Dig Dug

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    Il Tenmart era un rinomato centro commerciale, strutturato su più livelli, a soli dieci minuti di strada da Diagon Alley. Immerso in un quartiere magico in piena espansione, si stagliava come un faro di modernità e vendita al dettaglio d'ogni tipo. Nonostante i tentativi di renderlo architettonicamente ed ambientalmente armonioso, le proteste dei commercianti in zona erano iniziate all'incirca una decina d'anni prima - il giorno stesso in cui, progettisti e manovali vari, avevano incominciato a tirare su l'enorme complesso dalle pareti color sabbia. Per non parlare di ecologisti ed attivisti d'ogni genere, che ogni giorno ne inventavano una per sabotare l'ampliamento della catena di negozi. Li avevano definiti in una marea di modi differenti: la morte delle piccole attività, l'emporio del consumismo, spietati colossi energivori. La risposta dei Tenet, diplomatica e laconica, era stata quella di sfidarli a garantire l’occupazione e l’offerta presentata dai loro shopping center. Con più di venti locali per piano, all'interno di quella enorme mecca di vendita ed acquisiti compulsivi, un paio di testoline scure avevano appena superato l'ingresso principale. Fecero un giro nella nuova ala dello shopping sfrenato, tra le vetrine dai capi firmati, scarpe all'ultimo grido e profumerie che odoravano della fragranza celebre del momento. La folla sembrava essersi concentrata come al solito nei locali più in voga, con nomi importanti a spiccare sulle insegne luminose. Élodie, la cosiddetta "guida" dell'intero centro, puntava invece ad un piccolo negozietto più di nicchia. Conosceva ormai tutti gli esercizi in attività nell'intera galleria, avendo stilato una lista di quelli che prediligeva per qualità e soprattutto simpatia del personale. Alcuni, riconoscendo in lei la figlia dei proprietari dell'intero complesso, sapevano essere soltanto un fastidioso intermezzo di lecchinaggio. « Io continuo a ribadire quanto immeritata sia stata questa dannata assegnazione casuale dei dormitori. » Era praticamente da quando avevano messo piede fuori dalle torri Superior, sin dopo essersi smaterializzate nel quartiere londinese con una Passaporta, che la giovane andava avanti con quella tiritera. La luna piena non era ancora abbastanza vicina da alterarle irrimediabilmente l'umore ma, chi la conosceva, sapeva quanto Élodie Tenet fosse volubile e mutevole già di per sé. Col braccio agganciato a quello di Octavia, la guidava quindi in quella visita, continuando a straparlare e lamentarsi di un soggetto in particolare. Le motivazioni, le avrebbe esposte a tempo debito. « Ti sembra normale, che qualcuno possa essersi beccato il gemello Carrow ad aggirarsi mezzonudo in camera? Ma l'hai visto? O boh, quella rossa tutto fuoco della Weasley... » Fece una pausa, facendo schioccare la lingua contro il palato, uno sguardo eloquente all'indirizzo della mora nel riferirsi ad un paio di Superior nello specifico. Lyall Carrow era uno dei rampolli sul quale avevano puntato gli occhi fin troppe ragazzette, chi attirata dall'aspetto da belloccio del Purosangue, chi allettata dalla scalata sociale; ma a quanto pareva il suo interesse era rivolto altrove, oltre ad avere un carattere piuttosto enigmatico. E peccato che abbia quella stronza di gemellina sempre attorno. Penelope Weasley non aveva invece bisogno di presentazioni. Era un fuocherello fatuo dalla chioma ramata che si aggirava come un miraggio bollente nei corridoi del Castello. « ... E a me invece è capitato quell'insulso energumeno di Juno-dal-nome-e-cognome-indistinguibili. Abel, fattelo dire, lo ritengo veramente oltraggioso. » Proseguì, arrivando finalmente al punto focale della discussione: il suo compagno di dormitorio, nel bellissimo trivani che condividevano. Quantomeno uno, dei due Superior coi quali si era ritrovata a convivere, non avendo specificato nessun nome durante le assegnazioni. A chi dovrei darla la colpa se non al Preside? E alla mia perenne sfiga, ovviamente. Volevo essere sorpresa ed invece mi becco l'ennesima delusione. La vedrò mai una gioia? « Un giorno o l'altro lo prendo a ceffoni, quel casse-pieds. Io lo sto avvertendo, di non provocarmi e di non mettermi alla prova con quel suo cipiglio da snobbino. » La voce le si abbassò, assumendo un tono ancora più inacidito, nel pronunciare questa o quell'altra offesa nella sua lingua madre. Le capitava di rado, padroneggiando ormai perfettamente l'inglese ed il loro accento, avendo perfino corretto la sua distintiva "R moscia" - che le spuntava fuori soltanto nei momenti di puro nervosismo. Esattamente come in quella giornata, dove Juno le aveva fatto ritardare l'appuntamento con la Nightingale soltanto perché non si decideva ad uscire da quel bagno della discordia condiviso. E poi, a completare il quadretto, ci si era messo anche il gatto di quello stronzo: Lamù. Che la odiasse non era una faccenda nuova, ma che arrivasse addirittura a farle a fette i vestiti, era un dispetto sul quale non poteva sorvolare. Spero che ti ci vada in croce, qualsiasi appuntamento della serata. Così impari. « Questa è la miglior gelateria dell'intero quartiere. Devi assaggiare il loro frappé gelato perché è la fine del mondo. » Se ne uscì alla fine con un saltello in direzione del posto, mutando d'un tratto atteggiamento, quasi non avesse passato gli ultimi quaranta minuti ad inveire e lagnarsi. « E non iniziare con assurdi commenti sulla linea ed il fisico. Ma ti sei vista? Sei la perfezione. Auror come te faranno girare la testa a tutti i malfattori. » Colpì la mora con un gomito, osservandola da capo a piedi con un'occhiatina smaliziata. Il negozio era, in tutto e per tutto, un piccolo gioiellino colorato. Dall'insegna, sulla quale spiccava il nome Bourke e Bailey's, alle uniformi delle ragazze dietro il bancone: scarpe, gonna e cappellino rosa confetto; calze e camicetta bianca... sembravano un gelato fragola e panna. « Benvenute al Bourke e Bailey's, signorine. Cosa vi porto? » Nancy, la gelataia di spalle, la Cacciatrice la conosceva ormai da tempo. Qualche anno in più di loro, il colorito bronzeo, i capelli corvini e gli occhi scuri pieni di vita, erano spesso e volentieri puntati su qualcuno che molte volte aveva accompagnato la bruna lì dentro. « Oh, Ellie, sei tu. Era da tanto che non ti vedevo da queste parti. Sei tutta sola? Per te il solito? » Ellie si strinse fra le spalle, appoggiandosi al banco coi gomiti mentre fingeva di controllare il listino. Si pentì d'essere entrata lì dentro, non appena una serie di ricordi prese ad investirla. « Pistacchio, caramello e granella di nocciole, grazie! E no, oggi niente Batboys al seguito. » Fu istintivo, rivolgersi agli uomini del suo gruppo ristretto - il suo Quadrato - con quel termine coniato per loro da... Marlene. Sentì un ulteriore vuoto allo stomaco. La sensazione che, l'intero centro commerciale, adesso fosse troppo piccolo per contenere l'entità di quella bomba inesplosa nel suo petto. « È un peccato, salutami Artie e... Nathaniel. » Nathaniel. Certo. Era lui, quello della comitiva ad interessarle. Non riusciva proprio a concepire, Élodie, come il sesso femminile potesse interessarsi a quel ragazzo perennemente serioso ed imbronciato, con un manico di scopa per il Quidditch infilato su per...
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    « A lei invece cosa porto? » Per un breve istante le mancò l'aria, ma fortunatamente si distrasse per la presenza di Octavia al suo fianco. Non avrebbe mai potuto sostituire la sua migliore amica, ma era in ogni caso una persona la cui compagnia non le dispiaceva affatto. Poteva considerarla un'amica, una delle poche fra le mura di Hogwarts. Dopo aver ordinato, ed essersi raccomandata che avrebbe riportato i suoi saluti a Nath ed Artie - cosa che invero, non avrebbe di certo fatto - Ellie ritrascinò la compagna nella zona di passeggiata interna. Mordicchiando la cannuccia del suo bicchierone rosa di frappé, si soffermò soltanto una volta giunte lungo l'estremità dove una cascata incantata magicamente precipitava dal soffitto in una scogliera di sassi, terminando in un laghetto con tanto di alberelli, felci e qualche panchina per rilassarsi in quella zona relax. « Okay, oggi sono a tua completa disposizione ed il Tenmart ti apre le porte. Cosa vuoi fare? Shopping stile Pretty Woman? Un giretto nel Palace Arcade, per rubarmi il titolo di campionessa del Dig Dug? » Il Dig Dug, un cabinato di un gioco arcade dove il suo record restava imbattuto, nonostante Artie si fosse dannato l'anima per spodestarla. Probabilmente non era il genere di attività prediletta dalla Nightingale, ma era un ottimo passatempo nonostante tutto. Aspettando le direttive diede un altro sorso alla bevanda, giocherellando col bastoncino di plastica fra i denti, e notò finalmente due di tizi a distanza intenti ad osservarle con sguardo fin troppo eloquentemente lascivo. « Guarda, hai attirato l'attenzione di stereotipo di Ominide Australopiteco numero uno e numero due. » Non era detto che l'altra avrebbe colto la citazione antropologica, ma solo perché Ellie aveva un aspetto piacente ed un temperamento fin troppo ribelle, ciò non significava che non fosse una studentessa capace e che non avesse letto libri d'ogni genere. Con la sfacciataggine che la contraddistingueva, non si premunì neppure di non farsi scoprire, indicandoli e rivolgendo l'attenzione proprio verso i due ragazzi. Uno era decisamente più carino: biondo e con gli occhi azzurri, ma vacui, aveva tutto l'aspetto di un principino. L'altro, moro e più bassino, aveva però un fisichetto niente male. Volendo farsi notare di proposito, nell'osservarli di rimando, quelli non ci misero poi molto nel fare il grande passo ed avvicinarglisi. « Ciao ragazze. » Il biondino, alto ed allampanato, le si affiancò e passò un braccio - con totale nonchalance - oltre la sua schiena... ed Ellie non riuscì a trattenersi da una risata gutturale. Fortunatamente i suoi sensi da licantropo erano piuttosto assopiti, in quella giornata neutra e soprattutto sotto i tanti stimoli sensoriali per il luogo affollato. L'acqua di colonia d'entrambi però, le fece arricciare il naso. « Come va? Che ci fate tutte sole qui, in questo bel pomeriggio? » Beh, fammici pensare: prima che arrivaste voi, l'intenzione era di divertirsi. Il bruno invece parve puntare Octavia. Peccato, preferisco di gran lunga i mori alla Carrow. « Aspettavamo proprio di essere importunate da due giovani uomini interessantissimi. » La replica non tardò a spuntarle fuori dalle labbra, pungente ed apra, ma velata da una sfumatura ironica ed un'espressione beffarda. A voler rimarcare il concetto, inclinando il viso verso la mano del giovane che le sfiorò la spalla, sollevò un braccio e stringendogli il polso fra medio e pollice - quasi non volesse toccarlo più del dovuto - se lo scrollò di dosso. « Ma magari se riuscite a fare un punteggio migliore del nostro al Dig Dug dell'Arcade, forse potreste avere un'occasione per diventarlo. Tu, che dici, O? Dovremmo dargli una chance? » Fu con un'alzata di sopracciglia, che si rivolse ad Octavia, un sorrisetto d'intesa ad allargarsi sulle labbra. Ma sì, facciamogliela credere e poi scarichiamoli. È mai possibile che due ragazze non possano andarsene in giro da sole, senza essere infastidite?
     
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