I knew You were trouble

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    Alphea & Betha
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    "Il giovane Holden calò come un'ombra scura sulla figura minuta e fiera della piccola Fae. Lì, nelle profondità della selva, il signore delle Canaglie compì finalmente il gesto estremo della sua resa e poggiò le labbra contro quelle della ragazza. Un bacio carico di passione e desiderio. Un bacio carico di parole non dette e promesse silenti." Le dita battevano veloci sulla tastiera del computer portatile e, in preda al flusso di ispirazione, la ragazza dalla chioma dorata scriveva le ultime righe del capitolo dalla storia intitolata 'Shadow and Blood'. Con le cuffiette infilate alle orecchie - ultimo regalo tecnologico di nonno Logan - e la Playlist dalle sfumature dark romance ad incrementare il pathos, era finalmente arrivata al momento clou dopo un'infinità di capitoli a delineare quel rapporto "Enemies to Lovers" dei due protagonisti. Sgranchendosi il collo, Asia fece una pausa e lanciò un'occhiata rapida all'orologio in basso sul monitor. Non erano neppure le otto di sera. Durate i weekend, in pausa dallo studio ed i corsi di potenziamento di Alphea, approfittava sempre per portarsi avanti con la pubblicazione programmata di alcuni capitoli del libro. Sul portale stava riscuotendo un notevole seguito, in quelle ultime settimane, ed ora ormai curiosa anche lei di scoprire come la trama avrebbe continuato ad evolversi nella sua testolina in fermento. Stiracchiandosi un po', alzò lo sguardo per ricercare la sua compagna di stanza, lì nel dormitorio. Presa dalla scrittura, non doveva essersi accorta fosse ormai uscita e si lasciò andare con un sospiro sullo schienale della sedia nel suo angolo di camera. Avevano gusti e personalità completamente opposte; Asia, nella sua zona, era immersa in un cerchio cromatico di acquamarina e varie tinte di celeste, piantine sparpagliate in giro e alcune lucine sulle pareti a caricare l'atmosfera aesthetic - termine utilizzato spesso dalla giovane Roy. Avrebbe anche ripreso con la stesura degli ultimi passaggi, se al termine delle ultime note di una canzone di Taylor Swift in cuffia, non avesse percepito delle voci ovattate provenire al di fuori della finestra. Sfilandosi gli occhiali ed alzandosi in piedi con un movimento aggraziato dei suoi, si sporse proprio verso la vetrata chiusa, scorgendo al di sotto due figure a lei fin troppo familiari. « Asiaaaa. ASIAAA « Ma hai provato a chiamarla sul cellulare? » « Ma guarda? Sei un genio? Perché mai non ci ho pensato prima? » Morrigan e Kian. Due dei suoi migliori amici erano, come spesso accadeva, intenti a bisticciare fra di loro, berciando al di sotto del suo davanzale al secondo piano delle camerate femminili. Roteò gli occhi verso il soffitto ed aspettò, divertita, che smettessero di prendersi a maleparole prima di aprire con un colpo deciso la finestra. Venne investita in pieno dall'aria serale autunnale. « Avete finito di discutere sotto la mia finestra? » Esordì così, un sorrisetto disteso sulle labbra rosate e le braccia incrociate sotto il seno minuto, fasciato in una vestaglietta di raso da camera. « Avanti, Rapunzel! Sciogli i tuoi lunghi capelli e scendi, muoviti. » Morrigan, una Fata della Luce tremendamente carina, coi lunghi capelli corvini e gli occhi azzurri di un'assurda tonalità tendente al pervinca, prese come al solito a far prevalere il suo carattere solare e vivace. « Dimmi che non sta ancora parlando di quella stupida festa. » borbottò invece lei, rivolgendosi col viso in direzione di Kian, il suo affezionato Plasmaforme di fiducia. Era di un paio di anni più grande delle due, ma avevano stabilito una sorta di Trio funzionante ed affiatato, probabilmente anche per via della diversità dei caratteri d'ognuno. « In teoria sarebbe soltanto un ritrovo, molto tranquillo. Nulla di che, ci divertiremo e non è nemmeno ancora orario di coprifuoco, dai. È sabato. » E se perfino l'irreprensibile e serio ragazzo della triade era per una volta dalla parte della mora, era palese Asia fosse in notevole svantaggio tattico. Avrebbe dovuto quindi reagire con tutta la sua proverbiale capacità d'analisi, esponendo gli svantaggi di recarsi nel fitto del bosco, per partecipare ad un festino non propriamente regolare, e invece... « Non ci vengo. E non ci vengo. Saranno quasi tutti dei corsi supplementari. Che c'entro io, in mezzo ai vecchi? » la bionda, assottigliando lo sguardo, mise su un broncino deciso mentre passava lo sguardo da una all'altra figura lì sotto. Senza occhiali, dovette stringere più del solito gli occhietti, cercando di mettere a fuoco e sembrare il più inflessibile possibile - anziché una piccola talpa miope. « Grazie per avermi fatto sentire una vecchia, nei miei appena diciott'anni. » Morr, per nulla meravigliata, portò le mani sui fianchi e sollevò il mento in una mossa di sfida. « Comunque, giusto per dovere di cronaca, sai che ci sarà anche Jesper? » Jesper? « Quale Jesper? » Chiese il Plasmaforme, prima della bionda. « Jesper, lo Scuotiacque. Quello che la nostra piccola Asia ho beccato a fissare più volte, in queste settimane. Che carina, tutta di soppiatto, pensavi non ti avessi colta sul fatto eh? » Cos'è che avrei fatto, senza nemmeno saperlo? « Jesper, lo Scuotiacque? » L'anticipò nuovamente Kian, l'espressione interrogativa e perplessa al pari della diretta interessata. « Quello dell'ottavo anno. Sta sempre insieme a quel tizio strambo, l'emoboy che se lo tira manco ce l'avesse solo lui. Quello famosino del mondo magico... Yama-coso. Anche se in effetti, a detta di Brynthi delle Chiamatempeste, fra le gambe sembrerebbe avere un cos- » Quasi fece un saltino all'indietro, sentendo pronunciare un qualcosa che non aveva proprio voglia di scoprire dalla bocca della sua amica. Ah, quel Jesper. « Hiro Yamazaki? » mormorò, interrompendola e schiarendosi la voce con un colpetto di tosse. « Sì, vabbè lui. Dettagli. Ora scendi. » Gli occhi di Asia diventarono due fessure, tentando di apparire intimidatoria. « No, non ci vengo. Non ci penso proprio. » rispose ancora, stringendo la presa delle braccia per rendersi più ferma nelle intenzioni. « Va bene, allora mi costringi alle maniere forti. Ti do dieci minuti, Asia Cordelia Roy, poi inizierò a mettere al corrente l'intera scuola di quanto la nostra piccola TERRENA SIA UN'INGENUA VERGINEL- » « Ma SEI PAZZA? COSA URLI? » « Dieci minuti, Asiuccia. Tic, toc. Tic, toc. » La finestra della camera della piccola Roy venne sbattuta con forza e, alla fine, contro ogni buon senso, esattamente venti minuti dopo il trio si trovava a passeggiare nello sconfinato verde nel quale erano immerse le due accademie. Se non altro, in quei fitti boschi irlandesi dove avrebbe dovuto trovarsi il punto di ritrovo della "festa", Asia si era sempre sentita profondamente a suo agio. Perfino nella sua gonnellina scozzese a pieghe, color panna, il cardigan di lana calda e le scarpe bianche da ginnastica - indossare altro, fra arbusti e rovi, le avrebbe davvero fatto rischiare l'osso del collo - non sembrava per nulla fuori posto, destreggiandosi con naturalezza estrema fra gli alti alberi di conifere. Chiacchierando coi due amici, attraversarono siepi e un tratto isolato della selva, entrando nella zona designata soltanto dopo una camminata rilassata di almeno un'altra ventina di minuti - ed ecco spiegato il motivo per cui, avessero spostato il nuovo vivaio artificiale vicino ai vari quadranti principali. Lo capì subito d'essere arrivati, perché d'un tratto ebbe l'impressione d'aver attraversato una bolla invisibile ad occhio nudo e, al di là dei suoni tipici di una foresta di sera, iniziò ad udirsi un distinto accenno di musica in lontananza ed un vociare sempre più consistente. Perfino l'aria fresca, si fece più tiepida e mite proseguendo lungo quel percorso, finché superato un vecchio cancelletto di ferro e dopo almeno una decina di metri, in una piccola radura circondata da pini alti e massicci apparve finalmente la vecchia Glasshouse. Con gli occhi colmi di stupore, Asia finalmente capì il perché avesse spesso sentito parlare di quel punto di ritrovo dei più grandi, nonché il motivo di quel nome: era davvero una vecchia serra, non nuovissima come quella di recente costruzione a spiccare nel bel mezzo del Quadrante dei Naturalistici, ma non passava comunque inosservata per la sua struttura in vetro ed il tetto spiovente. Era tutta trasparente, all'infuori delle travi e gli alti archi a sorreggerne la struttura. « Come fanno i suoni a restare soltanto in questa radura? » chiese la biondina con curiosità, man mano che si avvicinava allo spiazzale nel verde, immergendosi nella musica tenue e il vivo del punto di raccolta. Riconobbe molti visi di Fate e Grisha dei corsi supplementari, ma anche molti altri di suoi coetanei, addirittura dello stesso indirizzo o club. Ah, ecco quindi dove finivano tutti nei weekend... ora mi spiego perché non vi incontravo quasi mai, giù fra le stradine medievali di Tulsk. « Guarda, è facile.» Fu Kian a spiegarle, indicando alcuni dei Grisha più grandi sparpagliati negli angoli del campetto, a farle intuire come avessero fatto a tenere nascosto e fuori dai radar quel posto. Alcuni erano sicuramente dei Chiamatempeste dell'ultimo anno, che con fare addirittura annoiato modulavano i venti e l'aria per far sì che suoni e musica non fuoriuscissero dal perimetro. Per quanto riguardava la temperatura serale molto più mite, nonostante il pieno autunno, sicuramente erano gli Inferni gli incaricati a regolare il clima ideale grazie a dei bracieri sistemati qui e lì. Le parve di riconoscere anche alcune Kalesthalki, sicuramente col compito di creare giochi d'ombra per non far individuare le luci fatate, simili a fili d'argento trasparente ultra sottile collegate a minuscole lampadine brillanti e luminose, dalle sfumature tenui e calde.
    « Molto probabilmente i professori si complimenterebbero per la genialità di questo utilizzo dei poteri all'unisono... e poi espellerebbero tutti. » sorridendo, per la magia generale del posto così stranamente romantico per un fortino illegale, si guardò attorno leggermente stupita e prese a giocherellare col bordo delle maniche del maglione fra le dita. « Nah, al massimo tutti in punizione. Alla fine non fanno nulla di male e non è mai successo granché. È un posto tranquillo e sono tutti molto chill. » La Terrena dovette ammettere che, guardando in giro dopo aver superato l'arco di vetro dell'ingresso aperto del tepidario, non ci fosse poi molto di così anomalo se non qualche fusto di - sicuramente - birra ed alcuni tavolini imbanditi con altre bevande e qualche superalcolico. La maggior parte degli studenti era intenta a chiacchierare, seduta sulle panche, sull'erba o muovendosi piano sotto le note ritmate di canzoni provenienti da chissà dove. L'interno era stato svuotato di tutte le piantine, constatò subito, ma alcune rampicanti avevano lo stesso trovato il modo di crescere ed infilarsi attraverso alcune travi e finestrelle. Col nasino all'insù, riuscì ad osservare il cielo serale con già qualche stella luminosa, attraverso li tetto realizzato con “tegole” interamente di vetro. Kian la condusse fra dei tavolini dove alcuni ragazzi giocavano a beer pong o qualche altro gioco di bevute, Morrigan invece prese il volo per ballare fin troppo seducentemente, rubacchiando di già uno dei bicchieri colmo di birra. Asia individuò soltanto un piccolo gruppetto, più isolato dagli altri, ad occupare il fondo dell'ambiente. Si trovava sull'altra uscita ad arco ed erano intenti a fumare qualcosa che, perfino a distanza, riconobbe per via dell'odore pungente, ma terroso ed erbaceo. Arricciò il nasino, compiendo un ultimo passetto dietro l'amico Plasmaforme, prima di individuare una faccia conosciuta in prossimità di quella comitiva. Asia compì in maniera quasi involontaria un movimento altezzoso coi lunghi capelli dorati, assumendo una postura perfino più sprezzante e mettendo la schiena più dritta, l'attimo in cui riconobbe la faccia da schiaffi di Hiro Yamazaki. Che non si sopportassero, era pressappoco ovvio per ambedue le parti. Ogniqualvolta si trovava nei paraggi di quel Chiamatempeste cupo ed imperscrutabile, le veniva sempre un fastidio a fior di pelle, oltre ad una seccante tanto ingestibile sgradevole fitta alla pancia. La innervosiva come nessun altra cosa esistente al mondo, con quel suo cipiglio disinteressato e l'espressione una smorfia apatica. Nella sua totale ingenuità, aveva provato una sola e singola volta, ad essere carina e gentile con Lui: gli si era avvicinata mesi prima, vedendolo spesso e volentieri solo a mensa, e ciò che ne aveva guadagnato erano state occhiate annoiate e risposte scocciate. Recepito il messaggio, anche una persona pacifica come la Terrena, aveva reagito in maniera del tutto... inaspettata. Il perché avesse preso a litigarci e da quel giorno in poi fosse nata la Gara di sguardi glaciali ed impassibili, era ormai storia. Fortunatamente era avvenuto lontano da orecchie ed occhi indiscreti, scoprendo soltanto dopo quanto la nomea del ragazzo lo precedesse. Morrigan aveva ragione: era tanto antipatico ed inafferrabile, quanto popolare e di interesse fra le ragazzine - che scacciava con occhiate ciniche quasi fosse davvero un Dio inarrivabile. Il solo fatto che potesse aver pensato anche Lei avesse voluto... abbordarlo mentre pranzavano di primo pomeriggio, con poca gente attorno, alimentava soltanto il nervosismo provato dalla giovane Roy tutte le volte che i loro occhi si incrociavano per sbaglio. Esattamente come l'istante successivo. Kian si distrasse unendosi ad alcuni dei suoi compagni, Asia sollevò lo sguardo dopo aver dato spostato un sassolino con la punta della scarpetta e si ritrovò, senza volerlo, con gli occhi nocciola puntati in quelli del Chiamatempeste. Sbatté le palpebre una volta, due volte, restando inchiodata un secondo di troppo in quelle iridi scure e profonde - ma Kian la riportò subito presente nel contesto, afferrandola per un gomito con delicatezza. Le presentò un sacco di suoi amici, fra cui un paio di Grisha degli ultimi anni e una bellissima ragazza dalla carnagione bronzea con un vestitino di flanella rosa super scollato. Scordò i loro nomi con la stessa facilità con la quale presero a parlare di mille argomenti alla volta, finendo come spesso accadeva a parlare di sport e le ultime partite scolastiche. « Esatto, è proprio lei. Asia, la stella della squadra delle Valkyrie. » Il Plasmaforme, al solito, ne approfittò per elogiare fin troppo le sue doti da giocatrice e la biondina roteò gli occhi divertita. « Ah, è vero! Ti ho vista l'altro giorno nel campetto, sei quella famosa per essere bravissima a giocare con la mazza.... Roy. » Carter, un Inferno con la tendenza a fissarla un po' troppo, colse l'occasione al volo per uscirsene con quella battute - per nulla divertenti - sul suo ruolo in campo. Lo guardò di sottecchi, mostrandogli una smorfia disinteressata, sentendosi tuttavia a disagio per le occhiatine maliziose del moro. Ci era abituata, eppure l'infastidivano lo stesso, anche se a scrutarla fosse uno studente più grande e decisamente carino come quel Grisha manipolatore del fuoco. Nonostante ciò, la mazza da football gaelico, gliel'avrebbe volentieri sbattuta su quel ghigno impertinente. « Ehi, non fare il coglione Carter. » Il suo amico la difese subito, lanciando un'occhiataccia all'altro, seguito a ruota dalle due ragazze presenti. « Non iniziare a fare il cazzone. Non ascoltarlo Asia, deve compensare alla sua mancanza di proporzioni fra fisico e cervello, sparando queste cazzate che dovrebbero renderlo simpatico. » Stabilì dopo quelle parole che Nyssa, la Fata con l'abito rosa, le stesse particolarmente simpatica. Beh, sì proprio discorsi molto intellettuali in effetti. « Conosco il soggetto, purtroppo. Sarà un nuovo virus che dilaga ultimamente fra la popolazione dei grisha medi. » la sua ironia sfacciatamente positiva, mascherò come una battuta quell'uscita velatamente pungente. Gli altri ridacchiarono dandole manforte e, in futuro, non avrebbe ricordato quando e come Kian le avesse passato un bicchiere ricolmo di birra. Ne prese soltanto un sorso e fece finta di essere interessata ai rilievi del bicchiere di plastica. Arricciò il nasino ancora una volta e strinse appena le labbra in una linea dura, non solo per il materiale inquinante di quell'oggetto, quanto per il sapore troppo acidulo della bevanda alcolica non appena questa le scese giù bruciandole gola e petto. Non le piacque granché, aveva già assaggiato in genere qualche drink o più semplicemente lo champagne delle feste di gala del Mondo Magico; quella birra era però differente, sembrava avere un retrogusto vagamente fruttato, sidroso e dall'aromaticità che non riuscì a definire. Ne bevve un secondo generoso sorsetto, stavolta con l'intenzione di carpirne meglio il gusto e capire se ci fosse troppo zucchero dannoso per il suo organismo, finendo di lì a poco ad aver svuotato praticamente tutto il bicchiere. I ragazzi continuavano a parlare, e lei sentì d'essere sempre meno fuori posto, leggerezza amentata a dismisura una volta che qualcuno le passò un altro boccale contenente lo stesso liquido dal colore rosso rubino con toni ambrati e poca schiuma. Avrebbe giurato d'aver preso anche parte attiva alla conversazione, ad un certo punto, iniziando a discutere proprio con Carter. Di qualsiasi tipo di confronto verbale si trattò, alla fine dovette averla avuta vinta lei, perché tutti i ragazzi ridevano all'impazzata a differenza del moro: rosso perfino fino alla punta delle orecchie, borbottò una scusa qualsiasi e si allontanò impettito. « Vuoi fare un tiro? » Raggiunta dalla voce famigliare e calda di Kian, ruotò con troppa velocità il viso in sua direzione e, soltanto in quel frangente, notò ci fosse qualcosa di strano nella sua vista. La visione vagamente offuscata, le fece percepire i bordi del volto dell'amico quasi tremolanti, e più tentò di inquadrarlo con nitidezza - pensando fosse un problema delle sue lenti a contatto da miope - maggiormente peggiorò il tutto arrivando a vedere... addirittura due Kian? Sbatté più volte le palpebre, spostando gli occhi con incertezza sulla mano del bruno intento a porgerle una sigaretta. L'odore non le piacque, riconoscendo la stessa puzza forte e fastidiosa dell'erba fumata dai ragazzi dall'altro lato della serra. Quanto tempo era passato, in effetti, dal suo arrivo? Era già scattato il coprifuoco? Scosse subito il viso in senso di diniego, guardandosi attorno per cercare la moretta che l'aveva pregata di accompagnarla, per poi essersi dileguata chissà dove. A fare chissà cosa. Sollevandosi un po' sulle sneaker alla ricerca di Morrigan, capì di necessitare il suo aiuto soprattutto per un dettaglio importantissimo. Cavolo, devo fare pipì. Ma qui non vedo bagni... sul serio? Dove la fanno questi, fra le fratte? Però mi scappa. « Cerco Morr. » mormorò sottovoce, riconoscendo perfino da stordita il tono della propria voce un pochetto più strascicato e basso, rauco. Sentiva d'essere in uno stato alterato, ma riusciva ancora a capire dove fosse e cosa stesse accadendo tutt'intorno a lei; era piuttosto il corpo ad essere più lento nel recepire gli input lanciati dal suo cervellino. Allontanandosi dall'amico, di cui scorse a malapena l'espressione delusa, gonfiò le guance non riconoscendo fra i vari volti quello dell'amica. Se doveva imboscarsi per fare i suoi bisogni, necessitava almeno della spalla dell'altra Fata. Magari c'è Zelda? Dubito, l'avrei già vista. Forse è scesa con Misty giù al villaggio, o starà in camera a struggersi per quello stronzo del suo malessere. Giuro che un giorno di questi a quello gli faccio recapitare via gufo un masso di almeno dieci tonnellate, dritto in fronte. Così impara. Formulando quei pensieri, un passetto le andò a vuoto e si imbatté senza volerlo nella spalla di un'altra brunetta, scontrandosi contro di lei con fin troppa irruenza. « Oh, cielo scusami! Tutto bene? » Riconobbe Jenny della classe delle Anima, finita sul terreno dopo essere stata investita in pieno dal suo corpicino, soltanto accucciandosi verso di lei nel tentativo di aiutarla a rimettersi su. « Ti aiuto. Ti sei fatta male? Scusa, davvero. » aggiunse con gentilezza, allungando una manina per afferrare con prudenza un braccio dell'altra. Di tutta risposta, Jenny si scostò con un movimento brusco e le lanciò un'occhiataccia di sbieco tutto fuorché... carina. « Non toccarmi, Terrena. » Si scostò con un gesto sgarbato, rialzandosi in piedi con un scatto repentino e prese ad allontanarsi con la sua solita andatura rigida, un po'... strana. Non lo pensò in termini prettamente negativi, ma perfino ad Asia quella ragazza appariva un po' fuori dal mondo. Giravano strane voci sul suo conto, tutte strambe e ampiamente denigratorie, come i soprannomi inventati da alcuni dei Grisha più grandi. Boh. Stringendosi nelle spalle esili, alla fine Asia prese la malsana decisione che in fondo... potesse farcela da sola. La testa non le girava così tanto e, non appena iniziò ad allontanarsi dal frastuono della musica di sottofondo e si discostò di qualche metro oltre la radura affollata, riprese anche una parvenza di lucidità maggiore. I grossi alberi crescevano vicini uno all'altro ed offrivano un efficace riparo per la Fata, pervaso dall'odore tranquillante degli abeti e di mazzetti di fiori selvatici di colore giallo e celestino pallido. Cercò di non distrarsi con quelle piantine e muoversi il più velocemente possibile. Il sentiero sparì ben presto e in quel punto i tronchi e le fronde si fecero così fitti che perfino lei, abituata a spostarsi con grazia in quell'ambiente incontaminato, col buio notturno iniziò a vederci ben poco. Si impigliò infatti ben presto in dei rami: la bloccarono dal cardigan e più tiracchiò nel tentativo di districarsi da quella presa, maggiormente sentì la stoffa tendersi fino a cedere; alla fine le si trappò sul davanti, facendole perdere l'equilibrio già di per sé precario, una volta liberatasi con uno strattone. « Brava Asia, adesso come ci torni alla festa col reggiseno in bella vista e le tette al vento? Vabbè, tette si fa per dire.... » bofonchiando fra sé e sé, tirò fuori il telefono per farsi luce con la torcia e cercò di imprimersi il percorso per tornare indietro dopo, grazie ad una fila di vecchi pini i cui aghi secchi erano ormai caduti sul terreno e smorzavano il rumore dei suoi passi. Quando finalmente si fermò, non era sicura di quanta strada avesse fatto, ma la macchia era così folta da non riuscire più a scorgere nessun punto di riferimento con il quale orientarsi. Si fece pensierosa, formulando ragionamenti confusi e privi di senso, mentre prendendo a fissare le pietroline bianche e i ciuffetti d'erba, sollevava un po' la gonna per infilare gli indici negli slip. Decise, per istinto malsano e le sensazioni che la interconnettevano alla natura, che quel posto andasse bene. La foresta divenne però improvvisamente silenziosa. Notandolo subito, si mosse in automatico verso uno scricchiolio estraneo ai suoni interrotti all'improvviso che per lei, forse riconoscendola come una fata della Terra strettamente collegata al mondo animale e vegetale, non avevano mai smesso di soffiare nell'aria notturna. Un altro fruscio provenne dalle sue spalle e, voltandosi di scatto, intravide subito una grossa ombra scura comparire dagli alberi. Per un istante, scorse un movimento e vide qualcosa di grosso, ricordandosi delle storie che aveva sentito sugli animali che di tanto in tanto varcavano il confine delle scuole. Si sentì gelare dalla paura. Non era certa di poter usare a pieno i suoi poteri, in quello stato. Ci impiegò un attimo di troppo, con la vista ancora annebbiata, affinché riuscisse a mettere a fuoco a distanza, per capire non si trattasse di nessuna creatura magica o animale. Era soltanto la figura nera di... Tre Hiro Yamazaki? Bloccata sul posto, inspirò ed espirò a fondo, sbattendo le palpebre per far smettere alla sua visione di traballare incerta. E alla fine ci riuscì, a vederne soltanto uno del Chiamatempeste dai lineamenti orientali. Al tempo stesso, la sua testolina bionda connesse ciò che stava accadendo. « MA CHE CAVOLO FAI?! » Il primo urlo, per quanto arrocchito e basso a causa del timbro alterato, le venne fuori subito di getto. Perfino gli uccelli notturni, nascosti tra i rami li attorno, emisero dei suoni terrorizzati e scapparono via in tutte le direzioni. « Non lo sai che non si spunta così, dietro le persone? Per di più in un bosco di notte? » Sentì subito il viso prendere calore ed il corpo andare in ebollizione per il momento intimo nel quale quel Grisha inopportuno l'aveva appena beccata. Sgranò infatti gli occhi, abbassandosi ancora di più di quanto già non fosse la gonnellina sulle cosce. « NON DIRMI CHE MI STAVI SPIANDO?! YAMAZAKI TI UCCIDO. » drizzò la testa e assunse un'aria arrabbiata, mostrando un broncio incredibilmente serioso che in realtà - perfino all'infuori del suo status da brilla - l'avrebbe fatta apparire più una bambina in preda ai capricci. Puntò anche i piedi sul terreno. « Non startene lì, come una Nuvoletta Nera! Vattene subito. E lasciami in pace. » Forse fu per il modo in cui il suo stesso sguardo nocciola passò a rassegna la figura del fatato, salendo e scendendo per ammirarne l'intera figura slanciata e massiccia facendole risentire quella fitta strana alla pancia, che alla fine girò su se stessa e cominciò a correre - o più precisamente a tentare di allontanarsi da lui, col passo più rapido possibile. Incespicò più volte, guardandosi oltre la spalla per controllare se la stesse seguendo fra cespugli e fratte, in un percorso forse troppo accidentato per essere lo stesso dal quale era arrivata. Non ci badò poi molto, presa dall'enfasi di mettere distanza fra sé ed Hiro, continuando ad urlacchiargli contro e tentando perfino di utilizzare i suoi poteri da Terrena per ingarbugliargli le gambe con alcune rampicanti. Non si soffermò a valutare, se avesse funzionato. « Lo so cosa stai facendo, SAI? Sono una Terrena, so perfettamente dove sto andando. Adesso pensi che comportandoti da principe oscuro che salva la damigella in pericolo dal bosco buio e pericoloso, potrebbe farti perdonare dal fatto che mi stessi GUARDANDO. » Aveva il respiro affannato e sentiva il cuore martellarle nel petto, ma non rallentò la falcata neppure sul terreno fattosi più ripido e scosceso. Incurante di tutto, corse ancora in quella direzione, saltando un tronco abbattuto e un piccolo ruscello, non badando alle scarpe umide più scivolose e alla gonna che le si impigliava nei cespugli. « Ma non funziona proprio così. NON TE LA DO COME RINGRAZIAMENTO HIRO YAMAZAKI. Piuttosto me la cucio fino al matrimonio. E non sarai di certo tu, IL FORTUNATO. » Fosse stata del tutto nelle facoltà di scindere cosa dire o meno, col filtro bocca-cervello ancora attivo e non minacciosamente manipolato dai fumi dell'alcol, molto probabilmente sarebbe morta di imbarazzo per tutte quelle frasi lanciate al Chiamatempeste durante la fuga - neppure necessaria. Alla fine chiuse la bocca e si concentrò sull'accelerare il passo, con l'intenzione di seminarlo una volta per tutte, ma un piede le sprofondò nell'erbetta umida ed incespicò in una radice. Agitò scompostamente le braccia, lasciò senza volerlo la presa sul cellulare usato per farle ancora luce e cadde di botto in avanti lanciando un basso squittio. Riuscì ad attutire la caduta, seppur in ultimo, portando le mani in avanti ma finì lo stesso a terra, piombando con la maggior parte del peso sulle ginocchia nude. Ouch. Stupido e stronzo Yamazaki. Provò a rialzarsi in tutta fretta, nonostante la testa avesse ripreso a girarle un po' e la vista annebbiata non l'aiutasse poi molto nell'operazione, ma col cavolo che si sarebbe fatta vedere debole ed in difficoltà da... lui! Valutò dapprima i danni ai palmi delle mani, sporchi soltanto di terra. Venne subito via, con una rapida spazzolata. Le gambe invece, erano stranamente meno collaborative e le bruciavano da morire lungo i graffietti. Okay, è solo un po' di sangue. Niente di che, devo solo trovare la strada per tornare indietro... o forse faccio prima ad andarmene in camera. Ma da che parte sarà e soprattutto... che ora è? Se mi beccano fuori ed è troppo tardi, la colpa sarà tua Hiro. Giuro che... giuro che... Sentì indistintamente nuovi passi rapidi dietro di sé e lo sapeva, sapeva che se Yamazaki avesse fatto uno di quei suoi commenti cinici e derisori, molto probabilmente quello sarebbe stato il luogo della sua tomba. Di Lui, indubbiamente. Pacifica sì, ma fino ad un certo punto stronzetto.


    Edited by linphea. - 9/1/2024, 12:14
     
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    Anonymes!
    Plic. Una gocciolina. Due goccioline. Tre goccioline. Lo sguardo del Chiamatempeste è fisso allo specchio. Davanti a sè, il riflesso di un ragazzetto imbronciato lo osserva di rimando. Ha gli occhi -neri come la pece- leggermente cerchiati di un alone più scuro, tendente al violaceo, simbolo indelebile di un sonno non sempre sereno. La pelle è bianca, diremmo quasi pallida; le labbra, appena rosate, sono piegate in una smorfia di disappunto. O disgusto, sarebbe forse il termine più corretto. Che faccia da cazzo - pensa, senza dirlo. Non ci sarebbe motivo di esplicarlo, d'altra parte, perchè il suddetto Chiamatempeste, che chiameremo da ora in poi, beh - Hiro, è sè stesso che sta osservando, aldilà dello specchio, e da una buona ventina di minuti, ormai. Entrambe le mani poggiate al lavandino, seminudo con solo un paio di boxer grigi a coprirlo, il suo sguardo è concentrato su di un ciuffetto di capelli -corvini- che proprio non ne vuole sapere di stare a suo posto. Lo ha spostato a destra, ed è ricaduto a sinistra. Lo ha spostato a sinistra, ed è ricaduto a destra. Adesso, morbidamente adagiato proprio in mezzo agli occhi, quello stramaledettissimo ciuffo, continua a starsene lì, e fare il cazzo che gli pare. E diciamocelo, questo -ad Hiro, che proprio si è messo d'impegno in questo tempo per individuare necessariamente un qualsiasi difetto utile alla sua causa- sembra senza ombra di dubbio un validissimo motivo per uccidere qualcuno evitare di andare a quella festa di merda. Sì, sì, okay. Plic. C'hai vent'anni, Hiro. Plic. Dovresti farti degli amici, Hiro. Plic. Non puoi sempre isolarti, Hiro. Plic. Potresti anche trovarti una ragazza, sai, HIRO? Plic. « Hai rotto il cazzo » Sibila, in uno scatto nervoso, le braccia che si protraggono velocemente in avanti, arpionandosi alla manopola del rubinetto. L'intero suo corpo è piegato sul lavandino, mentre con forza -e rabbia- le dita tirano verso su, arrestando la loro furia distruttiva soltanto nel momento in cui la povera.. Beh - testa decapitata del miscelatore d'acqua si troverà, ormai, inevitabilmente tra le sue mani. Per un attimo -ed Hiro sospira, a pieni polmoni- è il silenzio. Poi, uno scroscio che non presagisce nulla di buono. Infine, uno scoppio.
    « Fanculooooo! » Inveisce il nostro evidentemente non troppo sveglio Chiamatempeste, adesso colpito in pieno viso da un potente getto d'acqua che inizia ad inzuppargli i capelli e bagnargli quella poca stoffa che tiene addosso. « JESPER! » Urla, rabbioso, ingoiando quanta più acqua è certo il suo stomaco possa contenere. Se non fosse, beh, Hiro, probabilmente una soluzione riuscirebbe a trovarla anche da solo. Spostandosi, per esempio, nonostante le discrete dimensioni del bagno non renderebbero quell'opzione particolarmente proficua. Ma siccome è di Hiro Yamazaki, lo strambo, che stiamo parlando..Che dire, il nervosismo gioca sempre brutti scherzi, per uno come lui. Per fortuna (o sfortuna?), tuttavia, come vedremo a breve, Hiro non è solo, lì.
    « Oh, mi hai chiam- MA CHE CA? » Il sopracitato "Jesper", il suo compagno di stanza, fa la sua entrata in scena. La porta spalancata, l'espressione stralunata si farà presto divertita. « Hiro, amore, lo so bene l'effetto che ti faccio. Ma non c'è bisogno di bagnarti così tanto, ogni volta che mi vedi! » « Mi vuoi aiutare? » L'imprecazione decisamente poco religiosa che ne conseguirà da parte del Chiamatempeste, non staremo qui a specificarla. « Se ci devi baciare quella gran gnocca di tua madre, con quella bocca, te lo dico e te lo ripeto: la bacio io al posto tuo. - Hiro sbuffa, una nota d'omicidio ad illuminargli lo sguardo scuro nascosto dai capelli ormai zuppi - Spostati, coglione, ci penso io. » Sgusciandogli accanto, con una certa accortezza nel non sfiorarlo nonostante lo spazio angusto del piccolo bagno, Jesper solleva una mano. Le dita fanno un leggero movimento, che Hiro non sarebbe capace di decifrare nè replicare (figuriamoci nascosto per com'è da quei ciuffetti che lo rendono ancora più emo di quanto non sia già) ma che sembra avere la sua -istantanea- efficacia. D'improvviso, infatti, quel violento getto d'acqua pare quasi.. Cristallizzarsi. Si ferma a mezz'aria, assumendo una consistenza che ad Hiro parrebbe addirittura solida, a vedersi; infine -poi- si dissolve, in un cumulo di scoppiettanti bollicine. Si scosta i capelli da davanti gli occhi -per quanto possibile, s'intende-, mentre Jesper è ora intento a cercare di incastrare in una qualche maniera la povera manopola del rubinetto. « Hai scassato il lavandino. Di nuovo. Che ti ha fatto, stavolta? » Non ottiene risposta, ovviamente, e allora sospira, ormai abituato. « Vabeh, comunque, direi che la doccia te la sei fatta. Meglio, perchè siamo in ritardo e tu sei ancora in mutande. » Hiro sospira, in una delle sue solite smorfie contrariate. « Che a tal proposito.. - Quand'è che lo usiamo, eh, bro? Cioè cazzo, guarda quanta roba. Ogni volta che ti vedo.. così, posso pensare soltanto ad una cosa. CHE - SPRECO. Conosco due o tre signorine che ci si farebbero dare volentieri un..Passaggio. Capisci cosa intendo? » « No. Perchè io non guido. » Aggrotta la fronte, mentre Jesper sospira. « ..Niente, lascia stare. Adesso, però, MUOVI IL CULO che sennò dico alla biondina che fissi sempre nei corridoi -bona, onesto- che con lei inizieresti a guidare molto volentieri. » Corrucciate le sopracciglia, Hiro ci impiega un po', per metabolizzare. E quando lo fa, finalmente -per sua fortuna- Jesper è già sgattaiolato via dal bagno e -assieme- dalla stanza, per aspettarlo fuori.
    « E comunque, io non fisso nessuna biondina. » Annuncia un Hiro particolarmente emo, nel richiudersi alle spalle la porta di camera. Vestito come suo solito, sbuffa, per scostarsi il ciuffo di prima -bastardo- da davanti gli occhi. Nervoso? Parecchio, sì. Inutile specificare quanto a quella festa -forse più un raduno, da quanto era riuscito ad estrapolare dai discorsi esagitati di Jesper in quegli ultimi giorni in cui lo aveva (come sempre) convinto per sfinimento- Hiro non ci volesse proprio andare. Gente, musica, possibilità di socializzare, ragazze erano solo alcune delle motivazioni sufficientemente valide, per lui, per dare buca senza pensarci su. « Ah-ah. Ceeeeerto. Ed io non le faccio bagnare tutte. Col mio potere, s'intende! » Ma non era però la prospettiva di una notte di tortura a renderlo al momento così imbronciato. Beh, anche, è chiaro, ma c'era dell'altro. « Non c'è nulla di male, bro, davvero. La Roy è veramente carina, lo dicono un po' tutti.. » « Tutti chi? » Una strana sensazione di..fastidio? A fargli formicolare le dita. Tanto simile alla voglia di prendere a pugni qualcuno. Probabilmente Jesper, per le minchiate che stava sparando - se ne convince. « Ma non lo so, tutti. Comunque, tu mi hai fatto aspettare DUE ORE e sei vestito praticamente come ti vesti SEMPRE? » Mentre iniziano ad incamminarsi, Hiro inarca un sopracciglio. Il perchè, come dovevo vestirmi? che vibra tra i suoi pensieri, dev'essere ben visibile dalla sua faccia, dato che Jesper continua: « Elegante, bro. Elegante. Non ti dico in smoking, ma nemmeno così emo. Guarda me, per esempio. Guarda che figurino. » Lo Scuotiacque fa una giravolta su sè stesso, impacchettato in una di quelle sue solite camicie floreali e dai colori per Hiro illegali, dalla taglia sempre fin troppo piccola, "per mettere in risalto la mercanzia". « Ehhh? Come sto? » « Uno schifo. » « Grazie, anche tu sei molto carino. » « Ma non era un complimento, il mio » « Lo so, Hiro, SARCASMO. Ricordi? » Il Chiamatempeste annuisce, sibilando un ah con la bocca. Deve ancora capire come funziona, quella roba. « Siamo quasi arrivati, comunque, se ricordo bene la scorciatoia dovrebbe essere da questa parte... »
    E contro ogni previsione, conoscendo il tipo, era davvero da quella parte. Giungono a destinazione, i due, con Jesper che inizia già a rendersi iperattivo, ed Hiro che.. Beh, resta Hiro. « Aveva ragione Kostyk. Questo posto è il paradiso della.. - » « Figa? » « ..Bellezza femminile. » « Eh, appunto » Jesper sospira, Hiro non capisce. Come sempre. « Vieni, entriamo, e non farmi fare figure di merda. » Ed entrano. La Glasshouse, pensa il Chiamatempeste, il naso rivolto all'insù, non sarebbe poi così male. Si possono vedere le stelle, da lì, ed in generale non è un posto per niente angusto, come a lui non piace - in genere. Il problema è.. Beh, tutto il resto. La musica, per esempio, che lo rende già di per sè irrequieto. Le persone, i vocii, le risate, le urla. « Hai preso le tue gocce stamattina, sì? » Hiro annuisce, mordicchiandosi il labbro inferiore con un fare che ha del nevrotico, mentre Jesper, per la prima volta in tutta la serata, lo osserva - serio. « Se vuoi.. - » « Sto bene. Non rompere i coglioni. » Ringhia istintivamente, zittendo l'amico all'istante. E dunque la serata ha inizio. Jesper pare trovarsi nel suo habitat naturale: si destreggia tra questo e quel conoscente -per lo più ragazze-. Ride, scherza, beve, gioca. Hiro lo segue, di sicuro per inerzia, ma a differenza dello Scuotiacque lui non ride, nè scherza o gioca - forse solo beve. E' infatti col terzo bicchiere di birra fatata tra le mani, che Jesper gli saltella vicino, seguito da un gruppetto di volti familiari. Compagni di corso. « A quanti sei? Puoi bere così tanto? » « I cazzi tuoi?» Il povero Scuotiacque fa una smorfia che ha del contrariato, poi, rassegnato, sospira. « Raaaaaaaaagazzi! Vi presento Hiro, quel piccolo bastardino con un posto speciale nel mio cuore di cui vi parlavo prima. » « Ahahahah no vabbe, mi fai morire, Jesper! » « Ti senti male? » « No Hiro, non si sente male. » « Ha detto che sta morendo » « Fa' silenzio. » Ed Hiro fa silenzio. « La rossa mi piace. Non mandare tutto a puttane. » « Allora Hiro. Ma sei quell'Hiro, quello strambo. In senso buono, s'intende » La Rossa, che Hiro riconosce come una Fata del Fuoco del nono anno, gli fa l'occhiolino. E quale sarebbe il senso buono di strambo, secondo te? Illuminami. Seppur non lo dica, dev'essere la sua faccia a parlare, perchè Jesper urlacchia « Allooooora ragazze, vi sta piacendo la festa? » per sovrastare un suo qualsiasi tentativo di parola. Hiro sospira. « Sì, dai, non male. E a voi? Che ne pensate? » « Jesper pensa si tratti del paradiso della figa » Jesper si affoga con la birra, la Fata del Fuoco tossicchia. « Ciao, Hiro. Io sono Jenny, piacere. » Ma è una terza -sino ad ora sconosciuta- voce a spezzare quel momento d'imbarazzo. Sotto agli occhi del Chiamatempeste, un viso che gli pare di aver già visto, a lezione. E forse anche altrove. Nei corridoi, per esempio, o sui commenti alle sue foto sui social. Jenny, si ripete mentalmente, una strana sensazione di calma a rilassare i suoi nervi, come all'improvviso. Persino quando la fata allunga una mano per stringere la sua, che -stranamente- non ritrae. Dà la colpa all'alcool, e risponde « Ciao, Jenny, Hiro. Piacer.. - » Ma qualcosa lo distrae. O meglio, qualcuno. Una figura minuta si palesa sotto i suoi occhi scuri, aldilà delle spalle di Jenny. I capelli sono biondi, la pelle chiara, gli occhietti vispi, nocciola. Asia Roy gli passa accanto, smuovendo i capelli, e lui si ritrova -suo malgrado- fisso per qualche istante di troppo ad osservare le pieghe svolazzanti di quella sua gonnellina scozzese. « Uh, c'è anche la tua amichetta » E' la voce di Jesper, a riportarlo alla realtà. Distoglie lo sguardo, sentendosi addosso quello di Jenny, che lo sta ora fissando con grandi occhi spalancati, la mano ancora stretta alla sua. Le unghie appuntite di lei a premere forse un po' troppo sulla sua pelle. Si ritrae immediatamente, infastidito. « Non è la mia amichetta. » « E' molto carina, però, stasera.. » « Mah, nemmeno poi tanto. » Sbuffa, una smorfia imbronciata a colorare quel viso mai così infantile come adesso.
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    La serata continua in maniera piuttosto regolare. Jesper scherza con prede sempre diverse, i ragazzi della nuova comitiva parlottano tra loro. Alcuni giocano a Beer pong, altri ridono. Hiro, invece, decisamente irregolare, è distratto da tempo, ormai. Se vogliamo essere sinceri, dal preciso istante in cui la biondina ha fatto la sua entrata in scena. I loro sguardi si sono anche incontrati una seconda volta, durante il corso della serata, per sciogliersi immediatamente pochi secondi dopo, lasciandogli una strana sensazione all'altezza dello stomaco. « Ma quanti anni ha, la tua amica? » « La prossima volta che dici che è mia amica ti ficco quel bicchiere nel culo. E comunque non lo so, credo quindici. O sedici, forse » « Mh. Ed è normale che.. quello la faccia bere così tanto? » No che non lo è. Sta osservando quel suo amico sin da quando le ha piazzato il primo bicchiere di birra tra le mani. Non conosce il suo nome, ma lo ha riconosciuto comunque. Un plasmaforme di qualche anno più grande, o forse suo coetaneo. Fatto sta, ad ogni modo, che proprio non gli piace. Non che gliene dovrebbe effettivamente fregare qualcosa, in realtà. Il rapporto che intercorre tra lui ed Asia Roy, infatti, si è sempre composto ad oggi di occhiatacce, mormorii e sbuffi infastiditi. Non sono amici, non sono niente, ma ciò non toglie che vederla imbottita d'alcool da quel.. Tizio, lo lascia piuttosto sospettoso. Ed infastidito. « Non sono affari nostri. Può fare quello che vuole » « Anche andarsene da sola per la foresta? » Ma dove cazzo stai andando, scema? « Forse dovresti seguirla, è palesemente ubriaca... » « Non sono la sua babysitter. » « Hiro, ripeto, è ubriaca. E potrebbe pensarci qualcun'altro di seguirla, oltre noi. » Hiro sbuffa. « E vabene. Che palle. »
    Con una mano a tenersi la fronte, il Chiamatempeste si domanda chi diavolo gliel'abbia fatto fare ad addentrarsi in mezzo al fitto del bosco per andare a cercare quella scema di Asia Roy. Gli gira la testa, segno indelebile che l'alcool, col senno di poi, deve aver cominciato a fare effetto sul suo corpo, ed è per questo motivo che si ritrova costretto a sorreggersi per qualche istante ad un tronco, prima di continuare a camminare. Stupida, stupida Trilly. Ma che cavolo ci sei venuta a fare qui, da sola? Se non fosse visibilmente brillo, probabilmente una situazione come quella l'avrebbe messo in crisi. Troppi cambiamenti. Risvolti inaspettati. Il bosco, il fruscio, i versi di alcuni animali. Ed Asia Roy che non si trova da nessuna parte. « Fanculo » Impreca, socchiudendo gli occhi per cercare di richiamare quel minimo di lucidità rimasta per, quanto meno, concentrarsi a far tacere -giusto per qualche istante- tutti i rumori di fondo e tentare, così, di individuarla. E' in quel momento infatti che pare avvertire qualcosa, suggerito dalla voce del vento, e non saprebbe dire se per abilità personale o semplice culo -forse più la seconda-, scostando alcuni arbusti ed avanzando un po', finalmente la trova.
    « MA CHE CAVOLO FAI?! » L'urlo che si becca in pieno lo costringe a socchiudere gli occhi e tapparsi un orecchio. Respira a fondo, per reprimere l'istinto di farla volare dall'altro lato della foresta. « Non lo sai che non si spunta così, dietro le persone? Per di più in un bosco di notte? » « Disse quella che ci si è addentrata da sola ed ubriaca come una scimmia. In un bosco di notte. » Un'espressione supponente su quella sua faccia da schiaffi. « NON DIRMI CHE MI STAVI SPIANDO?! YAMAZAKI TI UCCIDO. » E mentre lei continua ad urlare e -di nuovo- lui reprime tutti gli istinti omicida presenti a questo mondo, cerca di decifrare a cosa la biondina si stia riferendo. Così i suoi occhi ricadono automaticamente sulla gonnellina di lei, leggermente rialzata sulle cosce. Poi, sul maglioncino: visibilmente strappato, lascia intravedere una buona parte di reggiseno. Di nuovo quella strana sensazione alla pancia, - distoglie lo sguardo immediatamente, uno strano calore a solleticargli le guanciotte pallide. « Non startene lì, come una Nuvoletta Nera! Vattene subito. E lasciami in pace. » E non ha nè il tempo di rispondere, nè quello di fare granchè, che subito la vede, affrettarsi a fuggire dalla parte opposta alla sua. Ma allora vedi che sei scema? « Ma si può sapere dove cavolo vai?! » Le urla dietro, trovandosi suo malgrado a seguirla. Fosse stato lucido, probabilmente non l'avrebbe fatto. Figuriamoci se perdevo tempo dietro ad una fatina isterica come te, Roy. La stessa Roy che pare volerlo ostacolare in ogni modo, in quella sua fuga disperata, persino con qualche arbusto che si avvinghia alle sue caviglie, per pochi attimi. « Seria, Roy? » Guarda tu come ti lascio qui a farti mangiare da qualche lupo. Eppure forse non lo pensa davvero, perchè nonostante tutto continua a seguirla, Hiro. Beccandosi rami e ramoscelli sulla faccia, che gli lasceranno sicuramente qualche graffio sulla pelle, l'indomani. « Lo so cosa stai facendo, SAI? Sono una Terrena, so perfettamente dove sto andando. Adesso pensi che comportandoti da principe oscuro che salva la damigella in pericolo dal bosco buio e pericoloso, potrebbe farti perdonare dal fatto che mi stessi GUARDANDO. » No vabeh, complimenti per i film. Anche se in effetti, Hiro, le tette un po' gliele hai guardate. - Ma non è questo il punto! « Hai finito con le cazzate e ti fermi un attimo? » Nel tono di voce, una nota di palese nervosismo, adesso. Non è mai stato un tipo particolarmente paziente, Hiro. Figuriamoci con lei. Scema, scema e ancora scema di una Trilly. Ma Asia non lo ascolta, nemmeno di fronte ad un pendio che si rivela fin troppo scosceso, e che riesce a superare alla meno peggio, rischiando l'osso del collo almeno due o tre volte. Giuro che se usciamo vivi di qui ti strozzo. « Ma non funziona proprio così. NON TE LA DO COME RINGRAZIAMENTO HIRO YAMAZAKI. Piuttosto me la cucio fino al matrimonio. E non sarai di certo tu, IL FORTUNATO. » Adesso ne scorge soltanto la voce e ne intravede l'ombra attraverso il fitto di alcuni arbusti. Cerca di farvisi spazio attraverso, graffiandosi il braccio sinistro con un ramoscello particolarmente tagliente. Ah. Geme, la stoffa sgualcita della maglia che lascia trapelare un lembo di pelle, macchiato di sangue. Bene, ora sì che mi hai fatto girare le palle. « Senti, SCEMA, se è per questo, IO NON CI SCOPEREI CON TE NEANCHE COL CAZZO DI UN ALTRO. » Non sa perchè tutto quell'accoramento. Tutto quel fastidio nel sentirsi dire che lei, con lui, non ci andrebbe mai a letto. E a me che me ne frega? Tsk. Di solito, le sue sono sempre risposte a monosillabi. Basse. Subdole. Svogliate. Sarà sicuramente colpa dell'alcool. « Ero qui per aiutarti, ma visto che EVIDENTEMENTE HAI IL CICLO, fanculo. Fatti mangiare da qualche.. - Ma non termina la frase, che uno scricchiolio, lo costringe a spingersi in avanti d'istinto. - Roy! » urla, testimone impotente del capitombolo della fata per terra. Le braccia protese in avanti, non arriva proprio ad afferrarla in tempo. E allora la vede precipitare e la sua mente la percepisce a rallentatore. Un particolare tra tutti: la gonnellina. Si alza, inevitabilmente, lasciando intravedere l'intimo al di sotto. Di certo non ci si sofferma, nè sarebbe capace di scorgerne i particolari, vista la scarsa luce, ma di certo quella visione basta ad ammutolirlo per una buona manciata di minuti. Un formicolio a solleticargli la schiena, oltre che.. beh, altro. Tossicchia, ma resta in piedi, quasi come volesse mantenere una certa distanza di sicurezza. Per cosa? - non se lo saprebbe spiegare. « Complimenti. » Commenta, rapido. « Ora sì che ci mangeranno i lupi, se percepiscono l'odore del sangue. » Sbuffa, infastidito, calandosi verso di lei. « Riesci a camminare? » Cerca di individuare cosa si possa esser fatta, ma la luce è troppo scarsa. Dunque, con la sua solita delicatezza da energumeno, la afferra per un braccio. Il contatto con la pelle di lei lo blocca per pochi attimi in cui cerca di capire se gli piaccia o meno. Di solito, in generale, è la seconda opzione. Strano che stia anche solo perdendo quel tempo per valutare un riscontro diverso, con lei. Dà la colpa all'alcool. « Vaboh ho capito, ti porto io. Sei inutile, oltre che pazza ed isterica » E allora la solleva, letteralmente, stupendosi abbastanza di quanto possa essere..Leggera. A vederla così da vicino, stringendola adesso tra le braccia, una mano sotto le sue gambe, si rende conto di come la Terrena sia..Piccola. Microscopica diremmo quasi, rispetto a lui. E data la vicinanza dei loro corpi, oltre che dei loro visi, Hiro si soffermerebbe su qualche altro pensiero, se non fosse per le lamentele che sa arriveranno presto. « Tu provaci a lamentarti che te lo giuro: ti lascio qui. »

    [..] Non sa effettivamente come abbia fatto a trovare quella capannina. Il suo senso dell'orientamento, d'altra parte, non è mai stato dei migliori. Figuriamoci poi ubriaco, ed accompagnato da un'Asia che lo ha praticamente preso a pugni per quasi tutto il tempo. Ma comunque, adesso è lì che si trovano. Una piccola casetta in legno in mezzo al nulla di una foresta ormai troppo buia. L'ambiente è accogliente, nonostante sia piuttosto piccola, composta sì e no da due stanze, bagno compreso. Un tavolino in soggiorno, un letto poco più in là. « Mh. » E' sul tavolo che Hiro la scaraventa - letteralmente, la delicatezza di un uomo delle caverne. Si inginocchia, senza dire una parola, lo sguardo che va a ricercare cosa possa essersi fatta. Le dita -fredde- si poggiano delicatamente sulla pelle piacevolmente tiepida di lei. Le sfiora il ginocchio, piegando appena la testa di lato. Poi solleva lo sguardo, osservandola - da quella posizione. « Ti fa male qualcosa? » Le domanda, con una nota di sincero interesse, questa volta, a sporcare quel suo solito tono di voce apatico. Sospira, in attesa di una risposta, la testa che gira un po', costringendolo a socchiudere gli occhi. Quando li riapre, il suo sguardo pare però soffermarsi su altro. Il maglioncino strappato. Il reggiseno. La gonnellina corta, sgualcita, che lascia anche adesso intravedere il piccolo lembo di una mutandina color pastello - così vicina. D'istinto, i denti affondano attraverso il labbro inferiore. Non se la ricordava così carina. O meglio, forse sì, ma era sempre riuscito a non farci poi troppo caso. Asia Roy era perfetta, d'altro canto, e su questo non v'era ombra di dubbio. Nel suo sparare cazzate, in fondo, Jesper aveva ragione. La Terrena, Trilly, aveva sempre avuto una certa popolarità a scuola, nonostante la sua giovane età. Eccelleva in gran parte delle materie, compreso lo sport. Era di buona famiglia, gentile con tutti, praticamente il suo opposto. E poi era carina. Parecchio carina, con quei suoi capelli biondi ed i lineamenti morbidi in un visino da bambola. Forse non ci aveva mai fatto troppo caso, Hiro, perchè dopo quel primo incontro, avevano trascorso il loro -poco e casuale- tempo insieme ad urlarsi di sopra a vicenda. O guardarsi soltanto in cagnesco. Non avrebbe mai immaginato dunque, il Chiamatempeste, così vicino a quel piacevole torpore della pelle di lei e quel suo profumo vagamente pescato che... Cazzo, sì, Jesper aveva ragione. Asia Roy era proprio carina. Tossicchia, distogliendo lo sguardo immediatamente, smosso da quei pensieri. Un adesso visibile rossore a colorargli e -specialmente- riscaldargli le guance. « Se ti devi medicare fallo da sola che io non sono capace. » Sbotta dunque, improvcisamente e di nuovo antipatico nel tono di voce. Si alza poi, ed evidentemente lo fa con un po' troppo impeto, perchè ha bisogno di qualche minuto, per poter camminare. Tuttavia, raggiunto comunque il letto poco distante, le dita vanno ad arpionarsi contro il lenzuolo. Lo tira via, completamente e torna da lei. Voltato il capo verso il lato opposto e chiusi gli occhi, mormora, infine « Toh copriti. Che sei mezza nuda. » Si stringe nelle spalle. « Ammenochè visto che, evidentemente, è il primo dei tuoi pensieri, tu non voglia "darmela" - davvero - "come ringraziamento per averti salvata". Cosa che, effettivamente, ho appena fatto. Quindi prego, non c'è di che. Anche se non te lo meritavi - Trilly. »


    Edited by nato dalla tempesta - 8/1/2024, 14:42
     
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    « Senti, SCEMA, se è per questo, IO NON CI SCOPEREI CON TE NEANCHE COL CAZZO DI UN ALTRO. » Oh, le avrebbe scontate tutte, Hiro Yamazaki. Ogni singola parola. Ogni frase polemica ed offensiva che le urlò contro e a distanza, una volta cominciata la fuga. Ogni insulto denigratorio ai suoi danni, gliel'avrebbe fatto rimangiare con gli interessi. L'avrebbe colpito quando meno se lo aspettava. Riusciva quasi a pregustare, Asia, quanto soddisfacente sarebbe stato vederlo immobilizzato dalle sue rampicanti, nel bel mezzo della foresta. Sarebbe diventato una di quelle Sculture Naturalistiche meravigliose, con piccoli fiorellini azzurri a sbocciargli addosso ed uccellini a nidificargli proprio vicino le orecchie, tormentandolo a vita mentre si ritrovava bloccato in quell'ammasso di rovi e foglie. Se avesse avuto le piene facoltà motorie e mentali, per poter utilizzare a dovere il suo potere da Terrena, l'avrebbe già abbondantemente punito per avere anche solo provato a rivolgersi a lei in quei termini. E poi chi ti vuole? Brutto stronzetto. Non voglio vederlo neanche in cartolina, il tuo... coso. Sarà pure piccolo, non ci credo alle storie di Brynthi. « Ero qui per aiutarti, ma visto che EVIDENTEMENTE HAI IL CICLO, fanculo. Fatti mangiare da qualche.. - Non ti sopporto e non ti sopporto! « Sul serio? DAVVERO, Yamazaki? Stai solo peggiorando la tua posizione! » Fu quella distrazione, costretta a voltare leggermente il viso per urlargli ancora dietro, a stabilire la fine rocambolesca della fuga spasmodica della bionda. Normalmente e nel pieno della lucidità, un passo falso come quello successivo - impigliandosi con un piede - l’avrebbe portata al massimo a barcollare, stavolta bastò per farla capitolare a terra. Il dolore esplose soprattutto sulle ginocchia e nei palmi delle mani, usati per appoggiarsi dopo la caduta. Col respiro affannoso, provò anche a rialzarsi subito dopo essersi spazzolata via il terreno di dosso, ma grugnì per il dolorino generale ed una serie di immagini tremolanti e sfocate le danzò di fronte agli occhi. Cosa cavolo c'era, in quella birra? « Complimenti. » Assunse una postura difensiva, spostando d'impulso lo sguardo fuori fuoco all'indirizzo della posizione dove Hiro rifece la sua comparsa. Sarebbe stato troppo bello, sperare d'averlo seminato o che lui fosse caduto in un fosso, a differenza sua. Okay, questa era cattiva anche per lo stronzetto. Al massimo in un nido di formiche di fuoco, quello sì che gli avrebbe fatto male. Soprattutto se lo avessero punto sul suo... coso. La rabbia le corse nelle vene come un’ondata di lava incandescente. Avvampò, imbarazzata, e dovette serrare le mani a pugno per evitare di far volare una marea di macigni di almeno diecimila tonnellate in testa al moro. « Sta' zitto! Zitto. » Che hai fatto già abbastanza danni, stronzetto. L'ultima parte non l'aggiunse, limitandosi a fingere di riprendere a pulirsi dal terriccio e tirando subito dopo su il maglioncino - per quanto fosse possibile, in quelle condizioni. Aspettò, rimuginando sul da farsi e come alzarsi da lì senza che la testa riprendesse a girarle, intenzionata ad ignorare la figura incombente del Chiamatempeste. Era piuttosto difficile, sentendo lo sguardo di lui fisso su di sé. Non voleva tuttavia darci peso e, soprattutto, non aveva alcuna voglia di continuare a dargliela vinta regalandogli attenzioni. Ora non ti rispondo proprio più, ecco. « Ora sì che ci mangeranno i lupi, se percepiscono l'odore del sangue. » Ma lui gliela rendeva così terribilmente difficile. Talmente tanto, da farle dimenticare i buoni propositi appena pensati. Di scatto, la bionda sollevò il viso verso il ragazzo e lo guardò di sbieco, assumendo quella sua smorfia imbronciata così poco... spaventosa. Era decisamente più buffa, nonostante si sforzò d'apparire terrificante. Cazzuta e dura come una Valkyria, Asia. Puoi farcela. « Quanto sei esagerato. Ma ti senti? Gnegne, i lupi. Per due graffietti. » ribatté lei, la vocetta venata da una sfumatura acida insopportabile, un tono praticamente mai utilizzato dalla Fata della Terra sempre gentile con tutti. Tranne che con te. Tu non te lo meriti, stronzo. « Riesci a camminare? » No. Ci aveva già provato, prima dell'arrivo del genio della situazione, ma non volle dargli alcuna dimostrazione della propria debolezza e si strinse nelle spalle. Vederlo lì però, chinato su di lei ed intento a scrutarla alla ricerca di... danni, le fece risentire una strana vibrazione nel corpo. Si trattò più di una carica elettrica stordente che tentò di ignorare, tirando fuori un respiro profondo, soprattutto quando i suoi occhietti si posarono sul viso del Grisha troppo vicino. In effetti perché ti stai avvicinando? Nella penombra della selva, sembrava in tutto e per tutto uno dei protagonisti delle sue storie inventate. Vestito tutto di nero, i capelli scuri scarmigliati su un viso così impudentemente perfetto, reso ancora più attraente da quel suo cipiglio sempre serio e a tratti imperscrutabile. Sbattendo le palpebre per schiarirsi la vista, scese poi per un mezzo secondo sul quel labbro pieno al punto giusto, imprigionato in uno strano piercing. Ma non sarà scomodo, quando baci qualcuno? Anche solo formulando quel pensiero, risentì un altro piccolo spasmo fastidioso all'altezza del basso ventre e le guance le presero fuoco. Un fuoco presto smorzato con una secchiata d'acqua gelida da Hiro stesso: l'afferrò per un braccio - un brivido elettrico la percorse per quel contatto - con assai scarsa gentilezza e la tirò in piedi. Come aveva immaginato, le gambe come se fossero state di gelatina, le si piegarono appena sotto il suo peso esile. Qualsiasi cosa avesse bevuto, dopo tutta l'adrenalina della corsa e la discussione col Grisha, doveva aver iniziato a dar ulteriormente i suoi frutti. Cercò di prendere tempo, quindi, formulando una scusa plausibile sul motivo per cui stesse ondeggiando sul posto e finse di trovare interessante il lembo della sua gonnellina che arrotolò fra le dita. « Vaboh ho capito, ti porto io. Sei inutile, oltre che pazza ed isterica » Cos'è che vorresti fare tu? « Ehi! Ma che f-ai? Ma s-ei... » Impazzito? Non riuscì a terminare gli improperi, ritrovandosi sballottolata al pari di un pupazzetto ed infine sollevata come un sacco di patate fra le braccia del giapponese. « Tu provaci a lamentarti che te lo giuro: ti lascio qui. » Le mancò la terra da sotto i piedi e sgranò subito gli occhi. « MA CHE STAI FACENDO? » emise un altro urlo capace di far scappare - ancora - gli animaletti della boscaglia, ricordandosi il motivo per cui fosse incazzata nera con lui e non che dovesse starsene lì, ad ammirarne i lineamenti... carini. Sentì le mani di lui cingerla e toccarla, il corpo premere contro quel torace saldo e molto più imponente di lei, e tanto bastò. Non gli diede modo di poterla afferrare con più fermezza, si contorse, tempestandolo di pugni e scalciando all'impazzata. Asia non sapeva di certo combattere e non aveva la forza necessaria per fargli male, ma si ribellò come una piccola fatina dispettosa, riprendendo a lamentarsi e urlacchiare. « LASCIAMI. Mettimi subito giù, stronzetto. Non mi serve il tuo aiuto, membro farlocco dei BTS. MOLLAMI! » Contorcendosi, cercò di divincolarsi, sebbene la presa di Hiro fosse troppo solida e lei non ottenne nulla se non l'effetto collaterale di aumentare il contatto fra di loro. Provò addirittura a richiamare i poteri della terra, col chiaro obiettivo di fermare le gambe del moro e tenerlo bloccato al suolo, ma faticò talmente tanto anche solo nel gestire un ramoscello che il Glamour le sfarfallò e gli occhi le si illuminarono di quella sfumatura verde smeraldo così abbagliante. Si sentì così fiacca per quel tentativo così breve d'attingere alle sue abilità, da scartare l'opzione di riprovarci ancora. « E poi dove STAI ANDANDO? NON STIAMO TORNANDO INDIETRO. » Ci manca solo che faccia cadere anche me, in qualche strapiombo ora. « Sto davvero, davvero, per farti male Yamazaki. Ti sto avverte-nd... » Si bloccò una buona volta, con la stessa irruenza con la quale aveva iniziato, soltanto dopo un ennesimo scappellotto dato al povero malcapitato. Se ne rese conto soltanto in un secondo momento: più continuava ad agitarglisi fra le braccia, maggiormente sentiva il proprio corpo premuto contro quello di lui. E li avvertì, il proprio fianco e una parte del seno, pressati addosso al Grisha. Le partì una scossa, lungo tutto il fisico minuto, che finì con l'annidarsi in un punto non ben precisato fra le sue gambe. Subito dopo il profumo di lui la travolse; non gli era mai stata così vicina da sentirlo in maniera così forte. Era un misto della fragranza intensa di pulito e dell’aroma di un qualche tipo di essenza esotica. Conosceva tutti i fiori. Doveva necessariamente scoprirlo e senza riflettere, facilitata dalla posizione, con la punta del nasino ne inalò piano una profonda boccata dal collo di lui. Disorientata, risentì nello stesso momento la testa girarle fortissimo. Incenso? E poi una nota di legnoso-balsamico. Mh, ginepro nero? Poi... Forse fu questo, a farla calmare del tutto, perdendosi nella catalogazione di quel profumo così buono appartenente a Lui. O derivò anche dai piccoli brividini, a percorrerle la pelle nuda delle gambe lì dove la teneva saldamente; se non dal cuore, a martellarle nelle orecchie come un tamburo frastornante, per poi finire sempre aquel fastidioso peso sulla pancia quando c'era quell'antipatico Chiamatempeste di mezzo. Se ne stette allora buona, finalmente, poggiando in automatico la testolina contro la spalla del moro nel tentativo di ristabilire il punto della situazione. D’istinto, si aggrappò alla maglietta di lui e quel suo calore mascolino l'accarezzò facendola rilassare pian piano. Da quel momento in poi non riuscì a pensare a nulla, il cervellino troppo frastornato dall'alcol e il corpo intorpidito. È per il freddo e lui è caldo. Solo per questo. Se lo ripeté a più riprese, durante quel tragitto dondolante, combattendo più volte contro le palpebre sempre più pesanti. Cullata fra le braccia del Chiamatempeste, si accorse d'essere arrivati nell'area di una delle vecchie Casette del Guardiacaccia, ormai prossimi ad attraversarne la porticina di legno dell'ingresso. Come ci siamo arrivati fin qui? In che Quadrante dovremmo essere poi?
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    Ebbe a malapena il tempo di ristabilire un ordine generale nei pensieri, chiedendosi perché diamine l'avesse portata fin lì, tornando un tantino più eretta fra le sue braccia; l'attimo seguente, lui la lanciò letteralmente sul tavolo del piccolo ambiente al chiuso. « Ahia. » Gli lanciò un’occhiata nefasta e, sbuffando un sospiro infastidito, appoggiò meglio il sedere sulla superficie fredda del legno. Si guardò attorno, Asia, studiando la casupola piuttosto ordinata strizzando gli occhi sensibili alla luce improvvisa delle lampade. Non era mai stata, in quelle capanne sparpagliate lungo il perimetro dei quadranti, occupate saltuariamente dai vigilanti soprattutto in base alle stagioni o qualsiasi utilizzo ne facessero nel corso dell'anno scolastico. Un po' spoglia, ma carina. Nell'unico vano rustico con poco arredo essenziale, intravide anche un caminetto dal fuoco spento e stabilì che le piaceva soprattutto il copriletto a fiori del letto in fondo alla stanza, abbinato con le tende delle finestre affacciate sul bosco buio. Ora che ci vedeva decisamente meglio, abbassò lo sguardo sulle proprie gambe per valutare i danni, ma lì sotto ci trovò... Hiro. Ecco dov'era finito. In un altro tipo di contesto, vederlo lì inginocchiato sotto di sé, le avrebbe fatto lanciare un altro urlo inferocito e - molto probabilmente - gli avrebbe tirato un calcio in pieno viso, ma dall'alto della sua posizione si limitò a scrutarlo con curiosità. Stava osservando il suo ginocchio, quello dove doveva aver appoggiato maggiormente il peso durante la caduta, causandosi qualche graffio marginale e soltanto un taglio più profondo, dal quale si era riversato un po' di sangue lungo la tibia arrossata per l'urto. L'attenzione della Fata finì però canalizzata di nuovo sul volto del Grisha. Ne fissò la curva soffice delle guance, le ciglia scure su quegli occhi neri di carbone e, per l'ennesima volta in quella serata, una sensazione estranea nel suo corpo si diffuse come un formicolio… Ed aumentò drasticamente, nell'attimo in cui Hiro le sfiorò la pelle nuda lesa, mandandole un piacevole brivido lungo la gamba. Sussultò, senza riuscire ad impedirlo. « Ti fa male qualcosa? » La pancia? Mordendosi l'interno del labbro inferiore, riuscì soltanto a pensarlo anziché aprire bocca. Scosse un po' la testa, mentendo perché sì le ginocchia le bruciavano - ma col cavolo che te lo ammetto! - ed afferrò più saldamente il bordo del tavolo per contrastare una nuova ondata di vertigini. « Se ti devi medicare fallo da sola che io non sono capace. » Ma chi lo vuole, il tuo aiuto? Stai facendo tutto tu. Tamburellando nervosamente con le dita sul legno, continuando a lanciargli occhiatacce, gli fece perfino una smorfia terribilmente infantile alle spalle quando il moro si alzò per allontanarsi. « Stronzo. » borbottò sottovoce, sollevando un piede e dando un calcetto in aria a vuoto. Va bene, ora faccio davvero il punto della situazione. Con cosa dovrei medicarmi, poi? Forse in bagno avrebbe trovato qualcosa di utile, ma il Chiamatempeste ebbe un'altra trovata delle sue e tornò con un... Che devo farci con quel lenzuolo? « Toh copriti. Che sei mezza nuda. » La bionda aggrottò le sopracciglia. Dapprima, si mostrò perplessa e il visetto le si contorse in un'espressione interrogativa; notando in seguito il modo in cui lui si voltò, non guardandola, spostò l'attenzione sul proprio corpo. Sotto una fonte di luce più o meno decente, si accorse di quanto il maglioncino le si fosse stracciato, sorte simile toccata alla gonna sfilacciata in più punti. Aveva anche qualche graffietto sottile sulla pelle, segno di qualche fronda e rametto che doveva averla colpita durante la fuga. L'imbarazzo, ed uno strano senso di tenerezza per quella premura di Hiro, prese il posto del nervosismo e l'ira da lui stesso generati. Lasciò la presa sulla lastra e portò le dita ad afferrare il panno. « Ammenochè visto che, evidentemente, è il primo dei tuoi pensieri, tu non voglia "darmela" - davvero - "come ringraziamento per averti salvata". Cosa che, effettivamente, ho appena fatto. Quindi prego, non c'è di che. Anche se non te lo meritavi - Trilly. » E poi lui parlò ancora. Spezzando l'attimo e facendo sfumare qualsiasi sentimento di dolcezza provato dalla biondina. Se te ne fossi stato zitto... Strinse le palpebre e socchiuse gli occhi, riducendoli quasi a due fessure. Vuoi essere ringraziato, stronzetto? Adesso ti faccio vedere io, quanto so essere riconoscente. « Hai ragione. » mormorò piano, il tono di voce ammorbidito e venato da un'insolita dolcezza. Scivolò giù dal tavolo, lasciandolo dietro di sé per l'instabilità delle gambe, e compì un passetto per far sì di colmare la poca distanza fra di loro. Sollevò poi una manina, raggiungendogli il viso, con l'intento di toccarlo con la punta delle dita e rivoltarlo verso di sé. Il sobbalzo di lui, appena i polpastrelli lo sfiorarono, la fece desistere per un istante ma immaginò si trattasse semplicemente di una reazione involontaria per il suo gesto imprevisto e la vicinanza improvvisa. « Come ringraziamento per avermi salvata, giusto? » aggiunse tenendo la voce sommessa e carezzevole, puntando dal basso della sua scarsa altezza le iridi nocciola in quelle scure di lui, accarezzandogli piano la guancia. Alzandosi in punta di piedi, Asia gli si avvicinò con un intento piuttosto chiaro: aggrappandosi con l'altra mano alla spalla di lui, sentendolo contrarsi ancora allentò la presa, invitandolo con uno sguardo intenso ad abbassarsi quel tanto che le bastava per raggiungergli le labbra. Si fermò soltanto nel percepire il fiato di Hiro sfiorarle la pelle. Rabbrividì ed ignorò quella reazione stupida ed irrazionale. A quel punto non riuscì più a trattenere il sorrisetto malvagio. « Ti piacerebbe, vero? SEI VERAMENTE UNO STRONZO. Con me non ci sco-peresti neanche col coso DI UN ALTRO, eh? » Nonostante avesse fatto praticamente tutto da sola, si ritrasse con uno strattone brusco, cercando di colpirlo anche con uno schiaffetto in prossimità del collo ed un altro all'indirizzo del petto così da spingerlo via. Le urla, arrivarono successivamente, insieme alla fuga repentina che la condusse a fare il giro del tavolo per mettere un oggetto materiale a dividerla dal Grisha. Glielo spinse contro, non smuovendolo se non di pochissimi centimetri considerata la sua scarsissima forza, e ne fu così infuriata e combattiva da prendere tutt'altro tipo di iniziativa: iniziò a lanciargli contro, in preda ad un misto di fastidio e nervosismo per le offese subite, qualsiasi oggetto le capitasse a tiro fra le mani. Una tazza finì frantumata alla sua destra, un vasetto di terracotta poggiato sul mobile lì vicino atterrò ben oltre la testa, perfino lo stesso lenzuolo di poco prima finì scaraventato addosso al malcapitato Hiro. Per sua buona sorte, la Terrena era piuttosto miope. Con o senza lentine. « Ti ricordo che io me ne stavo tranquillamente per i fatti miei. A farmi gli affari miei. E TU mi sei sbucato alle spalle dal nulla. TU mi hai fatto scappare ed è per colpa tua se sono caduta. VUOI PURE UN RINGRAZIAMENTO? » Ebbe quasi la percezione del pavimento in parquet tremolarle sotto i piedi, in una piccola scossa di assestamento. Cosa l'avesse fatta infuriare maggiormente, non lo sapeva neppure lei. Forse quelle insinuazioni sottili, quand'era sul punto di addolcirsi e ringraziarlo, o soltanto il presupposto che Hiro la stesse palesemente prendendo in giro. « E non chiamarmi Trilly! » Ansimando, alla fine serrò le labbra e si placò, soltanto perché il fiato le si spezzò. La testa riprese a girarle e il pavimento minacciò di inclinarsi e farla cadere - di nuovo - faccia in avanti. Stavolta però riuscì ad inalare profondamente, esalò lentamente e si strinse al bordo del ripiano per reggersi in piedi. Okay, tregua. Fu solo in quel momento, quasi per pura casualità, che l'attenzione le cadde sul giubbotto strappato del Chiamatempeste. « Sei ferito? » Una constatazione retorica, anziché una reale domanda. La fronte della Terrena si corrugò per la frustrazione e la preoccupazione. Ecco, ora devo sentirmi pure in colpa. « Quando ti sei fatto male? » Con la stessa rapidità con la quale aveva preso ad inveirgli contro ed attentare alla sua vita, sforzandosi di mantenersi ferma sulle gambe, rifece il giro del tavolo e si riavvicinò per constatare la gravità di quel taglio. Sembrava profondo, a tal punto d'aver lacerato la manica dall'indumento e, allungando una manina per scostare il tessuto, ripercepì la riluttanza del moro nell'essere toccato. « Non ti faccio niente. » un sussurro stavolta molto più addolcito, per davvero, i lineamenti del faccino ammorbiditi e gli occhi a brillarle di seria apprensione. « Me lo fai controllare, per favore? Nel bosco ci sono piante e arbusti d'ogni tipo, oltre il taglio, non vorrei ti venisse una reazione allergica o che ti abbia graffiato qualcosa di velenoso... o peggio capace di farti venire un'infezione. » Cercò di spiegargli, quasi avesse d'un tratto compreso di doverlo convincere, prima di riuscire a fargli sfilare quel benedetto giacchino e permetterle di aiutarlo. Non che gli diede poi molta altra scelta, senza toccarlo troppo, lo aiutò a liberarsene e subito lo spinse verso lo stesso tavolo dove un minuto prima era in atto lo scontro. « Siediti qui. E sta' buono, non fare il bambino. Cerco qualcosa. » Prendendo un respiro profondo, più per ristabilire un ordine fra i pensieri caotici e sopperire alla confusione dettata dall'alcol in circolo, si allontanò per andare alla ricerca di qualcosa di utile in bagno. Aprì stipetti e l'anta del mobiletto sul lavandino, non trovandoci praticamente nulla se non qualche spazzolino ed oggettistica da toilette. Gonfiò le guance, inspirando ed espirando piano, per cui si limitò a riempire una tazza d'acqua - almeno quella fuoriuscì dal rubinetto - e tornare nel vano principale. Dopo aver appoggiato il recipiente sul tavolo, recuperò quel dannato lenzuolo ed iniziò a strapparne sottili striscioline con assoluta perizia. « Fammi vedere. Non ti faccio male. » Prese un pezzo di quello straccio appena ricavato e bagnandolo d'acqua limpida, lo raggiunse piazzandosi vicina alle sue gambe, cercando una posizione affinché potesse stargli vicina ed iniziare a pulirgli con estrema delicatezza la ferita; i tocchi e la sua mano furono leggeri e soffici, accorti mentre strofinava via con gentilezza il sangue e qualsiasi residuo di sporcizia. Non smise mai di lanciare occhiate di sottecchi verso il viso di Hiro, stranamente teso, fin troppo per un taglio di poca entità. Fortunatamente, ripulita la zona, non credeva gli servissero punti o l'intervento diretto di un Curatore. Non ti piace proprio farti toccare da me, eh? Non fece commenti, limitandosi a osservare l'espressione di lui, assolutamente concentrata su quello che stava facendo. I movimenti della bionda si fecero ancora più attenti e riguardosi, nel fasciargli il braccio con un'altra rudimentale benda, anche se la mano con cui prese a tenergli il muscolo del bicipite per aiutarsi nell'operazione parve marchiarsi a fuoco col calore del fatato. Il volto di Asia, che la ragazza sentiva già ardente, divenne chissà come - e chissà perché - ancora più caldo. « Okay. Fatto. » Schiarendosi la gola, lo lasciò andare e fece un passo per allontanarsi, risollevando gli occhietti in quelli di lui. Gli scorse un minuscolo graffio anche sullo zigomo e, per un altro gesto irriflesso nei suoi panni di ormai crocerossina, gli strofinò quel taglietto con un lembo pulito di tessuto. I movimenti successivi furono dettati semplicemente dall'istinto, unito alla sensazione di ebbrezza e senza dubbio alla riduzione progressiva delle inibizioni: durante quell'impresa fin troppo lenta, con l’altra mano arrivò ad accarezzargli con la punta delle dita la mascella, la tempia, la guancia; gli sfiorò i capelli, scostandoglieli dalla fronte con un gesto impercettibile alla ricerca di altre piccole lacerazioni e, quasi a distrarlo dal dolore che avrebbe potuto causargli col panno inumidito, un dito scese inspiegabilmente a toccargli lievemente quell'anellino d'acciaio infilato nel labbro inferiore. Di nuovo, nella sua testolina confusa nella quale si affannarono un'infinità di pensieri contrastanti, tornò a porgersi domande inopportune su quella parte del corpo del moro. « Scusa. » con la voce ridotta ad un flebile sussurro strozzato, indietreggiò di scatto e il viso le prese ancora più colore, le guance ormai incandescenti. Al sopraggiungere di un altro di quei brividi anomali, stavolta lungo la spina dorsale, talmente intenso da farle contrarre i muscoli in ogni parte del corpo, compì dei passi troppo veloci. Barcollò all'indietro, traendo un respiro profondo per controllare il battito frenetico del cuore. « Molto bene, ora dovremmo... forse dovremmo tornare indietro e ritrovare la strada. » Tutta colpa di quella stupida birra fatata. Non berrò mai più in vita mai. Mai più. E la colpa è anche tua, Yamazaki. Cosa ti passa in quella testaccia dura?


    Edited by storm witch - 24/11/2023, 01:32
     
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    « MA CHE STAI FACENDO? » L'urlo di Asia così vicino, il Chiamatempeste respira a fondo, reprimendo l'istinto di buttarla a terra. « Secondo te che sto facendo? » La canzona, sollevandola quel tanto che basta per poterla avvolgere tra le braccia. Una mano dietro la schiena, una sotto le cosce - nude. Pare non farci caso, almeno per il momento -saranno forse gli urletti di lei, a confonderlo- mentre il suo tono di voce si rivela palesemente scocciato. Guarda tu se ti sto continuando ad aiutare, nonostante tutto, -mi hanno drogato, ormai l'ho capito- e questo è il ringraziamento. Ancora. « E poi: ma quanto cavolo strilli? » Le riversa addosso, muovendo un primo passo e stringendo, alla meno peggio, le dita contro la pelle nuda di lei. Gesto che quella dannatissima Trilly gli rende particolarmente complicato, visto quanto si muove. Si dimena, urla, gli molla pugnetti sulle spalle. Non gli fa male, troppo nana per farlo, ma innervosirlo? Sì, questo sì. « LASCIAMI. Mettimi subito giù, stronzetto. Non mi serve il tuo aiuto, membro farlocco dei BTS. MOLLAMI! » « I BTS SONO COREANI, SCEMA. » Non è solito alzare la voce, Hiro. Anzi in realtà non è solito...Fare niente di tutto questo. Prenderla in braccio, toccarla, ad esempio. O ancora risponderle, e farlo con tanto accoramento. Dà, per l'ennesima volta, la colpa all'alcool. Non berrò mai più se il risultato è avere a che fare con Asia Roy. Se lo ripete mentalmente, l'ennesimo pugnetto che gli sfiora il viso, e che lui schiva -impassibile e con sguardo funereo- senza troppo impegno. « E poi dove STAI ANDANDO? NON STIAMO TORNANDO INDIETRO. » Decide di non risponderle, perchè se lo facesse, probabilmente la farebbe mettere a piangere. E già ti lamenti tanto -troppo- così. Figuriamoci se ti metti a piangere. Il tuo fidanzato dev'essere un santo. Magari è proprio quel Plasmastronzo. Ecco perchè ti faceva bere così tanto. Sì, sicuro - per renderti più sopportabile. Nel contesto generale, pare non farci caso alla strana sensazione di.. fastidio che la parola "fidanzato" - associata ad Asia ed il Plasmastronzo, sembra suscitare dentro di lui. Ma comunque, forse in una sorta d'istinto -o chissà, non lo sapremo mai- un ringhio non troppo sommesso scuote il suo petto. « Sto davvero, davvero, per farti male Yamazaki. Ti sto avverte-nd... » Ringhio che verrà tuttavia confuso -da lui in primis- come reazione alle minacce ed i svariati colpetti della Terrena. « Tu provaci. » Sibila soltanto, infine, senza nemmeno guardarla. Continua a camminare, piuttosto, quando si accorge che -come d'improvviso- Asia sembra quasi essersi.. Calmata? Cala lo sguardo verso di lei, stranito (o forse preoccupato?) da quel cambio d'umore repentino. E quasi si aspetta di ritrovarsela svenuta tra le braccia - per il troppo alcool, ad esempio. O forse per lo shock, chi lo sa, fatto sta che no, Asia svenuta non lo è affatto. Adesso è ferma, immobile e minuscola, tra le sue braccia. Per un istante, i loro sguardi si incrociano, prima che sia Hiro a distogliere il proprio, velocemente. Sospira, come infastidito - sicuramente imbronciato. Sei proprio scema, Asia Roy. Pensa, impegnandosi per mantenere l'attenzione fissa davanti a sè, mentre si fa strada tra gli alberi. Sei così piccola. Poteva capitarti la qualunque, qui, da sola. Automaticamente, quasi una sorta di riflesso incondizionato a cui non farà troppo caso -colpevole l'alcool- la stringe maggiormente a sè, a quel pensiero. E stringendola, le dita impresse sulla pelle nuda di lei, il corpicino esile compresso al proprio, una strana quanto..Piacevole? sensazione ne pervade l'intero organismo. Come una scarica elettrica si espande a macchia d'olio attraverso ogni suo tessuto, costringendolo ad esitare un attimo, prima di proseguire. Sensazione che si acuisce al massimo, rendendosi quasi violenta e difficile da controllare - con quel battito cardiaco accelerato che si porta dietro - quando la Terrena si avvicina al suo collo, sfiorandolo con la punta del nasino all'insù. Non sa effettivamente cosa Asia stia facendo (lo sta forse annusando?) fatto sta che tossicchia, come per schiarirsi la gola e, assieme, i pensieri. Non dice nulla tuttavia, stranamente ammutolito, mentre continua nel suo tragitto, la testolina di lei a poggiarsi sul suo petto, attraverso l'incavo tra collo e spalla. Si rende conto che tutto il suo corpo pare reagire al contatto con quello di lei. Dalle dita a stringere la sua pelle nuda, al seno che percepisce sfiorargli il busto. E sono sensazioni strane -e sicuramente contrastanti- quelle che prova. Da un lato, con quel minimo di lucidità che gli rimane, si domanda perchè tutta quella vicinanza -così anomala per uno come lui- non gli dia fastidio. Anzi al contrario lo accende, dall'interno, in una rete elettrica che parte dal suo petto sino a finire alla pancia e poco più giù. Dall'altro lato, invece, quella forma di.. tenerezza? Non saprebbe sicuramente denominarlo - a sfiorare quei suoi pensieri, nel vederla così indifesa, aldilà di tutto. Potrei farti la qualunque, in questo stato. Potevano farle la qualunque. Chi? Non lo sa bene, eppure ci pensa. Quel Plasmaforme, ad esempio, o altri ragazzi della scuola. Lo ha sempre notato, Hiro, come la guardano. Con quale desiderio negli occhi scrutano spesso ogni angolo di quel suo grazioso corpicino. E seppur sappia non si tratti di..Beh, criminali -almeno spera- non si fida della maggior parte dei suoi coetanei. Ma non sono affari che ti riguardano, Hiro. Magari le piace. Chissà quanti ne ha, di ragazzi che le vanno dietro. Oltre al suo fidanzato - se lo è veramente. E' ancora intrappolato tra questi pensieri quando, finalmente, trovano la capanna del Guardiacaccia.
    « Stronzo. » « Scema. » Ed è, invece, con questi borbottii a mezza bocca, che il Chiamatempeste torna da lei, una volta sfilato alla meno peggio il lenzuolo dal lettino. Glielo sta ancora porgendo, gli occhi chiusi e la testa girata dall'altro lato, quando -poi- la sente parlare. « Hai ragione. » Allora si volta, un'espressione che ha dell'interrogativo a colorargli il visetto pallido. Tu che dai ragione a me? Okay, dov'è l'inculata? Non lo dice, nonostante la sua faccia sia particolarmente esplicativa; ed infatti la osserva, gli occhi leggermente socchiusi, per cercare di cogliere dove quella fatina dispettosa voglia arrivare. Lei, dal canto suo, gli si fa vicina, azzerando sempre di più la distanza che li separa. Quando poi lo tocca, Hiro sobbalza. E' troppo vicina - pensa. E mi sta toccando. Eppure non si scosta, come farebbe di solito. No, rimane anzi lì, la pelle del suo viso a farsi sempre più bollente e reattiva sotto il tocco di lei. E addirittura si abbassa pure, Hiro, quando è Asia ad accompagnarlo, nonostante l'istinto lo faccia sempre sobbalzare, dapprima. « Come ringraziamento per avermi salvata, giusto? » Si è calato quel tanto che gli basta per vederla da vicino - tanto vicino, il Chiamatempeste. Il respiro che accelera un po', la confusione ad impossessarsi di quella sua -poca- lucidità ed una sensazione che non stenta a premere sotto i jeans neri. Dritta sul cavallo dei pantaloni, il quale, adesso, inizia a rendersi leggermente più..evidente del normale. Deglutisce, mordicchiandosi il labbro inferiore ed incontrando il piercing coi denti, che fa roteare involontariamente. Il respiro caldo di Asia lo percepisce sulla propria pelle, così come il proprio si infrange su quella di lei, quando.. « Ti piacerebbe, vero? SEI VERAMENTE UNO STRONZO. Con me non ci sco-peresti neanche col coso DI UN ALTRO, eh? » Istintivamente, inarca entrambe le sopracciglia. E poi avviene tutto così in fretta, che quando lei gli molla due schiaffetti per spingerlo via, effettivamente indietreggia di due o tre passi, Hiro, rischiando di cadere, la testa che gira. No aspetta. Pensa, spalancando gli occhi sempre di più di fronte ad una tale realtà che va pian piano a palesarsi tra le sue congetture. Tu hai appena preso in giro me? Qualcosa gli rimonta nel petto. Nero orgoglio, probabilmente. Misto ad una sensazione altra che, è chiaro, non sarà capace di decifrare. « Isterica e anche B-I-P-O-L-A-R-E noto. Davvero, non te ne manca nessuna, Terrena! » Tuona, mentre Asia si rifugia dietro il tavolo in legno, che tenta di spingergli contro, in un tentativo davvero... « Imbarazzante. » Il tono derisorio, oltre che tagliente, seguito da quel suo solito sopracciglio alzato a metà, con fare supponente. Ed incrocerebbe anche le braccia, continuando a sputargliene addosso di ogni, in quella sua caratteristica tranquillità così apatica da farti prudere le mani, se non fosse che Asia -di sicuro più sanguigna, rispetto a lui- dal canto suo, abbia iniziato a lanciargli addosso la qualunque. La prima tazza non lo sfiora nemmeno - e lui di certo non si sposta neanche di un centimetro. Il secondo oggetto, che non riesce bene a decifrare, lo fa svolazzare con un cenno del capo e l'illuminarsi di quei suoi occhi ghiaccio, ben oltre propria testa, sino ad infrangersi al muro. « Hai fin- » Il terzo fendente, tuttavia, gli impedisce d'improvviso la vista. Si ritrova imprigionato nel lenzuolo di poco prima, che si avvinghia per qualche momento alla sua testa. « HAI FINITO? » Ruggisce da lì sotto, liberandosi con le mani in una scenetta che ha del comico. Ne riemerge, infine, i capelli completamente spettinati. « Ti ricordo che io me ne stavo tranquillamente per i fatti miei. A farmi gli affari miei. E TU mi sei sbucato alle spalle dal nulla. TU mi hai fatto scappare ed è per colpa tua se sono caduta. VUOI PURE UN RINGRAZIAMENTO? E non chiamarmi Trilly! » « Scusa - TRILLY. Poi sarei io, l'esagerato, TRILLY. Se non avessi fatto TUTTO QUESTO TEATRINO, me ne sarei semplicemente andato. Figurati se avevo voglia di stare lì a guardarti fare pipì. » Sbuffa, esitando per un istante nel percepire il terreno tremare appena sotto la suola delle sue scarpe. La guarda. Ma sei seria, Roy? Pure un terremoto adesso? Nemmeno ti avessi messo una mano nelle mutande! « O guardarti e basta, odiosa per come sei. » Pausa. « Trilly. » Quelle, sono le sue ultime parole prima di decidere che basta, con ogni probabilità non le risponderà più. Offeso, incrocia le braccia. La prossima volta fatti aiutare da qualcuno di quei coglioni che ti vengono dietro. Io ho chiuso con te, Asia Roy. Chiuso per sempre.
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    « Sei ferito? » Poi, inaspettata, quella domanda trapela in un silenzio carico di tensione. Eh? Ancora imbronciato, il Chiamatempeste cala lo sguardo verso giù. Sul suo braccio sinistro, uno squarcio a rovinare quel suo giacchetto nero - uno dei tanti regali di sua madre per farsi perdonare del suo, beh, non saper fare la madre. La pelle nuda al di sotto è sporca di sangue, in un taglio non grave, ma comunque abbastanza profondo da riversare un discreto quantitativo di sangue. Scuote la testa, allora, ancora convinto in quella sua personale battaglia. Non ti rispondo. Inutile che fai la carina con me, adesso. E' troppo tardi. Tuttavia, muovendo un po' il braccio, una fitta lo pervade, costringendolo a gemere un sottile « Ah », soffocato tra i denti. « Quando ti sei fatto male? » « Mentre scappavi da me come una scema. » Borbotta soltanto, il tono di voce che nulla ha da invidiare ad un bimbetto imbronciato. Quando lei poi gli è vicina, a sfiorargli il braccio con tocco gentile, Hiro sobbalza, scostandosi d'istinto. « Non toccarmi. » « Non ti faccio niente. » « Mh. » Mormora solo, rilassandosi appena. Il suo sguardo, scuro, va a ricercare quello di lei. Alla stregua di un animaletto ferito ed indifeso, tenta di decifrare in quei suoi occhi nocciola se possa aspettarsi una qualsiasi minaccia, da parte sua. Eppure Asia non sembra davvero volergli fare del male. Non adesso. Anzi lo guarda, il visino paffuto addolcito da una nota di..Apprensione? Preoccupazione? Non saprebbe dirlo. Nè saprebbe dire se gli faccia piacere. Ciò nonostante, rimane comunque teso, mantenendosi ad una certa distanza. « Me lo fai controllare, per favore? Nel bosco ci sono piante e arbusti d'ogni tipo, oltre il taglio, non vorrei ti venisse una reazione allergica o che ti abbia graffiato qualcosa di velenoso... o peggio capace di farti venire un'infezione. » Lei prova a convincerlo ed Hiro, dopo una buona manciata di minuti, alla fine sbuffa, annuendo. Aiutato dalla Fata si sfila la giacca, lasciando che sia lei a posarla da qualche parte, un non indifferente fastidio al braccio nel muoverlo. Poi si siede, sul legno. « Siediti qui. E sta' buono, non fare il bambino. Cerco qualcosa. » Annuisce. A maniche corte, con una maglia nera, semplice, incrocia le dita di entrambe le mani e le poggia sulle gambe. Il suo braccio destro è pieno di tatuaggi. Partono dalla spalla e fuoriescono da sotto la manica, fino al polso. Quello sinistro, invece, -ferito- al contrario è vuoto, la pelle diafana sotto la luce fioca della luna che trapela dalle finestrelle. Silenzioso, aspetta che lei torni dal bagno. « Che vuoi fare? » Domanda, diffidente, non appena la vede riavvicinarsi. Strappa alcuni pezzi di stoffa, Asia, decisa - poi, bagnatili nell'acqua, fa per toccarlo. Un ringhio sommesso a scuotere il petto del Chiamatempeste, destinato però ad assopirsi ben presto, alle parole di lei. « Fammi vedere. Non ti faccio male. » « O-okay.. » Borbotta, nervoso. Così com'è nervoso nel vederla avvicinarsi a lui, medicazione a parte. Asia, infatti, si incastra praticamente tra le sue gambe aperte. I loro corpi si sfiorano appena, e questo basta a farlo sospirare. Si riempie i polmoni, allora, tentando di scacciar via qualsiasi forma di..Brivido. Lei gli ripulisce la ferita, e lo fa con un tocco così leggero, dolce, da risultare quasi impercettibile. Dapprima sobbalza, il giapponese, un po' per il dolore, un po' per la poca abitudine. Seppur ubriaco, quella sua fobia tanto strana quanto invalidante è comunque presente. E non è abituato quindi a farsi toccare, Hiro, se non da sua sorella, forse, e nemmeno poi sempre. Eppure le dita di Asia sulla propria pelle, non sembrano innescare violente e dolorose esplosioni, come avviene sempre - e con chiunque altro. Non sono mani pesanti, insistenti, sporche, indiscrete. No, le dita di Asia sono delicate, esitanti. Si staccano immediatamente quando lui si scosta, per poi riavvicinarsi una volta tranquillizzato. Si mordicchia il labbro inferiore, dunque, lo sguardo fisso su quanto lei sta facendo. Infine, una volta bendato il braccio alla meno peggio, la guarda. « Okay. Fatto. » Lei si scosta, e la pelle di lui pare accusarne il colpo. « Mh, grazie. » Borbotta, muovendo un po' il braccio. Il fastidio è comunque presente, ma di sicuro molto meno invadente. « Fa molto meno male, adesso.. » Ha giusto il tempo di dire, il tono di voce leggermente esitante. Vibrante. Si schiarisce la gola nell'esatto momento in cui Asia gli poggia il panno umido sul viso, all'altezza di un taglietto sullo zigomo. Non dice niente, Hiro, limitandosi a guardarla, un sospiro ad infrangersi sulla pelle di lei - così vicina. Socchiude leggermente gli occhi, prima di percepire le dita della Terrena vagargli addosso. Lo accarezzano, leggere, insinuandosi sotto i capelli spettinati, sulla guancia, sulla mascella. Si prendono libertà che generalmente non concederebbe, ma di cui al momento -inaspettato- pare non poterne fare a meno. Infine, si soffermano sulle labbra, che lui schiude leggermente, come d'istinto. La punta della lingua la sfiora appena, mentre un brivido lo scuote dall'interno. Ha un buon sapore, Asia. Si ritrova a domandarsi se anche la sua bocca, abbia lo stesso sapore. Allora, alzato lo sguardo, fa per dire qualcosa, quando lei si scosta, improvvisamente. « Scusa. - Molto bene, ora dovremmo... forse dovremmo tornare indietro e ritrovare la strada. » Rossa in viso e dal tono di voce tremante, la Fata barcolla, nell'allontanarsi da lui. E lui, dal canto suo, balza velocemente giù dal tavolo, avvolgendole il busto con il braccio destro, per non farla precipitare.
    Silenzio. Il silenzio che li travolge, da quella posizione, è a dir poco assordante. Sono vicini, tremendamente vicini. Lui la tiene stretta per i fianchi, letteralmente appiccicata al proprio corpo. Il visino di lei di qualche centimetro sotto il proprio. La guarda, fisso, sfiorando il piercing al labbro coi denti, nel mordicchiarsi. Attraverso gli occhi di lei un bollente imbarazzo che Hiro riconosce senza troppo impegno - tanto è evidente, dopotutto. « Scommetto che non era questo, ciò che volevi dire » Sussurra, lasciando che le sue parole vadano a solleticarle il visino paffuto. « Mi fissavi le labbra. Volevi forse dirmi qualcosa, Roy? Chiedermi qualcosa? » E a quel punto, si fa ancora più vicino. Con la punta del naso sfiora quello di lei, calandosi un po'. Le sue labbra così vicine alle proprie, il corpo di lei stretto al suo.. - Gli fa effetto. Tanto, troppo. Un'arma a doppio taglio, quella sua folle sfida, che si palesa in un desiderio che adesso riconosce perfettamente, e che si concentra in un punto ben definito del suo corpo. I jeans si fanno improvvisamente fin troppo stretti, quando si sporge appena in avanti, costringendola ulteriormente a sè e premendole addosso con beh..ogni cosa di lui. Per un istante, poi -non contento- lascia uscir fuori la lingua, che le sfiora le labbra, percorrendole lentamente. Non sa poi se è per l'alcool, o ben altro, ma quel gesto gli fa girare la testa d'improvviso. E allora, preso da quell'impeto di ebrezza -o follia, che dir si voglia- questa volta la afferra con entrambe le mani, ribaltando la situazione e spingendola con forse troppo impeto sul tavolino. La mano sinistra va a poggiarsi sulla sua coscia, lasciandole l'impronta nel premere le dita sulla sua carne bollente. La guarda, e la testa gira ancora, ma non socchiude gli occhi nè si allontana. Averla così vicina, microscopica e..manovrabile sotto di lui risveglia istinti che sa riconoscere, ma che non è solito provare. Si sofferma allora con lo sguardo sui suoi occhi, poi sulle guanciotte morbide. Ne ripercorre l'ovale del viso, seminascosto dai capelli, che reprime l'istinto di tirarle verso dietro. Dispettoso, tuttavia, se con la mano sinistra la tiene per un fianco, quella destra -ancora poggiata alla sua gamba- risale un po'. E' calda, Asia, pensa, prima di riconoscere il bordo delle mutandine, da sotto la gonna. Non viola quel perimetro, ma comunque l'indice ed il medio si poggiano lì, nel suo punto più sensibile, premendo un po'. Tenta di non impazzire nel percepirla umida. E allora le sussurra, proprio sulla bocca, sfiorandola. « Per essere una che "piuttosto che darmela se la cucirebbe", sei parecchio bagnata, eh, Asia? » E a quel punto, mani annesse, si scosta -seppur il suo corpo desideri tutt'altro, ben altro. Un sorrisino che ha dello sfottente a colorare quel suo visetto pallido, mentre si stringe nelle spalle. « Quindi volevi tornare, dicevi. Okay, andiamo? »


    Edited by nato dalla tempesta - 27/11/2023, 14:05
     
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    Non era quello, il modo in cui avrebbe voluto passare la serata. Non era decisamente il proseguimento di eventi per cui, quasi sotto costrizione di Morrigan e Kian, aveva infine acconsentito a seguirli a quella stupida festa nella Glasshouse. Non era mai stato nei suoi piani, interagire con Hiro Yamazaki, anche se l'amica aveva lanciato lì la supposizione potesse parteciparvi anche lui insieme a quel Scuotiacque esagitato dalle camicie imbarazzanti. E di certo, neppure nelle sue fantasie più recondite, avrebbe potuto immaginare di ritrovarsi incastrata col giapponese in quella casetta nella foresta, non solo infervorata fino nell'ultima fibra del suo corpo, ma anche innervosita a tal punto da perdere la sua proverbiale pazienza e dolcezza. Era piuttosto ovvio, agli occhi della bionda, quanto fosse Lui ad alterarle così l'umore e lo stato d'animo, tanto da costringerla a far uscire allo scoperto parti del suo carattere ancora sconosciute perfino a sé stessa. Non sapeva spiegarsi neppure lei, il perché continuasse a dargli ascolto anziché ignorarlo del tutto; il buon senso, le avrebbe sicuramente suggerito di mollarlo lì nella capanna, per ritrovare la strada per i dormitori da sola. In fondo, non conosceva assolutamente nulla di Hiro. Non poteva immaginare le sue intenzioni od il reale motivo per cui anche il Chiamatempeste se ne stesse lì, a darle appoggio in quella discussione, piuttosto di impersonare la solita parte apatica ed annoiata del loro incompatibile duo. In quei mesi, Asia si era fatta una sorta di profilo abbozzato di lui, pur non ammettendo neppure fra sé e sé quanto in effetti l'avesse osservato anche solo a distanza. Era un ragazzo di poche parole, difficilmente l'aveva intravisto scambiare più di qualche battuta prolungata con chicchessia, eccezione fatta per Jesper; quelle rare volte in cui era riuscita ad ascoltare maggiormente la sua voce, anche in compagnia di alcune di quelle mocciosette fastidiose che gli ronzavano attorno, manteneva in ogni caso una cadenza laconica e le liquidava con poche e asciutte frasi assurde; aveva comportamenti ripetitivi, a volte buffi per gli occhietti curiosi della Terrena, come la tendenza a mangiare in mensa tutto solo seguendo delle strane prassi sempre uguali; era poco attivo sui social, nonostante avesse un seguito piuttosto imbarazzante di ochette coi loro commenti inappropriati; se ne spuntava da un giorno all'altro con nuovi piercing, o addirittura tatuaggi che era riuscita a scorgere soltanto in parte, sotto quei vestiti neri. Si rese conto durante il litigio, d'averlo studiato decisamente un po' troppo per una persona disinteressata. Era comunque colpa di Hiro, col suo essere intraducibile e troppo misterioso, ad attrarla. Per uno silenzioso e restio alle interazioni sociali, le urlava fin troppo addosso, soprattutto quella sera; e continuava ad assumere un atteggiamento indecifrabile alimentando la sua collera. Non era come Andrea. Lui era gentile ed imbranato perfino più di lei; il Corvonero, migliore amico di suo fratello e neo Roy adottivo, non le avrebbe mai sbraitato contro delle offese così taglienti. Andy tuttavia non riscuoteva in alcun modo le stesse reazioni di Yamazaki in lei. Era diverso. Inesprimibile nella sua piccola testolina bionda, la differenza. « Isterica e anche B-I-P-O-L-A-R-E noto. Davvero, non te ne manca nessuna, Terrena! » Eh, no. No, piccolo stronzo. Questa non te la lascio passare. « Ma come cavolo ti permetti, Nuvoletta Nera dei miei stivali? Provaci ancora a dirmi qualcosa di offensivo e te lo faccio vedere io, il potenziale di questa Terrena! Razza di ventilatore umano inutile. » Aveva iniziato a lanciargli qualsiasi cosa le capitasse sottomano. E a strillargli contro, non badando a quanto la sua vocetta fosse più rauca del solito e quel comportamento la facesse apparire più capricciosa ed indispettita, rispetto alla maturità e superiorità che invece voleva dimostrargli. « Scusa - TRILLY. Poi sarei io, l'esagerato, TRILLY. Se non avessi fatto TUTTO QUESTO TEATRINO, me ne sarei semplicemente andato. Figurati se avevo voglia di stare lì a guardarti fare pipì. » Lui però continuava a renderle il compito di comportarsi da "adulta" terribilmente impossibile. Asia puntò i piedi per terra, lanciando un ultimo vasetto in aria, frantumatosi con gli altri oggetti troppo in là rispetto alla figura tutto fuorché modesta del bersaglio. « O guardarti e basta, odiosa per come sei. Trilly. » Continua, continua che ora ti faccio rimpiangere davvero di avermi seguita. Che poi cos'è che vuoi da me? Un ringraziamento sto per dartelo in fronte. « Ed io non ti sopporto proprio, con quel tuo faccino tutto imbronciato e l'aria di superiorità. Quindi sai QUANTO ME NE FREGA, della tua opinione Hiro Yamazaki? Ma chi ti ha chiesto NIENTE! » Strinse i pugni sui fianchi, con fare sempre più esasperato. E nonostante il suo visetto imbronciato non facesse poi così paura, era pur sempre una Terrena fuori controllo ed il pavimento che prese a vibrare sotto i loro piedi né fu una dimostrazione evidente, di quanto quel fatato cinico ed impertinente le facesse effetto. Fortunatamente ritornò in sé nel giro di uno battito di ciglia, anche per via del giramento di testa successivo ma soprattutto notando un dettaglio capace di farle mettere da parte l'arrabbiatura e l'acredine provate per il Grisha: era ferito. Si tranquillizzò pian piano, entrando senza alcuna intenzione razionale nei panni di "crocerossina". E, una volta trovato quel poco con cui medicarlo, arrivò a sbollire ancora di più il nervosismo mentre si occupava del taglio sul braccio di Hiro. O forse fu soprattutto per quel « Non toccarmi. » mormorato, dopo l'ennesimo sussulto causato dalla sua vicinanza. Seppur non abbastanza in sé, considerato lo stato attuale di entrambi, riuscì ad ogni modo a rimediare quantomeno in parte al graffio profondo, ripulendoglielo e fasciandolo come poté. « Mh, grazie. Fa molto meno male, adesso..» Ho sentito bene e... mi hai appena ringraziata? Dopo quelle parole, Asia lo guardò come se improvvisamente le si fosse materializzato tutt'altro tipo di persona dinanzi. Lo vide per la prima volta nei panni del giovane uomo qual era, più piccolo ed infantile di quanto avesse mai pensato. Guarda tu, se ora devo sentirmi in colpa per averti fatto ferire non volendo e per quel broncetto... carino. « Domani dovresti comunque fartelo controllare in Infermeria. » borbottò di rimando, riprendendo a sentire quell'assurdo calore ardente che si insediava in lei, a maggior ragione non appena gli toccò il viso con l'intento di trovarci altri taglietti... compiendo tutt'altro tipo di gesti. Si ritrovò a sfiorare quel piercing al labbro con impulsività, da lì in poi fu un susseguirsi di eventi e reazioni d'entrambi che avrebbe difficilmente saputo rimettere in ordine temporale per la confusione nella sua testa. Hiro arrivò addirittura a passarle la lingua su quel dito e lei sobbalzò, indietreggiando imbarazzata, vittima di un nuovo capogiro più intenso. Finì chissà come col moro a sostenerla, un braccio a passarle dietro la schiena, il corpo ad ondeggiarle per... la birra e non di certo la vicinanza imprevista col corpo di lui. Ci si aggrappò, per riflesso, sentendo le gambe un'altra volta instabili sotto il suo peso. « Scommetto che non era questo, ciò che volevi dire » Deglutì a vuoto, Asia, cercando di mascherare l'imbarazzo e stabilire un'interruzione con le occhiate provocatorie del moro scostandosi una ciocca di capelli dal viso. Per non soccombere di fronte a quella situazione d'impaccio così infantile anche per sé stessa, spostò di conseguenza lo sguardo sulla guancia di Hiro, pericolosamente vicina insieme ai respiri di lui che andarono a fondersi coi suoi più accelerati e rumorosi. Aveva inspiegabilmente difficoltà, come mai in vita sua, anche soltanto ad incamerare aria con un ritmo regolare. « Mi fissavi le labbra. Volevi forse dirmi qualcosa, Roy? Chiedermi qualcosa? » Viso e collo erano ormai in preda alla combustione, quando decise di prendersi coraggio e guardare Hiro con gli occhi stretti. La pelle prese a formicolarle non solo nei punti in cui il suo corpo premeva contro quello del ragazzo; col cuore a batterle all'impazzata nella piccola cassa toracica e lo stomaco sottosopra, come se al suo interno avesse improvvisamente preso vita una colonia di fatine dispettose impazzite, l'unica risposta che riuscì a pigolare fu un « No. » sussurrato talmente silenziosamente, da fuoriuscirle di gola senza reale voce. Perché ti stai avvicinando di nuovo? Non lo capì subito, quale fosse la finalità della mossa successiva dell'altro, ma si ritrovò a sgranare gli occhi e fu il suo turno di trasalire: prese ad accarezzarle le labbra con... la lingua. Ma che fai? Più di quanto le gambe già non fossero intorpidite, quel contatto rese i suoi muscoli ridotti in gelatina. Lasciò ricadere la testa leggermente indietro, in un movimento istintivo quasi volesse dargli maggiore accesso alla sua bocca che, sotto quei tocchi, si schiuse appena. Il visetto le si contrasse in una smorfia tenera a metà fra apprezzamento ed incertezza e le palpebre le si abbassarono fino a metà degli occhi; poi, un sospiro lungo e profondo le sfuggì a causa di un altro brivido a percorrerle il corpo. Completamente immersa nel momento, non ricordò neppure come e perché le sue mani si fossero arpionate alle braccia del fatato, reggendosi a lui e flettendosi sotto quelle attenzioni dalle quali non riuscì a ritrarsi. « Hiro. » In seguito, non avrebbe ricordato neanche il motivo per cui sussurrò addirittura il suo nome a fior di labbra, con un vocino ridotto a poco più di un gemito tremante. Non ne ebbe il tempo, di metabolizzare la vicinanza, i loro respiri fusi, il corpo del moro troppo imponente e stranamente rigido contro il suo... Sollevata di peso da lui, un istante dopo si ritrovò sballottolata ancora sul tavolo, una smorfia rapida per il sedere ad impattare - per la seconda volta - sul legno freddo e duro. Se non avesse avuto le braccia di lui, alle quali continuò a tenersi aggrappata con ancora più forza, con ogni probabilità sarebbe caduta all'indietro tanto fu l'impeto col quale Hiro la smosse. Esalando il fiato con troppa velocità, la testa riprese a girarle e la stanza a vorticarle davanti agli occhi. Non ci badò, sbattendo freneticamente le palpebre, alla ricerca di un nuovo contatto visivo col ragazzo ancora lì, accanto a lei - o più precisamente addosso al suo corpo, infilato fra le sue gambe. Istintivamente andò a chiuderle peggiorando la situazione. Serrò le cosce contro i fianchi di lui, la gonna a sollevarsi sconsideratamente, e tanto bastò ad elettrizzarle ulteriormente i nervi fino a quel punto sconosciuto di congiunzione lì in basso. Oh, cielo... Ora svengo. Con le manine arrivò a stringerlo per gli avambracci, accorgendosi di strani movimenti quando l'impronta della mano di lui la marchiò su un lembo di pelle della coscia. Sospirò. O traballò. O forse entrambi. « Hi-ro. » Lo richiamò inconsciamente, forse nel vano tentativo di fargli capire di non star capendo poi molto, di cosa stesse accadendo e di cosa Lui stesse combinando. Tra la mente ancora sconvolta dalla vicinanza estrema, il tumulto dei battiti troppo frequenti, il disordine interiore dettato da quella schifosa birra fatata in circolo nel suo corpicino e quell'imprescindibile tensione causata dal Chiamatempeste, non riusciva a pensare. Non in piena coscienza. Iniziò a comprendere sempre di più solo coi gesti del moro, dove si stessero spingendo: sentì le dita fredde di lui risalire e spostarsi nell'interno coscia, lasciando sulla loro scia un percorso elettrizzante, finché al primo accenno di pressione contro una parte così sensibile del suo intimo, la guardia le si abbassò del tutto. Asia avrebbe potuto tradurlo come un lieve gemito di sorpresa, per via di quella sollecitazione imprevista di lui contro il centro delle sue pulsazioni, ma sgranò ancora di più gli occhi lucidi nel recepire da sé di cosa in realtà si trattò. Non aveva mai provato prima, quella sensazione. Non era mai stata toccata così da nessuno. Eppure, con ritardo imperdonabile la sua testolina riuscì finalmente a mettere insieme tutti i pezzi. A collegare ogni puntino. L'aveva definita tensione, irritazione, fastidio o perfino male al ventre per il troppo nervosismo ogniqualvolta quella sera - e non solo - il suo corpo aveva preso a reagire per Hiro. Aveva tuttavia un nome differente, quel fremito capace di farle scappare un mormorio senza fiato. Un piccolo gemito simile a uno squittio. Di piacere. Eccitazione. Era eccitata. Per lui o a causa di lui. Non che facesse poi molta differenza, contava piuttosto il fatto che stesse provando quel turbamento emotivo e fisico, quegli spasmi così intimi, per qualcuno che in teoria non sopportava. E alla quale lei nemmeno piaceva, a giudicare dalle continue offese e frecciatine. Le mani finirono serrate ancora di più nella presa sulle braccia di lui, lo sguardo perso su quel viso troppo vicino contro il quale lasciò andare un altro ansimo sottile. O-kay... okay come ci comporta in queste circostanze? Dovrei... ucciderti? O forse... Forse...
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    « Per essere una che "piuttosto che darmela se la cucirebbe", sei parecchio bagnata, eh, Asia? » Le rivolse un’occhiata così intraducibile, ed un sorrisetto carico di derisione, che non poté che rafforzare il fuoco diffuso sulle sue guance - ed in altre zone e muscoli, che la bionda provò a contrarre ottenendo soltanto un effetto peggiore, drastico. Qualora non fosse stata già violacea in viso, sentì la propria pelle avvampare per quelle parole così esplicite ed il fiato le si mozzò di fronte al modo in cui il moro pronunciò il suo nome, sfiorandole le labbra. Avrebbe voluto rispondergli; caricandosi di un coraggio che non credeva neppure di possedere, ritornò ad infuriarsi tempo due secondi, ma riuscì a schiudere appena la bocca tentando di rivolgergli altre parole aspre che si meritava. Dalla sua gola fuoriuscì un singolo sospiro intenso, tremolante, tanto quanto l'anelito successivo rotto da un basso suono. Prima che potesse anche solo provare a scostarsi, colpirlo, inveire ed urlargli altre offese meritate, ci fu la brusca interruzione del loro contatto ricercata dal Grisha stesso. Lo guardò accigliata, concentrandosi sul suo viso, sui suoi occhi… nei quali intravide uno sfottò silenzioso. Nella testa della Terrena ripresero a susseguirsi un'infinità di immagini violente di come avrebbe potuto infliggergli un imbarazzo che fosse moltiplicato immensamente rispetto al proprio. Mi hai appena presa in giro? To-ccandomi di proposito? L'avrebbe davvero reso una di quelle sculture da esporre nel giardino botanico delle Accademie. Il suo potere e la rabbia le formicolarono sotto le dita. Ti sei vendicato, del mancato bacio di poco prima? Seriamente? Ti ammazzo, dammi solo un... minuto per riprendermi. « Quindi volevi tornare, dicevi. Okay, andiamo? » Proseguì lui con noncuranza e la Fata cercò di riappropriarsi della determinazione, di riacquisire la piena facoltà mentale per potergli rispondere per le rime. « Tu... » riconobbe a stento la propria voce, ridotta a poco più di un sussurro troppo basso e scosse freneticamente la testa nel tentativo di ristabilire ordine. Nel suo corpo, nella mente, nelle emozioni in picco, del tutto in balia di quello... « Tu sei uno stronzo. » gli si scagliò contro con gli occhi stretti, colpendolo senza preavviso sul petto e con un altro schiaffo con il dorso della mano sulla spalla. Ahia, sei pure troppo duro. « Pensi di essere divertente, Hiro? A che gioco stai giocando? » Trovò la forza di guardarlo storto mentre si sporgeva del tutto col busto verso di lui, puntandogli addosso con furia il visetto in fiamme carico di un'espressione intraducibile. « Te lo tolgo a schiaffi, quel sorrisetto strafottente dal faccino, Hiro. » proseguì in modo sempre più deciso, presa dall'enfasi - e da un'adrenalina incontrastabile - le dita si appropriarono della maglia scura del moro e lo tirò brusca verso di sé, aiutandosi con le gambe in un movimento non propriamente studiato. Arrivò ad avvolgergliele attorno alla vita, stringendolo con uno strattone affinché le si avvicinasse e fosse completamente a portata - per riprendere a picchiarlo, o devastarlo soltanto verbalmente, doveva ancora deciderlo. « Poi vedremo, se avrai ancora voglia di fare l'intraprendente. » Con la vista che tremolava, rivide per un breve frangente la figura del Chiamatempeste sdoppiarsi di fronte a sé. E quelle sensazioni - la presa sul fatato, il calore del suo respiro, il corpo di lui che premeva contro il suo - scatenarono altre reazioni incontrollabili dentro di lei, fino al punto fastidioso in mezzo alle cosce. Di nuovo. Troppo vicino. Erano finiti troppo vicini. Perfino di più rispetto a poco prima. Fu proprio in quel momento, che Asia notò finalmente qualcosa, abbandonando il velo di innocenza ed ingenuità così caratteristici in lei. Avvertì un fremito all’altezza dello stomaco e una certa pressione in mezzo alle gambe, proprio lì dove il bacino di Hiro premeva contro il suo. Come sempre, impiegò un istante di troppo a capire. A ricollegare, a cosa fosse dovuto e si scoprì stupidamente conscia di ogni minimo dettaglio. Di tutto ciò che aveva ritenuto infattibile e non aveva mai preso in considerazione. No, non è il suo telefono. Spalancò gli occhi e le guance le si tinsero di un colore pressoché simile al porpora oramai. Cercando palesemente di non darlo a vedere, di non farsi scoprire, serrò ancora le cosce creando un'altra reazione a catena. Quando ti sei ec-ci... E perché? Per me o perché funziona così e basta? Avvertire il desiderio di Hiro - per me o per riflesso involontario? - le generò una nuova ondata di brividi. Okay, cosa farebbe una Valkyria? Sensuale e decisa. Ti distruggo, stronzetto. Non era una persona vendicativa, Asia. O quantomeno, non ricordava d'aver mai provato un vero e proprio desiderio di rivincita. Al contrario sapeva essere competitiva se provocata, voleva avere spesso e volentieri l'ultima parola e se a ciò si andava ad associare l'affronto appena subito dal giapponese... Beh, sì credo di aver scoperto di essere terribilmente vendicativa, quando si tratta di te, Yamazaki. Guarda come ti rovino. Con le gambe avvolte attorno ai fianchi di lui, le bastò esercitare un piccolissima pressione per strusciarcisi contro e, aiutandosi con le mani ancora ferme su quelle braccia atletiche, si inclinò senza fretta in avanti col busto: virò solo in ultimo col viso, in direzione del collo del moro. Lo sfiorò con la punta del nasino, con lentezza, venendo investita di nuovo da quella sua fragranza così stordente da costringerla a chiudere gli occhi e sospirare. Però profuma tanto. Depositò un primo piccolo bacio con le labbra proprio fra la giuntura di collo e spalla, risalendo in una lenta scia umida sino a soffermarsi in un punto morbido, dove passò la punta della lingua in un cerchio lento e caldo. Vedi? Questo me l'hai appena insegnato tu. Non contenta, lo mordicchiò leggermente in quella stessa zona soffice, affondando i denti e succhiando a fondo un lembo di pelle finché sentì le labbra incendiarsi e il respiro spezzato. Lo liberò, ripetendo l'operazione almeno un altro paio di volte, risalendo flemmaticamente verso l'alto. Ogni tocco, ogni più piccolo sfioramento della sua bocca sotto la quale percepì la pelle di Hiro tendersi ed il suo sapore destabilizzarla, furono un'arma a doppio taglio. Non voleva e non riusciva più a smettere. « Non è che per caso, stai facendo tutti questi giri, perché sei tu a dovermi dire qualcosa, Hiro? » gli avvicinò le labbra all’orecchio e mormorò piano, abbassando la voce fino a renderla accattivante - o se non altro ci provò, considerato fosse la prima a tremolare. « Non hai voglia di guardami, non mi toccheresti e non mi vorresti mai, perché sono odiosa ed isterica, giusto? » Che falso. Per continuare a ripagarlo con lo stesso giochetto del rinfaccio, dovette ignorare il proprio corpo premuto in quella maniera contro quello di lui, i muscoli tonici che le si sfregavano addosso praticamente... ovunque. La testa leggera, sempre più preda di un'assurda euforia e l'abbandono delle normali inibizioni, agendo d’impulso gli fece scivolare una mano lungo il fianco. Glielo accarezzò, crogiolandosi nel calore e nella forza in tensione sotto i suoi tocchi quando osò varcare il confine del tessuto della t-shirt. Le dita sulla pelle nuda del ragazzo tracciarono un piccolo percorso verso l'alto, i polpastrelli formicolanti per quel contatto elettrico. Sempre più sciolta, vittima degli istinti che lui stesso aveva innescato, esplorò quei muscoli fin dove riuscisse a raggiungerlo vista la posizione. Scostandosi i capelli in un movimento che vedeva fare spesso a Morrigan, scoprendo la curva piccina del collo, le labbra abbandonarono di malavoglia la pelle di Hiro e scivolò un pochino indietro per tornare a mettere a fuoco il viso di lui davanti agli occhi. Il respiro leggermente affannoso, affondò i denti nel labbro e ricordò con chiarezza da cosa avesse preso vita quel gioco di provocazioni che entrambi stavano intraprendendo - forse neppure in piena consapevolezza. Il piercing ridivenne meta dello sguardo della biondina, ma stavolta non si ritrasse e tendendosi verso quelle labbra gli leccò con un gesto poco invasivo ed accennato - era pur sempre in preda alla quasi autocombustione - proprio quel cerchietto di metallo. Lo avvertì, seppur minimamente, il caldo tepore della bocca ed il sapore del moro, per quel minuscolo contatto che ricercò in un secondo tocco approfondito e più lento, le iridi puntate verso l'alto alla ricerca di quelle di lui. Si distaccò dunque, non senza combinare danni, perché si trattava pur sempre di Asia e la sua imbranataggine: poggiando un tenue bacio in prossimità della lieve cicatrice sullo zigomo destro, lo colpì inavvertitamente con la testa, spezzando l'attimo seduttivo. Ouch. Stupido Hiro, perché continui a sobbalzare? Facciamo finta di nulla. Ripoggiandosi completamente sul tavolo, anche la sua manina scivolò via di malavoglia da quel fianco pallido, andando a stringere la superficie in legno sotto di sé. Le dita affondarono con fin troppa energia nel legno, per lo sforzo di controllarsi e respirare decentemente. « Ora dovremmo andare, sì. » Le labbra arrossate e curvate verso l’alto, la testolina bionda inclinata sulla spalla nuda tentando di assumere una posizione di sfida, Asia lo scrutò con aria fin troppa spavalda mentre scioglieva anche la presa delle gambette. Ammetti la sconfitta, stronzetto.


    Edited by linphea. - 9/1/2024, 12:14
     
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    « No. » « Ah-a. » A pensarci con una manciata di lucidità in più -cosa che, al momento, non poteva sicuramente fare- Hiro non avrebbe mai pensato di finire in una tale, pittoresca, situazione niente poco di meno che con..Lei. Asia Cordelia Roy era quanto di più diverso dalla sua completa essenza potesse esistere a questo mondo. A partire dal suo aspetto, per esempio, per completare poi col suo potere. La Terrena, e questo era possibile notarlo anche senza impiegarci su troppo tempo ad osservarla -cosa che, comunque, il Chiamatempeste faceva praticamente ogni giorno- era luce pura, in confronto a lui. Se da un lato v'era la forza della natura, ad esprimersi in tutta la sua rigogliosa e prospera sostanza attraverso colori sgargianti, risatine e gentilezze, dall'altro lato c'era il buio della tempesta più torbida, mista all'oblio di un animo inquieto, silenzioso ed indecifrabile. Se Asia era lo Yang, lui - dal canto suo, non poteva che essere lo Yin, in quel miscuglio praticamente impossibile da accostare, senza esclusione di colpi alcuna. Eppure, e sicuramente oltre qualsiasi previsione, Asia e Hiro erano lì, che si trovavano, quella sera - mescolati in una situazione che aveva dell'incredibile. Le mani della Tempesta strette ancora contro i fianchi della Natura, sembrava non voler mollare il suo sguardo nemmeno per un secondo, Hiro, in quell'atteggiamento di sfida che sì, sicuramente gli apparteneva, ma non in un..Contesto del genere. E forse ci avrebbe pure pensato, alla fin fine, a ritrarsi in quel suo solito muro d'indifferenza e tornare ad una routine fatta di risposte a metà e grugniti di supponenza, se non fosse stato per una semplice quanto breve parola, pronunciata inaspettatamente dalle labbra semischiuse di lei. « Hiro. » Era bastato, infatti, quel sussurro a mezza bocca del suo nome, seguito da un sospiro che aveva del caldo da parte di lei, ad.. accenderlo così tanto da costringerlo a ribaltare la situazione e spingerla su quel tavolo, desideroso forse di sentirsi chiamare ancora, una seconda volta. Con un secondo ansimo. Non era certo la prima volta, per Hiro, che si trovava in una situazione del genere. Poteva contare ben poche esperienze simili, nella sua vita, ed una buona parte di queste non erano certo.. - Positive, oltre che conformi alla comune morale. Eppure, e di questo ne poteva esser certo -seppur, già da un po', avesse cominciato a dare la colpa all'alcool- era sicuramente la prima volta che riusciva a sentirsi così..coinvolto. Per questo motivo, un sospiro si ritrovò a trapelare via dal quel suo petto per infrangersi sulla pelle di lei, quando le gambette della Terrena si strinsero ulteriormente contro il di lui bacino, peggiorando -o forse migliorando?- una condizione già di per sè..Equivoca. Sentirla vicina, a premere inevitabilmente contro un'eccitazione da parte sua ormai..fisicamente visibile per qualche breve -ma non per questo meno doloroso- istante, lo animò quel tanto che bastava per lasciarsi andare a gesti che, con ogni probabilità, si sarebbe recriminato l'indomani. Dunque le sue mani avevano iniziato a vagare sulla sua pelle liscia ed assieme bollente, concedendosi libertà che, forse, non avrebbe dovuto. Eppure il gemito che fuoriuscì dalle labbra di lei, assieme poi al suo nome, sussurrato per una seconda volta, bastò a fargli considerare che no, forse non avrebbe dovuto, eppure voleva farlo. E chiaro, si sarebbe ritratto ad un qualsiasi segnale da parte della biondina che avesse presagito un suo eventuale rifiuto, questo perchè non era quel tipo di persona, Hiro. Eppure non sembravano esserci divieti da parte di Asia, nei suoi confronti, ma anzi possibili inviti ad andare oltre. Con quei suoi sospiri, quei suoi spasmi, la stretta contro le sue braccia sempre più salda e.. Altro. Si rende conto di quanto, sentirla umida sotto le sue dita, lo faccia, beh, eccitare. Perchè è di questo che si tratta, alla fine dei conti, senza troppi -inutili- giochi di parole. E' eccitato, Hiro, e lo si nota dal modo in cui respira, leggermente affannato, con alcuni ciuffi di capelli a ricadergli davanti agli occhi, e che non si prende la briga di spostare. E non solo questo. E' infatti coi jeans che gli vanno adesso così stretti da fargli letteralmente male, che il Chiamatempeste si sposta all'improvviso, nonostante l'intero suo corpo sembri reclamare tutt'altro. Di nuovo la sfida, in un pericoloso gioco che -questo Hiro imparerà a capirlo, forse, ma ne è ancora ignaro- potrebbe decisamente andare a suo svantaggio. O vantaggio, che dir si voglia. Dunque piega la testa di lato ed alza il mento, con un'espressione da schiaffi non indifferente stampata su quel suo faccino dispettoso.
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    « Tu... » « Io? » La incalza, con un sorrisino che ha del divertito « Dimmi » « Tu sei uno stronzo. » E' visibilmente sconvolta, Asia, e questo non fa che alimentare il suo orgoglio divampante. Per questo motivo si stringe nelle spalle, in una di quelle sue solite smorfie di supponenza. « Non è una novità, questa, no? » Ha giusto il tempo di dire, ed aggiungerebbe anche dell'altro -cosa che, per fortuna, non riesce a fare- se non fosse che Asia, veloce come un folletto dispettoso, gli è già addosso a mollargli schiaffetti sul petto, e sulla spalla, rossa in viso di rabbia. E forse non solo quella. Lui, comunque -ovviamente- non si sposta di un solo centimetro. « Pensi di essere divertente, Hiro? A che gioco stai giocando? » Incrocia le braccia, sfottente a dir poco « Allo stesso gioco che hai cominciato tu, Asia. » E rimarca volutamente sul suo nome, senza mollare gli occhi di lei nemmeno per un istante. Vediamo quanto riesci a sorreggerlo, il mio sguardo addosso, Trilly. « Te lo tolgo a schiaffi, quel sorrisetto strafottente dal faccino, Hiro. » Lei però, animata da un istinto che -sincero- il Chiamatempeste non si sarebbe certo aspettato, d'un tratto -strette le mani attorno alla stoffa della sua maglia- lo tira a sè con forza. E' chiaro, si lascia tirare, Hiro, perchè se avesse opposto resistenza, con ogni probabilità la microscopica Fatina non sarebbe riuscita a smuoverlo di un solo millimetro. Ma vuole proprio vedere a che punto voglia arrivare, punto che si palesa violentemente sull'intero suo corpo, quando sente le gambe di lei stringersi attraverso i suoi fianchi, imprigionandolo e..spingendolo fin troppo in avanti. « Poi vedremo, se avrai ancora voglia di fare l'intraprendente. » Ed in effetti un po' d'intraprendenza la perde, Hiro, lasciando che un ah soffocato fuoriesca dalle sue labbra, nel percepirla così pericolosamente vicina al proprio bacino. Non sa a cosa effettivamente quel..Gemito? Verso? Sospiro? -non saprebbe definirlo- possa ricondursi. Sorpresa, forse. O più semplicemente dolore nell'avvertire la sua eccitazione spingere ancora di più contro il cavallo di quei jeans mai così opprimenti come adesso. Allora respira a fondo, il giapponese, tentando di riprendersi per non dargliela vinta - impresa che gli risulta parecchio difficile, nel distinguerla proprio lì, a premere contro la sua..estremità più sensibile. Ma Asia, dispettosa, continua a non rendergliela facile. Si struscia su di lui, aumentando la morsa di quelle sue gambette e rendendo quella pressione ancora più..Difficile da sopportare. Per questo motivo, se questa volta non si lascia scappare un altro gemito -che trattiene a stento tra le labbra serrate- è un palese sospiro, a scuotergli il petto. Realtà quella che evidentemente -pensa- vien colta da quell'inaspettata predatrice che, lentamente, ha già iniziato a percorrere angoli del suo corpo i quali, di rado, concederebbe a qualcuno anche solo di sfiorare. Al momento non ci pensa, però, Hiro, che questa volta nemmeno sobbalza, piegando anzi d'istinto il collo sotto il viso di lei. Gli occhi li socchiude, le sopracciglia le inarca e l'intero suo corpo vibra, quando qualcosa di caldo sfiora la sua pelle, facendola avvampare. Un'ondata di calore gli esplode da dentro, irrorandosi attraverso ogni suo vaso sanguigno e completando la propria corsa in un punto particolare che sarebbe inutile specificare. Lo stesso punto che, ancora, spinge contro di lei. « A-Asia » Quel sussurro è aspirato e rauco, con un tono che ha forse della supplica. Messo da parte per qualche istante l'orgoglio -non sarebbe capace di fare altrimenti- in quel suo chiamarla, quasi la prega di non andare oltre, per non farlo impazzire più di quanto non abbia già perso la testa - poco incline all'autocontrollo, per inesperienza o semplice giovane età. Ma Asia è la stessa Asia che non sembra volerla smettere, continuando a percorrere il suo collo con la lingua, per poi soffermarsi su di un lembo di pelle in particolare, che mordicchia e succhia un po'. Cazzo, si sforza di pensarlo e non dirlo ad alta voce, in un altro sospiro, mentre le sue mani vanno a poggiarsi sulle cosce di lei -nude- ad imprimervi, di nuovo, le proprie impronte sopra. Le lascerà forse qualche livido addosso, l'indomani, tanta è la foga con cui la stringe, ma al momento non riesce proprio a pensarci.
    « Non è che per caso, stai facendo tutti questi giri, perché sei tu a dovermi dire qualcosa, Hiro? » Con le sue labbra a sfiorargli l'orecchio, Hiro sospira, rumorosamente. « Non hai voglia di guardami, non mi toccheresti e non mi vorresti mai, perché sono odiosa ed isterica, giusto? » « Io non.. » Tenta di schiarirsi la gola « Io non ti devo dire proprio nulla. » Uno sprazzo d'orgoglio e testardaggine in quelle sue parole, prima che lei lo annienti di nuovo. Questa volta sobbalza, Hiro, nel percepire le sue mani sotto la propria maglia. Ditina fameliche percorrono la sua pelle, lasciandosi alle spalle scie di fuoco che lo fanno rabbrividire. Non è un contatto che lo infastidisce, eppure la sensazione che prova è..violenta, incalzante, intensa a dir poco. I suoi muscoli si flettono infatti, sotto le manine di lei, le quali non possono che rubargli degli -ennesimi- sospirini. Automaticamente, quando poi Asia si spinge ben oltre, sfiorandogli le labbra nell'afferrare il piercing che le impreziosisce, Hiro si ritrova a spingersi in avanti col bacino, come alla ricerca di un contatto che -vorrebbe- ormai è indubbio, approfondire ancora di più. E' infatti prossimo al punto di rottura più totale, il piccolo ed inesperto Chiamatempeste, nel sentire il sapore di lei sfiorargli per qualche istante la bocca, prima di distaccarsi. Leggermente ansimante, infatti, Asia si scosta, infine. Non prima di averlo, per sbaglio, urtato con una leggera testata, nel tentativo di un fugace bacio sulla guancia, all'altezza dello zigomo, e della cicatrice. Ma quel momento di comicità che ha del tenero, nonostante sarebbe semplice credere il contrario, non è comunque la salvezza, per Hiro. Lei infatti lo guarda da laggiù, intensa nello sguardo, i capelli un po' scompigliati, l'espressione sconvolta, le cosce seminude. E quegli occhi, quegli occhi che Hiro ha visto in sogno, svariate volte. Li ha visti guardarlo allo stesso modo, inginocchiata sotto di lui, la boccuccia piena, impegnata a fare..Altro. « Ora dovremmo andare, sì. »
    Dunque, smosso da pensieri e flashback assai..ambigui, oltre che proibiti, per una mentalità ancora fin troppo vergine come la sua, è a quel punto, che parla - finalmente. Lo fa con un ringhio che gli scuote il petto, in un « Col cazzo che andiamo. » che pare far vibrare l'intera capannina, tanta è l'intensità con cui glielo riversa addosso. Poi, senza pensare alle sue azioni, nè ben che meno alle conseguenze delle quali, si spinge in avanti, il Chiamatempeste. Azzerando completamente la distanza tra loro -già di per sè minima- una mano va a cingerla da dietro la schiena, per tirarsela addosso, l'altra invece affonda tra i suoi capelli, dove stringe un po' la presa mentre.. Beh, la bacia. Sì, la bacia Hiro, di un bacio che porta con sè l'imperizia di un ragazzetto di appena vent'anni con poche esperienze e quasi tutte sbagliate. Ma, non per questo, meno intenso. Dapprima infatti si sofferma sulle sue labbra, tenendo le proprie chiuse, in quello che pare un innocente bacio a stampo. Ne saggia la morbidezza ed il sapore, e si rende conto a quel punto di volere di più. Allora apre leggermente la bocca, lasciando che la lingua guizzi fuori, ricercando quella di lei, un ansimo che si infrange sulle sue labbra quando -di nuovo, istintivamente- col bacino la sfiora di nuovo, questa volta con più veemenza e desiderio di prima. Poi la mano stretta contro i suoi capelli va a poggiarsi sul suo collo, mentre ancora ricerca la sua lingua, stringendo leggermente la presa. Come già detto, Hiro non è quel tipo di persona, e forse se fosse un po' più lucido se ne renderebbe conto. Eppure non riesce a non farsi sovrastare da un istinto primordiale che lo fa avvampare dall'interno, spegnendogli completamente il cervello e premendo dolorosamente contro i suoi pantaloni. E contro Asia. Dunque, è seguendo quest'inarrestabile quanto crescente flusso, che poi la lascia andare, solo per calare le mani sull'abbottonatura dei suoi jeans, che tenta di sciogliere in più di un tentativo. Quando finalmente ci riesce, cerca di calarli alla meno peggio, senza mai staccarsi da lei. Gli arrivano a metà coscia, mentre pare intenzionato a spingerla sul tavolo, distesa, quando..Di colpo, si blocca. Non sa esattamente perchè. Forse un sospiro di lei. Un movimento. Un qualsiasi particolare che pare non cogliere, ma che comunque lo porta a staccarsi, ansimante. La fissa, per qualche momento, ma non la vede davvero, mentre in quella sua mente contorta quanto indecifrabile, qualcosa del suo passato pare voler bussare alla porta di pensieri tenuti sapientemente nascosti. Immagini poco nitide, che non riesce a metabolizzare, ma che comunque lo portano ad esitare, d'improvviso. « A-a-a-asp-aspet- » Si ritrova a balbettare, e sa bene, Hiro, cosa significa. Quella sua condizione fa capolino nel momento meno opportuno, bloccandogli le parole in gola, mentre tenta con tutto sè stesso di non farci caso. Respira a fondo, serra la mascella e stringe i pugni. « F-forse non dovremmo. Non dovremmo. Forse. Forse non dovremmo. T-t-t-t- » Maledizione. Chiude gli occhi, scuote la testa. « Tu sei ubriaca e m-magari non lo v-vuoi davvero. Ubriaca. Sei ubriaca. F-f-forse non dovremmo..N-non..- » Riprenditi, testa di cazzo. Di nuovo respira, profondamente, le mani che -adesso- tentano di rialzarsi i pantaloni. Non ci riesce, un po' per il nervoso, un po' perchè...Beh, difficile rientrarci, lì dentro, ormai. Allora la guarda, in un'espressione che ha tanto del tenero, da renderlo quasi un bambino. « Mi aiuti? »


    Edited by nato dalla tempesta - 7/12/2023, 12:03
     
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    « Allo stesso gioco che hai cominciato tu, Asia. » Non aveva tutti i torti, Hiro. Eppure, pur prendendo consapevolezza di quelle parole, Asia non riuscì a smettere di provocarlo nuovamente a sua volta. Fosse stata nel pieno delle proprie facoltà, col raziocinio a metterla in allerta, del terreno pericoloso sul quale si stessero addentrando, forse la Fata avrebbe agito diversamente. Forse avrebbe smesso di torturagli il collo, di istigarlo con quei baci umidi tutto fuorché innocenti nonostante le sue parole ed intenzioni; non avrebbe continuato, stuzzicandogli quel piercing dal quale il gioco aveva preso ad imporsi in maniera più preponderante ed... adulta. O probabilmente, essere in uno stato di non totale sobrietà, l'aveva soltanto aiutata a compiere dei gesti, spinta da uno spirito d'iniziativa sfacciato, che aveva già pensato di poter fare col Chiamatempeste - soprattutto quando la portava allo stremo facendola innervosire, spingendola a fantasticare su morsi e baci, coi quali far sparire l'espressione arrogante da quel faccino serioso. Un piccolo assalto, fatto di segni e sfioramenti che gli utilizzò davvero contro, non tralasciando nessun lembo di pelle del collo di lui del quale si impossessò con le labbra. « A-Asia » Il moro stesso poi, coi suoi sussurri e suoni strozzati, le diede maggiormente il coraggio di seguire il suo istinto e affliggerlo con quelle attenzioni, finché non si fermò riaccasciandosi indietro, il volto arrossato, le labbra tumide e di un rosa acceso, costretta ad aggrapparsi al tavolino per riacquisire un minimo di fermezza. Si era trattata soltanto di un'avvisaglia, ma avevano giocato abbastanza, doveva decisamente ristabilire un limite prima che... « Col cazzo che andiamo. » Qualsiasi altra ragazza al suo posto, cogliendo la veemenza con la quale un ragazzo più grande pronunciò quell'asserzione, avrebbe alzato almeno a quel punto la guardia. Lei, al contrario, sentì riverberare quel ringhio mascolino lungo la schiena, scuotendola nel profondo. Ignara, pensando d'avere ancora tempo per i giochetti, inarcò un sopracciglio in una minaccia adorabile esattamente come il sorriso di sfida sulle labbra. « Ah, sì? » E quando abbiamo stabilito che sei tu, stronzetto, a prendere le decisioni? Riuscì a pronunciare quella mezza rispostina, le sopracciglia a sollevarsi verso l'alto, pronta a controbattere ancora soltanto per il gusto di vederlo più infervorato, più infiammato e loquace di quanto fosse mai stato, ma la collera che si era accesa tanto repentinamente svanì all'istante. Un attimo prima era lì, appoggiata al legno a guardarlo dal basso, un battito di ciglia dopo si ritrovò la presenza di Hiro addosso e le sue mani... ovunque. Un ultimo respiro le si bloccò in gola, per ciò che ne seguì, lasciandola senza fiato. Avrebbe anche potuto concentrarsi sul modo in cui la strinse a sé, accentuando il loro contatto, travolta da un'ondata violentissima di spasmi per la forza con la quale le affondò le dita fra i capelli, se non fosse stato per lo scontro delle loro labbra. Improvviso. Inaspettato. Ma non di certo non desiderato. Mai prima di allora Asia si rese conto, di quanto frequentemente avesse fantasticato nell'inconscio di assaporare e sentire il calore della bocca di Hiro contro la sua. Sgranò gli occhi, nonostante tutto; emozioni intense e istintive che fecero sparire ogni pensiero coerente. L'aderenza delle loro labbra le diede una sensazione di caldo e freddo, lì dove capì il piccolo cerchietto di metallo le stesse spingendo contro il bordo inferiore. Dopo un momento d'irrigidimento, per l'intontimento, gemette con le labbra premute su quelle di lui e poi ci si abbandonò contro. Non poté farne a meno: il bacio arrivò così inatteso che lei rispose prim'ancora di poterci pensare. I primi tocchi a stampo furono incerti, inesperti com'era la biondina stessa, alle prime armi con quegli approcci più maturi e centrati sulla passione. La cruda verità era che, malgrado le istigazioni iniziali con le quali l'aveva provocato, non aveva esperienza di nulla - perfino di baci. Almeno, non un'esperienza che potesse definire propriamente come tale. C'era stato un ragazzo carino fra i Betha, qualche annetto prima, col quale aveva scambiato i primi sbaciucchiamenti a volte accennati o troppo umidicci; o più recentemente il cugino di Morrigan, che durante l'estate passata a casa dell'amica l'aveva baciata, del quale ricordava le labbra troppo opprimenti ed invadenti. La vera differenza, tra gli infantili baci del suo passato, stava nel fatto che quelli di Hiro le trasmisero sin dai primi tocchi uno strano calore. Furono incontri di labbra titubanti e privi di una reale tecnica, forse perfino più maldestri dei suoi di baci. Ma non le importava, non mentre sentiva la pelle tendersi sempre di più, in preda ai brividi incontrastabili. Dischiuse di riflesso la bocca per accogliere la lingua di lui, ricambiando bacio per bacio. Dovette sforzarsi per respirare e si contorse per aumentare il contatto fra di loro, aderendo a lui il più possibile col suo corpo, divenuto morbido e cedevole sotto le mani del Chiamatempeste. Il bacio scatenò però una reazione altresì opposta, lì dove i muscoli presero a contrarsi nei punti più sensibili, per finire a quella tensione accumulata nello stomaco e... più in basso. Il corpo e la mente in fiamme, travolta dall'eccitazione sollevò le braccia e gliele allacciò al collo, aggrappandosi al fatato e stingendoglisi di più addosso guidata dai movimenti di lui. Lo attrasse davvero a sé, quasi potesse allentare il fastidio crescente provato fra la sommità delle cosce, continuando ad esercitare la lieve pressione con le gambe. Stupita, sentendo che quella vicinanza sembrava avere lo stesso effetto sul giapponese, Asia dondolò col bacino in una sequenza di piccoli movimenti spontanei, per andargli incontro e premersi sul rigonfiamento della sua virilità. Però la sensazione peggiora sempre di più, perché? La reazione più istintiva, fu quella di rendere il bacio sempre più approfondito, più lungo, ricercando la lingua di Hiro che le si schiantò contro facendola mugugnare verso di lui. Ogni attimo di quel contatto la allontanò dalla razionalità, da ogni pensiero più assennato sulla via senza uscita che stavano intraprendendo, scaraventandola negli abissi palpitanti della bramosia. Ogni bacio le incendiava il sangue nelle vene, alimentando ancor di più la leggerezza che sentiva in testa per via dell'alcol. Non riusciva a smettere, non volle staccarsi da quelle labbra neppure quando, in preda a degli spasmi e la mancanza d'aria, si rese conto d'aver smesso di respirare decentemente e gli morse il labbro un po' troppo forte. Sei una scema. Ha proprio ragione a darti della mocciosa. Il bacio si intensificò mentre le mani le si si muovevano su tutta la schiena di lui e lo stringevano più forte, lo incastravano a lei. E qualcosa si svegliò in maggior misura in lei, dato che ben presto gli si inarcò contro ed il petto prese a dolerle come se avesse ripreso a correre nella foresta; per di più, all'improvviso, alla mancanza di ossigeno ci si aggiunse un gesto... strano di Hiro: le strinse il collo in una morsa, non dolorosa e nemmeno tanto irruenta da farle mancare il respiro più di quanto già non ne fosse già priva, ma abbastanza imprevedibile da far riaprire gli occhi di scatto alla bionda. Non riuscì a capire, all'inizio, se quella presa di posizione appassionata le fosse piaciuta. Di certo, complice anche un nuovo sfregamento della sua intimità contro il desiderio di lui, l'indusse a sussultare e perdere un gemito molto più sonoro fra gli ansimi. « Hiro. » Fu il primo mormorio, sussurrato fra un anelito e un lamento al pari di un piccolo singhiozzo, che esalò fuori non appena lui si distaccò per primo. Al pari dei precedenti sussurri agitati in cui l'aveva chiamato, anche quest'ultimo avrebbe potuto assumere un'infinità di significati differenti. Non smettere. Non riuscì ad esprimerlo a voce e lo assecondò, Asia, seppur incerta su cosa lui stesse riprendendo a combinare. Con i capelli a ricaderle attorno il viso, le guance infiammate dai baci e le palpebre semiabbassate, allentò la presa e lo fissò, per quanto possibile con la vista annebbiata da... alcol e passione, i respiri ansanti ed i muscoli contratti in punti dai nomi per lei imbarazzanti anche al solo pensiero. Cercò di riprendersi un accenno di lucidità, tuttavia il suo cuore non sembrava più in grado di battere in modo regolare, la sua pelle palpitava del desiderio d'essere ancora sfiorata da Hiro, di cui necessitava ricevere altri baci, altre carezze... tutto ciò che avrebbe potuto continuare a farle provare per la prima volta. I movimenti di lui furono in ogni caso piuttosto ovvi: iniziò a slacciarsi i jeans scuri e pur colta repentinamente dall'imbarazzo, gli occhietti nocciola di Asia non riuscirono a non scendere lì in basso, focalizzandosi sui gesti impazienti di quelle mani che sentiva ancora impresse su di lei, sulla pelle nuda dove avevano lasciato una traccia ardente ed indelebile. Le cosce le formicolarono di nuovo. Non poté fare a meno di ammirare i muscoli messi in evidenza dai pantaloni del Chiamatempeste e, una volta calati quel poco per mostrarsi in intimo, i battiti presero a pulsarle nelle orecchie ed il bassoventre le tremò per un fremito. Ma... quello è? Concentrando lo sguardo proprio sull'inguine di Hiro, fu incerta di ciò che stesse effettivamente guardando. Non che avesse mai visto la virilità di un uomo dal vivo, la giovane Fata della Terra, ma anche per una mentalità ancora innocente come la sua quella vistosa sporgenza stretta nel tessuto apparve... ingombrante? Inclinò la testa, accigliandosi mentre lo scrutava attraverso quei boxer grigi stranamente scuriti in un determinato punto… poi i suoi occhi dallo sguardo non più tanto smaliziato si spalancarono. Si irrigidì seriamente e ringraziò d'essere appoggiata sul tavolo, o le ginocchia deboli non le avrebbero permesso di non smuoversi dalla posizione, soprattutto quando il moro parve intenzionato a farla distendere. Sul tavolo? No, no, no... Già sono certa che quel coso non ci entrerà mai, proprio da nessuna parte, ma poi qui? Sotto la luce? Qua sopra è duro poi. Oh, cielo non riuscirò mai più a pensare alla parola duro senza rivedere... quel-lo. Ora gli trovo un nome per farlo sembrare meno... meno minaccioso. Non capì a cosa fosse dovuta la sua improvvisa ritrosia, probabilmente fu anche per via dell'oscuro bagliore e l'assenza che scorse negli occhi adombrati del giovane, nell'attimo in cui tornò a guardarlo in pieno viso.
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    « Hiro? Stai... » Bene? « A-a-a-asp-aspet- » No, Hiro non stava bene e glielo dimostrò col cambio drastico di comportamento, unito a dei balbettii ai quali Asia cercò di prestare ascolto. Entrò in allarme per puro istinto, riuscendo a mettere da parte almeno un pizzico l'imbarazzo della situazione in cui si trovavano. Qualsiasi fosse stato il motivo grazie al quale la bionda l'avesse preannunciato, seppur con preavviso di pochi secondi, non riuscì a comprendere la ragione dietro quel netto cambiamento di Yamazaki. Mosse nervosamente le mani sulle proprie cosce, arrivando a torturare fra le dita il braccialetto al polso, rigirando più volte il ciondolo farfalla fra i polpastrelli. « F-forse non dovremmo. Non dovremmo. Forse. Forse non dovremmo. T-t-t-t- » Gli lanciò un’occhiata dubbiosa da sotto le ciglia tremolanti, un impulso simile alla preoccupazione che la guidò a scivolare di poco giù dal tavolo. Ma quanto hai bevuto? Inizi a farmi preoccupare, stupido. « Ehi, piano Hiro. Va tutto bene, respira. » provò a frapporsi fra quel farfugliare del moro, con voce più dolce possibile nonostante sentisse la gola bruciarle ed i pensieri ancora troppo caotici ed ingarbugliati, per razionalizzare a pieno sulla battuta d’arresto del giapponese. « Tu sei ubriaca e m-magari non lo v-vuoi davvero. Ubriaca. Sei ubriaca. F-f-forse non dovremmo..N-non..- » Ma che ti succede? Non le era mai apparso così... perso. Sì, era il termine più corretto. Smarrito, nei suoi stessi balbettamenti ripetitivi e chissà quale dramma interno. « Hiro, calmo. Non abbiamo fatto niente. Non è successo nulla. » Non capisco. Con non poche difficoltà scese del tutto dal tavolo e, ignorando l'instabilità delle ginocchia e tutto il tumulto fisico per via della frenesia appena interrotta, provò ad avvicinarsi e toccarlo sul braccio. Ma lui sussultava, di nuovo. Addirittura più di pochi minuti prima. Ritrasse subito la mano, Asia, per non spaventarlo ancora di più finché tentava di rivestirsi sotto le sue occhiate apprensive. « Mi aiuti? » Hiro, simile a un cucciolo spaventato, ebbe infine la capacità di farle tremare il cuore con una semplice richiesta d'aiuto. Per la seconda volta in quella serata, il Chiamatempeste le apparve molto più piccolo ed indifeso di quanto il suo aspetto e l'età anagrafica potessero far pensare. Non era una novità, invece, pensare quanto quel giovane nipponico fosse strano. E, per l'ennesima volta, la giovane Roy non lo pensò in termini prettamente negativi. Anzi, a differenza di ciò che gli altri studenti potessero dire sul suo conto e le voci che a volte l'avevano raggiunta, alla bionda non era mai importato soffermarsi troppo sui pettegolezzi e le maldicenze. Proprio perché con una testa pensante tutta sua, aveva avvicinato Hiro la prima volta; presumibilmente, era stata proprio la sua anima di Terrena a spingerla con maggiore interesse verso di lui, riconoscendo in quel cupo fatato qualcosa di diverso. Non era infatti mai stata soltanto l'empatia, a fare di Asia una persona con l'intrinseca capacità di comprendere - in maniera pur sempre approssimativa - lo stato d'animo altrui. Era di certo anche la sua profonda connessione con la Terra, dalla quale prendeva vita tutto, a renderla ancora più strettamente interconnessa ad ogni creatura del suo mondo. Ed Hiro non ne faceva eccezione. Uguale al suo elemento, il Chiamatempeste apparve alla sensibilità della Fata comparabile ad una calamità naturale. Avverso, disastroso, ma anche intenso e alle volte eccezionale. Un cataclisma abbattutosi su di lei a livello emotivo e fisico, scuotendola in modi che non credeva ancora possibili. Quella sera, aveva realmente assunto il ruolo di calamità per la piccola Asia. E nonostante ciò, come una calamita continuava comunque ad attrarla a sé. Dalla bellezza temibile e possente, come la Tempesta, scuote la Terra sotto di noi e il cielo che ci sovrasta. « Sì, Hiro. Certo che ti aiuto. » Compì un altro piccolo passetto per farsi più vicina ed incrociò il suo sguardo, il volto tornato ad ammorbirsi nei lineamenti e sulle labbra un sorriso appena accennato. Con cautela, avvisandolo sempre con uno sguardo, gli agganciò le dita nella cintura e lo aiutò a sollevarli al di sopra delle cosce con dei gesti lenti, gentili, col terrore di potergli fare male o vederlo scuotersi ancora di più sotto le sue mani. Per favore smettila di tremare, Hiro. Con poche mosse, riuscì a tirarli appena su, spostandosi anche sul retro utilizzando i passanti per non fargli percepire troppo la pressione del suo tocco, ma per quanto riguardava il davanti... Come glieli tiro del tutto su, senza toccarlo? Dovette spostare l'attenzione proprio fra le gambe del moro, là dove il tessuto dei boxer era troppo teso, per far sì che i pantaloni calzassero con facilità. Spostando con ancora più delicatezza le dita lungo il cavallo, fu inevitabile che pur soltanto provando ad aiutarlo a richiudere la patta dei jeans, le dita finissero col premere contro la virilità dura al di sotto dell'intimo. Oh, cavolo mi gira di nuovo la testa. Mi gira tutto. Ora muoio. Distolse lo sguardo e si schiarì la voce. « S-scusa, non voglio farti male. » Azzardò in un altro tentativo, usando entrambe le mani per farlo rientrare quantomeno nella curva del cavallo dell'indumento, allentando la cerniera, ma quella forza virile le spinse contro i polpastrelli e un ritrovato calore le investì il volto. Sentì addirittura le orecchie in fiamme. « Non-non credo si possano chiudere ora, prenditi solo un attimo, okay? Vuoi sederti? » Prendendo la rigidità di lui come il principio di un'altra crisi di qualsiasi cosa l'avesse colpito dopo averla baciata voracemente, la bionda lo privò di quella presa leggera, portando le dita a sfiorargli il ventre cosicché potesse spingerlo all'indietro, fino a fargli raggiungere il bordo del letto ad un paio di metri di distanza. « Siediti. » Più che un invito, quasi fosse davvero un bambino al quale dare delle vere e proprie disposizioni per farsi ascoltare, lo sollecitò con un ultimo gesto della manina e lo spinse attraverso l'addome affinché si sedesse. Anche da seduto sul materasso e lei lì in piedi, vicina abbastanza per stargli di fronte, appariva comunque ancora troppo piccola. Ciononostante, era forse il Chiamatempeste ad essere in una posizione di svantaggio ora, malgrado la prevalesse con la stazza e l'aspetto tenebroso - che avrebbe dovuto avvertirla, del pericolo che quel fatato avrebbe potuto rappresentare per lei. Cosa ti è preso? Seppur confusamente, provò a far mente locale su tutto ciò che era accaduto su quel tavolo, dall'intensità del bacio, al poco candore col quale i loro corpi si erano avvicinati, soffermandosi in ultimo alla stretta della mano del moro attorno alla sua gola. Non sarà per... quello? « È tutto okay, Hiro. Non mi hai fatto nulla. » esitò, in un primo momento, poi un sorrisetto tenero le sollevò gli angoli delle labbra ancora gonfie ed arrossate. Nuovamente, provò a caricare le sue parole avvicinandosi con gambe malferme, contrastando gli scatti del Grisha con la stessa leggerezza nei contatti di quando aveva provato a fasciargli il braccio ferito. « Non ti faccio niente. » ripeté sottovoce le medesime parole, portando la punta dei polpastrelli ad accarezzarlo lungo entrambi gli arti, risalendo lentamente fino a raggiungergli il bordo della maglia. « Respira. » Una mano andò a posarsi poi sul petto di lui, distinguendone i battiti sotto il palmo; l'altra, con ancora più cautela, si infilò con lentezza fra quei capelli corvini, scostandoglieli dal volto ed accarezzandolo fra alcune ciocche più lunghe. « Non ti faccio male, promesso. » continuò a parlargli con un filo di voce, ricercandone lo sguardo almeno per intuire se stesse riuscendo a farlo calmare un po'. Non erano gesti completamente estranei ad Asia, quelli utilizzati con nuova dolcezza. Li conosceva, con un'attitudine molto differente e delle vibrazioni molto meno potenti per se stessa; erano lo stesso approccio utilizzato dal suo papà, quand'era stata colpita sin da piccina dalle prime crisi diabetiche improvvise - soprattutto al tempo in cui non aveva ancora i suoi cerottini microinfusori, che riteneva così brutti da tenerli sempre nascosti sotti i vestiti. Durante quegli attacchi Hayden la stringeva come soltanto un padre amorevole avrebbe potuto, accarezzandole i capelli, cercando di placare i tremori, i capogiri e le vertigini cullando piano quel corpicino scosso dalle convulsioni. Toccare Hiro, percepire la sua pelle e quella chioma morbida sotto le dita, era però diverso. Non sapeva come interpretare la sensazione che andava diffondendosi nel suo petto, mentre provava a tranquillizzarlo, probabilmente perché anche lei dopotutto non era propriamente in sé - fra eccitazione frenata di colpo, la confusione dettata dal suo essere vagamente ubriaca e la vicinanza di quel Chiamatempeste così indecifrabile, del quale percepiva ancora addosso il profumo delicato e l'ardore. Nel pieno della coscienza, avrebbe faticato meno nel recepire gli anomali comportamenti di lui, o anche soltanto compreso di dover smettere di indugiare con le carezze su quel corpo possente dal quale non riusciva a staccarsi. Dando ascolto ancora all'istinto, arrivò a ricercare una mano di Hiro, per portarsela sul fianco dove il maglione strappato era ancora sollevato. « E tu non fai male a me, vedi? » Non mi faresti mai male, vero? Non volontariamente.


    Edited by storm witch - 7/12/2023, 13:15
     
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    Dapprima, fu un bacio che portava con sè tutta l'innocenza di due ragazzini inesperti, il loro. Labbra che si incontravano, sbattendo le une contro le altre, in uno scontro che -almeno inizialmente- ebbe del comico. Il Chiamatempeste si schiantò col nasino della Terrena, in quel movimento che portava dell'impetuoso in sè, sì, ma anche del tenero, se intravisto da una prospettiva esterna e sicuramente differente. Non era bravo a baciare, Hiro, inutile affermare il contrario. Non era bravo nella misura in cui, in quel suo trascorso, non poteva vantare chissà quali mirabolanti esperienze. Certo, qualche bacio lo aveva dato, questo era pur vero, anzi probabilmente anche più di uno. Ma il fatto che si fosse trattato, ogni volta o quasi, di una sperimentazione che aveva portato con sè il solo risultato di beh.. fargli davvero schifo, non giovava certo a suo favore sulla questione. Per questo motivo dunque, tornando a noi, quel loro inaspettato -e diretto- contatto aveva avuto inizio con un che di..buffo. Infantile sicuramente, oltre che ingenuo. C'era voluto poco, tuttavia, per...animare la situazione.
    Gli occhietti ancora serrati, il naso schiacciato contro quello di lei, Hiro lo percepì forte e chiaro, il gemitino soffocato che sopraggiunse dalla boccuccia della Fata, incastrata alla propria. Tanto bastò per accenderlo di quell'impetuosa sicurezza, o per meglio dire eccitazione, che gli concesse di spingersi oltre. E si spinse oltre dunque, l'ignaro Etherealki, con la lingua e l'intero suo corpo. Mentre ricercava quella di lei, infatti, schiudendo la bocca e costringendo la Roy a fare lo stesso, istintivamente ogni cosa di lui reagiva a quel fuoco che aveva cominciato a bruciargli dentro da un po' di tempo ormai. Reagivano le sue dita, ad esempio, che -fameliche- si serravano contro la nuca della Fata, stringendone i lunghi capelli color grano. Reagiva il suo battito cardiaco, ormai a mille, ed il suo respiro, visibilmente ansimante nel caldo silenzio che intercorreva tra un bacio e l'altro. Infine, poi, reagiva il suo corpo: la zona del bacino, nello specifico, che andava a premersi sempre più contro di lei, insinuandosi tra le sue cosce bollenti. Era calda Asia, incandescente, e riusciva a percepirlo persino attraverso quei quanto mai fastidiosi ed opprimenti jeans. Per questo motivo, con tutto il suo desiderio a fare pressione sulla biondina, non gli ci volle poi molto per esalare un profondo sospiro che si sarebbe infranto sulle di lei labbra, nel percepirla assecondare quei suoi movimenti col proprio, di bacino. Si rese conto in quel momento, ancora avvinghiato alle labbra della Terrena, della strana quanto mai istintiva sensazione di umido che avvertì sporcare la stoffa che avvolgeva quell'eccitazione la quale, era innegabile ormai, si faceva sempre più evidente. Continuando a cibarsi delle sue labbra allora, la mano sinistra ad imprimerle impronte che si sarebbero rivelate indelebili per i giorni a venire, per un attimo sussurrò il suo nome, a fior di labbra. Asia. « Hiro. » Lei fece lo stesso. Lo appellò con un anelito di voce tremante, e questo fu letale per il moro, che di nuovo la chiamò dal canto suo, colorando -per la seconda volta in pochi minuti- la pronuncia di quel suo bel nome di un paio di note che potevano esser ricondotte ad un languido lamento. La pregò infatti, inconsciamente ed in maniera sottintesa -nemmeno poi troppo- di fermarsi. Non perchè non volesse, non perchè non gli piacesse, ma anzi tutto il contrario. Sentir pronunciare il suo nome da quelle labbra ansimanti, avvertire la pressione del suo basso ventre contro il proprio, non potevano far altro che fargli perdere completamente la testa e, assieme, qualsiasi possibile freno. Avvertiva, infatti, che stava per esplodere, in maniera sin troppo prematura rispetto al contesto. Il calore e la tensione che distingueva in mezzo alle gambe, d'altra parte, si dimostravano adesso così violenti, da risultare quasi insopportabili da sostenere. A dimostrazione di ciò quell'umidità che, mano mano, pareva espandersi sempre di più attraverso la stoffa chiara di quei suoi boxer. Era una sensazione nuova quella, per Yamazaki. Per intenderci, nonostante l'apparenza, non era mai stato indifferente al sesso. Non si era mai spinto troppo oltre, sino ad oggi, è vero, ma di eccitazione ne aveva provata, in passato. Eppure con Asia era diverso. Non era qualcosa di passivo e meccanico, com'era stato, anni prima, nei confronti di esperienze che -sicuramente- era meglio non ricordare. No, quella era una sensazione tutta nuova che lo animava dall'interno in maniera così impetuosa, da renderlo sempre più vorace. Voleva di più, Hiro, che pareva essersi dimenticato di una grossa quantità di condizioni che avrebbero ostacolato, in tempi non sospetti, quanto sembrava si stessero accingendo a fare, di lì a poco. Per questo motivo, quando le strinse le dita attorno al collo, la sua mente iniziò a vagare attraverso scenari che, sino ad ora, ricordava di aver intravisto soltanto in sogno. Quel peccaminoso mondo Onirico spalancò le proprie porte davanti ai suoi occhi, ed aldilà di queste, mentre ancora la baciava e stringeva, Hiro riuscì a scorgere scenari oltremodo..estremi, per una coscienza ancora innocente come la sua. Se Asia sospirava sotto di lui, dunque, lui quei gemitini se li immaginava nell'esatto momento in cui si sarebbe insinuato dentro di lei, spingendosi oltre tra le sue gambe, nell'irruento desiderio di farla propria. Più spingeva, facendole urlare il suo nome, tra i suoi pensieri, più le sue dita -nella realtà- si stringevano attorno al suo collo. Quando però si calò i pantaloni, nell'ormai disperato -sentiva di esser giunto al limite della sopportazione- tentativo di rendere concrete quelle fantasie, proprio lì su quel tavolo, come sappiamo, qualcosa lo bloccò.
    Nel suo inconscio risuonò soltanto in quel momento il leggero sussulto che aveva avvertito, qualche istante prima, nel serrare l'esile collo della piccola -minuscola, in confronto a lui- Fata tra le sue dita. Quel quasi impercettibile dettaglio bastò per richiamare alla mente sensazioni passate che, nel corso degli anni, non era stato troppo abile a metabolizzare e mettere da parte. Colpevole -o forse no- l'alcool, tuttavia (e per fortuna) questa volta non si dipinsero assai più tristi scenari tra quei suoi pensieri, ma il senso di vuoto che iniziò a provare all'altezza del petto, bastò comunque a farlo resettare. Quindi, mentre balbettava cose probabilmente senza senso, e guardava Asia ma non riusciva a vederla davvero, assieme Hiro si rimproverava. Si recriminava quella sua condizione del cazzo -alla quale, erroneamente, attribuiva la colpa di tutto questo- che l'aveva bloccato per tanti anni e, sembrava, lo stesse facendo anche adesso. Fanculo Hiro. Sei un malato del cazzo. Fanculo. Fanculo. Fanculo. Per un breve istante i suoi occhi persero colore lasciando spazio al gelido ghiaccio, mentre una folata di vento parve far vibrare le finestre della graziosa capannina. E avrebbe rischiato di peggiorare, mandandole in frantumi, se non fosse stato per..Beh, lei. « Ehi, piano Hiro. Va tutto bene, respira. » Non era solo, lì dentro, Hiro, che era sempre stato abituato -per orgoglio o poca, altrui, comprensione- ad affrontare situazioni come quella nel più completo isolamento, esclusa sua sorella Fuji. No, non era solo e, anzi, Asia era lì. Scesa dal tavolino -seppur a fatica, di questo Hiro se ne rese conto, ma non fu capace al momento di aiutarla- la compagna di scuola lo osservò con sguardo rabbonito. Anche il suo tono di voce, era dolce, cauto. « Hiro, calmo. Non abbiamo fatto niente. Non è successo nulla. » Gli disse infatti e, se in situazioni differenti, lui avrebbe detestato quell'improvviso cambio di registro nei suoi confronti, erroneamente inteso come compassione -cosa che odiava-, al momento, si rese conto, quella dolcezza era tutto ciò di cui aveva bisogno. Dunque, seppur avesse sussultato comunque al suo contatto, tremando come un animaletto ferito e spaventato, non si negò lo stesso di domandarle un aiuto che, forse, nascondeva in sè una richiesta assai più profonda. Le chiese infatti di dargli una mano a rialzarsi i pantaloni, eppure la tenerezza ed il bisogno quasi bambineschi con cui pronunciò quell'innocente domanda, erano tali da sottintendere ben altro. Mi aiuti - ad uscirne fuori, da tutto questo? Era stato forse il suo subconscio a parlare? E perchè proprio lei? Quelle erano domande che, forse, si sarebbe posto più in là.
    « Sì, Hiro. Certo che ti aiuto. » Dunque, passivo e vulnerabile com'era già stato in passato, ma in contesti assai più malevoli, Hiro rimase in attesa che lei si avvicinasse. Se solo avesse voluto, Asia, in un momento simile, avrebbe potuto fargli la qualunque. Lui, dal canto suo, non avrebbe reagito. Ma era diverso, con lei. Asia Roy, era diversa, così come differenti eran le sensazioni che provava in sua presenza. Sotto al suo tocco, stranamente, il Chiamatempeste non si sentiva a disagio. Non si sentiva sporco. Dunque provò a dire qualcosa, ancora tremante, ma tutto ciò che fuoriuscì da quelle sue labbra tremule fu un indefinito balbettio che non riuscì nemmeno a portare al termine. Lei dal canto suo lo aiutò comunque a sollevare i jeans, bloccandosi però una volta giunti...Più su. Laddove sarebbe risultato davvero impossibile continuare. Nonostante la Fatina fosse riuscita ad avvolgerlo nei pantaloni, infatti, non fu lo stesso -ed inevitabilmente- capace di richiuderne la cerniera, oltre che l'intera patta in generale. Si sentì avvampare da qualcosa che non avrebbe saputo definire, il Chiamatempeste, ma che era sicuramente accostabile alla vergogna, visto il rossore che cominciò a colorargli le guance dopo un paio di quei tentativi. Vergogna che lasciò spazio a ben altro tipo di sensazioni, quando percepì le sue ditina sottili sfiorarlo proprio... Un sospiro fuoriuscì dalle sue labbra, mentre, sentendosi avvampare, trovò la forza per dire: « A-aspetta, ferma » « S-scusa, non voglio farti male. » Non è che mi fai male, il problema, avrebbe voluto specificarle, ma non ebbe il tempo di farlo - purtroppo o per fortuna, che fu lei a parlare. « Non-non credo si possano chiudere ora, prenditi solo un attimo, okay? Vuoi sederti? » Sotto la luce della cucina, il visetto di Asia gli sembrò.. Particolarmente rosato, specialmente sulle guanciotte. Ma se in una situazione differente avrebbe colto la palla al balzo per prenderla in giro, al riguardo, questa volta fu una visione che causò invece l'effetto contrario, costringendolo a distogliere lo sguardo e sentirsi, a sua volta, avvampare ancora di più. Ma che diavolo ti prende, Yamazaki, pensò, mentre rispondeva, inerme. « S-sì, o-o-...- Okay »
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    « Siediti » Dunque lo guidò a sedere, Asia, sfiorandolo per accompagnarne i movimenti, e quando si adagiò sul materasso, Hiro esalò un lungo respiro. Era ancora scosso, di un sistema di sensazioni così variopinto da risultare, per lui, impossibile da decifrare. Eccitazione, vergogna, paura si mescolavano tra i suoi pensieri, facendogli pulsare dolorosamente la testolina e battere forte il cuore. Non la guardò per diversi minuti, da quella posizione, un po' perchè non sapeva cosa ne sarebbe scaturito, a posare il suo sguardo su quel suo faccino ancora scombussolato ed ansimante, un po' perchè aveva bisogno di metabolizzare un..beh, un bel po' di cose. Ma non fu comunque capace di farlo, mentre batteva ripetutamente le palpebre e si concentrava sul rumore del proprio respiro di gran lunga accelerato, nel tentativo di calmarsi. Era infatti ancora scosso, l'Etherealki, e lo si poteva notare dal modo in cui restava teso, su quel letto, come fosse in attesa di una qualsiasi minaccia da parte di lei. O di lui - sè stesso. Fu soltanto quando Asia gli parlò, di nuovo, che alzò lentamente lo sguardo. « È tutto okay, Hiro. Non mi hai fatto nulla. » Nel guardarla, una nuova ondata d'ansia lo colpì in pieno, facendolo annaspare, di nuovo. Lei tentò di toccarlo, e lui questa volta si divincolò con uno scatto. « Non ti faccio niente. » Ma, come aveva già fatto, la Terrena insistette comunque in quel folle tentativo, sfiorandolo con dita caute, sulle pelle nuda delle braccia. « Non mi fai niente.. » Si ritrovò a ripetere, tra un respiro profondo e l'altro, come a volerlo ribadire a..Chi? Non si sarebbe fatto domande al riguardo, non in quel momento, Hiro Yamazaki, troppo preso da tutto ciò che stava accadendogli sin troppo in fretta. Eppure quel riflesso incondizionato, quel ripeterselo ad alta voce, non fu altro se non un angosciato autoconvincersi proveniente da angoli bui del suo subconscio. Anfratti in cui, nascosto, v'era tutt'oggi il ragazzetto ancora sin troppo bambino che era stato e che, seppur si fosse convinto del contrario per tanto tempo, era ancora traumatizzato da una vicissitudine di eventi che sarebbe assai doloroso raccontare.
    « Respira. » Respira, si disse mentalmente, riempendo i polmoni e lasciando che il suo petto si gonfiasse sotto le manine di lei alle quali, questa volta, non sfuggì. E non sfuggì nemmeno quando le sentì carezzargli i capelli, piegandosi anzi sotto il suo tocco, come un micio in cerca di coccole. O, per l'appunto, un bambino. Chiuse gli occhi, un sospirino a schiudergli le labbra. « Non ti faccio male, promesso. » « P-promesso..Non mi fai male. Promesso. N-non mi fai male..P-p- » Strinse i pugni e si morse la lingua, mentre, in quella sua testolina contorta, si ripeteva le parole di lei. Calmati. Non avete fatto niente. Non è successo nulla. Fu quando Asia, ancora in piedi di fronte a lui, ricercò una sua mano, poggiandosela sul fianco e pronunciando un sottile « E tu non fai male a me, vedi? » che quella consapevolezza sopraggiunse. O meglio, non la metabolizzò del tutto -non ne sarebbe stato capace normalmente, figuriamoci poi in uno status simile- ma capì comunque perchè si fosse bloccato così d'improvviso. Spaventato da quell'impeto che aveva avuto del violento, pochi minuti fa, nello stringerle la gola e spingere per possederla lì, su quel dannato tavolino, Hiro pareva essersi identificato in quegli atteggiamenti abusanti che tanto lo avevano segnato, non troppi anni prima. « Io non ti faccio male.. » Ripetè dunque. Una sola volta, adesso. Aprì gli occhi e li alzò verso di lei. La guardò, per una manciata di..secondi? Minuti? Non avrebbe saputo dirlo. La mano che le carezzava il fianco, delicatamente -quasi avesse paura, nel farlo- Hiro pensò che Asia fosse davvero bella. Con ancora i capelli arruffati ed il visino scompigliato, la Fata ricambiava il suo sguardo, da lassù. Che in realtà tanto su non era, visto quanto era piccola. Da seduto e lei in piedi, erano praticamente alti uguale, o quasi. Questo gli diede modo di osservarla più da vicino, nonostante la luce, lì, fosse molto più debole, rispetto alla cucina. Aveva il faccino rotondo, Asia, e gli occhietti vispi, di una forma abbastanza allungata. Le guance erano ancora arrossate, così come le labbra. Non sembra sconvolta, pensò, mentre distoglieva lo sguardo, vagamente imbarazzato. Non in quel senso, almeno. « Mi gira la testa » Fu la prima cosa che disse, con ancora una manina di lei appoggiata sul petto e l'altra ad accarezzargli i capelli. Fu allora che si scostò, scivolando verso dietro, sul materasso. Si distese, sopra il copriletto, poggiando la testa sul cuscino, e l'intera stanza parve volergli precipitare addosso, per qualche istante. Poggiò una mano sul lenzuolo, davanti a sè, come a farle cenno. « Mi fai compagnia? » Domandò, sperando che lei, trascorso quel momento di evidente difficoltà, non cominciasse di nuovo ad urlargli addosso o lanciargli cose. Magari ti sto ancora più sul cazzo di prima, pensò, ritrovandosi a mordicchiarsi il labbro inferiore nell'attesa. Senza rendersene conto, stava trattenendo il respiro. Ma fu in quel momento che Asia gli scivolò accanto, posizionandosi dall'altro lato del letto. E fu anche in quel momento che, senza accorgersene, Hiro le sorrise. Mentre rilasciava tutta l'aria accumulata nei polmoni, le sue labbra si piegarono in un piccolo sorriso, sommesso, sì - ma sincero. E sicuramente raro, per uno come lui. Non lo riconobbe, ma era felice lei gli fosse accanto. « Grazie, per prima. Io non so cosa.. - L'alcool, forse » Sussurrò allora, avvicinandosi a lei, come d'istinto. Quando le dita della Etherealki tornarono sul suo viso, poi, non sobbalzò. « Tu come ti senti? » Le domandò, allungando a sua volta la mano destra, per scostarle un ciuffo di capelli da davanti gli occhi. Glielo ripose delicatamente dietro l'orecchio, trattenendo di nuovo il respiro nell'osservarla così da vicino.
    « Veramente, comunque. Non ti stavo spiando, prima, nel bosco. Cioè, il mio compagno di stanza..Jeff - Soltanto Jeff? - ..ed io, avevamo paura potesse succederti qualcosa. » Pausa. « Eri molto carina, stasera » Glielo rivelò così, senza nemmeno accorgersene. Allora distolse prontamente lo sguardo, tossicchiando. Scelta, quella, che si rivelò tuttavia alquanto infelice, visto che sotto il suo viso, il corpicino ben poco coperto di Asia era lì, a pochissimi centimetri di distanza. « E lo sai come.. - Come funziona il mondo, al giorno..D'oggi.. » Farfugliò a quel punto, distratto. Il suo sguardo si soffermò infatti per un po' troppo tempo sul seno semiscoperto di lei. Sospirò, visibilmente, e la mano che -sino ad ora- le aveva carezzato la guancia si bloccò per qualche momento. Di nuovo, si sentì avvampare. « Anche se.. » Le dita ripresero a muoversi, percorrendo la curva del suo faccino, poi la punta del naso, ed infine le labbra a forma di cuore. Lentamente, piano, con attenzione. « Mi piace, toccarti » Le rivelò, in quella confessione che, seppur Asia non ne sarebbe certo potuta essere a conoscenza, significava davvero tanto, per lui. « E vorrei fare con te la stessa cosa per la quale sono venuto a salvarti » Non se ne rese conto, ma si era avvicinato davvero tanto, forse troppo, mentre parlava. La distanza che adesso lo separava dal visino di lei, era minima. Per questo motivo ricercò le sue labbra, ma lo fece lentamente, questa volta. Vi si premette sopra, gli occhietti chiusi, schiudendo appena le proprie per ricercare, nuovamente, quel suo sapore. Non avrebbe saputo definirlo, ma gli piaceva. Lo faceva stare bene, almeno in quel momento -forse colpevole l'alcool- e, cosa assai più..evidente lo faceva accendere. Si sentì nuovamente avvampare, man mano che la sua lingua andava ad intrecciarsi, incerta stavolta, a quella di lei. La mano che la carezzava si scostò, percorrendo il suo collo, dove però non si soffermò. Scese lungo la spalla, poi sul braccio, infine sulla stoffa squarciata del maglioncino. Ne valutò i bordi, tra un sospiro e l'altro, e fu quando decise di osare ancora, insinuandosi più in là, che si staccò dalle sue labbra. Le attraversò il viso, poi l'orecchio, e infine il collo, dove si soffermò. Non sapeva farle, queste cose, Hiro, quindi non uscì fuori i denti o la lingua, soltanto la baciò, un po' ovunque, mentre le dita della mano adesso si stringevano piano sul suo seno sinistro. Quel contatto lo fece esitare un momento, sporcando la pelle di Asia di un mugolio soffocato, mentre -ormai era indubbio- il suo corpo riprendeva a...Reagire. Non che avesse mai smesso, a dire la verità, ma adesso la percepì di nuovo forte, quell'eccitazione che tornò ad irrigidirsi tra le sue gambe. Dunque strinse leggermente più forte, mentre dal collo scendeva ancora, sino a giungere lì. Lì dove calò alla meno peggio, con uno strattone che avrebbe voluto essere più delicato ma non ne fu capace, l'ultimo impedimento che lo separava dal seno nudo di Asia. Si soffermò ad osservare per pochi attimi, i denti che affondavano attraverso il labbro, incastrando il piercing che lo sovrastava. Poi però torno da lei, su di lei, con baci infuocati che le riempirono la pelle diafana. Era liscia, Asia, morbida. Non troppo prosperosa, ma non per questo meno bella, per lui, che anzi trovò particolarmente eccitante quella sua caratteristica. Per questo motivo dunque la lingua guizzò fuori tra un bacio e l'altro, attorcigliandosi ad uno dei suoi capezzoli, che aveva incastrato tra due dita. Ci giocò un po', mentre di nuovo, il desiderio cresceva in lui, nel percepirla sotto di sè, attraverso la propria lingua. Era calda. Allora con l'altra mano le percorse un fianco, si soffermò su qualche piegolina della gonna, poi si introdusse al di sotto. A differenza di prima, che l'aveva soltanto sfiorata, dispettosamente, questa volta esercitò più pressione, Hiro. Non si insinuò in lei, la stoffa degli slip glielo impediva, eppure fu vicino a farlo, almeno superficialmente. Con le due dita la sentì avvolgerlo, calda e umida, ancora più di prima e questo bastò a rubargli l'ennesimo sospiro, mentre staccava la bocca da lei soltanto per domandarle, in un sussurro. Posso? E aggiungere, poco dopo, in un singulto simile ad una languida preghiera, un morsetto a stuzzicarla. Dimmi che posso, Asia.


    Edited by nato dalla tempesta - 8/12/2023, 14:35
     
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    Ogniqualvolta Asia avrebbe ripensato a quel giorno cercando di far chiarezza, probabilmente nemmeno nel pieno delle proprie facoltà mentali avrebbe potuto trovare una spiegazione razionale che fosse esaustiva, per tutto ciò che stesse accadendo in quella capannina immersa nella Drum Manor Forest. In ogni caso, di un elemento, sarebbe sempre stata certa. La serata era iniziata con una consapevolezza inoppugnabile, qualsiasi fosse stata la sua condizione: lei ed Hiro Yamazaki non si sopportavano. Era questo che aveva pensato sin dalla loro prima interazione; era sempre questa supposizione di velenosa ostilità ed astio reciproco, ad averla spinta a credere quanto fastidioso fosse condividere con lui gli spazi comuni della loro scuola - figurarsi ritrovarsi poi in una piccola baita, dispersa nel nulla, completamente soli. E dunque, se perfino di fronte ad una palesata intenzione del giapponese di fornirle soccorso, le premesse iniziali erano state quelle di fargli sparire quell'espressione arrogante dal viso, a suon di schiaffi inizialmente e morsi e baci successivamente, come diavolo gli ci era finita sempre più fisicamente vicina, in uno stato d'animo assolutamente differente dai precedenti? Lì, di fronte al moro seduto a portata, Asia era finita ad osservarlo intenerita e col cuore tremante, mentre il Chiamatempeste le sobbalzava sotto le dita dopo una sorta di attacco di panico appena vissuto. La biondina provò anche a ripercorrerla, la catasta di eventi e momenti frenetici che li aveva infine condotti, a quel punto impensabile. Sorvolando sui ricordi ancora più caotici nella boscaglia, arrivati all'interno della cabina, sotto la luce calda di quel cucinotto troppo spoglio, erano sfociati in un'altra discussione accesa e a lei che - questo lo rammentava un po' tanto confusamente - gli lanciava contro qualsiasi oggetto le fosse capitato a tiro; in successione gli aveva dato del maniaco, neanche troppo sottilmente fra le righe; l'aveva poi medicato, ma anche provocato di sua iniziativa, soltanto per sbeffeggiarlo e vedersi quel giochetto infantile ritorcersi contro se stessa; una volta sbattuta sul tavolo da Hiro però, la memoria le si faceva ancora più nebulosa. Erano stati travolti dalla... passione, di questo ne era sicura. Una passione bruciante, condivisa, che li aveva spinti a ricercare le labbra ed il corpo dell'altro, forse in una maniera che ad occhio esterno avrebbe potuto apparire un po' buffa ed impacciata, ma era bastata ad Asia per capire quanto e come in realtà quel Grisha non le fosse mai stato del tutto indifferente. L'avevano provato i suoi baci corrisposti, nella goffaggine ed insicurezza che più volte l'avevano portata a scontrarsi col nasino o uno zigomo del moro - non che lui le fosse apparso meno maldestro, in verità. Ma non ci badava, a quello, Asia. Hiro era Hiro Yamazaki. Lo stesso Corporale popolare e tanto ricercato dalle loro compagne di accademia, quanto scontroso e scostante; perfino durante gli allenamenti del suo corso, diveniva motivo di distrazione, sguardi - nonché commenti - inopportuni e sospiri sognanti. Asia stessa a volte perdeva la concentrazione, qualsiasi attività stesse svolgendo, se Hiro entrava nel suo spazio visivo o vitale, infondendo l’aria del proprio atteggiamento indolente, con un aspetto fin troppo attraente rispetto a molti suoi coetanei, con quella pelle chiara macchiata d'inchiostro, i capelli corvini spesso arruffati con noncuranza, gli occhi color antracite colmi di un’intelligenza acutissima e una pigra tensione che sembrava vibrare sempre in quel corpo slanciato. Era impossibile, quindi, che quell'Hiro Yamazaki sempre meta di attenzioni femminili, fosse inesperto tanto quanto lei. E poi non le era importato, della mancanza di delicatezza di Hiro in quei primi baci; non mentre i loro corpi finivano incastrati, in una successione di ansimi accaldati e sfioramenti sempre più azzardati, piccoli gemiti strozzati e movimenti languidi che alla fine li aveva portati al momento che - Asia ne era sicura - aveva costretto lui a bloccarsi. Le aveva stretto il collo, dimostrandole quanto navigato fosse a differenza sua. Le aveva fatto male, in maniera fisica, per quanto accennata. Eppure non l'aveva spaventata, non quanto avrebbe dovuto forse, a maggior ragione riprendendosi un accenno di logicità per provare ad aiutarlo. Probabilmente era colpa di quella bevanda alcolica ad alta fermentazione in circolo nel suo corpicino, ad alternarne ancora la capacità di giudizio, ma Asia non sentì mai - neppure quando lui riprese a balbettare, sobbalzare come un bambino indifeso e con gli occhi azzurro ghiaccio a minacciare tempesta - la necessità di allontanarsi. Non volle lasciarlo solo a... combattere con qualsiasi cosa stesse contrastando dentro di sé. « Non mi fai niente.. » Le labbra della bionda si contassero in un piccolo sorriso d'incoraggiamento, addolcito e sincero nello stesso tempo, ma anche smorzato per timore d'apparire impietosita più che preoccupata. « No, non ti faccio niente. » Le dita delicate tornarono a distendersi sul petto di lui e piano annuì. « P-promesso..Non mi fai male. Promesso. N-non mi fai male..P-p- » Asia continuò a farsi ancora più vicina e fece un profondo sospiro. « Piano, Hiro. Un passo alla volta. È tutto okay. Prendi un respiro come me. Con me. » Proseguì, non staccandosi da lui e non smettendo con quelle attenzioni e carezze, almeno finché non sentì il moro rilassarsi un pochino sotto le sue premure. Soltanto allora, riuscì a rilassarsi e lasciare andare un respiro tremolante. « Io non ti faccio male.. » E lo capì, finalmente, che il peggio - almeno per ora - fosse scongiurato, non appena Hiro tirò fuori quell'affermazione sussurrata con un pizzico in più di decisione. Tornò perfino a guardarla e di conseguenza il bel visetto della biondina venne illuminato da un sorriso più ampio. « Esatto. » sussurrò a sua volta, gli occhi a scrutarlo con attenzione mentre una manina continuava a scorrergli dolcemente fra i capelli. Le piacque, più di quanto avrebbe saputo definire, il modo naturale in cui le sue dita piccine si infilavano fra quelle ciocche scure e lisce, iniziando a scatenare una reazione in Hiro che, facendola sorridere ancora di più, prese quasi a farle le fusa sotto le mani. Anche il suo cuore, a tamburellarle sotto il palmo, aveva assunto un suono somigliante a un sordo brontolio più quieto. Ti sei calmato, per fortuna. Mai, come in quella breve frazione di tempo che andò prolungandosi, Asia sentì la necessità di stargli vicina. Avrebbe voluto colmare quella poca distanza rimasta a separarli, infilandoglisi maggiormente fra le gambe, senza alcun tipo di intenzione allarmante: solo per abbracciarlo con tenerezza... Per il modo in cui prese a guardarla, fisso negli occhi e scandagliandole il viso, scaturendo l'ennesima reazione di calore e colore lungo le sue guance ormai sempre più spesso di quella tonalità rosata incandescente; per la morbidezza con la quale la mano di lui, che Asia stessa aveva portato sul proprio fianco, iniziò a carezzarla con riguardo causando non pochi brividi al suo passaggio; per il corpo di Hiro stesso, a tendersi e reagire sotto le sue manine, dalle quali si separò per primo lasciandosi andare con la schiena sul letto. « Mi gira la testa » Non seppe cosa rispondergli, al principio. Privata all'improvviso dalla presenza e la saldezza del ragazzo, riprese coscienza delle gambe malferme e la vista disturbata, distogliendo gli occhietti da lui e guardandosi attorno per cercare di capire cosa dovesse fare adesso. Dovrei andarmene e lasciarlo qui a dormire, da solo? Non so se sarei in grado di rifare il percorso fino alla serra però, o di ritrovare la strada per i dormitori. Non sapeva se sedersi lì con lui, per monitorarlo semmai avesse riavuto ancora bisogno del suo aiuto; ma non voleva neanche infastidirlo, restandogli troppo vicina ad annoiarlo, col rischio di farlo ricascare in un'altra crisi. Riprendendo a giocherellare col braccialetto al polso, lanciò un ennesimo sospiro e vagò con lo sguardo all'interno della cabina, trovandosi in un punto in cui la luce poco distante della cucina rendeva l'atmosfera molto più soffusa. Si era appena concentrata su una vetrata della finestra più vicina, con quelle tendine floreali, notando alcune goccioline di pioggia scivolare sul vetro appannato, quando Hiro ruppe il silenzio. « Mi fai compagnia? » Voltò il viso di scatto e lo fissò, valutando la proposta, trovandolo disteso meglio sul materasso sul quale si inclinò senza pensarci poi troppo. Sporgendosi in avanti e poggiandosi sulle ginocchia, decise di assecondarlo silenziosamente. Non disse nulla, Asia. Si limitò a gattonare un pochetto sul letto più morbido di quel che avrebbe potuto sembrare, avvicinandosi abbastanza al moro e sdraiandosi con calma su di un fianco. Portò un braccio sotto la testa, il faccino rivolto verso di lui, col corpo che le formicolava ancora per tutto ciò che avevano interrotto. Una volta distesa per bene, scalciate via le scarpine, quasi se ne pentì d'aver rilassato così tanto i muscoli ed essere finita in una condizione di maggiore precarietà. Non per Hiro, del quale riprese a percepire il calore emanato ed i respiri troppo vicini, ma piuttosto per la stanza che prese a vorticarle ancora di più attorno da una posizione orizzontale; se si focalizzava sul volto di lui invece, tutto riprendeva ad assumere una stabilità maggiore, la visione più nitida. Convogliò quindi tutta l'attenzione sul Chiamatempeste, di nuovo, senza riuscire a fare a meno di vagare con lo sguardo sulla sua figura imponente. E fu felice, d'essersi soffermata a guardarlo nonostante l'imbarazzo. Hiro le sorrise. Si trattò di un qualcosa di accennato, flebile, ma il semplice modo in cui la guardò durante quell'atto così naturale e genuino, carico di una strana tenerezza, fu capace di farle risentire qualcosa agitarsi all'impazzata nello stomaco. La vergogna le arroventò le guance ed un’emozione completamente diversa, sempre estranea, scaldò ben altre parti del suo corpo. Non si trattava del tipo di eccitazione eccedente provata in cucina, piuttosto di un turbamento molto più emotivo e profondo, che ebbe per forza di cose un effetto anche sul suo fisico scosso da nuovi brividini.
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    Dovette contrastarli, in qualche modo, ed alla fine si decise allungando una manina per avvicinarla al viso di lui. « Grazie, per prima. Io non so cosa.. - L'alcool, forse » Compì il movimento con calma, ancora spinta dal timore di sentirlo sussultare sotto i suoi tocchi, giungendo a sfiorargli una guancia proprio nello stesso momento in cui Hiro riprese a parlarle. « Non devi ringraziarmi, sul serio. Non preoccuparti. Non è successo niente. Credo possa capitare dopo... aver bevuto troppo. » pronunciando quella replica, distolse lo sguardo dagli occhi scuri di lui e lo puntò su di uno zigomo, all'altezza di quella cicatrice che le sue dita presero a ripercorrere come aveva fatto con le labbra poco prima. Soltanto quel flashback recente, la fece sprofondare in una profonda ed ancora più evidente timidezza. Non riusciva però a terminare quel loro contatto, nonostante si rese conto in ritardo, di quanto anche il semplice fatto di starsene lì, distesa con un ragazzo a poca distanza, fosse per lei un'esperienza del tutto nuova. « Tu come ti senti? » Non riuscì a rispondere subito a quella domanda imprevedibile, in effetti. Non solo perché non si aspettava potesse preoccuparsi anche del suo stato, in quella condizione, ma anche e soprattutto per la delicatezza con la quale Hiro le si avvicinò per scostarle e sistemarle i capelli dietro l'orecchio. Sbatté le palpebre confusa e scossa, indirizzando di nuovo le iridi marroncine in quelle di lui. « Non so. Probabilmente non berrò mai più, soprattutto quella birra fatata. Dimmi che anche per te aveva in fondo un sapore piuttosto schifoso. » gli rispose sottovoce, le labbra contratte in un sorrisino divertito per il tono disgustato che manifestò nel riferirsi a quell'alcolico troppo forte. Si fece un po’ più vicina, parlando, scivolando con la mano lungo la mandibola di lui che tracciò con la punta delle dita. Hiro decise tuttavia, ancora una volta, di farla tremare al suo fianco. Con le parole, per una volta, divenendo stranamente loquace per i suoi standard. Era forse la prima conversazione più lunga fra di loro, escludendo quelle in cui si urlavano contro a vicenda o dicevano la qualunque, offendendosi. « Veramente, comunque. Non ti stavo spiando, prima, nel bosco. Cioè, il mio compagno di stanza..Jesper - Jesper? Perché avrebbe dovuto spiarmi lui? - ..ed io, avevamo paura potesse succederti qualcosa. » Oh. Stupita, da quella nuova ammissione del Chiamatempeste, le labbra le si schiusero appena. Come aveva immaginato, se soltanto avesse lasciato prendere il sopravvento alla razionalità sin dal principio, avrebbe compreso che Hiro l'avesse avvicinata e rincorsa soltanto per premura. Per timore che potesse succedermi qualcosa. Ripeté nella mente quelle ultime parole di lui, riuscendo ad incastrare i pezzi anche per la maniera riguardosa - per quanto priva di tatto - con la quale l'aveva trasportata in braccio nella capanna, controllandole perfino le ginocchia graffiate e porgendole un lenzuolo per coprirsi, prima di sfociare in... altro. A metà fra un'improvvisa nitidezza nei pensieri e la confusione persistente che non l'aiutava a ragionare completamente, Asia comprese quanto si fosse sbagliata sul conto di Hiro. Ma perché ti sei preoccupato per me? O è stato Jesper? Lui nemmeno mi conosce. « Eri molto carina, stasera » E poi eccolo arrivare, del tutto inatteso, quel complimento. Inspirò bruscamente l'aria, Asia, e le esplose dentro una scarica strana come se fosse stata colpita da un fulmine. Lui, era un fulmine abbattutosi nel suo ciel sereno. « E lo sai come.. - Come funziona il mondo, al giorno..D'oggi.. » Dopodiché ascoltò soltanto a metà, i farfugliamenti di Hiro, distratta dal cuore ad impazzarle nel petto e quei tocchi lenti di lui, ai quali si porse col visetto accaldato invogliandolo a non smettere. « Anche se.. » Schiuse le labbra, quando le dita le percorsero con attenzione, l’unica traccia di agitazione il respiro accelerato che andò ad infrangersi contro la pelle di lui. Non sapeva come replicare, cosa dirgli o quanto esporsi a sua volta. Forse avrebbe dovuto ringraziarlo, per essersi preoccupato per lei. Ma non riuscì a biascicare parola, limitandosi a carezzarlo a sua volta, compiendo dei gesti che da lì in poi avrebbe eseguito spesso: lo imitò, carica di insicurezza per la sua inesperienza, dopo avergli sfiorato il viso un po' a casaccio arrivò a toccargli con accortezza le labbra. Gliele tracciò a rilento, sentendo i polpastrelli intorpiditi man mano che il calore e la morbidezza della bocca del giapponese la marchiavano. Anche i tuoi respiri sono bollenti. « Mi piace, toccarti » A quel punto, sgranare un pochino gli occhi le venne naturale. Fu lei, a sentirsi sempre più accaldata, non soltanto per l'imbarazzo ormai fin troppo evidente. « Anche a me piace tocca-rti. Tanto. » Troppo. Più di quanto era pronta ad ammettere. Ripiombando in una situazione di combustione nel pronunciare quella dichiarazione sottovoce, chiuse la bocca nella speranza che lui non l'avesse sentita. Ma era lì, sempre più vicino, e fu impossibile non ascoltare i reciproci sussurri. Sospiri. Tremori e aneliti. « E vorrei fare con te la stessa cosa per la quale sono venuto a salvarti » Quindi è così, sei venuto a salvarmi. In un momento teso di silenzio pulsante, Asia lo preannunciò arrivare, questa volta, il bacio. A differenza dell'impetuosità con la quale aveva ridotto la distanza fra di loro sul tavolo, in quest'occasione Hiro le diede il tempo di potersi ritrarre, avvicinandosi piano e quasi con cautela. Senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lui, anziché fare ciò che la ragione le avrebbe consigliato, la Fata si allungò lentamente, andando incontro alle labbra del Chiamatempeste. Il contatto fu differente, meno esplosivo e meno carico di frenesia del primo, ma non per questo con minore intensità e sentimento. Anzi, nella sua totale impraticità, Asia preferì quel proseguo lento e accennato; il ricercare morbido della bocca di lui nel tentativo di assaporarla, la guidò a schiudersi per lui, approfondendo placidamente quei tocchi. Nel momento in cui la lingua di Hiro toccò quella di lei, il suo mondo sfumò in quel bacio. Si incastrò meglio a quel fisico troppo possente rispetto al proprio, gli occhi chiusi e la mano ferma sulla guancia di lui, accompagnandolo in dei movimenti e sfiorandolo al contempo con tenerezza. Senza fretta, non spinta dalla foga o l'impazienza, ma dal desiderio di imprimersi nella mente ognuno di quei piccoli passaggi. Esplorandogli la bocca con la lingua, giocando con quella di lui in uno scambio che le venne pian piano sempre più naturale, gli sorrise perfino contro e la mano le scivolò più giù: gli sfiorò dal collo alla spalla e poi lungo la schiena, contro la quale strinse le dita in base a nuovi brividi arrivati a scuoterla nel profondo. Riconobbe fossero una conseguenza delle mosse del fatato, la cui mano lasciò dietro di sé una scia capace di toglierle il respiro, ovunque giunse a toccarla. Le ridiscese lungo il collo, e per un attimo Asia pensò avrebbe cercato di stringerla in un'altra presa, ma proseguì con quel percorso discendente altrove. Il tepore più bollente delle labbra del Chiamatempeste si diffuse in lei, sempre di più e, animata dal desiderio di continuare a sentirlo, venne percorsa da una scarica di correnti elettriche ovunque lui la toccasse - il naso che si scontrava contro il suo, data l'intensità dei baci sempre più approfonditi, facendola sorridere spesso contro la sua bocca; dove le sfiorava la guancia, la spalla, il braccio e infine infilandosi oltre il maglione per raggiungerle il seno - formicolii di calore e piacere prendevano vita, scorrendole lungo i nervi, i muscoli, facendole sentire il corpo vibrante e sempre più acceso. Hiro. Lo richiamò un'infinità di volte, fra un sospiro e l'altro, un brivido e un sussulto eccitato, non riuscendo a starsene del tutto ferma. Non lo sapeva, davvero, cosa dovesse fare lei nel frattempo. Se dovesse restarsene buona e lasciare condurre tutto a lui; o se forse fosse opportuno reagire, non standosene lì impalata a respirare a singhiozzi e tremare. Come fosse dotata di vita propria, una sua manina vagò ancor di più, mollando la presa sulla maglia maschile per tornare ad infilarsi al di sotto del tessuto. Affondò le dita sulla pelle di Hiro, stringendogli un fianco e tracciandogli subito dopo il profilo risalendo verso l'alto, imprimendoglisi maggiormente nella carne quando abbandonate le sue labbra prese a ricoprirle il viso, l'orecchio e il collo di baci. Si inclinò sotto di lui, dandogli più spazio, invogliandolo a non smettere; un secondo dopo, un’acuta fitta di eccitazione la percorse e la sua schiena si inarcò, spingendo il seno verso di lui a causa della stretta che la raggiunse attraverso il reggiseno. Oh, cielo. Mi sta... toccando proprio lì. Uno strattone dopo, col seno improvvisamente al vento e il respiro di Hiro a solleticarle quella pelle sensibile messa a nudo, Asia ricordò quanto piccola dovesse apparirgli, con quelle sue forme appena pronunciate, rispetto a chissà cos'altro lui fosse abituato. La percepì accrescere, la vergogna d'essere osservata in un punto così intimo per la prima volta da qualcuno, rabbrividendo visibilmente per un'infinità di fattori... eppure il giovane fatato assunse un'espressione stranamente estasiata e lei non riuscì a trattenerli ancora, dei lievi mugolii di piacere che infransero la ritrovata tranquillità della notte, per la tempesta di baci con la quale la bersagliò. Più lui si faceva spazio sul petto, aumentando l'intensità di quelle attenzioni, maggiormente un calore incontrollabile si sviluppò nel suo basso ventre. Crebbe a dismisura e si accentuò in un ritmo pulsante tra le cosce, alimentando la tensione repressa, quando sentì l'altra mano farsi spazio sotto la gonna. Strinse le palpebre e fu istantaneo: fece pressione sulla sua intimità e un gemito sonoro, pieno, le scivolò fuori dalle labbra. Il bacino ebbe un sussulto in risposta a quel piccolo primo contatto più approfondito. Posso? Una mano si rinfilò fra i capelli di Hiro senza controllo, afferrandolo con delicatezza per la sensazione a metà fra dolore e piacere, scaturita da un lieve morso - e quel maledetto piercing freddo - su uno dei suoi bottoncini sensibili. Dimmi che posso, Asia. La risposta a quella domanda le morì in gola, per dar spazio ad un gemito ancora più risonante del primo, tanto da far espandere la propria vocetta bassa fra le pareti spoglie della baita. Sì. Lo sussurrò in un ansimo, il corpo scosso dai fremiti per la sensazione persistente che quei semplici tocchi accennati non bastassero, che non sarebbero bastati per nulla ormai. Non smettere, Hiro. Stavolta riuscì a pronunciarlo, seppur con un filo di voce, quell'assenso dal tono più simile ad un'invocazione mormorata. Il suo corpo era teso come non mai, il cuore a batterle freneticamente, ma il desiderio bramoso di un contatto più intenso la spaventava. Spinta dall’istinto, non si rese conto di aver mosso piano l’inguine contro la mano di lui. Fai piano, Hiro. Per favore. Lo richiamò, tirandolo per una spalla, affinché potesse guardarla soltanto per un momento annuire decisa per caricare maggiormente quel suo consenso. Lo guidò a risalire su di sé per baciarlo, lentamente, completamente. Prima però, con un movimento abbozzato, gli fece intendere di volergli sfilare la maglia. Voglio toccarti di più. Posso togliertela? Gli alzò l'orlo del tessuto nero sui fianchi, sussurrandogli in contemporanea di getto quelle parole capaci di farle aumentare l'imbarazzo. Non ci badò, aiutandolo a liberarsi di quel primo indumento, tirandoglielo su dalla testa e... facendoglielo incastrare lassù. Sono davvero un'idiota. Non sono capace, non lo sono per niente. « Scusa. » ridacchiò, tacitamente, mentre la districava e infine lanciava da qualche parte - cercando di privarsi anche del suo, maglioncino ormai di troppo. Il divertimento per quel contrattempo, ebbe in fondo vita breve: vederselo su di sé, nella penombra romantica di quell'angolo della capannina, con quel suo petto ampio e le spalle finalmente nude, quelle mani grandi e virili a navigarle sulle forme minute, la spinse a circondargli il collo fra le braccia e appiccicargli la bocca addosso, non riuscendo a trovare le parole per dirgli ciò che provava. Da quella posizione non le veniva però facile, toccarlo dove voleva e alla fine sfogò la frustrazione riversando tutta se stessa in un altro bacio, ricercandogli la bocca ancora più ardente ed umida. Baciami. Accarezzami. Non fermarti, Hiro. Gli diede il suo permesso per continuare non solo a voce, ma anche con ogni tocco delle labbra, glielo disse con ogni carezza della lingua, col modo in cui le mani gli scivolarono con adorazione fra i capelli fino a portarsi sul petto. Non per respingerlo o colpirlo come accaduto sul tavolo: gli affondò le dita nei pettorali, scoprendo con titubanza quei muscoli in tensione e il cui calore si riversò in lei. Col respiro affannoso, lasciandosi andare ormai completamente sotto di lui, emise sempre più suoni sommessi di piacere e si premette contro la sua presenza, percependone il desiderio con un piccolo ondeggiamento di una coscia. Le carezze si fecero più impudiche ma vacillarono per un secondo, soltanto quando prese a concentrarsi sulla lenta discesa che la condusse fino ai fianchi, che stavolta superò per raggiungergli il bordo dei jeans. Fortunatamente non era riuscita a richiuderglieli poco prima o ci avrebbe impiegato un'eternità per slacciarglieli, tanto sentiva le braccia ricolme di brividi e tremolii. Provò ad abbassarglieli adesso, fin quanto le riuscisse dalla sua posizione, contorcendosi un po' finché non gli raggiungessero almeno le cosce e poi risalì con calma, sfiorandolo al di sopra dei boxer sul sedere. Posso... po-sso toccarti? Se lui le chiedeva il permesso, immaginò fosse giusto ricambiare; così come contraccambiò dei primi tocchi appena accennati attraverso la stoffa degli slip grigi, strisciando con le dita fino al di sopra dell'erezione pulsante. Non aveva idea di come un contatto così piccolo e semplice potesse mandarla completamente nel pallone e in fibrillazione al tempo stesso, ma avvicinandosi per la prima volta all'eccitazione di Hiro - seppur attraverso l'intimo - il colorito delle sue guance creò una dolcissima sovrapposizione di reazioni sul suo faccino imbarazzato. « Hiro, io n-on so... non so se... » So farlo? Non voglio farti male. Si zittì prima di terminare, o forse lo farfugliò fino in fondo, mordendosi il labbro e lasciandosi semplicemente guidare dall'istinto. Nonostante l'impaccio, Asia, era comunque curiosa di scoprirlo, accarezzarlo e continuare a scaturire reazioni nel Chiamatempeste. Allora si animò di coraggio, iniziando a compiere dei piccoli movimenti con le dita, su e giù lungo quel rigonfiamento crescente sotto il cotone. È così... strano. Il sobbollire del suo stesso desiderio che provava anche soltanto carezzandolo così, l'indusse a proseguire e rafforzare quegli sfregamenti, percependo anche i propri respiri farsi più pesanti. Così? Chiese in un bisbiglio, sospirante, cercando approvazione da lui senza smettere di fissarlo e ricercarne gli sguardi. Una leggerissima insicurezza le attraversò il viso un attimo prima che, spinta da un'intrepidezza che in futuro non avrebbe saputo attribuire a nient'altro se non all'alcol e l'assenza di inibizioni, compiesse il gesto estremo: aiutandosi con entrambe le mani, abbassò soltanto un pochetto la biancheria, quanto bastava affinché l'erezione guizzasse libera e, seguendo gli impulsi, gli occhietti nocciola le corsero proprio lì in basso per aiutarsi con l'operazione delicata. Sarebbe stato meglio non farlo, perché intravedendo nella semioscurità la virilità del giovane priva di veli, reagì con un sussulto e boccheggiò. Non che ne avesse mai vista un'altra prima, ma si irrigidì subito alla vista di quello, specie per la semplice differenza di proporzioni fra di sé... e lui. O-ddio... Oddio io l'ho detto che quello non-non può entrare assolutamente. No, no, no... Mi farà mal-issimo. E poi perché sto già pensando a... fa-rlo? Inalando a fondo, non seppe neppure se quello fu un pensiero confusionario o le sfuggì dalle labbra, iniziando a sfiorare con i polpastrelli la sommità dell’asta, scorrendo con lentezza estrema verso il basso e poi l'alto, in dei gesti ripetitivi per prenderci confidenza finché ebbe la spinta di avvolgergliela con il palmo - o se non altro ci provò, sgranando gli occhi ed accorgendosi di tremare al contatto con quella rigidità, avvertendo un briciolo d’incertezza. Stanotte ci muoio qui. Me lo sento. Sta per venirmi un principio di infarto. Okay, ok-ay. Ora ti troviamo un nome per davvero, così sembri sul serio meno spaventoso. S-ei rigido, bollente e soffice al tempo stesso però, che strano. Sei proprio buffo, Hiro. A peggiorare la sua situazione - o proprio quella di Hiro stesso - ebbe poi la brillante idea di seguire in tutto e per tutto le pulsioni dettate dal suo cervellino avido di sperimentare e, iniziando a compiere dei movimenti col polso, portò anche l'altra mano a tocchicchiarlo come le riusciva. Si lasciò guidare dalle espressioni di lui. Riprese infatti a fissarlo, ansimando a sua volta, coi pensieri sempre più scompigliati. Mi sa che Mr. Pipo suona decisamente bene. Altisonante e cute al tempo stesso. Soltanto Asia Cordelia Roy, in un momento carico di sensualità e pura concitazione, nonché tensione sempre maggiore, avrebbe potuto finire con l'affibbiare un soprannome - a suo dire "tenero" - alla virilità del povero giapponese. E non si trattava neppure di un nomignolo a caso, bensì quello che da piccola aveva dato alla sua pecorella peluche. Il motivo di quella scelta, chiaramente, avrebbe potuto saperlo soltanto lei.


    Edited by linphea. - 9/1/2024, 12:16
     
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    Anonymes!
    Gli occhi ancora fissi sul visino paffuto di lei si rese conto, Hiro, che non era abituato a situazioni del genere. Sdraiati su quel lettino, ancora non troppo stretti tra loro -distanza che, comunque, avrebbero colmato a breve- quella stramba quanto inaspettata coppietta stava lì, ad osservarsi in silenzio. Se si fosse impegnato anche solo ad individuare un possibile nesso logico di come tutto ciò fosse accaduto, sicuramente -e per la prima volta da che ne avesse memoria, in vita sua- non ne sarebbe stato capace. E non esclusivamente per colpa dell'alcool. Era avvenuto tutto così in fretta che, col senno di poi, si sarebbe domandato -il chiamatempeste- come ogni cosa avesse avuto inizio. Le provocazioni di lei avrebbero costituito una valida -nonchè la più semplice- risposta a quel suo quesito, se non fosse stato per il fatto che no, non si trattava soltanto di questo. Non si trattava soltanto di questo perchè in vero, seppur avrebbe preferito una sessione piena di interminabili quando indicibili torture psico-fisiche piuttosto che ammetterlo, ad Hiro, quella piccola Terrena, non era mai stata indifferente. Sin da quel primo giorno a mensa, in cui -anche se impossibile da credere, o decifrare- si era davvero sforzato per cercare di fare il carino con lei (chiaramente non riuscendoci), a cose fatte, Hiro non le avrebbe più staccato gli occhi di dosso, dopotutto. La fissava, Yamazaki, la fissava e lo faceva anche spesso, ricavandosi di volta in volta le battutine di un povero Jeff che, puntualmente, finiva per essere colpito in chissà quale punto e con chissà quale arma. Un tomo di milleecinquecento pagine di Storia dei Fatati, una volta, per esempio. Fatto sta che, comunque, ogni cosa di Asia lo aveva mandato in tilt sino ad ora, e continuava a farlo, spezzando con prepotenza quel velo d'indifferenza che, un po' inconsciamente, un po' anche no, Hiro vantava tanto di possedere. Gli piaceva, la piccola Roy, questo era indubbio. Certo, non la conosceva chissà quanto, e la maggior parte delle volte in cui avevano avuto a che fare, l'Etherealki aveva provato l'irrefrenabile istinto di strangolarla, eppure.. Beh, col senno di poi l'aveva strozzata davvero. E non nel senso in cui aveva immaginato durante quei loro battibecchi. O forse sì, proprio in quel senso. Ad ogni modo, e tornando a noi, aveva provato un miscuglio d'emozioni così inaspettato quanto violento, Hiro, che adesso, adagiato su di quel materasso, si sentiva crollare quasi l'intera stanzetta addosso. Eppure, pareva proprio, -e questo era strano per un freddo calcolatore come lui, che tutto voleva avere sotto controllo- importargli ben poco. Nulla gli fregava infatti, al momento, se non la vicinanza di lei, e la sua manina calda a sfiorargli la pelle. Un contatto al quale ormai sembrava addirittura essersi abituato, mentre il respiro tornava a farsi regolare e quel suo sorriso raro come il più prezioso dei diamanti ne illuminava il faccino solitamente imbronciato.
    « Non devi ringraziarmi, sul serio. Non preoccuparti. Non è successo niente. Credo possa capitare dopo... aver bevuto troppo. » Asia, sdraiata di fianco, continuava ad accarezzarlo e lui, dal canto suo, a piegarsi sotto il suo tocco, socchiudendo gli occhi. Persino quando le sue dita gli sfiorarono la cicatrice sotto lo zigomo, non ci fece troppo caso, ma anzi continuò a setacciarne i lineamenti del visino a poca distanza, scoprendone dettagli sempre più ricercati. Gli piaceva, pensò, il modo in cui le sue labbrucce a cuore si piegavano quando sorrideva. Gli sorrideva - cosa mai successa, sino ad ora. E gli piaceva anche quella leggera spolverata di lentiggini che, adesso così vicini, riuscì ad individuare arricchirne il nasino all'insù e le guanciotte rosa. « Non so. Probabilmente non berrò mai più, soprattutto quella birra fatata. Dimmi che anche per te aveva in fondo un sapore piuttosto schifoso. » Il sorrisetto divertito che si palesò sulle labbra di lei, stranamente, lo contagiò. Per la seconda volta nel giro di pochi minuti sorrise, Hiro, calando lo sguardo ed annuendo. Si sentiva stanco, stremato e sconvolto, ma mai avrebbe voluto dormire. « Bleah. Fa schifo anche a me. » Farfugliò, in un tono che suonò particolarmente infantile « Personalmente, però, mi aiuta a sopravvivere per più di cinque minuti a queste feste del cavolo. » Ed avrebbe aggiunto altro, tipo chiederle se fosse la prima volta per lei, lì. O se si fosse accorta di come quel suo amico (o fidanzato?) avesse iniziato a versarle birra su birra sin da quando erano arrivati, se qualcosa non avesse catturato la sua attenzione, portandolo a..Beh, tutto il resto. A sussurrarle sulla pelle bollente ciò che le disse. A rivelarle verità nascoste che, probabilmente, forse nemmeno lui conosceva. « Anche a me piace tocca-rti. Tanto. » Ed infine a baciarla, dopo quella risposta. Perchè sì, se la baciò di nuovo, Hiro, fu solo ed esclusivamente perchè fu lei, ad invitarlo -forse inconsciamente- a farlo. Mai, infatti, avrebbe osato tanto, di nuovo, senza un suo tacito invito. Dunque le sue labbra si impressero su quelle della biondina, e lo fecero lentamente. Non vi battè contro, com'era successo qualche minuto prima, non questa volta. Questa volta le ricercò timidamente, cauto. E in quella cautela le assaporò, piano. Con le dita che man mano vagavano su quel suo corpicino vibrante, riempendo il proprio, dal canto suo, di scariche elettriche, l'Etherealki ne ricercò la punta della lingua e la incontrò. Fu un movimento dapprima lento, quello col quale vi si intrecciò, forse colorato da una leggera nota d'insicurezza. Si rese conto, infatti, che di baci così non ne aveva mai dati. Certo aveva baciato in passato, Hiro, lo aveva fatto davvero - e suo malgrado. Ma mai così..Intensamente. Mai così profondamente. Quindi si scostò da lei giusto quell'attimo per riprendere fiato ed accoglierne un candido sorriso che si infranse sulle sue labbra, per poi riprendere a cercarla, con più sicurezza ed impeto, stavolta, mentre ogni cosa di lui si rianimava, facendogli ribollire il sangue nelle vene. Dunque quel singolo bacio divenne tanti baci, mentre imprimeva la sua bocca sulle sue guance, poi sull'orecchio, sul collo ed infine giù, sempre più giù.
    Hiro. Il modo in cui Asia lo chiamò, un'infinità di volte, tra un sospiro e l'altro, bastò per riaccendere quella sensazione al basso ventre che ormai, in sua presenza, gli pareva assai familiare. Questa volta fu la stoffa dei boxer, ad opprimerlo, ma ciò non lo fermò comunque dallo stringere tra le dita il seno sinistro della Fata, mentre con la lingua ne percorreva l'intero profilo. La leccò, sì, senza inutili giri di parole, inumidendo uno di quei suoi bottoncini sensibili e sospirando nel percepirla vibrare e mugolare sotto di sè. Furono proprio quei gemitini soffocati a fargli tornare, di nuovo, quell'impellenza di farla propria, possederla come non aveva mai fatto con nessuna prima d'ora, e come avrebbe voluto fare sul tavolo della cucina, pochi minuti fa. Ma tentò questa volta di reprimere quell'istinto -che comunque crebbe, evidente, in mezzo alle sue gambe- trovando quell'alternativa che ebbe dell'automatico. La toccò infatti, Hiro, laddove nessuno l'aveva mai anche solo sfiorata -seppur di questo, Yamazaki, non ne fosse a conoscenza nè mai lo avrebbe immaginato-. Posò due dita, medio ed indice, su quella morbidezza che, di nuovo, percepì umida aldilà della stoffa. Sospirò, caldo, sul viso di lei, e quando quel suo tocco si fece più deciso, invasivo, il gemito che spezzò il silenzio gli rimbombò nella mente. Cazzo, pensò, nell'ennesimo sospiro che, questa volta, più somigliava ad un ansimo. Mi piace sentirti così - aggiunse, nella sua testa. O forse no, non avrebbe saputo specificarlo, troppo preso da..Insomma, tutto. Dal respiro di lei, dal modo in cui gli strinse una manina tra i capelli e tentò di accoglierlo col bacino, dal suo seno ancora sotto la propria lingua. Ed i propri denti. Alzò lo sguardo, da laggiù, e si pentì -per modo di dire- nell'esatto momento in cui lo fece. Trovarsela di sotto -era ormai quasi completamente sdraiato su di lei-, con le guanciotte arrossate e l'espressione sconvolta, lo costrinse a calarsi per un attimo, nascondendosi tra l'incavo del suo collo e la spalla, mollando per qualche secondo la presa. Resistere a tutto questo, resistere a lei, si stava rivelando molto più complicato del previsto. E, di sicuro, Asia non gliela rendeva facile. Non smettere, Hiro. Quel sussurro, infatti, Hiro, lo percepì forte e chiaro. Gli si insinuò attraverso l'orecchio, svolazzò nel suo sistema nervoso e ne irrorò qualsiasi vaso sanguigno. Mmh. Per questo motivo mugolò, stavolta, il giapponese, rialzandosi leggermente e tornando con le dita su di lei. La fronte corrugata e le sopracciglia inarcate, sembrava avere un che di sofferente. Forse, però -anzi sicuramente- non nel senso negativo del termine. Era, al contrario -se ne rese conto- una sofferenza dettata dall'attesa, dal desiderio, che lo faceva annaspare, sì, ma gli piaceva al tempo stesso da morire. Fai piano, Hiro. Per favore. Di nuovo un sussurro, di nuovo l'ennesima minaccia di fargli perdere la testa. Dunque, incapace di sottrarsi, questa volta lo oltrepassò, quel confine. Le dita infatti si arpionarono contro i bordi degli slip -che gli parvero minuscoli, a toccarsi- i quali iniziò a tirare verso il basso, fino a scoprirla. Ancora, però, non la toccò, non del tutto. Aveva bisogno, il chiamatempeste, di altre conferme.
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    Conferme che non tardarono ad arrivare quando lei lo tirò su, invitandolo a stendersi completamente sopra di sè. Hiro lo fece, sistemandosi tra le sue gambe, ed andando a sfiorarla -adesso nuda, ed il pensiero lo fece impazzire- con quell'eccitazione che, era indubbio ormai, pulsava per lei. A continuare così, nonostante l'inesperienza, Hiro lo capì comunque che sarebbe arrivato ad esplodere ancor prima di iniziare. Quindi prese un lungo respiro, profondo, e la domanda di lei -gli chiese se potesse spogliarlo- arrivò salvifica per distrarlo, almeno un po'. Nello sfilargli la maglia -Hiro fece attenzione a non schiacciarla, mentre si manteneva in equilibrio sopra di lei- Asia lo incastrò letteralmente attraverso la stoffa della T-shirt. « Scusa. » « Tranquilla » Mormorò, da lì sotto, in una risatina divertita; e forse avrebbe dovuto ringraziarla perchè -anche se per poco- quell'imprevisto che aveva del comico lo aiutò a..Riprendersi. Certo, però, quell'ironia tra loro non durò troppo, perchè se lei lo spogliò, lasciando ricadere la maglietta chissà dove (poco gli importava) lui la aiutò, dal canto suo, a liberarsi di quelli che erano -ormai- i resti di quel suo maglioncino sgualcito. E, assieme, del reggiseno. ..Sul quale ci impiegò più tempo del previsto, per riuscire a sbottonarlo. « Aspetta, eh, ce la faccio. Un attimo.. » Attimo che durò una buona manciata di secondi, forse addirittura un intero minuto, fin quando, finalmente, glielo sfilò con una certa impazienza. Non seppe dove lo fece finire, e di certo non se ne curò, perchè Asia si strinse a lui, proprio in quel momento, ricercandone di nuovo le labbra ed accarezzandolo dovunque, sulla pelle nuda. In ogni punto in cui lei lo sfiorava, si rese conto - il chiamatempeste- di sentirsi ribollire, e vibrare. Dunque quando la Fata lo invitò, nuovamente, a baciarla, toccarla, sentirla, un sospiro si infranse su quelle sue labbra sempre più calde ed umide per i baci -via via sempre meno innocenti- che si stavano scambiando. Allora, con la mano destra a vagare nuovamente sotto la gonnellina -che, con ogni probabilità, non le avrebbe sfilato- Hiro risalì attraverso la sua coscia. Vi impresse le dita sopra, dapprima, stringendola. Respirò a fondo, le mordicchiò le labbra, poi osò di più. Si poggiò su di lei, una cautela che assai poco gli apparteneva, e la sfiorò in quell'intimità, che -ormai completamente scoperta- percepì bagnata attraverso le dita. Era liscia, Asia, morbida. Sembrava una bambina, e parve ricordarsi in quel momento -Hiro- quanto effettivamente fosse piccola. Aveva quindici anni? Sedici? Non lo ricordava con esattezza, e ad esser sinceri -arrivato a quel punto- quel dubbio non riuscì comunque a fermarlo. Dunque dapprima la accarezzò, lentamente, mentre si staccava dall'ennesimo bacio, per osservarne la reazione, il respiro sempre più affannoso. Non parve scostarsi, Asia, e questo lo convinse a farlo, finalmente. Si insinuò in lei, e lo fece piano, come le aveva tacitamente promesso avrebbe fatto poco prima, alla sua richiesta, con un cenno del capo. La sentì calda, avvolgente, umida e.. Stretta. Particolarmente, stretta. Condizione che lo fece rabbrividire, mentre con le dita spingeva leggermente più a fondo. Ti faccio male? Le chiese, in un ansimo. Alzò il mento, schiuse le labbra, si sfiorò un angolo del piercing con la punta della lingua. Allora affondò ancora, e fu a quel punto che gli parve di avvertire una certa..Resistenza, che decise però di non oltrepassare. Per un attimo, un dubbio balenò in quei suoi pensieri bollenti, e ne ricercò lo sguardo. « Asia.. » Si sentì mormorare, poi scosse la testa. Era impossibile. Sicuramente, ne era certo, si trattava solo ed esclusivamente della sua, di inesperienza. E poca conoscenza del corpo femminile. « No, niente » aggiunse dunque, mentre con le dita ripeteva quel movimento, una seconda volta, e poi una terza. Lo faceva lentamente, assaporando ogni centimetro caldo di lei che ad avvolgerlo ed accoglierlo, pian piano. E forse, col senno di poi, quella barriera l'avrebbe oltrepassata in questa maniera, Hiro, quando al quarto affondo parve animarsi di un'impellenza che lo avrebbe portato a farsi bramoso di volere di più, da lei. Di perdersi ancora di più dentro, di lei, per saggiarne quel piccolo frutto proibito che adesso sentiva proprio il bisogno di possedere, venendo meno alla raccomandazione fatta e lasciandosi prendere da quell'istinto animalesco che, era indubbio ormai, pareva rivelarsi sempre in agguato - da qualche parte in quel suo essere. Anche questa volta, però, non perse il controllo - perchè Asia lo distrasse molto presto.
    D'altra parte, non abbiamo ancora specificato che, nel mentre in cui Hiro stava scoprendo cose di lei che mai avrebbe pensato anche solo di immaginare, dal canto suo, la piccola Terrena non stava certo rimanendo ferma. Sotto di lui a mugolare e sospirare, infatti, le sue manine vagarono per diverso tempo sopra la pelle dell'Etherealki, lasciandosi dietro scie infuocate ovunque andassero a soffermarsi. La sentì carezzargli il petto, le braccia, la schiena, le spalle - e forse, nel setacciare quel suo sguardino acceso e curioso, in un momento ben diverso da quello in cui si trovavano, Hiro l'avrebbe pure presa in giro, per tutto quel particolare interesse nel tocchicchiarlo qua e là. Ma non fu ciò che fece ora, perchè ogni tocco di lei equivaleva ad un sospiro di piacere che andava ad infrangersi in un'atmosfera ormai visibilmente bollente. Quando dunque percepì quelle manine scendere giù, sempre più giù, sino a raggiungere il bordo dei jeans, Hiro sussultò. Calmati, deficiente - si ammonì, prendendo un lungo respiro che si spezzò in un involontario ansimo - non fare il verginello. Tuttavia, rilassarsi sarebbe stato piuttosto difficile, perchè alla domanda che giunse piano, tra loro, pronunciata dalle labbrucce ancora umide di baci della Terrena - Posso toccarti? - ne seguì un suo tacito assenso, con un movimento leggermente esitante del capo, mentre si sentiva le guance avvampare. Dio stai pure arrossendo. Vabeh. Sospirò, e quando percepì le sue dita poggiarsi proprio.., dovette mordersi la lingua a sangue, pur di non mugolare - per l'ennesima volta. Il tocco di lei era delicato, leggero. Curioso, sì, ma non invadente. Lo carezzava piano, da sopra la stoffa dei boxer, in movimenti esitanti, ma non per questo meno carichi di..Tanti, troppi effetti su di lui. Più si muoveva, Asia, più Hiro impazziva, inevitabilmente, ed alle sue parole -"Non voglio farti male"- non fu capace di rispondere, se non scuotendo la testa. Così come rispose anche al suo "così?", annuendo. Non riusciva proprio a parlare, il piccolo Chiamatempeste, concentrato per com'era nel non..esplodere, letteralmente. Ne incrociò lo sguardo e, com'era già successo poco prima, se ne pentì immediatamente. Asia lo guardava, rossa in viso, ansimante tanto quanto lui -che continuava a toccarla, nel frattempo, questa volta compiendo dei piccoli movimenti circolari in un altro bottoncino sensibile di lei che gli parve..beh, adatto a quello-, lo sguardo curioso, la boccuccia socchiusa a trapelare sospirini e piccoli mugolii di piacere. Pensò che avrebbe voluto insinuarsi, dentro quella bocca -e non solo con la lingua- e questo recondito desiderio fu certo gli avrebbe dato il colpo di grazia ma no, non fu così. Non fu così perchè attenta nei movimenti -ma tocchicchiandolo praticamente ovunque, inevitabilmente- la Terrena gli abbassò i boxer, dopo qualche momento. Hiro si sentì guizzare fuori, e fu un sospirino più rumoroso degli altri, a spezzare l'imbarazzante silenzio che calò tra loro. Notò lo sguardo di Asia protendersi verso il basso, e -seppur non avesse mai avuto problemi di pudore, anzi tutto il contrario- Hiro tossicchiò, imbarazzato, e distogliendo lo sguardo. Ancora ansimante, la sentì mormorare qualcosa. Boccheggiava Asia, e lui dovette assottigliare gli occhietti e svuotare un po' la mente da quei pensieri ben poco casti, per estrapolarne qualche parola. "Non può entrare, assolutamente". Inaspettato, scoppiò a ridere - e ciò che fece poi, non avrebbe saputo spiegarselo per diverso tempo. Le ore a venire, il giorno dopo, o forse anche settimane, per esempio. Questo perchè, a dispetto di quanto avrebbe creduto, non la prese in giro, Hiro. Non come faceva sempre. Non rise di lei, non le rinfacciò nulla. Semplicemente si avvicinò alla sua fronte, lasciandovi un bacino che -questa volta- poco aveva di impudente. Era al contrario..Tenero, forse. Apprensivo addirittura. Non avrebbe saputo dirlo, e nemmeno si fece troppe domande, quando d'istinto le sorrise, e le disse: tranquilla, Asia. Non voglio farti male, promesso.
    Se furono quelle parole ad incoraggiarla o meno a fare ciò che ne seguì dopo, Hiro questo non poteva saperlo, ma comunque, ciò che ne conseguì fu.. Indescrivibile? Sì, indescrivibile. Asia lo toccò, direttamente e finalmente aldilà della stoffa delle mutande. Hiro li percepì immediatamente, i suoi polpastrelli sull'estremità più sensibile della sua eccitazione, e non potè fare a meno di rabbrividire, tutto d'un colpo. Una scarica elettrica lo scosse dall'interno -e gli parve quasi di sentire qualcosa esplodere anche fuori dalla finestra, aldilà del bosco; un tuono, forse? Non ci badò troppo- e lo costrinse questa volta ad un mugolio pieno, simile quasi ad un soffocato lamentino, che fendette come un dardo l'aria tra di loro. Non era la prima volta che qualcuno lo toccava, no. Ne aveva (purtroppo?) avute di esperienze simili, ma -era forse l'alcool? O semplicemente lei?- mai ricordava di essersi sentito così. Malleabile, estremamente vulnerabile, sotto il suo tocco. Fu per questo motivo che socchiuse gli occhi, decidendo consapevolmente di non guardarla e nascondendosi -di nuovo- contro il suo collo. Lì vi poggiò la bocca, e sopra la sua pelle soffocò alcuni sospiri -o meglio, gemitini- quando Asia iniziò a muovere il polso, piano, su e giù. Era una sensazione, quella, che a parole sarebbe stata davvero difficile da spiegare. Ad ogni tocco percepiva il sangue ribollirgli nelle vene e l'intero suo corpo vibrare. Asia. La chiamò, una prima volta, in un flebile anelito di voce strozzato, la manina di lei -minuscola, in confronto a lui- ad avvolgerlo a malapena. Eppure riusciva comunque a stringerlo, la Fata, ed a fargli perdere la testa quel tanto che, non se ne stupì, bastò a renderlo..umido, ben presto. Non fu capace di decifrare quanto tempo fosse passato. Minuti? Secondi? Non poteva dirlo. Tuttavia trasudò desiderio, Hiro, e fu allora che, con uno scatto, dovette sgusciar via dalla sua gonnellina per bloccarle il polso. « A-aspetta » Non strinse la presa, ma si alzò quel tanto che bastava per guardarla. Come ormai avrebbe dovuto imparare -ma avrebbe anche continuato a ricadere nello stesso errore più e più volte- anche solo guardarla fu l'ennesima minaccia al suo autocontrollo. Quindi abbandonò la testa lì, oltre la sua spalla ed in mezzo ai suoi capelli, sul materasso. Mmmh, un ansimo, un mugolio, un gemito -chiamiamolo come vogliamo- proprio contro l'orecchio di lei, mentre l'intero suo corpo rabbrividiva ed il bacino, d'istinto, la ricercava. Le si strofinò contro, infatti, questa volta senza alcuna barriera a separarli. La sentì calda, umida contro l'estremità della propria eccitazione ed allora sussurrò, in un lamento. N-non ce la faccio più, Asia, ti prego - connettere i neuroni per trovare parole di senso compiuto, fu difficoltoso. Si spinse ulteriormente contro di lei, senza scivolarle dentro, in vero, ma premendo comunque tra le sue gambe. Cazzo, ti voglio.
     
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    « Bleah. Fa schifo anche a me. » Ridacchiò, Asia. E si trattò di una risatina bassa, inaspettata e forse perfino un po' imbarazzata, più che altro per uno strano sentimento di tenerezza nato per il modo in cui Hiro le parlò e soprattutto le sorrise. Senza malizia né secondi fini, nonostante si trovassero distesi su di un letto, precariamente vicini ed ancora scossi dalla moltitudine di eventi - ed incidenti - che erano andati a susseguirsi nel corso di pochissimo tempo. Sei così diverso e buffo ora, rispetto al solito. La piccola Roy non l'aveva mai visto in quella veste, neppure di sfuggita o quando le era capitato per puro caso di scorgerlo a distanza, a parlottare in giro per le Accademie con qualcun altro. In realtà, non ricordava neppure una volta, in cui l'avesse intravisto in pubblico parlare così tanto, approfondendo una conversazione per più di qualche minuto prima che l'altra parte interrompesse il dialogo - cosa che, inutile ribadire, fosse accaduta anche con lei la prima volta che aveva tentato di avvicinarlo a mensa. Era proprio quello, il motivo principale per cui i loro dissidi erano incominciati. Non si erano mai compresi, la Terrena ed il Chiamatempeste, l'uno non intuendo i tentativi dell'altro di avvicinarsi malgrado i rispettivi caratteri così dissimili. E lo erano, l'uno l'opposto dell'altro. Nei comportamenti, fisicamente e perfino nei colori: uno scuro e fosco, dal fascino magnetico e a volte dominante, come la più scura delle tempeste; l'altra vitale, dalla bellezza delicata, al pari del fiore più bello, coi suoi petali morbidi e profumati. Ma se c'era un qualcosa ad accomunarli, oltre il chiaro sentimento d'attrazione ad esercitarsi con forza sempre maggiore, era il loro essere impacciati, ancora troppo inesperti - in termini di relazioni e non solo - per poter intendere a pieno dei segnali evidenti. Sin dal principio, Asia aveva semplicemente dedotto che il giapponese non avesse apprezzato il suo provare a farci amicizia o che, peggio, fosse lei a non stargli particolarmente simpatica. Forse era giunta fin troppo affrettata a delle conclusioni, ed Hiro tollerava davvero poco le interazioni con altre persone in linea generale... All'infuori di quel Jesper, quel suo amico Scuotiacque a ronzargli sempre attorno con ragazze diverse. Neanche con lui l'aveva tuttavia mai notato così rilassato, con quel sorriso infantile che le riservò, scatenandole dentro delle nuove reazioni ingestibili - e tanto le bastò, per risentire un calore anomalo espandersi in tutto il corpo, raggiungendole le guanciotte accese di un rosso sgargiante, divenute meta delle carezze delicate del fatato. Socchiuse più volte le palpebre, sotto quei leggeri tocchi. Il cuore riprese a batterle violentemente contro il petto e trasse un sospiro; anzi, esalò una serie di soffi più caldi e tremolanti, lì sdraiata sul materasso con gli occhi offuscati puntati in quelli d'onice di lui. A scrutarlo, studiarlo, cercando di scandagliarlo a fondo per quanto le riuscisse fare nella sua condizione tutto fuorché sobria. Seppur frastornata, capì da sé che opporsi a quel richiamo crescente che la spingeva verso Hiro, fosse pressoché impossibile. Non si trattava dello stesso tipo di turbamento provato con Andrea. Anzi, con lui nemmeno si sentiva mai a disagio o confusa, con delle ondate di eccitazione capaci di scuoterla con dei brividini di freddo e caldo nel contempo. Si era convinta sin da ragazzina che, trovando attraente e così affine a sé il temperamento gentile e disponibile di Andy, quello che provava per il migliore amico di suo fratello fosse un sentimento indistinguibile, razionale come solo l'amore avrebbe potuto essere. Eppure, Andrea Ramones non le aveva mai scatenato quelle reazioni così assurde ed impulsive. Non era mai riuscito a farla vibrare ed accendere, semplicemente standole vicino. Non le era mai capitato, di sentirsi desiderosa di toccarlo ovunque, con un languore del quale non sospettava neppure l'esistenza finché non era finita fra le braccia di Hiro. E adesso, di nuovo, gli bastò starsene adagiato vicino a lei, per farle riprovare quell'inspiegabile sensazione al basso ventre. Pur nella sua posizione su di un fianco, serrò infatti un po' le cosce, nel distinguere ancora qualche piccolo e nuovo spasmo provenire da là sotto. È così... fastidioso. Se ne vergognò subito. Non voleva farsi riprendere dalla frenesia e la voglia di esplorare quella sensazione, ma sentiva ancora le mani del moro su di sé, la sua presenza marchiarla esattamente come il suo respiro a farsi sempre più vicino. Ora faccio la brava e non penso male. Che poi perché, sto pensando di nuovo a baciarlo? Basta, basta. Non è opportuno. È tutta colpa di quella birra. « Allora facciamo che la prossima volta che uno dei due vede l'altro bere quello schifo, lo ammonirà subito. Ci stai? » Con gli occhi fissi in quelli scuri del Grisha, deglutì e riuscì a parlare soltanto dopo essersi avvicinata un altro po', imitandolo. Per sopperire alla sua inesperienza, aveva perso il conto, Asia, di quante volte in quella nottata avesse iniziato a prendere come modello i movimenti e le azioni del Chiamatempeste. Nella sua visione, d'altronde, era quello con maggiore esperienza - considerata invece la sua scarsissima competenza in merito di... tutto quello. Stavano riducendo la distanza, pian piano, senza fretta. Fra una carezza e l'altra, un sorriso accennato ed un brivido a coglierla ovunque la sfiorasse, la Fata si ritrovò infine praticamente ad un soffio dal volto di lui. Ne sentì la necessità, il bisogno impellente, come quello di lasciar vagare libera la propria manina lungo il volto del giovane Yamazaki: era liscio, Hiro. Nonostante i tratti mascolini e i lineamenti affilati, la sua pelle era calda e glabra, sotti i polpastrelli che ne perlustrarono il profilo fino a soffermarsi ancora su quella cicatrice sullo zigomo. Ne tracciò la sottile traccia più spessa e ruvida, con più gentilezza, scostando lo sguardo fra quegli occhietti neri e le proprie dita che ridiscesero a giocare - con vita propria - troppo vicine alla superficie metallica del piercing al labbro di lui. Fu di nuovo più forte della sua capacità di controllarsi, rifinire . « Personalmente, però, mi aiuta a sopravvivere per più di cinque minuti a queste feste del cavolo. » Venne colta da un ulteriore spasmo, nel sentire quelle labbra ed il fiato caldo solleticarle le dita. Era ricascata nello stesso errore di toccarlo in un punto così equivoco. Controproducente. « Non ti piace molto stare in quella confusione, vero? » Le fuoriuscì così, quella supposizione sussurrata con un filo di voce, in tono sommesso e fin troppo addolcito. Avrebbe voluto continuare a scoprirlo, a conoscerlo in quella moltitudine di lati che, ne era certa, componessero il complicato cubo di Hiro. Nella sua testolina, era complesso tanto quanto un dodecaedro dalle molteplici facce. E se ne era già affascinata, da quel dimostrarsi enigmatico e difficile a conoscersi, osservarlo in delle spoglie così diverse e tenere rispetto al solito, segnò a tutti gli effetti la resa della biondina. Non riuscì a sottrarsi neppure stavolta, non al bacio che riuscì a presagire, avvicinandosi a sua volta ed annullando del tutto la distanza fra di loro. Arrivò tutto fuorché inaspettato, ma non per questo non la scosse nel profondo come il precedente. E ne reclamò sempre di più. Un bacio, si tramutò in tanti baci, una successione infinita di tocchi di labbra e lingue intrecciate, ansimi e mugolii strozzati contro l'altro. Sussultava ad ogni ricercare più approfondito, Asia, col desiderio per lui a ripresentarsi con un picco in aumento ancora più immediato. Il corpo le si fece sempre più teso, ma anche stranamente cedevole contro quello del giapponese, accostandoglisi finché riuscirono a trovare un primo incastro, infilando una delle gambe fra quelle di lui. Alla fine non riuscì più a distinguere dove finisse il suo respiro, e dove incominciasse quello di Hiro; se fosse il suo cuore, a batterle all'impazzata, od era quello di lui che premuto contro il suo petto la stesse contagiando col ritmo rapido ed il calore attraverso quei vestiti di troppo, avvampandole la pelle in ogni lembo dove quelle mani presero a toccarla. A perlustrarla con maggiore ardore. E a spogliarla. Hiro. Perse il conto, di quante volte pronunciò quel nome, chiamandolo fra i sospiri e gli ansimi, sia contro la sua bocca ma in maggior misura quando lui prese ad imprimersi con le labbra in una lenta discesa a condurlo sul suo seno appena scoperto. Gli passò le dita fra i capelli e con l'altra andò a stringere il lenzuolo verso l'alto, osservandolo mentre la baciava proprio in quel punto sensibile, inarcandosi sotto di lui col petto ed il bacino, non appena percepì dei tocchi leggeri anche contro il proprio intimo. Una serie di gemiti di piacere, rumorosi, le sfuggì dalla gola nel venir torturata dalla lingua calda che le stimolava un capezzolo con perizia, in concomitanza ai piccoli movimenti delle dita sugli slip che le accesero ancora di più il basso ventre. Pur vergognandosi, di quella reazione spontanea del suo corpo, non riuscì a fermarsi come in precedenza e neppure ebbe la malsana idea di chiederglielo; anzi, spinta proprio da quel mix di emozioni e sensazioni mai provate, non riuscì a starsene ferma, a non toccarlo a sua volta. Mi piace sentirti così. Hiro contribuiva poi di suo, ad istigarla, addirittura con un'affermazione capace di fargli guadagnare a comando un mugolio della Fata. Fortuitamente si scostò appena, per nascondersi nel suo incavo del collo, e non poté vederla in pieno viso - poiché se ne uscì anche lei, con una dichiarazione dettata dall'eccitazione: Sei tu a farmi reagire così, Hiro. Solo tu.
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    Con ogni probabilità, fu quell'ammissione pronunciata col suo vocino tremolante e la successiva supplica con la quale lo invogliò a non fermarsi, a guidare il ragazzo al vero e proprio passo da compiere verso l'unica conclusione possibile per quella loro vicinanza. Iniziò a sfilarle la biancheria e, non solo sarebbe morta di imbarazzo, ma avrebbe alimentato ancora di più la sua autocombustione se Hiro l'avesse spogliata anche della gonnellina - che invece le lasciò addosso, sollevata sulle gambe che la biondina mosse piano, accompagnandolo in dei movimenti accennati per farsi denudare delle mutandine. Prese in ogni caso fuoco, certa di poter incendiarsi nell'attimo in cui percepì le dita di Hiro adesso sfiorarla contro la pelle nuda, nel punto dove il calore pulsante della sua eccitazione era più intenso, vivo, umido. O-ddio, no, no... non credo di potercela fare. Sento già di impazzire. Dovette distrarsi, o fu il semplice e puro istinto a guidarla, a farle prendere l'iniziativa di iniziare a spogliarlo a sua volta. Quei passaggi le servirono, non soltanto per provare a ristabilire un parvenza di lucidità nella sua testolina intontita dagli stimoli iperbolici, ma anche perché iniziare a toccare maggiormente il giapponese, scoprendone la pelle e collaborando per sfilargli come primo indumento la maglia, le fece partire un assurdo senso di soddisfazione. Appagamento che aumentò a dismisura, nel percepire la pelle liscia ed ardente di Hiro reagirle sotto le dita, tendersi al suo passaggio mentre lo toccava intenzionalmente ovunque e gli alzava la t-shirt fin sopra la testa... Lì dove la bloccò, ritrovandosi come una bimba col broncio a cercare di districarlo, sollevandosi un pochetto col busto dal materasso. « Tranquilla » Lo sentì ridacchiare, sotto il tessuto scuro, con un suono un po' smorzato che la contagiò subito facendola sogghignare con lui un tantino meno in soggezione. Una volta denudato, lanciò a casaccio la maglietta da qualche parte, sistemandogli perfino i capelli scompigliati infilandoci le manine - almeno nel breve tempo in cui Hiro ci mise a seguirla in quelle mosse più azzardate ed iniziasse a spogliarla del tutto. Il maglioncino stracciato fu semplice da toglierle di dosso, ma una volta ritornata con la schiena sul letto, guardò dal basso l'Etherealki alle prese col suo reggiseno già scostato alla bell'e meglio sul petto. La Terrena lo trovò nuovamente buffo, Hiro, in un connubio probabilmente assurdo da vedersi fra un'espressione di palese eccitazione emotiva ed un piccolo cipiglio che gli nacque fra le sopracciglia, intento e concentrato com'era nell'operazione di sganciarle il gancetto metallico. « Aspetta, eh, ce la faccio. Un attimo.. » Fu lei, stavolta, a sorridere e concedergli il giusto tempo per riuscirci. Non gli diede fretta, non lo spronò a sbrigarsi né lo stuzzicò o prese in giro come, in altri contesti, forse avrebbe fatto presa dalle loro solite diatribe. Piuttosto si perse ancora nella visione di quel suo faccino e le spalle vigorose, adesso nude, sotto i suoi sguardi che corsero ad imprimersi ogni dettaglio nella mente. « Mi piacciono i tuoi tatuaggi. » bisbigliò senza un vero e proprio nesso logico, iniziando a tracciare con la punta dell'indice ed il medio le linee contorte dell'inchiostro a macchiargli la pelle del braccio destro, fin su verso la spalla muscolosa e ripercorrendo quel tragitto più volte, con sempre maggiore trasporto. E mi piaci tu. Questo invece, se lo tenne per sé, pensandolo ed arrossendo ormai a tempi alterni, avvampando ancora di più nel ritrovarsi subito dopo spogliata anche di quell'ultimo pezzo di biancheria. Rabbrividì, per il freddo nella baita o per altro, in maniera più evidente e in un impeto di pura irrazionalità tirò piano Hiro su di sé, facendogli spazio contro il suo corpo ed allargando un po' le gambe per fargli spazio lì in mezzo. La sovrastava, il Chiamatempeste. Semplicemente standole sopra, la fece scomparire sotto quell'imponente disparità fisica, seppur non schiacciandola né facendole mai male. Tutta quell'accortezza, la lentezza con la quale proseguiva e la sfiorava, l'intensità con cui la guardò, furono altri di quegli input capaci di conferire ad Asia la determinazione per continuare, per tirarselo ancora di più sul corpicino nudo, per afferrarlo dalla nuca e premere ancora le labbra sulle sue. Lo baciò a fondo, senza sosta, con la lingua ad invadergli la bocca con dolcezza infinita, anche se cominciò a stringerlo in una morsa più implacabile e minuziosa delle manine. Lo toccò ovunque sul petto, le spalle e le braccia enormi, affondando le dita in quella carne soffice sulla quale impresse il proprio segno, esattamente come lui prese a fare lungo la sua coscia. E non solo. Tremò e le si bloccò il respiro, perdendo un lamento di piacere fra le labbra ed i morsetti di lui, provando a ricambiarli e riprendere fiato, la Fata, ma Hiro la toccò contro l'intimità libera da qualsiasi ostacolo e tutto smise di esistere attorno a lei. Il cuore le balzò in gola ed aumentò la stretta delle mani ancora di più contro un braccio ed il fianco di lui dove si soffermò, sentendo quelle dita esplorarla con calma ed aumentando così la tensione dentro di lei, accrescendola, intensificandola ad un punto di non ritorno. Hiro. Lo richiamò, ancora, il tono flebile e quasi supplichevole mentre con uno sguardo gli chiedeva di più, un di più che non conosceva neppure, ma che ogni sua fibra esigeva portandola al limite massimo di sopportazione. La biondina non sussultò, non si tirò indietro, gli occhietti lucidi e fissi in quelli di Hiro, reagì con un gemito più squillante degli altri nel percepirlo - finalmente - insinuarsi in lei. La sensazione fu impossibile da decifrare. Strana, per via della novità e tutti i sensi che le si risvegliarono come mai prima d'allora, ma al tempo stesso meravigliosa. Sconcertante. Mh. Si irrigidì, in un primo momento, per il fastidio causato da quell'intrusione sconosciuta, per quanto gentile. I muscoli interni le si serrarono attorno a lui, in una reazione istintiva per un lievissimo dolorino, per per poi rilassarsi, man mano che il tocco delle dita iniziò ad avanzare intimamente, sempre più a fondo ma con lentezza, quasi ad acquisire familiarità col suo corpo e a permetterle nel frattempo di abituarsi. Ti faccio male? Rispose dapprima con i gesti, a quella domanda, scuotendo il viso da una parte all'altra ed affondando la testa ancora di più sul materasso. Si rese conto in quell'istante, d'aver serrato gli occhietti e anche un po' troppo la stretta sul corpo del Grisha, graffiandolo leggermente su una scapola raggiunta chissà come. L'allentò soltanto per riprendere ad accarezzarlo a sua volta. E a guardarlo, negli occhi, trovandolo lì intento a fissarla con un'espressione indecifrabile sul viso contratto ed arrossato. Soltanto quella vista, del moro su di sé a sovrastarla e toccarla nel suo punto più intimo ed inviolato, bastò per farle esalare un altro basso lamento melodioso. No, non mi f-ai male. N-on fermarti, Hiro. Riuscì a sussurrare, non riconoscendo la propria voce, bassa e talmente tremante da farle riprovare una vaga traccia di imbarazzo. Non che poté badarci poi molto, però, perché il moro l'assecondò e la penetrò ancora più a fondo. A quel punto, stringendo ancora le palpebre, le labbra si schiusero per emettere un piccolo - primo - urletto soffocato. « Asia.. » Ci impiegò un attimo di troppo, nel riuscire ad aprire gli occhi e rispondergli, con un'occhiata offuscata dal piacere. « Cosa? Di-mmi... » Le uniche parole, affannate, che riuscì a pronunciare nel vano sforzo di metterlo del tutto a fuoco e comprendere il motivo di quell'espressione forse preoccupata sul viso di lui. « No, niente » Dopo quella conclusione, inarcò le sopracciglia, non riuscendo a riflettere con la nebbia del desiderio ad appannarle il cervello. Il suo interrogarsi su ciò che avrebbe voluto chiederle, ebbe comunque vita breve ed ogni pensiero razionale svanì soppiantato dal senso di appagamento. Un secondo affondo delle dita di lui, le rubò un altro lamento di piacere silenzioso; un terzo, mentre si faceva più deciso, un vero e proprio singhiozzo fioco; alla quarta spinta ancora più vigorosa, accompagnata da una piccola smorfia per la sensazione di piacere ma anche una minima traccia di fastidio ripresentata, Asia lasciò andare finalmente un gemito liberatorio che le ruppe la vocina. Muovendo leggermente le gambe, per accompagnarlo di riflesso con quei movimenti, iniziò a sentirsi perfino da sé sempre più bagnata, stravolta da quel calore febbrile ed oramai vittima di quel desiderio e pulsare spasmodico fra le cosce. Fu un pensiero più istintivo, a scuoterla all'improvviso, riaprendo gli occhi per guardare Hiro dal basso. Voleva fare provare lo stesso anche a lui. Voleva sentire anche il suo, di piacere esplodere, come sentiva fosse prossima a fare anche lei. Quell'ennesima riflessione che autodefinì oscena, la rifece morire di imbarazzo, ma non per questo la fermò dalle azioni che compì di lì a poco. Con le manine avanzò lungo il busto del giapponese, lo toccò, massaggiandone fortemente i muscoli e stringendolo con sempre più fermezza. Ovunque. Fu una discesa lenta, per far sì di godersi a pieno ogni lembo di quella massa robusta del ragazzo, prima di spingersi oltre ed iniziare a spogliarlo del tutto. Partì dai jeans, già slacciati, per toccarlo con non poche difficoltà almeno inizialmente sui boxer. Hiro gliela rese incredibilmente difficile, quell'operazione che aveva del semplice, almeno teoricamente. Lei prese a massaggiarlo al di sopra del tessuto e lui, guardandola negli occhi e fissandola, continuò a toccarla nel frattempo, facendo anche qualcos'altro di strano lì sotto contro la sua di intimità. La biondina sgranò gli occhi e urlacchiò, tendendosi sotto di lui, mordendosi subito le labbra per il pudore che alla fine superò, privando del tutto anche il giovane dell'ultimo indumento, abbassandoglielo lungo le cosce. La vista di Hiro, in tutta la sua nuda mascolinità, scatenò in lei una reazione di terrorizzata incredulità. Non che avesse visto qualcun altro, in quello stato, prima di lui. Era decisamente la prima volta per tutto, per la Terrena, anche il ritrovarsi sotto gli occhietti sgranati un organo maschile nella sua totale solidità. Aprendo e chiudendo affannosamente le labbra, dovette apparirle una bimbetta agonizzante, perché Hiro scoppiò subito in una risata sonora. Avrebbe quasi potuto offendersi, Asia. Quasi. Ma non lo fece. Sentirlo e vederlo ridere, tornando a fissarlo in pieno volto di scatto, ebbe l'effetto di una scossa di magnitudo 9 nel proprio corpo. Nel cuore. Nella testolina dai pensieri disordinati, ma concentrati tutti su di lui. Dal suono cristallino di quello scoppio di riso ed ilarità, al modo in cui i lineamenti gli si addolcirono, facendolo apparire più piccolo e meno serioso. Sei così bello. Lo ammise ad alta voce, non limitandosi a pensarlo, non riuscendo a collegare nuovamente il filtro bocca-cervello affinché quel complimento non venisse fuori con un ansimo, il cuore a palpitarle ad un ritmo scatenato. Aumentò a dismisura, quella sensazione di tenerezza ed una tangibile di trepidazione, nel ricevere addirittura un bacino... sulla fronte, da lui. Le si strinse il petto, tremolando, gli sguardi ormai persi nel fissarlo incantata. Tranquilla, Asia. Non voglio farti male, promesso. Fu, con ogni probabilità esistente, quella reazione addolcita ed intenerita di Hiro, quella promessa che avrebbe potuto assumere un'infinità di valenze per lei, a scatenare dentro la piccola Roy la decisione che sì, fosse lui quello con cui voleva lasciarsi andare. Che volesse provare con Hiro, a compiere quel passo importante che in un secondo momento, in un futuro neanche così lontano, avrebbe giustificato per l’effetto stordente dell’alcol e l'innegabile attrazione a scorrere potente fra di loro. Lo sentiva imprescindibilmente, Asia, sempre per via della sua empatia da Terrena, che Hiro Yamazaki non volesse sul serio farle del male. Che la stesse desiderando, tanto quanto lei stava provando tutte quelle sensazioni ed emozioni per la prima volta per Lui. Con lui. Promesso? Sussurrò di rimando, il faccino pervaso da un'espressione a metà fra tenerezza e la brama di scoprirlo fino in fondo. Allungò allora con cautela la mano lì in basso e strofinò delicatamente le dita sull'estremità più sensibile dell'eccitazione di lui, scoprendone la durezza e, con sua sorpresa, il modo istantaneo in cui prese a reagire per quei suoi tocchi incerti. Incoraggiata dai primi mugolii del giapponese, Asia infine gli avvolse le dita intorno al sesso e lo accarezzò lentamente, lasciandosi guidare dall'istinto nel compiere un movimento dall’alto verso il basso, ripetuto, di certo non deciso come avrebbe dovuto essere. La sua mano le sembrava troppo piccina intorno a quello spessore, ma il Chiamatempeste gemette per la sua azione, con il corpo che si irrigidì, ed allora si caricò di più audacia e rese quei tocchi più saldi, aumentando anche quanto possibile la stretta. Le piacque, sin da subito, essere l'artefice di quelle reazioni in lui; abbandonò l'insicurezza, piano, spinta da un senso di appagamento femminile, invogliata dai sussurri ed ansimi soffocati del moro contro il suo collo, dove rifuggì facendola inarcare contro di lui per ulteriori brividi ogniqualvolta la chiamava affannato. Lo prese come uno spronarla a continuare, a fare di più, a rendere quei movimenti col polso in parte più veloci ma sempre gentili. Non voleva fargli male, ma più lo accarezzava e stringeva, maggiormente pareva infervorarsi contro le sue dita. E lei con lui, perché nello stesso tempo, per quanto cercasse di concentrarsi sul piacere dell'altro, Hiro continuava a toccarla. A stimolarla, facendola impazzire e contorcere sempre di più sotto il suo corpo sovrastante. Non era certa, Asia, di comprendere a pieno cosa stesse accadendo. Di certo la tensione dentro di lei iniziò a farsi sempre più insopportabile. Le sembrava una dolce agonia. Era prossima ad un qualcosa, ma non riusciva a decifrare tutti quegli spasmi che la scossero nel profondo. Si agitò coi fianchi contro la mano del Chiamatempeste e, seguendo le movenze di lui, sentì d'essere sempre più vicina a quel limite inafferrabile. A qualcosa di talmente intenso e che mai prima di quella sera aveva desirato provare, così intensamente da spingerla a lanciare dei gemitini perfino più lascivi dei precedenti, ricercando le labbra di Hiro nel tentativo di stemperare in qualche maniera quelle sensazioni troppo forti. Se ne sarebbe vergognata, in un secondo momento, dello scarso controllo sul suo corpo e perfino sulla voce, a riecheggiare ormai libera nella casetta, contro di Hiro stesso - che seppur più silenzioso contenuto, perdeva in egual misura bassissimi lamentini contro la pelle della Terrena, alimentandone ancora di più l'eccitazione e di rimando a guidarla ancora a fare di più, a toccarlo con più fermezza, ad avvolgergli la virilità con rinnovata saldezza per sentire altri di quei rauchi suoni di piacere. Avrebbe continuato fino alla fine, non sapeva quando, come e perché avrebbe dovuto fermarsi, ed infatti non smise di torturarlo lungo tutta l'asta anche quando la manina le si fece improvvisamente appiccicaticcia. Ma-nca così poco. Ed è così... bello. Se si riferisse ad uno dei due, ad entrambi, o fosse un pensiero sconnesso, venne interrotto dal moro e il gesto tempestivo col quale si sfilò dalla sua intimità e le bloccò il polso. « A-aspetta » Se ne lamentò subito, Asia. « N-o... voglio... » un mugugno, dimenando appena il bacino, mentre tentò una sola volta di liberare la mano per riprendere a lambirne l'eccitazione. Lui scappò ancora col viso nel suo incavo del collo ed Asia lo tirò ancora più a sé, premendogli il seno nudo contro il petto, sospirando per quello strusciare piacevole della loro pelle. Seppellendogli una mano nei capelli e tenendo l’altra sulla schiena, accarezzandogliela in tutta l'ampiezza, inclinò maggiormente la testa per i respiri caldi di lui che finirono con l'infrangersi lì, contro il suo orecchio, solleticandola e facendole propagare spasmi ovunque. Persa in quelle sensazioni, si rese conto soltanto vagamente di qualcos'altro. La durezza di lui, fra le sue gambe, le sbatté contro l'interno coscia ed il suo intimo si strinse in risposta a quell'adiacenza. Hiro, pia-no. La schiena le si inarcò, e l'inguine si contrasse contro di lui mentre si infrangeva con un gemito roco. N-non ce la faccio più, Asia, ti prego. Quella preghiera roca ed erotica scatenò dentro di lei il picco massimo di un desiderio pulsante. Senza poterlo controllare, Asia ondeggiò appena a contatto con la virilità del giovane e un nuovo suono soffocato le uscì dalla bocca. Si strofinarono e toccarono, in delle prime frizioni incerte ed intime, dei contatti esterni che bastarono alla bionda per perdere ancora più freni inibitori. Cazzo, ti voglio. Un sussulto e, animandosi di coraggio al pensiero di ciò che stesse per accadere, ne ricercò una buona volta lo sguardo. Spostando una manina lo guidò a specchiarsi nei suoi occhietti lucidi, poggiandogli un bacio tenero sulla mascella, sulla guancia, ovunque sul viso riuscisse a raggiungerlo fra quei suoi respiri impazziti ed accalorati. Anch'io ti voglio. Le mandò brividi lungo la spina dorsale, soffiare quell'ulteriore consenso contro di lui, accarezzandogli la guancia con la punta delle dita e portando invece l'altra mano a stringerlo per la schiena, passandogli sotto il braccio per affondargli le unghie nella pelle ardente. Ho bisogno di sentirti. Di più. La pressione a crescerle dentro era diversa e più forte di qualunque cosa avesse mai provato, e gemette dalla frustrazione, desiderandolo. Non aveva mai sentito, Asia, la necessità di quegli stimoli sessuali. Ma, nonostante la mancanza di esperienza, non aveva dubbi sul fatto che le sarebbe piaciuto fare l'amore prima o poi, una volta trovato il ragazzo giusto, quello con cui condividere tutto. Era sicuramente questo, il motivo per cui, non fosse mai andata oltre qualche bacio: era troppo romantica e razionale, per sceglierne uno qualsiasi per una botta e via, come spesso faceva Morrigan. Aveva aspettato con ansia la sua prima volta, preferibilmente da condividere con una persona speciale, dalla quale essere ricambiata. Non conosceva a fondo Hiro, non abbastanza da carpire chi davvero fosse. Una parte di lei, forse la più razionale, avrebbe potuto ammonirla e metterla in guardia: stava concedendo una parte di sé, un qualcosa che considerava prezioso, con troppa rapidità. Era tuttavia pur sempre giovane ed ingenua, Asia, sotto molti aspetti. E se a ciò ci si aggiungeva la riduzione dei freni inibitori, la capacità di giudizio alterata dall'alcol, cedere a quell'attrazione devastante era l'unico modo per poter trovare un rimedio all'incendio che sentiva dentro. Per lui. Sopra ogni cosa, e dettaglio non da poco, Hiro gliel'aveva promesso: non voleva farle male. E lei la tradusse forse in modo tutto suo, allargando quella frase ad un significato maggiore, caricando quel giuramento fra di loro a causa del suo animo sentimentale. Allora cedette, del tutto, non riuscendo a restare ferma ed alzando un pochettino le gambe per cercare l'incastro perfetto, per far sì di far collidere il loro desiderio. Fai l'amore con me, Hiro.


    Edited by storm witch - 16/1/2024, 02:43
     
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    Avrebbe mai immaginato, Hiro Akira Yamazaki di trovarsi in vero, un giorno, in una situazione simile? E ancora, avrebbe assieme mai pensato che fossero tanto intense le sensazioni che stava in quel momento provando? Ebbene, no. Nonostante il nostro Etherealki non vi fosse mai stato del tutto indifferente, era un rapporto piuttosto..Particolare, quello che aveva col sesso femminile. E col sesso e basta, in genere. Colpevoli forse troppe esperienze sbagliate, nel suo passato, ad Hiro il pensiero di spingersi oltre con qualcuno -qualcuna- non lo aveva mai troppo esaltato. La prospettiva di trovarsi un giorno a stretto contatto nei confronti di chicchessia, con baci carichi di saliva e corpi sudati, inutile specificarlo, gli faceva in verità piuttosto schifo. Era forse -anche- per questo motivo che il Grisha aveva aspettato tutto questo tempo prima di compiere un simil passo, facendosi scherzosamente vittima dei commenti circa la sua..inaspettata condizione da parte di Jesper, o sua sorella Fuji, alcune volte. E con ogni probabilità avrebbe rimandato ancora, Hiro, che della necessità di farsi sbavare addosso, o dover metter mani in posti non propriamente igienici non ne sentiva proprio la mancanza. Con Asia, tuttavia, se ne sarebbe reso conto nei giorni a venire -e lo avrebbe fatto anche in quel momento, non fosse stato per la confusione di quel letale miscuglio d'alcool ed inesperienza-, ogni cosa gli sarebbe parsa differente. Ad ogni sospiro della Terrena, infatti, ad ogni suo singolo mugolio, sussurro, avvicinamento, Hiro si sentiva -in effetti- letteralmente impazzire. Era una sensazione nuova quella, per lui - che un tale desiderio per qualcuno non l'aveva mai provato prima. Quindi il suo corpo reagiva, e lo faceva in un impeto tanto irruente da lasciarlo senza fiato. Per questo motivo, come sappiamo, sarebbe giunto a supplicarla di andare oltre il Grisha, con un gemito non troppo sommesso ad infrangersi contro il suo collo. Ma facciamo qualche passo indietro.
    « Mi piacciono i tuoi tatuaggi. » La vocina della Terrena era giunta da qualche angoletto laggiù. Sotto di lui infatti, la piccola Asia, pareva quasi scomparire. Era una realtà quella, si rese conto Hiro, che gli piaceva. Asia era piccola, microscopica diremmo quasi. Ogni cosa di lei lo era, a partire dal visetto, con la punta del nasino all'insù, ad esempio, poi le manine, i fianchi, le labbra a forma di cuore. Ed infine quei suoi sussurri, quella sua vocina sottile, che pareva quasi perdersi sotto il calore di quei loro respiri -e sospiri- sempre più bollenti e concitati. E mi piaci tu. Non rispose a quelle parole, Hiro, che era ancora intento a carezzarla ed osservare ogni angolo di lei. Lei che si muoveva sotto di lui, lei che reagiva ad ogni suo movimento. La percepiva sobbalzare a volte -così come faceva anche lui-, o adocchiava, in altre, le sue guanciotte tingersi di porpora. Sarebbe forse stato questo il momento giusto, unito a quel suo -effettivamente- rendersi conto di quanto fosse piccola, e lo era anche di età, per darsi da solo una risposta a quella domanda che per un attimo tentò di farle, desistendo poi all'idea. Non la considerava certo una facile, la Roy, in fondo non riusciva a figurarsela come tale in quel suo faccino d'angelo. Ma ciò di cui era convinto -erroneamente- era che proprio grazie a quel caratterino socievole così diverso dal suo, Asia ne doveva aver avute, in passato -e ad oggi- di esperienze. Lui stesso in primis, se l'era sognata in.. Scenari che sarebbe meglio non specificare, nè descrivere. Non vedeva dunque perchè non dovessero anche farlo, di giorno in giorno, gli altri suoi compagni. Dopotutto li aveva notati, i loro sguardi, ogni qualvolta la Terrena facesse la sua entrata in scena a mensa, o chissà dove. Era dolce, naturale, oltremodo carina. Emanava tutto attorno a sè un'aura così spontanea ed assieme magnetica, che sarebbe stato proprio impossibile, si diceva, resisterle. Talvolta anzi aveva addirittura provato fastidio, l'imbronciato quanto tempestoso Grisha, nell'adocchiarla sempre così bersagliata d'attenzioni altrui. Ma non aveva mai fatto caso a tutto questo, Hiro, non fino ad ora. Non fino a quando non se la ritrovò di sotto, affossata contro il materasso, a guardarlo con un'espressione che stentava a riconoscere, ma che lo invogliava sempre più a far suo quanto -ne era convinto- era stato di altri prima di lui. Quindi non vi fu più spazio tra i suoi pensieri per le domande. Non si chiese più se fosse vergine -lo escludeva-, fidanzata, o chissà cos'altro, tutto ciò che fece fu, finalmente, andare oltre. Si era insinuato in lei con due dita, e nonostante avesse percepito una certa resistenza, contro la quale aveva deciso di non spingersi altrove, come specificato, quella domanda alla fine non gliela pose. Era inesperto dopotutto, il Chiamatempeste, tanto quanto inesperta lo era lei. Per questo si disse che forse il problema era che Asia si rivelava davvero piccina, in confronto a tutto, di lui. La sentì infatti particolarmente stretta, ad avvolgerlo. Oltre che calda, bollente, umida. E lo faceva letteralmente impazzire tutto questo. Lo caricava del desiderio di lasciarla andare, incastrarsi tra le sue gambe e possederla con l'intero suo corpo. Ma fu capace di darsi un contegno -almeno in questo- Hiro, che le chiese per qualche istante se fosse tutto okay. Lei infatti, sotto di lui, pareva essersi irrigidita, nonostante fosse stato un gemitino assai più forte di altri, a spezzare l'aria ormai incandescente che aleggiava tutt'attorno a loro. Ed assieme a questo, oltre a contorcersi sul materasso, la Fata, piegando la testa contro il cuscino e causando sotto i suoi occhi desideri istintivi (diremmo quasi selvaggi, e che represse a fatica) in un sospiro e mordendosi a forza il labbro inferiore, dal canto suo, il Grisha si accorse in quel momento quanto la presa di quelle manine si fosse fatta ben più salda contro di lui, arrivando a graffiarlo persino, all'altezza della spalla sinistra. Mugolò, piano, inarcando le sopracciglia ed aggrottando la fronte in un'espressione carica di sofferenza, pensando a quanto cazzo gliela stesse rendendo difficile, di trattenersi. Specie quando, non contenta ed in un sussurro soffocato, lei pensò bene di incitarlo a non fermarsi. Quelle parole, quei gemiti, uniti all'intimità di lei che lo avvolgeva, sempre più umida e calda, lo portò quasi all'esasperazione. Percepiva, infatti, la sua eccitazione premere e pulsare così tanto contro il cavallo dei jeans e la stoffa (ormai macchiata) dei boxer, da fargli male addirittura. Prese un respiro profondo, allora, non dicendole quanto stesse pensando - e cioè che lo stava letteralmente portando alla follia, soltanto perchè se avesse aperto bocca, ne era certo, non sarebbero state carinerie, quelle che le avrebbe riferito. E non voleva mostrarsi tanto barbaro, Hiro, con lei, nonostante l'istinto e l'intero suo corpo reclamasse tutto il contrario.
    Fu per questo, infatti, che poco dopo, proprio una simil cosa, Hiro gliel' avrebbe promessa. Lo aveva spogliato, Asia, completamente. Calati jeans e boxer -non senza una certa dose d'impaccio- lo aveva osservato incredula in tutta la sua più completa virilità. Sembrava un pesciolino fuor d'acqua, la Terrena, con quelle sue guanciotte più rosse che mai e la boccuccia semischiusa. Era stato questo a farlo ridere spontaneamente, sopra di lei, per poi sorriderle anche, a quel sussurro flebile che aleggiò tra loro. Sei così bello. Quindi avvenne in risposta a quelle parole, che glielo avrebbe detto. Promesso. Non le avrebbe fatto del male. Non l'avrebbe presa, posseduta, fatta sua con tutta quella feroce irruenza che, seppur a tratti, sentiva ribollire dentro ormai da un po'. Ma non lo avrebbe fatto soltanto in quel momento? Si relegava, quell'importante giuramento -il non farle del male- ad una mera questione fisica e nient'altro? Domande troppo complicate furon quelle, in un momento del genere, che però nonostante tutto fluttuarono tra i suoi pensieri per qualche istante, prima che.. Prima che Asia decidesse di farlo sprofondare una volta e per tutte. Le sue ditina calde le percepì sfiorargli l'estremità più sensibile di quella sua eccitazione, che parve pulsare e reagire a quel tocco inaspettato ma tanto -troppo desiderato. Fu per questo che Hiro mugolò, anzi gemette proprio, senza possibilità di trattenersi. Per un secondo si bloccò, arrestando il respiro e sentendosi avvampare, forse imbarazzato da una simile reazione tanto spontanea. Non era abituato, l'Etherealki, infatti a...Beh, reagire. Freddo, cinico, calcolatore, le situazioni che lo avevan visto perdere il controllo si contavano sulle dita di una mano. Persino in questa o quella rissa, dopotutto, Yamazaki era ben capace di non dar sazio, rimanendo immobile sotto chissà quali insulti e minacce, interagendo solo e soltanto per mollarti un pugno, o -sempre silenziosamente- scaraventarti dall'altro lato del pianeta. In quelle precise..Circostanze, tuttavia, il giapponese non lo riuscì a trattenere, quell'ah non troppo sommesso che ne conseguì alla manina di lei la quale, intraprendente, aveva iniziato a stringersi contro il suo sesso. Era ormai duro, Hiro, e pulsava sotto i movimenti dapprima incerti, poi sempre più decisi della biondina con una particolare veemenza. Per questo si rifugiò contro il suo collo, il quale riempì di sospiri che ben poco avevano d'innocenza, mentre tentava di concentrarsi con le dita ancora insinuate dentro di lei, per impegnare la mente e non impazzire del tutto. Ma avere le manine, così piccole, gentili ed al tempo stesso curiose di Asia avvolte contro, era un pensiero che rendeva qualsiasi suo freno inibitore assai carente, dunque la richiamò per più di una volta, lì all'orecchio, in delle suppliche che la Roy parve non cogliere. E mentre i gemiti di lei si univano ai suoi, e le dita di lui si bagnavano tanto quanto lo facevan quelle di lei, macchiandosi delle preziose gocce di quel loro desiderio e piacere, Hiro alla fine la trovò la forza per bloccarla, ed assieme bloccarsi. Era infatti quando si trovò proprio al limite, pronto ad esplodere da un momento all'altro, che le afferrò il polso, lasciandola assieme andare. « N-o... voglio... » Lei tentò di liberarsi ma lui -suo malgrado- la mantenne ben ferma. « N-o.. Ferma. P-per favore. Così mi fai.. - » Venire, quel sussurro si perse tra di loro, mescolandosi ad un mugolio, quando soggiogato dal desiderio si spinse d'impulso in avanti. Collise contro il suo bacino, Hiro, tra le sue gambe, e non si rese conto forse di averlo fatto con così tanto impeto che seppur non entrò in lei, ne percepì comunque le pareti di quella sua calda intimità circondare l'estremità di lui più sensibile, per qualche breve istante. Non era più umida, Asia. Era ormai bagnata, particolarmente bagnata. Quindi respirò a fondo, lamentandosi ancora con qualche flebile suono. Hiro, pia-no. Venne richiamato dalla stessa Fata che si inarcò sotto di lui, con la schiena, lasciando che fosse un gemito roco a colpirlo in pieno. Ed Hiro ne avvertì tutta la forza, di quel mugolio, che dovette stringere forte gli occhi e mordersi la lingua a sangue, per non cedere al desiderio di possederla subito - senza far piano. Le dita della mano sinistra, però, parvero dimostrarla quella smania repressa, perchè affondarono sulla carne soffice delle sue cosce, lasciandovi il segno attraverso. Quindi, nascosto contro il suo collo, la pregò e la supplicò, il Grisha. Quello che disse lo sapete già, ma la risposta della Terrena, fu -forse- anche peggio. Anch'io ti voglio. Ho bisogno di sentirti, di più. Parole seguite da gemiti, parole seguite da movimenti -si stava strusciando contro di lui, Asia, facendolo fremere, dolorosamente- che gli impedirono qualsiasi altro tipo di ragionamento. Fai l'amore con me, Hiro. E quando dunque quell'ulteriore consenso, invito lo colpì in pieno, il giapponese nemmeno ci fece poi troppo caso, dei termini precisi che la Roy aveva usato. Fare l'amore, se lo ripetè per qualche momento, mentalmente. E si rese conto che era, quella, una frase che lo spaventava. D'altra parte era certo di non saperlo fare, dopotutto, l'amore. Ma come già detto non ci badò troppo (non ne sarebbe stato capace, con Asia che si muoveva sotto di lui, facendo cozzare pericolosamente il loro reciproco desiderio), quindi, arrivati a questo punto: agì. O meglio, provò a farlo, perchè era la prima volta in assoluto, quella, per lui.
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    Iniziò dunque tirandosela addosso per i fianchi, cercando di risultare il più delicato possibile. Era in mezzo alle sue gambe, quando calò poi una delle due mani per aiutarsi. Impugnò la sua stessa eccitazione, e ciò che fece -d'istinto- fu premere contro di lei. Completamente nudo -non ci aveva pensato neanche lontanamente, alle precauzioni- riusciva a sentire ogni cosa. Dapprima, però, soltanto calore. Questo perchè non fu facile spingersi oltre, non piano per lo meno, non senza farle male. La Terrena, alla fine dei conti, era così piccola rispetto a lui -tutto, di lui- che forse davvero, non sarebbe riuscito ad entrare. Quindi provò ancora, in un mugolio, mentre la testa la teneva abbassata verso giù -i capelli a coprirgli una parte del viso- come a voler vedere come fare. Ma le balze della gonnellina coprivano un po' tutto, e lui non le scostò. Vergogna, forse, inesperienza. O chissà - rispetto? A-aspetta. Scusa. Mormorò, incerto ed esitante, e la soluzione che gli parve di trovare, lì per lì, fu quella di alzare una mano e portarsela alla bocca. Si leccò le dita, rilasciandovi un po' di saliva sopra, ed il sapore che vi sentì addosso, avendo involontariamente scelto proprio le stesse che avevano vagato in lei fino a poco prima, gli parve.. Buono. Non vi si soffermò troppo, tuttavia, preso per com'era da tutto il resto. Dunque sospirò, rumorosamente, e sempre senza guardarla la carezzò piano, inumidendola. Ulteriormente, a dire la verità, perchè quando di nuovo spinse contro di lei, e questa volta non fu capace di farlo piano, la sentì finalmente avvolgerlo. Gemette, pienamente, poggiandosi con la fronte contro la sua, e bloccandosi per un attimo. Era una sensazione tutta nuova, quella, per il Grisha. Asia lo avvolgeva, e più si spingeva oltre, Hiro, più la sentiva bollente, stretta, bagnata. Non riuscì dapprima a riempirla interamente, ma ritirando il bacino verso dietro, per poi riprovarci, questa volta gli parve più facile scivolare più a fondo. Il blocco che aveva percepito poco prima, ed anche adesso, sembrava oramai fargli improvvisamente spazio, e cosa fosse quell'umido calore che aveva preso a macchiarlo da qualche istante a questa parte, non se lo chiese. Come avrebbe mai potuto farsi una qualsivoglia domanda, dopotutto, in un momento come quello in cui l'intera sua essenza pareva dipendere dal centro di quel loro piacere? Di nuovo si ritrasse e di nuovo spinse, per una terza volta, costringendosi a far piano. Un po' per la promessa che le aveva fatto, un po' perchè sapeva bene -nonostante tutto- che se avesse preso un ritmo leggermente più concitato, sin da subito, non avrebbe resistito dal.. Finiretutto troppo in fretta. Questo perchè possederla, farla sua, trovarsi effettivamente dentro di lei, minacciò di farlo esplodere sin dal primo momento. Allora, respirando a fatica, una gocciolina di sudore ad imperlargli una tempia, sotto i ciuffetti spettinati, tanta era la tensione che gli faceva contorcere il viso e flettere i muscoli, poggiò la fronte contro quella di lei. T-ti faccio male? Domandò, in un sussurro roco, senza guardarla - provava imbarazzo a farlo. Un'altra spinta, dunque, leggermente più vigorosa rispetto alla precedente, più a fondo. Mi.. - fermo? Ne sarebbe stato capace? La risposta era ovvia, ma ci avrebbe provato. Mai avrebbe continuato, ad un minimo cenno di rifiuto da parte di lei. Mai avrebbe voluto farle del male, lo aveva promesso. Asia, la chiamò dunque, mugolando in un attimo in cui gli parve d'impazzire. Sei c-così..calda, le rivelò, riprendendo a muoversi dentro di lei, scostandosi dal suo viso e scivolando verso l'orecchio. Vi poggiò le labbra, umide, contro, mentre la testa pareva volergli esplodere. Aveva, infatti, preso a spingere un po' più concitatamente, in un ritmo dapprima incerto, cauto, poi leggermente più insistente, ed infine più deciso. I loro corpi, incastrati all'unisono, si muovevano. Quello di lei sotto quello di lui pareva scomparire ad ogni spinta, affondando contro il materasso. Non aveva il coraggio di guardarla, non negli occhi, non in viso, mentre le diceva, ancora: Sei così.. - Piccola. E ancora spingeva. E ancora mugolava, sino a quando per qualche frazione di secondo parve addirittura che nel collidere con più vigore col proprio bacino contro quello di lei, si levò nell'aria un -seppur fugace- rumore di corpi che sbattevano. Asia, la chiamò di nuovo a quel punto, io sto per..S-sto - respirò a fatica, la voce che gli venne a mancare, così come il respiro. Cosa stesse per fare, in verità, non lo sapeva nemmeno lui. Era una sensazione così dannatamente nuova, quella, ed assieme così intensa, da lasciarlo completamente schiacciato ed inerme. Il calore che provava lungo tutto il corpo, e che si localizzava attraverso l'intera lunghezza della sua eccitazione, pareva adesso così insopportabile da fargli credere di poter andare in autocombustione da un momento all'altro. Si sentiva implodere, esplodere: tutto assieme. Ricercò sul materasso una sua mano, per stringerla, ed in un sussurro spezzato da sospiri e mugolii, le disse. Mi fai impazzire, e ancora: contro il suo orecchio, che sfiorò con la punta della lingua, mentre spingeva dentro di lei, lo ammise - seppur il momento esatto non avrebbe saputo prevederlo. Sto per venire.
     
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    Promesso. Una parola. Poche lettere, soltanto tre sillabe. Come poteva, una così semplice e breve dichiarazione sussurrata, assumere una reale valenza? Anzi, divenire una sorta di tacito giuramento, potente e talmente veritiero agli occhi nocciola della piccola Terrena, da farle sentire il cuore balzarle nel petto? Non era così ingenua, dopotutto. Quantomeno non in tutto. Poteva essere considerata ancora acerba, fisicamente ed in una moltitudine di fattori, partendo dal punto di vista emotivo e sentimentale; ma sapeva perfettamente, soprattutto provenendo da una famiglia abituata a frequentare un ambiente artefatto ed ingannevole come quello dell'alta società, quanto impegni e parole venissero il più delle volte proferiti senza il reale intento di farne un voto. Eppure, nonostante ciò, sebbene fosse consapevole di quanto effimere fossero il più delle volte tali affermazioni - e per quanto poco conoscesse il giovane Yamazaki - Asia Cordelia Roy, alla fine, gli credette davvero. Forse sospinta dal suo estremo romanticismo, quel desiderio emotivo profondo di collegarsi intimamente a un'altra persona, non soltanto in maniera fisica. O bastarono gli sguardi del giapponese, il modo intenerito in cui la fissò, sovrastandola da quella posizione; e il sorriso che le riservò, così raro e genuino. Per questo speciale, autentico come la sua promessa. Non voleva farle del male. Promesso. E questo bastò, alla piccola Roy, per essere ancora più sicura di quella scelta presa. Decisione in parte oltremodo istintiva, che andava contro ogni logicità, considerato il pensiero tuttalpiù negativo sul Chiamatempeste meditato fino a quel giorno; ma era bastata una mezza serata, un accenno di ciò che realmente fosse Hiro dietro la facciata del più complicato degli enigmi, per farle abbassare tutte quelle difese erette in sua presenza. Indubbiamente, anche l'irrefrenabile attrazione a scorrere fra di loro, l’effetto stordente dell’alcol e lo scudo dell'atmosfera soffusa ad aleggiare nella baita, giocarono un ruolo non indifferente - ma perfino l'indomani, da lucida, sarebbe stato impossibile ripararsi dalle sue azioni. Con il cuore che le batteva forte, Asia socchiuse gli occhi e si lasciò quindi andare sotto di lui, rifugiandosi in una foschia sensuale mai provata prima di allora. Si perse nelle morbide labbra che la ricercavano e delle quali esigette per prima il sapore e la consistenza, avvolgendogli la lingua con la propria, perdendoci contro sempre più bassi suoni di piacere. Si sciolse in quelle grandi mani - a volte incerte ma gentili - a sfiorarla ovunque, infilandosi in angoli ed anfratti del suo corpo ancora incontaminati ed inviolati. Si abbandonò al desiderio di scoprirlo a sua volta, prendendo delle iniziative che mai, prima di Hiro, aveva pensato di poter essere in grado di seguire così ardentemente da desiderare di toccarlo - pur sempre con pudore - proprio nel suo punto più intimo. Delle ondate di calde sensazioni l'attraversarono lungo ogni fibra del suo fisico minuto, mentre insieme, esplorandosi e percorrendo la pelle dell'altro, si spogliavano e carezzavano dovunque le loro mani, i baci, i sospiri e gli sguardi riuscissero ad arrivare. Sempre con meno vestiti addosso, cominciarono a strusciarsi, ondeggiando uno contro l'altro, tentando di avvicinarsi sempre più di più. E quando il Chiamatempeste fu privo d'indumenti, in ogni sua parte, fu ancora l'istinto - ed una massiccia dose di curiosità - a spingere la biondina ad avvolgergli la virilità e toccarlo, accarezzarlo, lambendo e stimolandone ancora di più l'eccitazione, senza sapere davvero come fare. Mosse semplicemente le manine, avvolgendone una attorno all'intero sesso di lui sempre più rigido nel suo palmo, sospirando mentre cedeva ai brividi di piacere provocati dal tocco di Hiro su di sé. Perché di certo, il Grisha Etherealki, non smise di perlustrarla; se lei continuava muovendo su e giù il polso, pian piano, lui si insinuò in lei con due dita sfregandole contro l’inguine, infilandosi nel suo centro pulsante con più determinazione. Pur non avendo mai provato tutte quelle sensazioni ed emozioni, Asia lo capì in maniera spontanea, inconscia: erano entrambi vicini al limite, ad un soffio dell'acme di quel piacere che, insieme, si stavano arrecando portandosi alla follia. Lo sentiva sopra le proprie dita, sempre più inumidite, ed avrebbe continuato, la piccola Roy, dopo un gemito più sonoro di Hiro ad infiammarle ancora di più i nervi, prese quel suo richiamarla di continuo come un invogliarla a non fermarsi, a farlo impazzire ancora, a fargli portare a termine quella tensione spasmodica nell'unico modo possibile. Per un istante, la vista le si appannò, un'ondata di calore ad avvamparle il petto e il centro della sua femminilità, inarcandosi sotto quei tocchi caldi. « N-o.. Ferma. P-per favore. Così mi fai.. - » Venire. Ma Hiro si fermò proprio a quel punto, bloccandola a sua volta. « Sc-usa. » Il motivo, per cui tirò fuori quelle scuse sussurrate dopo un sospiro frustrato, non seppe definirlo. Non ci fu più tempo, per poter razionalizzare troppo: presi entrambi da quell'ardore irrefrenabile, finirono sempre più incastrati. Ogni sfioramento, ogni mormorio basso e roco del moro, intensificò soltanto lo struggimento che la Terrena sentiva all'apice delle sue cosce, costringendola a contorcersi e muoversi un pochino, spinta dal desiderio di annullare quella distanza e provare quel qualcosa a cui non era capace di trovare un nome. Glielo chiese quindi, gli mormorò con un carico emotivo forse perfino troppo appassionato di fare l'amore con lei, ed Hiro l'assecondò infine. O quantomeno, ascoltò quella sua volontà, quel consenso implicito che lo portò dapprima a tirarla verso di sé, afferrandola per i fianchi. Anche se sgranò gli occhi, Asia, si sistemò meglio sotto il fatato, dovendo allargare maggiormente le gambe per far sì di fargli spazio e permettergli di insinuarsi del tutto fra le sue cosce. Sussultò, non poté di certo restare impassibile nell'entrare finalmente in contatto, del tutto, con l'estremità del piacere di lui; ed anche se l'attimo precedente aveva ondeggiato coi fianchi per prima, spinta dal fervore, stavolta fu diverso. Liberi entrambi da alcun tipo di impaccio od indumento, la Terrena deglutì per alleviare la secchezza nella gola, abbassando incoscientemente gli occhietti avidi di curiosità, proprio nell'attimo in cui Hiro impugnò il suo stesso sesso per spingersi contro di lei. Avvampò a quella vista erotica, sensuale ed imbarazzante al tempo stesso, come se potesse prendere ancora più calore e colore lungo le guance, il collo, il corpo intero scosso da fremiti sempre maggiori nel percepire la sommità dell'asta di Hiro premere contro la sua apertura e scomparire sotto la gonnellina. Con ogni probabilità boccheggiò, rialzando di scatto le iridi sul viso di lui, perdendosi nella vista di quel corpo massiccio ad ingabbiarla, per distrarsi dall'improvvisa agitazione che la colpì alla bocca dello stomaco. Di nuovo, non sapeva esattamente cosa dovesse fare, come e se dovesse muoversi per aiutarlo, provando un imbarazzo che probabilmente sarebbe stato mille volte quintuplicato senza la presenza di tutto quell'alcol nel suo piccolo corpicino. E mentre lui si premeva sempre di più contro di lei, intimamente, Asia si concentrò invece su quelle spalle larghe e muscolose, alle quali si aggrappò con le manine, allargando le cosce in un movimento automatico - e per il quale si vergognò da morire - per lasciare spazio alla vita sottile di Hiro. Al principio, percepì soltanto pressione. Calore. E fastidio. Il corpo era in fiamme, decisamente pronto, ma nonostante fosse più che umida e scivolosa, si irrigidì in ogni angolo per un riflesso inconscio, non aiutandolo in quel primo tentativo di penetrazione. Ah. Si morse le labbra, per la sensazione strana, stringendo brevemente le palpebre. Non sapeva propriamente dove guardare. Se si fosse riavventurata verso il basso, come il giapponese, probabilmente sarebbe morta di imbarazzo ancor di più. Fu proprio il viso dello Yamazaki a guadagnarsi la sua totale attenzione quindi, distraendola dalla seconda leggera pressione che esercitò per insinuarsi in lei. Mugolò, ancora una volta, sussultando appena stavolta, respirando a singhiozzi. Hiro era così bello, con quel suo faccino arrossato, le guance infiammate, le sopracciglia inarcate in un'espressione di sforzo per quei movimenti che lei non gli stava rendendo per nulla facili. Non sapeva se dirglielo. Se fosse giusto che sapesse, quanto quella difficoltà fosse dovuta forse al suo essere... vergine? Era quello il problema? Parve ricordarsene soltanto in quel momento, delle implicazioni e conseguenze della sua... condizione ed inesperienza. O probabilmente era soltanto la loro enorme disparità fisica, la differenza di proporzioni, a non semplificargli quell'atto che avrebbe dovuto essere semplice e naturale? Sciogliendo la presa delle braccia e spostandone uno, la biondina arrivò a scostare i capelli scuri dalla fronte di lui, accarezzandogli con delicatezza il viso. Hi-ro... Gliel'avrebbe detto, pur sentendo la vergogna ed il pudore imporporarle le guance in prossimità di esplodere, lo chiamò sottovoce. Per favore non prendermi in giro, però. E non ridere. Me l'hai promesso. Dopo aver deglutito a vuoto, rischiuse le labbra per rivelargli quel piccolo segreto, ma lui riprese parola per primo, anticipandola. A-aspetta. Scusa. E lo fece, la Terrena. Aspettò, pazientemente, sotto di lui. Non smise di scrutarlo, osservarlo, accarezzarlo fra quella chioma corvina del tutto scompigliata, anche quando prese a compiere dei gesti così... sconci, per la sua testolina innocente, da farle sgranare gli occhi. Il motivo per cui, prese a leccarsi ed inumidirsi le dita con la sua stessa saliva, Asia non riuscì di certo a comprenderlo. Eppure non distolse lo sguardo, stranamente rapita da quella nuova scena lussuriosa; e se fosse stata più intraprendente e disinibita, l'avrebbe persino aiutato in quell'operazione lasciva. Lo fece, soltanto in un cenno finale, guidata dai brividi insistenti lanciati dal suo corpo che continuavano ad esigere d'essere ascoltati, quella percezione di vuoto della quale non conosceva la sensazione fino a quella notte. Tirando fuori la punta della lingua, leccò a sua volta soltanto in un breve accenno, una delle dita del giapponese: imitandolo come già accaduto in più di un'occasione, l'umettò con la propria saliva, senza volerlo compiendo dei gesti fin troppo allusivi, inglobandogli il polpastrello fra le labbra e... aspirando e succhiando un po', rabbrividendo per il sapore della sua pelle contro il palato. Dopodiché lo lasciò andare per farlo continuare, incuriosita per l'ennesima volta, cercando di capire cosa stesse per combinare. Lui però portò quella stessa mano ad infilarsi fra i loro corpi. La meta non fu difficile da intuire, soltanto sentendolo riprendere a toccarla ed inumidirla lungo l'intimità. Od-dio. Emise un gemito, un sussulto le fu strappato dalla gola, e riprese ad inarcarsi sotto quei tocchi umidi, sempre più consapevole della sua eccitazione e di quanto lo stesse desiderando, nonostante il timore recondito del dolore fisico. Hiro. Alla fine non seppe, se ad invogliarlo a riprovarci fosse stato quel suo vocino rotto dai sospirini bassi e caldi, ma il giovane si riposizionò subito dopo fra le sue gambe e stavolta spinse con più decisione. Lui fece ancor più pressione, contro di lei, ed una prima fitta di dolore la investì dopo aver superato appena l’apertura, facendosi strada dentro di lei. Guardandolo dritto in faccia, fronte contro fronte, i respiri a mescolarsi nell'aria notturna, Asia non si pentì di quella decisione - ma per riflesso si agitò appena sotto di lui, sentendolo, avvertendolo centimetro dopo centimetro farsi spazio in lei. Ah-i. Un primo iniziale gemito, attutito dai respiri affannati, venato da una nota di sofferenza le sfuggì dalle labbra umide. Fu più simile ad un lamento, un uggiolio che non poté bloccare serrando i denti. Nonostante l’eccitazione, i suoi muscoli interni si contrassero con più forza, irrigidendosi per respingere quell'intrusione alla quale non erano abituati. Venne sommersa dal calore di Hiro. Dalla sua durezza. Ed inizialmente da quella traccia di dolore. E bruciore crescente. Ondate di agonia lieve e pungente la attraversarono, seguite da dei brividini misti ad un piacere dolceamaro che almeno in parte l'aiutò a ridurre la tensione, contraendole le cosce. Conficcandogli le unghie nelle spalle, una seconda spinta le rubò una smorfia ed un gridolino perfino più intenso e gutturale, nato dal profondo del petto tremante sotto quell'affondo lento, ma che stavolta riuscì a superare la sua barriera interna. Hiro. Lo richiamò, un'infinità di volte, anche quando lui spinse con un movimento più fluido, strappando quel qualcosa che gli impediva l’ingresso e che infine lo lasciò affondare, il corpo ad accoglierlo sempre più completamente. Quello fu di certo il punto di maggior strazio per la Fata: il bruciore, il dolore, la sensazione invasiva nel percepire - per la prima volta, in assoluto - il corpo estraneo del Grisha ritirarsi e, dopo un ultimo istante di resistenza, rispingersi in lei una terza volta. Il misto di dolore e piacere si fece allora più penetrante, ma meno opprimente, facilitato forse da un calore viscoso che andò ad unirsi ai lievi movimenti, inumidendola col suo tepore. Lo sapeva, Asia, cosa fosse. Almeno in quello, non fu così ingenua da non comprendere subito d'aver perso la sua verginità con Hiro. Nonostante le fitte sofferenti, il fastidio, lo stupore di sentirlo così profondamente essere parte di lei, in lei... la Terrena sorrise, provando un'assurda e ancestrale connessione con Lui. Non lo sapeva di cosa si trattasse, ma di certo il cuoricino prese a batterle ad un ritmo ancor più insistente. T-ti faccio male? Riaprì gli occhietti, rendendosi conto d'averli stretti con forza, ritrovandosi il faccino accalorato di Hiro ancora appicciato al proprio. Lo osservò rapita, la fiamma nel suo basso ventre a divamparle per quella visione, notando le palpebre da quel taglio allungato così perfetto abbassate, le folte ciglia nere che gli ombreggiavano le guance dalle gote rossissime, l'espressione di piacere e nello stesso tempo di fatica ad alterargli il viso; e infine gli ansimi, il timbro della voce del Chiamatempeste minacciosamente basso e rauco, così mascolino ed eccitato, che l'aiutò a rilassarsi ancor di più. S-olo un po'. Ammise col vocino praticamente inesistente, in uno sprazzo di sincerità impossibile da controllare, tuttavia messo a tacere da un altro affondo di lui, stavolta così vigoroso da strapparle un gemito diverso. Il dolore era sempre lì, ma venne pervasa anche da maggior piacere, assalita dalla necessità di sentirlo ancora, di accoglierlo sempre di più. Mi.. - fermo? Scosse subito il viso, impercettibilmente, sfiorandolo con le labbra ovunque riuscisse a raggiungerlo. No. Ancora. Non fermar-ti, per favore. Mai. Glielo gemette contro la bocca, tentando di baciarlo, malgrado i rispettivi aneliti e continui mugolii. Ogni singolo respiro pesante, ogni colpo del bacino, portava in contatto il seno nudo della Terrena col petto del fatato, con tutto quel calore mascolino e la stazza vibrante che l'avvolsero ancora di più, soprattutto quando si scostò col viso per nascondersi nuovamente contro il suo collo. Questo non fece che accelerarle il respiro e si ritrovò con la punta del nasino premuta contro l’incavo del collo del giovane, a inalarne il profumo caldo e pungente, unito sempre più al suo e quel leggero velo di sudore ad imperlarne la pelle. Quel calore di lui la penetrò ovunque, la sua voce rotta dai mugolii le rimbombò contro l'orecchio, riecheggiandole nella testa.
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    Più Hiro la richiamava, facendo risuonare la pronuncia del suo nome fra i gemitini, gli ansimi e le spinte che riprese a compiere dentro di lei, maggiormente Asia replicava a modo suo; gli rispose ad ogni appello, lo invogliò a sua volta a non fermarsi coi propri lamentini sussurrati, con le sue manine che continuarono ad accarezzargli l'ampia schiena, incrociandosi lungo le spalle che gli graffiò a più riprese, in tutta la lunghezza, in base ai brividi e gli spasmi più violenti. Sei c-così..calda. I fianchi le si mossero in un primo scatto verso l'alto, dondolando, dopo quelle parole. Fino a quel momento era rimasta ferma. In fondo, non sapeva assolutamente nulla, su come dovesse o meno muoversi. Hiro però continuava a parlarle, ad uscire e rituffarsi in lei con sempre maggiore vigore, ed allora le divenne spontaneo seguirlo. Volevo che fosse bello, per il giapponese, tanto quanto lo stava diventando per lei. Le gambe, poggiate morbidamente contro i fianchi di lui fino ad allora, si spostarono quel tanto per agganciarsi ai fianchi ed ancorarglisi contro. Sobbalzò, rendendo involontariamente l'affondo successivo più profondo, inglobandogli ancora di più la virilità, accogliendolo. Sei così.. - Piccola. Gli stava accarezzando i capelli, il respiro di lui a solleticarle ed infiammarle l’orecchio, quando quell'ennesimo commento arrivò a scuoterla nel profondo. Era un complimento? O un problema? Non lo capì, la Terrena. In realtà, presa dall'enfasi, la bramosia crescente, e quel miscuglio di bruciore e piacere ormai interconnessi fra di loro, non riuscì a capire granché. Era tanto presa, quanto coinvolta da ogni movimento, gesto e respiro del Chiamatempeste, da sentire perfino gli occhi bruciarle e pizzicarle. « Scu-sa, io... non lo so co-me... » Si fa. Un singhiozzo. Un sospiro. Una serie di tenui gemiti a seguito di quei movimenti, quelle spinte dentro di lei, che prese ad accompagnare coi propri fianchetti senza reale consapevolezza o criterio. La maggior parte delle sue amiche, se non la quasi totalità, l'aveva avvertita - e spaventata - riguardo quella fantomatica e tanto attesa prima volta. Parlavano tutte del dolore, dell'imbarazzo, della scarsa delicatezza e premura del partner. Per lei non fu così, non completamente. Il dolore non sarebbe mai svanito, quella notte, ne era certa; ma venne soppiantato da tutto il resto, dal modo in cui Hiro non smise mai di ricercarla, di stringerla, avvolgerla con l'intera sua presenza, non rendendo quella loro unione e diventare un tutt'uno, come qualcosa di meccanico e freddo. Anzi, fu tutto il contrario. Provando una strana emozione, qualcosa di molto similare alla commozione, lo strinse ancora più forte fra le sue braccia piccine, avvolgendolo quanto le fosse possibile sempre per quella loro differenza fisica che prese a farla letteralmente scomparire sotto di lui, contro quel materasso il cui cigolare riecheggiò nel silenzio della notte. Ancora, Hiro. Strin-gimi di più. Bisbigliò sulla pelle di lui, contro quella spalla dove le sue labbra si premettero a più riprese, perdendoci su qualche morso e tocco della lingua, in base alle contrazioni e le fitte lanciate dal punto della loro unione. Una spinta più poderosa, la fece addirittura contorcere dal piacere puro, vivo, per la prima volta. Ed urlacchiò per l’insopportabile intensità, Asia, lasciando riecheggiare il suo vocino nell'intera baita come mai in quella serata. Superato il limite in cui avrebbe potuto focalizzarsi sulla vergogna ed il pudore, aggrappandoglisi addosso, sollevò ancora di più le gambe per avvolgerlo in quella stretta con la quale cercò di assecondare il ritmo che stavano prendendo insieme, adattandosi a lui, a quella presenza invasiva. O perlomeno ci provò, oscillando il bacino per trovare un punto d'incontro che le facesse sentire meno quel senso di pienezza datole da lui, peggiorò probabilmente il loro legame, quell'intreccio intimo, viscerale. Completo e privo di protezioni. Ogni colpo, da lì in poi, le sembrò andasse a riversarsi talmente a fondo da toccarla in punti di cui non conosceva il nome anatomico, ma che la indussero ad inarcarsi sotto il fatato. Il dolore si mischiò col piacere, fino a diventare indistinguibili l’uno dall’altro, fin quando venne travolta da una sensazione travolgente e che mai, prima di viverla assieme ad Hiro, aveva creduto di poter provare talmente profondamente. Asia, io sto per..S-sto Accelerando dopo qualche affondo, il corpo di lei lo accoglieva ormai totalmente, cercando di adattarsi a quella presenza ormai non più estranea - non senza sofferenza, era indubbio. Ma non ci pensò a quello, non mentre lui continuava a chiamarla, ad avvolgerla e ricercarla senza sosta. Sì, Hiro. Sì. Non smett-ere. Lo schiaffeggiare dei corpi, della carne, e il rumore dei respiri accelerati colmarono la baita, un'intrinseca combinazione di suoni accalorati che nelle ore, nei giorni, nei mesi e perfino negli anni a venire, avrebbe indissolubilmente continuato a marchiare la mente ed i ricordi della piccola Terrena. Un sospiro, un ennesimo lamento dal fiato spezzato, le morì in gola quando, ad aumentare ancor di più il carico emotivo che sentiva farle bruciare gli occhi e la gola, Hiro andò a ricercare una delle sue manine. L’intimità di quel gesto la colpì impetuosamente. Fu così intrinseco, personale, per i suoi occhi decisamente troppo sognanti, da risentire l'eco del battito del proprio cuore rimbombarle alla base della testa, martellandole nelle orecchie insieme ai rantoli e mugolii di lui. Perfino in un contesto concitato, con la presenza del Grisha in lei, Asia conservava l'innocenza e il candore nativi della sua essenza. Tradusse quel gesto, forse soltanto incontrollato del giapponese, come un qualcosa di ancor più romantico, sentimentale e tenero come un'esperienza del genere - una prima volta - avrebbe dovuto essere. Mi fai impazzire. Più le parlava, in quel modo, più infatti sentiva d'impazzire, la poca lucidità rimastale spazzata via da quelle spinte sempre più incisive, in un'andatura dietro la quale cercò di tenere il passo, movimento dopo movimento, gemito dopo gemito. Voglio farti impazzi-re ancora di più. Gliela strinse forte, quella mano enorme a coprire la sua, intrecciandoci le dita ed aumentando la stretta in base ai fremiti ed i sussulti. Aumentò la presa talmente saldamente, da sentire le dita formicolanti. Tremolava ormai, fra il corpo del Grisha ed il letto, la giovane Roy. Nonostante ciò ci provò davvero, a mantenere quella sua parola data, a farlo impazzire; cercando, pur sempre a modo suo, di accoglierlo totalmente dentro di sé, contraendo i muscoli, le cosce, fino a quando tutto svanì oltre il calore che le lambiva i sensi e l'essenza di Hiro le affondò nella mente. Nell'animo. Sto per venire. Il respiro rapido e affannoso, gli si premette ancora di più contro, facendo scivolare la manina libera lungo quella schiena contratta, sul suo collo e nella morbidezza dei suoi capelli scuri. Lo toccò ovunque, esigendo disperatamente più aderenza nonostante fosse ormai premuta contro di lui, il seno schiacciato contro quel petto possente del quale ne percepiva la vibrazione. Sentiva tuttavia anche il bisogno di vederlo. Di stabilire un contatto che fosse ancora più intenso, più profondo. Guardami. Glielo sospirò contro l'orecchio, inarcandosi col busto, invogliandolo con quei piccoli movimentini a scostarsi dal suo collo per assecondarla. Voglio guardarti, mentre impaz-zisci per me, Hiro. Lo guidò, con un gesto delle dita, ritornando con gli occhietti nocciola a specchiarsi in quelli d'ebano di lui. E lo baciò. Stavolta non in modo contenuto od accennato; lo baciò invadendolo con la lingua, esplorandogli la bocca con la sua caratteristica dolcezza infinita, ma anche con una voracità differente rispetto ai baci soffici di poco prima, perdendoci contro singhiozzi e bassi suoni di piacere. Lo baciò con trasporto, un bacio carico di tutta quella passione ardente che voleva trasmettergli, finché il respiro non le mancò del tutto. Ed allora lo guardò davvero, abbondando la testa contro il cuscino, esalò il fiato sorridendo e si perse negli occhi del giovane: impazzava realmente, una tempesta in lui, come se il suo elemento naturale fosse sostanzialmente parte del Chiamatempeste. Ed era anche una parte di lei, in quell'atto, le cui iridi si schiarirono ed illuminarono di una tonalità verde smeraldo senza che potesse governarlo. Come tutto ciò che stava vivendo, sentendo e provando con lui e per lui. Incontrollabile. Irrefrenabile. Talmente potente, da divenire sconvolgente. Lasciati andare, Hiro. Con me.


    Edited by storm witch - 24/1/2024, 19:29
     
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    Non aveva mai immaginato, Hiro, una sua ipotetica...Beh, prima volta. Ogni sensazione, ogni respiro, ogni tocco di tutto quanto stessero facendo, era nuovo per lui. Ne aveva sentito parlare, è chiaro, ci era quasi persino arrivato, in passato, a quello spingersi oltre. Eppure mai, nemmeno con quel coglione del suo coinquilino Jesper -che pareva, al contrario suo, non saper vivere senza la compagnia del gentil sesso- si era interessato più di tanto sulla questione. Quindi -superfluo specificarlo- al riguardo, Hiro, era completamente ed irrimediabilmente..Inesperto. Si sarebbe forse accorto, se così non fosse stato, che quella difficoltà ad entrare in lei non dipendeva soltanto dalla sua, di inesperienza? Avrebbe cambiato qualcosa, sapere di quella verità che per un attimo parve aleggiare tra loro, prima di sfumare sinuosamente tra i loro sospiri caldi? Probabilmente no. Questo perchè, seppur fosse -ad onor del vero- completamente ubriaco, il Chiamatempeste sapeva cosa stesse facendo. E specialmente con chi, lo stava facendo. E sì, era tutto così nuovo da togliergli il fiato e fargli battere il cuore così forte da sembrar quasi volergli sfondare la cassa toracica, ma assieme a questo, si rivelò presto essere tutto anche così..Naturale. Pareva quasi, infatti, che i loro corpi fossero nati per incastrarsi perfettamente, ed il calore che Hiro percepì espandersi attraverso ogni suo tessuto, una volta unito a lei, fu qualcosa di talmente intenso, che dovette concentrarsi con tutto sè stesso, per resistere. Dal canto suo, non da meno, Asia pareva proprio non volergliela render facile, dopotutto. Sin dal momento in cui sfiorò le sue dita con le labbra, intrecciandovi per qualche fugace attimo la lingua attraverso, o quello in cui lo accolse in sè, con un urletto più acuto del normale a spezzare quel bollente silenzio. Anche solo quello, in vero, sarebbe bastato al Chiamatempeste per perdere qualsiasi tipo di controllo potesse mai avere sul proprio corpo. Perchè vederla lì, sotto di lui, sentirla, minacciava in ogni momento quella sua già di per sè instabile resistenza. Ma, se ne sarebbe accorto presto -Hiro- che quello era soltanto l'inizio. Continuò dunque con sospiri, gemiti, mugolii. E poi un richiamarlo continuo. Hiro, sussurrato, anelato al suo orecchio, la voce spezzata. Si rese conto allora di quanto potesse piacergli sentire il proprio nome danzare sulla sua bocca. Per questo la strinse di più, mentre si spingeva in lei, per poi fermarsi un attimo, e chiederglielo. Mi fermo? Una prospettiva in realtà pressochè impossibile. Era ovvio, si sarebbe bloccato ad una qualsiasi richiesta anche solo lontanamente infastidita della Terrena - l'Etherealki. Ma era indubbio quanto, volente o nolente, desiderasse di più. Molto di più. Stringerla, possederla, sentire il suo corpicino vibrare sotto di sè ad ogni spinta. Quando dunque quelle parole trapelarono tra loro - No. Ancora. Non fermar-ti, per favore. Mai. -, Yamazaki non fu capace di trattenerlo, un mugolio che si infranse contro la bocca di lei, mentre le sopracciglia si inarcavano in un'espressione che lasciava intravedere quanto si stesse sforzando per resistere, sin dal primo momento. E così non si fermò, Hiro, mentre ad ogni spinta la sentiva gemere sotto di sè, accompagnata dai suoi, di sospiri. Le manine di lei a carezzarlo ovunque, lasciandogli scie infuocate sulla pelle delle quali, in altre situazioni, avrebbe forse dovuto infastidirsene. Ma non fu questo il caso -vuoi forse per tutto il quantitativo d'alcool che aveva in corpo-, perchè sotto quel tocco, il suo intero organismo non pareva volersi ritrarre, sfuggire, negare, bensì tutt'altro. Si fletteva contro di lei quasi riuscisse a plasmarlo a sua immagine e somiglianza, ed ogni contatto faceva in modo che quel calore che ormai percepiva attraverso ogni centimetro di lui, aumentasse a dismisura. E forse, ad occhio esterno, sarebbe potuto sembrare che fosse Yamazaki, ad avere la situazione sotto controllo. Ma non era affatto così. Perchè, seppur forse Asia potesse parere controparte passiva in quanto stessero facendo, ad uno sguardo più attento, ci si sarebbe resi conto del contrario. Era vero, la Fata era sotto di lui, incastrata e sovrastata da quel suo fisico che la copriva per intero e la faceva affondare contro il materasso. Ma non rimaneva inerte a lui, anzi. Quando infatti, dopo un po', la Fata decise di intrecciare le gambette ai suoi fianchi, stringendolo ulteriormente a sè e -inavvertitamente- inducendolo ad affondare ancora di più, fu un gemito che si tradusse in un ah pieno, ciò che gli rubò. Stava riempendo ogni parte di lei, giunto al limite massimo di dove avrebbe mai potuto arrivare, e fu proprio da quella condizione, che prese a muoversi più velocemente. Più forte. Più a fondo. I fianchi della Terrena a protrarsi verso di lui, ad ogni spinta, lasciando che il rumore dei loro corpi che sbattevano, assieme al cigolare del letto, riempisse l'atmosfera. E non solo. Non se ne accorse, Hiro, ma fuori dalla finestra aveva cominciato a piovere, e copiose goccioline correvano ormai lungo i vetri delle finestre. Ancora, Hiro. Strin-gimi di più. Fu un tuono, a squarciare il cielo, a seguito di quell'invito. E la Tempesta la percepì anche dentro di sè, Hiro, folgorargli l'intero organismo sino a concentrarsi precisamente nel punto grazie al quale, oramai, era diventato parte di lei. Dunque la sua risposta fu un sospiro più languido d'altri ed uno stringerla più forte, le mani che le carezzarono i fianchi, osando addirittura -per un momento- tirarla maggiormente a sè, un piccolo rantolo che aveva del ferino a scuotergli il petto. Era strano, infatti, tutto quello. Era strano quanto ogni cosa di lei animasse in lui degli istinti che non sapeva nemmeno di avere, ma che comunque restarono sopiti in parte -era tutto troppo nuovo, per lui, dopotutto, per lasciarsi andare completamente- palesandosi in quei piccoli dettagli. Gesti. Particolari che rischiavano -davvero- di fargli perdere la testa. E glielo palesò infatti, Hiro quanto cavolo potesse farlo impazzire. Quanto sentirla così stretta, calda, bagnata attorno a sè lo consumasse dall'interno, di un fuoco sempre più crescente, sempre più invasivo, da minacciare l'autocombustione. Ormai stava toccando punti di lei di cui non ne conosceva nemmeno l'esistenza, il bacino a muoversi avanti ed indietro, adesso senza alcuna pausa tra una spinta e l'altra. Non voleva farle certo male, Yamazaki, ma l'istinto aveva ahimè preso il sopravvento su di lui, e tutto ciò che desiderava -e di cui aveva bisogno- non era altro se non quello. Possederla. Farla sua. Voglio farti impazzi-re ancora di più. Poteva mai esistere un di più rispetto a quello? Questo Hiro non poteva saperlo, ma di certo lo avrebbe provato a breve. Perchè quando, alla fine, Asia gli strinse la mano, conducendolo poi a guardarla, il Chiamatempeste -che fino a quel momento era rimasto incastrato contro l'incavo del suo collo- la vide. Finalmente. Notò la fronte imperlata leggermente di sudore, alcuni ciuffi di capelli a coprirle le guanciotte arrossate. Lo sguardo lucido, le labbra umide. E poi l'espressione, quell' espressione. Lo guardava, Asia, lo guardava con le labbra semischiuse in un gemitino e tanto bastò a Yamazaki per mordersi il labbro inferiore, fermandosi per un momento, l'impulso di tornare a nascondersi per riuscire a durare di più. Guardami. Voglio guardarti, mentre impaz-zisci per me, Hiro. Ma la Terrena continuò ad incastrarlo in quella tortura dal sapore agrodolce, e quando le loro bocche si incontrarono, Hiro non si ritrasse. Lo baciò, Asia, e non lo fece timidamente. La sua lingua scivolò nella sua gola, avvinghiandosi alla propria in una danza tribale che altro non fece se non aumentare il suo battito cardiaco. Era giunto al limite massimo, mentre socchiudeva gli occhi e le spinte cozzavano ormai contro il bacino di lei, in un ritmo calzante, sino in fondo. La sentiva, interamente. Ogni centimetro di lei lo avvolgeva, facendolo scivolare nel calore di quel suo corpicino sino ad ora mai violato. Fu allora al suo ultimo invito di lasciarsi andare che, alla fine, guardandola negli occhi e corrugando le sopracciglia assieme alla fronte, in una chiara espressione di sofferenza -se sofferenza poteva esser chiamata, in vero- Hiro lo fece davvero.
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    Si lasciò andare. E lo fece dentro di lei. Una spinta più forte di altre, più a fondo, poi un'altra, lenta, inesorabile, seguita da una terza. Un gemitino pieno gli scosse il petto, mentre la chiamava per nome, chiudendo gli occhi -che eran diventati color ghiaccio, nel contempo- ed alzando leggermente il capo verso su, le mani strette ai suoi fianchi - con le dita che si imprimevano -forte- contro la sua pelle morbida. Tremò leggermente, mentre i fiumi di quel piacere sino ad ora malcelato si riversavano in lei. Certo non avrebbe saputo descrivere quella sensazione, se non.. Inaspettata. Perchè sì, fu del tutto inaspettato. Forse l'indomani ci avrebbe ripensato. Probabilmente ci si sarebbe pure preoccupato, al riguardo. Ma al momento la sua testa non riuscì a pensare a null'altro. Semplicemente..Beh, venne - aldilà di qualsiasi francesismo. Venne intensamente, coi muscoli che si flettevano e l'eccitazione che pulsava forte dentro di lei. Dunque si abbandonò, completamente questa volta, schiacciandola col proprio peso ed affondando la testa sul cuscino, di fianco alla sua guancia sinistra. Così rimase per un po', il cuore a martellargli il petto ed il respiro accelerato. Si sentiva di morire, ma era una morte dal sapore afrodisiaco e buonissimo. Solo dopo un po' si mosse, leggermente, accompagnandosi con un mmh mentre -ancora- era dentro di lei. Era uno strano quanto umido calore che percepiva, laggiù, ma si rese conto che non aveva proprio voglia di scostarsi. Allora, strofinando la guancia contro quella di lei, e sollevando le mani dai suoi fianchetti -sui quali, l'indomani, le avrebbe sicuramente lasciato qualche segno- le portò sul suo viso. Le scostò un ciuffo dalla fronte, e la guardò per un po'. Era rosso in volto, sudato, con ciuffetti d'ebano a coprirgli gli occhi ed una faccetta decisamente sconvolta. Ciò nonostante, disse -la voce spezzata- « Scusa, io non.. - Non sono riuscito a.. - » Non era da lui, provare vergogna. Eppure si percepì avvampare, mentre palesava l'ovvio. « Tutto..Mmh - okay? » Sussurrò, carezzandogli una guancia, lo sguardo pesante a causa del sonno e tutta l'intensità di quanto avevan fatto.
     
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    Ci aveva mai pensato, Asia, a quella famigerata prima volta? Aveva mai immaginato, come, a discapito dei racconti drammatici delle sue amiche, sarebbe stato farlo per davvero, in prima persona? Condividere quell'esperienza importante, con qualcuno? La risposta era piuttosto ovvia: sì. Certo che, a volte, ci avesse fantasticato su. Non come ci si aspetterebbe, chiaramente, perché si trattava pur sempre della piccola Roy. Nell'immaginazione e mente innocente della Terrena, quel passo significativo era stato idealizzato in maniera del tutto differente, da semplici visioni impudiche e licenziose. Aveva attribuito a quell'esperienza una valore maggiore, delle congetture che nulla avevano a che vedere col piacere fisico o la componente sessuale di per sé. Aveva piuttosto sognato a occhi aperti su quanto e come, sarebbe stato emotivamente sconvolgente diventare un tutt'uno con quell'individuo che avrebbe scelto; quanta passione, fiducia e rispetto - e perché no, sentimento - avrebbe dovuto esserci con quel ragazzo al quale avrebbe concesso un qualcosa che, per lei, aveva un valore enorme. Non aveva mai avuto un volto, quell'ipotetico giovane delle sue fantasie. Perché in fondo, Asia, l'amore non sapeva cosa fosse e neppure credeva di poterlo scoprire tanto presto. Perfino l'affetto che provava per Andrea, aveva compreso e capito quella sera, non fosse minimamente paragonabile a quel sentimento totalizzante di cui si leggeva nei libri ed i romanzi. Quell'emozione che, avrebbe dovuto colpirla ogniqualvolta fosse entrata in contatto con gli occhi di Lui, o avesse soltanto percepito vicina la sua presenza. Quel marasma di sensazioni che avrebbero avuto un duplice effetto, nel suo corpicino: da una parte l'agitazione nello stomaco, quel vuoto incontrollabile che avrebbe dovuto esaltarla, farla sentire viva e scombussolata; dall'altra invece, quel tipo di stato psichico capace di ammutolire, lasciandola disarmata e persa al cospetto di quell'unica persona che avrebbe potuto scatenarle tutti quei turbamenti mai sperimentati. Prima di quella notte e di addentrarsi da sola nella foresta, non avrebbe mai potuto sognarsi che quel volto mai raffigurato nella sua utopia idilliaca, avrebbe preso le fattezze di Hiro Akira Yamazaki. Non perché non le piacesse - anzi, gliel'aveva perfino spifferato a voce, quanto in realtà fosse vulnerabile a lui, ammettendolo anche a se stessa per la prima volta. Ne aveva semplicemente preso coscienza in quelle ore, dando un nome a quella tensione al basso ventre che sentiva con Hiro nei paraggi, o tutte le volte in cui ricambiava i suoi sguardi; capendo che l'attrazione silenziosa provata per il giapponese, l'avesse spinta sin da subito, innocentemente, ad avvicinarlo per conoscerlo. E poi c'era quel desiderio di morderlo, di mettere a tacere il suo essere cinico ed antipatico nelle loro interazioni, a suon di baci voraci ed appassionati, mani ad infilarsi in quei capelli scuri e lisci e gambe allacciate ai suoi fianchi atletici. Era ciò che era accaduto in un primo momento, su quel tavolo a pochi metri dal letto sul quale erano ormai finiti avvinghiati, incastrati. Ma non era stato né il mero richiamo carnale o il puro e semplice desiderio, ad averla infine spinta davvero fra le braccia del Chiamatempeste. In fondo lo conosceva realmente troppo poco, per attribuire la decisione di perdere la verginità con lui, ad un qualche tipo di sentimento profondo. Una piccina e flebile scintilla però, per Asia, c'era stata. Si era generata nell'attimo in cui aveva visto Hiro sotto una luce differente, rispetto all'Etherealki introverso e scorbutico mostrato ogni giorno a scuola. La fiammella nel suo cuoricino aveva preso vita non appena l'aveva soccorsa nel fitto della boscaglia, prendendola addirittura in braccio e preoccupandosi per lei, investendola con quel suo profumo così buono; si era alimentata, aumentando d'intensità, quando l'aveva intravisto poi in difficoltà, nel corso della nottata. Assistere alla mezza crisi - inspiegabile e forse dettata dall'alcol - dello Yamazaki, aveva dato alla Terrena l'impressione che fosse ancora più giovane e problematico di quant'avesse mai pensato. E lei si era sentita in dovere di sostenerlo, con attenzioni e coccole che alla fine l'avevano realmente aiutato a calmarsi. Facendola sentire importante. E poi c'era stato il momento del dialogo. Mentre erano sdraiati a letto, uno di fianco all'altro, Hiro le aveva parlato davvero per la prima volta... Si era esposto, seppur un pochino, sorridendole e ridacchiando con lei, non facendo altro che far avvampare sempre di più la fiamma nel petto della biondina. Aveva divampato, quando le aveva sussurrato che fosse carina, facendola ardere con un gran incendio nel momento in cui, infine, aveva confessato il motivo per il quale l'avesse seguita: era in apprensione per lei, il Chiamatempeste. E tutto quell'insieme, quel susseguirsi di sprazzi di ciò che Yamazaki fosse oltre la facciata, aveva fatto breccia in lei. Probabilmente troppo in fretta, anche per via della birra in circolo nel suo corpicino non abituato a tutto quel tasso alcolemico, ma Asia - esattamente come lui - era perfettamente consapevole di ciò che stesse facendo. E soprattutto con chi. Ed allora cedette, a quel loro desiderio reciproco. Si abbandonò a quella passione dilagante che li spinse ben presto uno fra le braccia dell'altro, nudi, i corpi avvinghiati, i respiri un unico anelito infuocato mentre finalmente Hiro si faceva spazio in lei, divenendo parte di lei. Anche attraverso il dolore ed il fastidio, anche mentre i delicati muscoli della sua intimità le lanciavano fitte impossibili da contrastare se non serrando gli occhietti, Asia cercò di accoglierlo in sé. Di avvolgerlo, in profondità, con ogni parte della sua essenza. Se lo strinse addosso, lo circondò con le braccia, le manine alla ricerca spasmodica di un punto del corpo in tensione di lui, dove aggrapparsi per aiutarsi a ricambiare i movimenti e le prime spinte, quelle stoccate col bacino che da lente e incerte, il giapponese rese pian piano sempre più incisive, sempre più profonde, stabilendo un ritmo che in qualche modo infiammò ancora di più la scintilla dentro di lei. Raggiunse picchi di combustione quasi fossero due Inferno a fondersi. Hiro. Una serie di sospiri la abbandonarono, con un sorriso accennato contro le labbra di lui e poi contro la sua spalla, ovunque riuscisse a raggiungere un lembo di quella pelle incandescente con la bocca, i denti, le unghie che graffiarono e affondarono in lui con la stessa intensità con la quale si spingeva dentro di lei. I respiri si tramutarono in ansimi, gemiti, mugolii e bassi lamentini. I suoi, di Hiro, non faceva più differenza chi dei due stesse colmando l'aria carica del loro odore, di suoni e languidi ansiti affannati, di piacere. Asia, nella sua totale inesperienza, non riusciva a trattenersi d'altronde. E in realtà neanche voleva, limitare una qualsiasi reazione del suo corpicino sovrastato da quello del Chiamatempeste, liberando sempre di più la sua vocina, seguendo sempre più l'istinto e gli impulsi lanciati da quella bramosia condivisa, in aumento, senza mezze misure. Era tutto così naturale, ai suoi occhi nocciola, incredibilmente lucidi per tutto ciò che stava provando. Era genuino, giusto, il modo in cui sentiva di volerlo inglobare sempre più a fondo dentro di sé; come i rispettivi corpi parevano rispondersi a vicenda e sembrassero essere realmente una cosa sola, un incastro perfetto nonostante il loro essere così differenti. Anzi, forse lo erano davvero proprio per quello, perfetti. Hi-ro. Di più. Ancora. Lo pregò con un mormorio ad un certo punto, le labbra premute contro l'orecchio di lui, il sudore che lento iniziava ad imperlarle la pelle arrossata. Prese allora a muovere i fianchetti e ad andargli incontro, avvertendolo sbattere contro il proprio sesso, i nervi frementi e la sensazione che il cuore le stesse per balzare fuori dal petto a causa dell'emozione e quel piacere fortissimo. Come aveva immaginato sin dal principio, il dolore non scomparve, era ancora lì, ma in qualche modo non importava più, non percependo ogni fibra e muscolo incendiarsi lì dove Hiro proseguiva col suo passaggio, con le mani, i baci o i semplici gesti a renderli sempre più aderenti uno all'altro. Era ormai concentrata sul disperato bisogno di sentirlo di più e che, col suo ardore, le facesse dimenticare la sofferenza di quella prima volta. Tutto ciò che desiderava, oltre continuare ad ascoltare quella voce rauca e maschile che lanciava mugolii e sospiri caldi mentre la chiamava, era che non si placasse dal farla sua. Che entrambi continuassero ad appartenersi e possedersi finché non avessero avuto più forze, voce e fiato. Spinta da quella necessità viscerale, aveva sollevato le gambette per stringerlo per i fianchi, ancorandosi ancora maggiormente a lui e alla forza con cui le si spingeva dentro, alimentando così - drasticamente - la profondità della loro unione. Che divenne totale. Completa. Non c'era più nessun distacco, nessun centimetro, a separarli. Quell'ah pieno di Hiro, quel gemito sonoro che le si infranse contro facendola rabbrividire in ogni angolo di pelle, venne seguito da un urlo squillante della Terrena. Hiro. Lo chiamò addirittura, con un gridolino accorato, la proiezione di tutto ciò che stava provando e che prese a sconvolgerla intimamente ed emotivamente. Le unghie le affondarono nelle parti più morbide delle spalle del Chiamatempeste, che riprese a muoversi in lei, da quel momento in poi, inabissandosi sempre più in profondità, raggiungendo parti così recondite e nascoste, da dare alla piccola Fata la percezione che stesse sfiorando davvero il centro del suo nucleo. Sussultò ad ogni affondo, Asia, lamentandosi con un suono dolce e melodioso continuo, contorcendosi e dimenandosi coi fianchi per seguirlo, per aiutarlo - ed aiutarsi - a contrastare quel senso di pienezza tale da farle girare la testa. Era innegabile: le fece male, forse perfino più dell'inizio, sentirlo così tanto parte di lei - e se l'avesse guardata, avrebbe notato le lievi smorfiette sul suo viso dalle guanciotte accese ed i denti che, con forza, mordevano le labbra per contrastare il bruciore ed i singhiozzi. Ma non voleva che si fermasse, non voleva che interrompesse quella loro connessione, ed anzi gli chiese persino di aumentare la stretta. Come se non fossero talmente plasmati insieme, con un suono quasi primitivo a fuoriuscirgli dal petto, lui la afferrò con quelle mani - calde e grandi - contro le quali poggiò le sue piccine, ricalcandone i gesti, e la tirò ancora di più a sé dai fianchi. La inchiodò con la sua mole possente ed i colpi successivi, nell'aria rarefatta ormai un suono indistinguibile di membra ad entrare in collisione, sotto l'eco di una tempesta ad infuriare dentro e fuori la piccola baita. La Terrena non riusciva più a distinguere la differenza tra i loro corpi, ma di certo si rese conto d'aver lanciato uno strillo talmente acuto da farle raschiare la gola. Nonostante ciò si mosse di nuovo con lui, per offrirgli i recessi più profondi della sua femminilità, contraendosi fra gli ansiti di piacere e gli spasimi insostenibili, come se il moro avesse oramai preso a toccare il punto più vulnerabile del suo essere. Quelle scintille, dal petto, le si diffusero più giù, verso il basso. Le sentì agitarsi nel ventre, come piccoli fuochi d'artificio impazziti. E non poté che gemere, ed ansimare, urlare ed invocare a più riprese il nome dello Yamazaki, non preoccupandosi più di essere silenziosa perché ciò che voleva da lui, senza più filtri, era essere ascoltata. E vista. Volendo guardarlo a sua volta. Sentì il bisogno di trovare in quello sguardo d'ossidiana la conferma di ciò che stessero facendo, insieme. Così, persa sotto di lui, lo ricercò con una mano. Fu probabilmente la vista del faccino di Hiro, provato da ciò che stessero condividendo, a devastarla completamente. Azzardò un altro bacio appassionato e lungo, le braccia a cingersi attorno a lui e le manine tremanti che presero a scorrere per la schiena, scivolandogli lungo il profilo dei fianchi e del bacino, fin giù ai glutei. Come Hiro avrebbe presto compreso, Asia tendeva ad imitarlo sempre più spesso per via della sua totale inesperienza, e fu ciò che fece ancora una volta: lo spinse a sé, ancora di più, le dita a fondo in quella carne soffice; gli strinse con gli ultimi residui di forza le cosce attorno con ancora più slancio, invogliandolo a lasciarsi andare coi gesti e le parole. Più forte, Hiro. Non fermarti. Fra le braccia di lui, su quel lettino, col nubifragio ad impazzare lì fuori - e in loro - in un selvaggio crescendo, Asia si arrese interamente a quella loro passione. Non aveva più impedimenti, dettati dalla vergogna e l'imbarazzo, con lui che non le dava scampo e le mozzò il respiro con le stoccate invasive. Manteneva comunque un che di dolce e tenero, ai suoi occhietti romantici, il modo in cui avvinghiati uno all'altra in una stretta di braccia e gambe, bacio dopo bacio, come se non ne potessero avere mai abbastanza, si richiamavano a vicenda e guardavano negli occhi. E alla fine Hiro si lasciò andare davvero. In lei. Non lo comprese appieno, Asia, quanto e come il Chiamatempeste si stesse realmente abbandonando a lei, ma boccheggiando e ansimando per quelle ultime spinte così impetuose da spingerla al limite, senza però farle raggiungere il culmine, si godette la vista del viso di Hiro. Le sarebbe bastato soltanto quello, il faccino del giapponese contorto in un'espressione di dolce sofferenza, le iridi color ghiaccio a puntarsi nei suoi verde smeraldo, per impazzire. E lo fece, quantomeno mentalmente, il corpo a vibrarle come una corda di violino per tutta quell'indescrivibile tensione interna, la fiamma del desiderio all'apice fra le sue cosce improvvisamente troppa da sopportare. Sentì Hiro ancora di più come parte di lei, la pelle marchiata dalle mani salde che la tenevano per i fianchi con la stessa intensità con la quale lei lo spingeva a sé con le proprie, conficcandogli le dita contro l'incavo della schiena e più giù, verso quella rotondità soda alla quale si aggrappò. E poi lui raggiunse quel tanto agognato traguardo, con degli affondi conclusivi talmente profondi da romperle la vocina in un gemito, sbattendole il bacino contro. Il suo intero corpo sembrò reagire per un calore liquido che si radunò nel suo intimo. Sentì il basso ventre vibrare, sotto quell'amplesso lungo e impetuoso del giovane Yamazaki. Fu talmente bello, guardarlo perdersi in quegli istanti, da non preoccuparsi del suo di piacere al quale avvertiva mancasse davvero pochissimo per esplodere. La sentiva, la frustrazione nella pancia arrivare tramite intense scossette, insieme a... tutto il resto. Le pareva quasi che il letto, il pavimento, la terra sotto di loro stessero tremando. O forse era solo lei a farlo. O Hiro. Non lo sapeva, non importava. Non con lui a fremerle addosso, riversando in lei il suo piacere, sotto forma di un'ondata di calore ed un tremore talmente assurdo da farle inarcare la schiena. E poi finì e si ritrovò col corpo immenso del fatato ad afflosciarlesi addosso. La schiacciò, piacevolmente. Sospirò, sfinita, le braccine a risalire con lentezza lungo la schiena di lui. Lo strinse e non fece nient'altro, per i successivi... Minuti? Ore? Non aveva idea, di quanto stettero semplicemente così. Per un lungo lasso di tempo, nessuno dei due parlò, il silenzio nella baita rotto soltanto dal temporale a scatenarsi all'esterno e dal loro respiro all'unisono, ansimante. A poco a poco, inalando la pelle del moro, riuscì ad aprire un pochino gli occhi e si rese conto della posizione indecente nella quale erano finiti. Restò comunque avvinghiata a lui, il visetto infilato nell'incavo del collo, rifiutandosi di liberarlo dalla sua stretta. Fu Hiro, a muoversi dopo un po' per primo, con un mugugno basso.
    Ne ricavò un sospiro voluttuoso della biondina, soprattutto perché si trovava ancora immerso in lei. Il mancato appagamento, passò tuttavia in secondo piano, rispetto a ciò che il Grisha prese a fare inaspettatamente: seppur con lentezza, prese a... coccolarla ed Asia sentì toccarsi il cuore, con quel primo sfregarsi guancia contro guancia, ed il successivo gesto col quale le scostò i capelli scombinati dal visetto. « Scusa, io non.. - Non sono riuscito a.. - » Non lo stette poi molto a sentire. Una parte di sé era ancora perduta in quell'atto appena condiviso, terminato da troppo poco per farle riacquistare totale lucidità - e non era neppure certo, l'avrebbe mai ritrovata in quella nottata; l'altra, invece, si focalizzò sul viso del Chiamatempeste. Era tutto rosso, perfino le guance generalmente sempre pallide, avevano assunto quella tonalità accesa che, invero, sentiva imporporare anche la sua di pelle. Ad ogni modo, ancora troppo sconvolta, tradusse quelle parole del giovane in maniera del tutto erronea: non stava minimamente valutando, la Terrena, che avessero un valore molto più significativo e pensò, ingenuamente, si stesse semplicemente scusando per non aver fatto arrivare anche lei all'amplesso. Gli rivolse un timido sorriso, scostandogli a sua volta quei ciuffetti corvini dagli occhi, sfiorandogli la pelle sudata del viso con la punta delle dita. Sei ancora più bello, dopo aver fatto l'amore. Riuscì a tenerselo per sé, almeno quel pensiero capace di farle riprovare pian piano imbarazzo, ma i suoi sguardi addolciti ed il modo in cui prese a fissarlo con adorazione parlavano di certo per lei. « Tutto..Mmh - okay? » Socchiuse le palpebre, per l'accortezza nella voce di lui ed i brividi scaturiti dalle piccole carezzine che prese a farle sulla guancia, facendole ribollire il sangue come mai aveva fatto prima. Gli occhi tornati nocciola si puntarono in quelli profondi di lui e la mano del giapponese le parve rovente mentre le accarezzava il viso. « Sì. » Non potendo arrossire più di così, si limito ad un cenno piccino di assenso col capo, scoprendo che la voce fosse del tutto inesistente nel pronunciare quel basso sussurrino. Sentendosi ancora scombussolata e stravolta, esalò un respiro tremulo e continuò a tocchicchiarlo, accarezzandogli le ciocche di capelli bagnati sulle tempie, facendo scorrere i polpastrelli quasi con reverenza su quei lineamenti mascolini. « E tu? » sollevò un po' la testa dal cuscino, sporgendosi quel tanto che le bastava per poggiare dolcemente le labbra contro quelle di lui, risalendo poi con un bacino sul naso contro il quale dopo prese a strusciarsi con la punta del suo, di nasino. Non sapeva quali fossero le attenzioni giuste da condividere dopo un momento del genere, ma di certo il fatto che si stessero seppur lentamente coccolando e tenendo uno addosso all'altro senza interrompere il legame intimo, diede ad Asia la sensazione che ciò che avessero condiviso fosse davvero ciò che aveva chiesto ad Hiro: avevano fatto l'amore. Non c'era stato nulla di meccanico, freddo e distaccato, in quella loro prima volta. E, di nuovo, fu prendere quella consapevolezza a convincerla: voleva dirglielo, proprio in quegli istanti di tenerezza, che lui fosse stato il suo primo. « Hiro... » mormorò insonnolita, sfinita da quelle che le erano parse ore di passione. Represse uno sbadiglio contro di lui, chiamandolo una seconda volta per confessarglielo, ma era così stanca che - si disse - avrebbe chiuso le palpebre soltanto un secondino, prima di continuare a parlargli. Non avrebbe ricordato, chi dei due si fosse addormentato per primo infatti. Socchiusi gli occhi, col nome del giapponese sulle labbra, la giovane Fata si lasciò andare alla sonnolenza e spossatezza.
    [...] Pur nell'assopimento, il suo cervello sovraeccitato si rifiutò di abbandonare gli eventi della serata. Non aveva memoria, Asia, d'aver mai fatto dei sogni spinti ed erotici che le interrompessero il sonno. Eppure, quando riaprì gli occhietti si ritrovò in una nube sfocata in cui vedeva soltanto il viso di Hiro, sentiva solo la sua presenza ancora in lei, il suo tocco bruciarle la pelle in zone sensibili e proibite, la voce a chiamarla in un sussurro. La biondina si lasciò andare ancora senza riserve a quella loro bramosia. Annuì, piano, ad una qualsiasi richiesta di consenso. Il cuore in un ritmo sfrenato, i polmoni alla ricerca affannosa d'ossigeno, fra quei loro respiri condensanti all'unisono nell'aria notturna. Sognò di perdersi in nuovi baci, le lingue che si intrecciavano con fervore; sognò di accarezzarlo, toccarlo e tastarlo in ogni angolo di pelle sudata, mentre lui la faceva di nuovo sua, con spinte lente e intime. Ancora, ancora e ancora, finché si ritrovò a gemere e ricambiare i movimenti, le gambe stavolta troppo deboli anche in quella visione onirica, per non fare altro che schiudersi al limite massimo per lui. Come i delicati petali di un fiore. Perfino sognando, la sensazione di sentirsi completa e fusa con lui, era la più bella che avesse mai provato in vita sua. Nonostante il bruciore iniziale, nonostante la stanchezza, i muscoli si fletterono senza sosta, finché in quel groviglio dei loro corpi bollenti e sensi annebbiati, la Terrena si ritrovò a fluttuare fra estasi e dolore. Erano tutt'uno, come lei ed Hiro, mentre l'energia liberata dall'orgasmo - di lui - la investiva ancora una volta, inondandola di calde sensazioni dovunque Lui riuscisse ad arrivare. [...]
    Un debole ma persistente rumore di pioggia svegliò Asia dal sonno profondo nel quale era piombata. Da mezza addormentata, tenne ancora gli occhi chiusi, un piccolo mugolio e un sospiro ad abbandonarle le labbra socchiuse. La testa, stranamente, le martellava in una pulsazione costante. Era tuttavia lo stomaco, ad essere maggiormente sottosopra. Non aveva mai provato, la Terrena, i postumi di una sbornia - della quale credeva di essere perfino non del tutto responsabile (era stato Kian, a passarle quella birra schifosa alla festa in serra?) considerato che, mentre pian piano tornava a riprendere lucidità e consapevolezza di sé, metteva insieme i pezzi della serata precedente. Mosse la testolina bionda, dai capelli arruffati, sul cuscino e provò a sistemare anche la posizione ma... Qualcuno glielo impediva. Su di sé, oltre il peso di un corpo caldissimo e massiccio, percepì un profumo di buono ed un respiro bollente perdersi sulla sua pelle ricoperta di brividini. Lo riconobbe subito. Inconsciamente. Pur ancora in dormiveglia, seppe che fosse Hiro a dormirle sul corpicino intorpidito. Per questo non sentì, al principio, la necessità di allarmarsi. Anzi, approfittò di quella posizione per godersi ancora quell'abbraccio rilassato, passando le dita su quelle spalle immense ed i capelli corvini - che furono la prima cosa a spuntarle davanti agli occhi, non appena riuscì ad aprirli con fatica in due fessure. « Mh. » Mugugnò, strofinando il nasino proprio in quella chioma scompigliata, scoprendo d'essere bloccata sul materasso da quella massa piacevole e un braccio muscoloso, macchiato da una fitta rete d'inchiostro. Emise un altro lento sospiro, per ulteriori brividi scaturiti proprio da quell'arto: la mano del Chiamatempeste le teneva un seno stretto, delicatamente, fra le dita e soltanto in quel momento Asia percepì la piacevolezza di quel contatto contro la sua pelle nuda. Nuda. Era nuda. Eppure neanche quella presa di coscienza, riuscì a farla scattare. Anzi, più sfregava e strisciava il suo fisico minuto contro quello di lui, ugualmente svestito, maggiormente si sentiva appagata. Riscaldata, grazie a lui, dal fresco mattutino. C'era però qualcosa a stonare. Non riuscì a decifrarlo subito, socchiudendo ancora le palpebre si rilasciò andare a qualche altro minutino di sonnolenza, prima che la sua mente elaborasse da dove provenisse il fastidio estraneo. Qualcosa le spingeva contro il fianco, puntellandole contro mentre cercava di sistemarsi più comodamente sotto di Hiro. Sbuffò fuori un respiro pesante, spostando di malavoglia una manina dalla spalla muscolosa per andare alla ricerca di quella cosa che le si spingeva contro. « Uff. Mr. Pipo, to-gliti. Come ci s-ei fini-to qui? » riuscì a biascicare soltanto con un borbottio appena udibile, riferendosi indubbiamente al peluche già altrove citato e che spesso si ritrovava in camera sul letto, addormentandocisi sopra insieme... E non di certo, il corrispettivo omonimo, che aveva denominato in egual modo quella notte. E fu proprio quell'estremità appartenente al moro che, priva di malizia, andò a stringere fra le dita cercando di spostarlo dal suo fianco. Ne carpì subito, la consistenza diversa. Corrugando appena la fronte, si lamentò e tiracchiò piano, avvolgendolo nel palmo senza neppure rendersene conto. Mr. Pipo non è così... caldo e appiccicoso. Soltanto in un secondo momento, forse perché la virilità del giapponese le guizzò fra i polpastrelli, parve riconnettere ogni cosa. Aprì gli occhi di scatto, lasciandolo andare. E da quell'istante in poi, non avrebbe saputo ricondurre se il suo tornare alla realtà, fosse dovuto ad un qualche brontolio di Hiro, o semplicemente al fatto che la razionalità la colpì in pieno svegliandola di botto. D'improvviso, rammentò dove fosse e con chi fosse. Si portò seduta di scatto, scivolando involontariamente via dalla stretta di lui, il bacino e tutto il pube a lanciarle una scossa di dolore talmente intensa ed inaspettata da darle le vertigini. « Ahi. » inclinandosi in avanti, andò a sbattere con la testa contro quella di lui e perse perfino la stabilità ruzzolando sul fianco. Per poco non cadde giù dal letto e aggrappandosi al bordo, di malavoglia, il contrappeso la spinse in piedi per non finire sul pavimento. Si sollevò, a gote gonfie e a bocca socchiusa, per lo sforzo fisico e la fatica che le costò mettersi dritta, coi piedini nudi sul parquet freddo della baita. E poi razionalizzò letteralmente tutto. « H-HIRO. » Rimase lì, bloccata ritta su gambe troppo instabili, con un'ondata di imbarazzo e vergogna a sommergerla. Gli occhietti sgranati, passò lentamente fra il corpo del giapponese e il materasso sotto di lui, lì dove macchie inconfondibili di ciò che avevano condiviso si allargavano sul tessuto non più immacolato. Fra umori e chiazze varie, fu sui segni innegabili della sua purezza persa, custodita fino a quella notte con cura, che fissò infine lo sguardo. Le parve di andare in iperventilazione. C'era troppo sangue, ma non soltanto sul letto. Spostando appena l'attenzione su di sé, sulle sue cosce, sulla gonnellina... scoprì fosse ovunque. Perfino su di Hiro quando, riportando le iridi nocciola con timidezza all'indirizzo del Chiamatempeste, lo trovò macchiato come lei di... tutto? Avvampò, salendo subito con gli occhi in quelli di lui. « Era... » La vocina le si bloccò in gola. Era davvero necessario, rendere evidente a parole, ciò che chiunque avrebbe compreso con quelle prove ben visibili? Un brivido a correrle lungo la schiena le ricordò che fosse nuda e, d'istinto, le braccia esili corsero a coprirle il seno scoperto. Se le passò attorno al busto, tremando. « Era la mia prima volta. Non avevo mai fatto l'amore, prima. » Prima di te. Svelò piano sottovoce, quasi dovesse convincere anche se stessa, con un tono stranamente più arrocchito e basso del solito. Si morse la lingua, continuando a sentire la vergogna attraversarla da capo a piedi mentre, in dei piccoli primissimi flashback rapidi, ricordava alcuni degli attimi di poche ore prima. Nonostante la nebulosità dei pensieri, ed i postumi dovuti a tutto l'alcol ingerito, rammentava in fondo dell'essere consenzienti d'entrambi. Aveva anche il ricordo nitido, di lei che gli chiedeva espressamente di fare l'amore, esattamente come ingenuamente gli aveva appena ri-bisbigliato con la vocetta impastata dal sonno e l'imbarazzo. Perché abbiamo fatto l'amore, vero? Si sentiva esposta in un modo che non aveva mai sperimentato in vita sua. Ed era terrorizzata. Ad Hiro sarebbero bastate poche parole, per calmarla e tranquillizzarla. Analogamente, gli sarebbe bastato pochissimo per farle male. La giovane Roy non era di certo una stupida. Sapeva, di non poter pretendere confessioni assurde o manifestazioni esagerate dopo ciò che avevano combinato. Si conoscevano ancora troppo poco. Eppure, per lei, tutto ciò che era accaduto, quello che avevano provato, aveva comunque assunto un valore. Anche alla luce del sole, anche da lucida, sentiva fosse stato tutto... vero. Anche la piccola scintilla appena nata nel suo petto. Ma sarà stato così anche per te? In un certo qual modo, sentì di doversi tutelare. Forse fu istinto, soltanto disagio e confusione, o la paura recondita che lo Yamazaki potesse tornare lo stronzo cinico di sempre. Afferrò un cuscino finito al bordo del letto e glielo lanciò addosso. « Cosa... cosa ci è saltato in mente? Co-me hai fatto a n-on capirlo, che sono, che ero verg-... Io non... » Io non sono così. Non sono come chissà chi ti porti a letto. Io voglio di più. Ho sempre voluto qualcosa di più. Se non altro, addossò la "colpa" ad entrambi sin da subito, parlando al plurale. Muovendosi sul posto per riguadagnare equilibrio, si accorse di quanto le girasse la testa, sentendosi fiacca. E di quanto avvertisse nitidamente un fastidioso bruciore, e dolore, tra le cosce. Al basso ventre. Ovunque. Le ardeva la gola, tutti i muscoli indolenziti e perfino il petto a farle su e giù, prese a farle male. All'improvviso, specchiandosi nelle iridi di carbone del Chiamatempeste, ebbe un altro frammento di ricordo di lui che le si adagiava addosso e si faceva spazio in lei, fino in fondo, chiamandola con un gemito durante l'orgasmo. Si toccò la pancia e le sembrò quasi di sentirli riecheggiare ancora nella capanna, gli aneliti carichi di piacere d'entrambi. O-ddio. Oddio, ora muoio di vergogna. Sto per s-venire. « PERCHÈ MI HAI DATO ASCOLTO? Sei tu che avresti dovuto... AVRESTI DOVUTO FA-RE... NON LO SO COS'AVRESTI DOVUTO FARE! Ma non... » Col cuore a batterle fortissimo, fece il giro del letto ignorando con una smorfia malcelata le fastidiosissime fitte al basso ventre, prendendo a tirargli la trapunta con i fiorellini per usarla per coprirsi. Se la avvolse sotto le braccia, colpendo anche Hiro con un manrovescio su di un pettorale. E fu in quel frangente, che lo osservò meglio. Nudo. Pieno di segni addosso. Te li ho fatti io? L'espressione rilassata, di chi si era appena svegliato, ma anche sconvolta e... appagata. I capelli neri scompigliati, lì dove fino a poco prima aveva passato le sue dita piccine. Le labbra ancora rosse e gonfie, per tutti i baci e morsi che si erano dati, dove adocchiò il piercing da cui era nato tutto - e che le fece ripartire un brivido anomalo. Gli addominali definiti. Ma soprattutto, oltre il triangolo della zona pelvica, individuò il motivo per cui si fosse svegliata, sentendo qualcosa di duro premerle contro. E perché sto guardando... lì? Alzò di scatto il volto, risollevandolo dalle cosce di lui e la virilità... fin troppo sveglia. « Od-dio... MA SEI ANCHE... ECCITA-TO DI NUOVO? SUL SERIO? Ancora? » Ancora. Nella testolina le risuonò quell'avverbio, pronunciato sempre dalla sua voce melodiosa, ma nel contesto differente in cui quella notte aveva continuato a ripeterlo fra gli ansimi al fatato, invitandolo a continuare ciò che stavano facendo. Si sentì morire e quasi si strozzò con la sua stessa saliva. E quindi rieccola, la loro prassi, esattamente come buona parte della serata precedente passata insieme: lei che, in preda ad un miscuglio di sensazioni ed emozioni, gli urlava addosso e... gli lanciava contro qualsiasi oggetto le capitasse a tiro. Avvampando come una bambina vergognosa e timida, non trovò poi molto da potergli tirare, quindi si riappropriò dell'unico oggetto a portata: il cuscino. E lo colpì, più volte, con quello. O quantomeno ci provò, sporgendosi sul materasso e verso di lui, puntando un ginocchio sul bordo del letto per aiutarsi nell'operazione di guerriglia. Ti prego, ti prego. Capisci che sono solo in imbarazzo. Tranquillizzami. Dimmi qualcosa di carino. Dimmi che abbiamo combinato un casino, ma che tutto ciò che mi hai detto lo pensavi sul serio. Dimmi che possiamo partire da questo e provare a fare qualcosa... Che vuoi conoscermi di più, perché ti piaccio anch'io. O non dire nulla: abbracciami e basta.


    Edited by linphea. - 11/2/2024, 20:01
     
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