamente nella tasca dei pantaloni, tirando fuori un sacchettino di plastica pieno di polvere rossastra che aveva messo a punto qualche settimana prima. «Hai mai provato l’artiglio di drago? È un eccitante, ma preso in purezza ha dei fastidiosi effetti collaterali.» come ogni cosa aveva bisogno di essere sistemata: farlo non era stato semplice, e a testimoniarlo vi erano decine di pergamene riempite della spigolosa calligrafia di Chang, ma dopo mesi di lavoro Felix si era convinto di aver finalmente trovato una risposta alla maggior parte dei noiosi effetti collaterali di una droga tanto potente quanto pericolosa. «I più problematici sono la paranoia e la vasocostrizione, che sono i due su cui mi sono concentrato.» piegò il collo e volse lo sguardo al soffitto, dopo aver inumidito l’ultima falange dell’anulare sinistro prima di immergerlo nella polvere per portarselo al naso, aspirando quanto più possibile per poi ripulire il dito passandoselo sulle gengive. «Vuoi provare?» spostò lo sguardo sui suoi occhi scuri, offrendole il sacchetto.

     
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